La normativa comunitaria, al fine di realizzare anche nel settore dei pubblici appalti gli obiettivi della libera circolazione dei beni, delle persone, dei servizi, nonché di salvaguardare la libera concorrenza, ha imposto l’applicazione del modello dell’evidenza pubblica ben oltre il tradizionale limite soggettivo dei contratti stipulati dagli enti pubblici.

La procedura di gara, con