Mentre davanti alla Corte dei Conti non risulta accetta la chiamata in garanzia di una Compagnia di Assicurazioni su istanza di un convenuto , firmatario di una polizza per la responsabilità civile relativa a danni patrimoniali cagionati nell’esercizio delle proprie funzioni istituzionali

Si segnala l’emarginata sentenza del Tar Piemonte, prima sezione di Torino, numero 1705 del 18 maggio 2005 in quanto l’adito giudice accetta l’atto di intervento in giudizio del garante:

<E’ intervenuta ad adiuvandum la compagnia di Assicurazioni che aveva rilasciato fidejussione nell’interesse della ricorrente a garanzia dell’adempimento degli obblighi derivanti dalla concessione.

L’intervento è ammissibile in quanto il provvedimento impugnato comporta l’incameramento della cauzione cui si riferisce la fidejussione rilasciata dall’interveniente>

Giusto a titolo di precisazione, segnaliamo invece una controversia portata davanti alla Corte dei Conti nella cui sentenza, invece, il giudice contabile, NON ammette la chiamata in garanzia di una Compagnia di Assicurazioni:

Cosi in Corte dei Conti per la Lombardia, sentenza numero 324 del 2003

< In primis, va esaminata l’eccezione di difetto di giurisdizione sollevata dalla Procura regionale in ordine alla chiamata in garanzia della “omissisSpA”, su istanza del convenuto G., firmatario di una polizza per la responsabilità civile relativa a danni patrimoniali cagionati nell’esercizio delle proprie funzioni istituzionali. Invero, la chiamata in giudizio di un terzo dalla quale la parte pretende di essere garantita, ex art. 106 c.p.c., introduce una domanda accessoria – connessa alla principale – che, ai sensi dell’art. 32 c.p.c., “può essere proposta al giudice competente per la causa principale affinché sia decisa nello stesso processo”.

In tal senso, la sussistenza del diritto del convenuto a far valere un rapporto di garanzia nell’azione di responsabilità deve essere valutata in rapporto alle attribuzioni giurisdizionali della Corte dei conti in materia di contabilità pubblica, chiamata a pronunciarsi – ex art. 52 del R.D. n. 1214 del 1934 – sulla fondatezza dell’azione di danno proposta dal Procuratore regionale nei confronti dei soggetti che esercitano funzioni pubbliche, mentre le controversie relative a rapporti di natura privatistica rientrano nella competenza del giudice ordinario. In senso conforme, Sezione giurisdizionale Regione Calabria, 31 ottobre 2001, n. 1030.

La rilevata carenza di giurisdizione della Corte dei conti sulle questioni nascenti da un contratto assicurativo (tra cui, ad esempio, l’inoperatività della garanzia, l’annullamento del contratto per reticenza dell’assicurato, le limitazioni della responsabilità ad una certa quota) non consente, infatti, di realizzare quel simultaneus processus che costituisce il vantaggio concreto, in termini di economia processuale, di ogni modificazione della competenza per connessione (cfr., ex multis, Corte di cassazione, 25 maggio 1995, n. 5747). Per le suesposte considerazioni, deve essere dichiarato il difetto di giurisdizione di questa Corte nei confronti della domanda di garanzia proposta contro la “omissisSpA”.

A cura di Sonia LAZZINI

R E P U B B L I C A I T A L I A N A

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

Il TRIBUNALE AMMINISTRATIVO REGIONALE PER IL PIEMONTE

PRIMA SEZIONE

composto dai magistrati:

– Alfredo GOMEZ de AYALA – Presidente

– Bernardo BAGLIETTO – Consigliere

– Richard GOSO – Referendario, estensore

ha pronunciato la seguente

Reg. Sent. n. 1705/05

Reg. Gen. n. 574/05

S E N T E N Z A

sul ricorso n. 574/2005, proposto dal FALLIMENTO S.A.S. **** DI **** & C., in persona del curatore dott. Rosalinda Lopergolo, rappresentato e difeso dall’avv. Giovanna Buffa, presso il cui studio è elettivamente domiciliato in Torino, via Alfieri n. 19;

con l’intervento di

**** ASSICURAZIONI S.P.A., in persona del procuratore speciale sig.ra Carla ****, rappresentata e difesa dagli avv.ti Francesco Ferroni e Egidia Massia, elettivamente domiciliata presso lo studio della seconda in Torino, via Ferrante Aporti n. 28;

contro

l’AMMINISTRAZIONE AUTONOMA DEI MONOPOLI DI STATO, in persona del legale rappresentante pro tempore, non costituitasi in giudizio;

il MINISTERO DELL’ECONOMIA E DELLE FINANZE, in persona del Ministro pro tempore, non costituitosi in giudizio;

la QUESTURA DI TORINO, in persona del Questore pro tempore, non costituitasi in giudizio;

per l’annullamento, previa sospensione,

del decreto 27 gennaio 2005 dell’Amministrazione Autonoma dei Monopoli di Stato, pubblicato sulla Gazzetta Ufficiale n. 31 del 8 febbraio 2005, con il quale “Ai sensi e per gli effetti dell’art. 3 comma 1 lettere a) e c) del decreto ministeriale 31.1.2000 n. 29 e dell’art. 13 comma 1 lettere c) e d) della vigente convenzione di concessione è revocata nei confronti di **** s.a.s. la concessione n. 226/02 del 2 settembre 2002 per i motivi indicati in premessa”;

del decreto CAT.11.E/05 16 febbraio 2005 della Questura di Torino – Divisione Polizia Amministrativa e Locale, con il quale il Questore “Vista la nota del Ministero dell’Economia e delle Finanze – Amministrazione Autonoma dei Monopoli di Stato del 2.2.2005 dalla quale si rileva che, con decreto prot. 2005/4203/COA/BNG … veniva revocata la concessione n. 226/02” ha vietato al sig. ****, nella sua qualità di legale rappresentante della società **** s.a.s., “la prosecuzione dell’attività del gioco BINGO presso l’esercizio di Torino, Via Pinelli, 60 con conseguente immediata chiusura al pubblico dei locali”;

di ogni altro atto connesso e coordinato con gli anzidetti decreti.

Visto il ricorso con i relativi allegati;

Vista l’istanza di sospensione dei provvedimenti impugnati;

Visto l’atto di intervento in giudizio di **** Assicurazioni S.p.A.;

Visti gli atti tutti della causa;

Relatore alla camera di consiglio del 18 maggio 2005 il referendario Richard Goso;

Uditi i difensori intervenuti, come da verbale;

Ritenuto e considerato in fatto e in diritto quanto segue:

FATTO

La società in accomandita semplice “**** di **** & C.”, con sede in Torino, era titolare della concessione n. 226/02, rilasciata dall’Amministrazione Autonoma dei Monopoli di Stato in data 2 settembre 2002, per lo svolgimento del gioco del Bingo nella sala di Torino, via Pinelli n. 60.

La compagine sociale era esclusivamente costituita dal signor ****, socio accomandatario, e dal signor Paolo Bianco, socio accomandante.

Con sentenza del Tribunale di Torino del 27 luglio 2004, **** venne dichiarato fallito, in proprio e quale accomandatario di altra società.

Successivamente a detta sentenza, l’Amministrazione Autonoma dei Monopoli di Stato, in assenza di dati di gioco e di acquisto di cartelle da parte della concessionaria, accertò, anche tramite accessi della guardia di finanza, che la stessa aveva interrotto l’attività oggetto della concessione.

Con lettera raccomandata del 1° dicembre 2004, ricevuta dalla società **** il successivo giorno 9, l’Amministrazione intimata comunicava l’avvio del procedimento volto alla revoca della concessione.

Il procedimento si concludeva con l’adozione del provvedimento gravato, mediante il quale l’Amministrazione accertava che la società **** aveva violato l’obbligo di assicurare la continuità del servizio e disponeva la revoca della concessione.

Il Questore di Torino, con provvedimento in data 16 febbraio 2005 parimenti gravato, vietava quindi la prosecuzione dell’attività di gioco e ordinava la chiusura al pubblico dei locali.

Infine, con sentenza del Tribunale di Torino del 29 marzo 2005, è stato dichiarato il fallimento della **** s.a.s.

Il fallimento “**** s.a.s.”, in persona del curatore, è insorto avverso i provvedimenti di revoca della concessione e di chiusura dei locali del Bingo, di cui contesta la legittimità e chiede l’annullamento sulla scorta di un unico, articolato motivo di gravame: violazione e falsa applicazione di legge (l. 241/90, art. 7). Eccesso di potere per errore e travisamento. Violazione dell’art. 78 c.p.c.

Il fallimento ricorrente ha altresì proposto domanda cautelare di sospensione dei provvedimenti impugnati.

E’ intervenuta in giudizio la **** Assicurazioni S.p.A., fidejussore della ricorrente a garanzia dell’adempimento degli obblighi derivanti dall’affidamento in gestione del gioco del Bingo, sostenendo il motivo di gravame proposto dalla **** s.a.s.

Non si sono costituite in giudizio le amministrazioni intimate.

DIRITTO

1) Il Collegio ritiene di dover definire il giudizio, con decisione in forma semplificata, in sede di esame dell’istanza cautelare – ai sensi dell’articolo 26, commi 4 e 5, della legge 6 dicembre 1971, n. 1034, come sostituito dall’articolo 9 della legge 21 luglio 2000, n. 205 – considerata la rituale instaurazione del contraddittorio e la sufficienza delle prove in atti.

2) Il fallimento della s.a.s. “**** di **** & C.”, in persona del curatore, contesta la legittimità del provvedimento in data 25 gennaio 2005, pubblicato sulla Gazzetta Ufficiale del 8 febbraio 2005, mediante il quale, constatata l’interruzione non autorizzata dell’attività, è stata revocata la concessione allo svolgimento del gioco del Bingo a suo tempo rilasciata alla società ****.

E’ altresì impugnato il conseguente provvedimento del Questore di Torino in data 16 febbraio 2005, notificato al socio accomandatario **** in data 24 febbraio 2005, con il quale è stata vietata la prosecuzione dell’attività di gioco e ordinata l’immediata chiusura al pubblico dei locali.

3) I profili di doglianza sollevati dal fallimento ricorrente, contenuti in un solo motivo di ricorso, sono i seguenti: in primo luogo, si deduce violazione dell’articolo 7 della legge 7 agosto 1990, n. 241 in quanto la comunicazione di avvio del procedimento, inviata alla **** s.a.s. mediante lettera raccomandata ricevuta il 9 dicembre 2004, non poteva raggiungere il proprio scopo, atteso che l’unico socio accomandatario era stato dichiarato fallito.

Sotto il profilo sostanziale, parte ricorrente sostiene che il fallimento dell’unico socio accomandatario ha provocato una situazione di forza maggiore che ha reso impossibile proseguire l’attività oggetto della concessione: l’omessa considerazione di tale circostanza determinerebbe l’illegittimità del provvedimento di revoca della concessione.

4) E’ intervenuta ad adiuvandum la **** Assicurazioni S.p.A. che aveva rilasciato fidejussione nell’interesse della ricorrente a garanzia dell’adempimento degli obblighi derivanti dalla concessione.

L’intervento è ammissibile in quanto il provvedimento impugnato comporta l’incameramento della cauzione cui si riferisce la fidejussione rilasciata dall’interveniente.

5) Tutto ciò premesso, ritiene il Collegio di dover valutare, in via preliminare, la sussistenza della legittimazione ad agire in capo al curatore fallimentare e, in secondo luogo, la tempestività del ricorso.

Quanto al primo aspetto, si rileva che il curatore, quale organo della procedura fallimentare, è istituzionalmente preposto alla tutela della massa attiva fallimentare e, come tale, è legittimato a insorgere contro i provvedimenti che incidano negativamente sulla consistenza della medesima.

Nel caso in esame, come ammette la parte ricorrente, l’unico valore patrimoniale che la società fallita possedeva, oltre agli arredi della sala da gioco, era la concessione per il gioco del Bingo.

Essendo il fallimento subentrato alla società in bonis, ne consegue che il curatore è legittimato a far valere le opportune azioni a tutela del patrimonio fallimentare.

Quanto alla tempestività del ricorso, si osserva che esso è stato notificato oltre il termine di sessanta giorni dalla pubblicazione del provvedimento di revoca, avvenuta in data 8 febbraio 2005.

Peraltro, ammessa la legittimazione del curatore fallimentare, ne deriva che l’interesse a ricorrere sopravviene in capo al medesimo solo al momento della nomina (rectius: dell’accettazione della nomina) e che da tale momento decorre il termine decadenziale di legge per l’impugnazione.

Nel caso di specie, poiché l’accettazione della nomina da parte del curatore è avvenuta il 30 marzo 2005, il termine per l’impugnazione decorre da tale data e il ricorso, notificato ampiamente nei termini, è ricevibile.

6) Nel merito, è condivisibile il motivo di censura riferito alla violazione dell’articolo 7 della legge 7 agosto 1990, n. 241.

Non vi è dubbio, infatti, che la revoca di una concessione debba essere necessariamente preceduta dalla rituale comunicazione di avvio del procedimento, tesa a garantire la partecipazione del privato all’attività istruttoria che lo riguarda direttamente e dalla quale potrebbe trarre pregiudizio.

Nel caso in esame, come già accennato, la comunicazione de qua è stata inviata con lettera raccomandata del 1° dicembre 2004, ricevuta dalla società **** il successivo giorno 9.

All’epoca, però, l’unico socio accomandatario era stato dichiarato fallito e non risulta che esso fosse stato sostituito né risulta che il socio accomandante fosse munito di procura speciale.

Il fallimento del socio accomandatario, pertanto, aveva provocato alla società **** una situazione di stallo, con assenza di poteri gestori, essendo venuto meno nella compagine sociale l’unico soggetto munito di poteri di amministrazione e rappresentanza.

A fronte di tale situazione, agevolmente conoscibile dall’Amministrazione intimata, quest’ultima, come obietta la stessa parte ricorrente, avrebbe dovuto preliminarmente attivarsi per la nomina di un curatore speciale, ai sensi dell’articolo 78 c.p.c.

In difetto, la comunicazione di avvio del procedimento inviata alla società in accomandita semplice, il cui solo socio accomandatario era stato dichiarato fallito e non sostituito, è illegittima per la mancanza di una persona fisica investita del potere di rappresentanza della compagine sociale.

Il motivo di ricorso, pertanto, è fondato e comporta l’annullamento del provvedimento gravato di revoca della concessione.

7) E’ altresì illegittimo, per invalidità derivata, il provvedimento del Questore di Torino che si fonda sul decreto di revoca della concessione e vi dà esecuzione.

Peraltro, deve anche rilevarsi che, come obiettato dalla parte ricorrente, esso è anche affetto da vizi propri, poiché notificato a mani di **** che, essendo stato dichiarato fallito, era incapace di rappresentare la società.

8) Le eccezioni sopra esaminate hanno carattere assorbente ed esimono il Collegio dallo scrutinio del secondo motivo di censura.

P.Q.M.

il Tribunale Amministrativo Regionale per il Piemonte, prima sezione, definitivamente pronunciando sul ricorso in epigrafe con sentenza succintamente motivata, lo accoglie e, per l’effetto, annulla i provvedimenti impugnati.

Nulla per le spese.

Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’Autorità amministrativa.

Così deciso in Torino nella camera di consiglio del 18 maggio 2005.

IL PRESIDENTE L’ESTENSORE

f.to. Gomez de Ayala F.to G. Goso

il Direttore di segreteria

f.to M. Luisa Cerrato Soave

Depositata in segreteria a sensi di legge

il 18 maggio 2005

il Direttore di segreteria

f.to M. Luisa Cerrato Soave

R.G. 574/05

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Andrea Maso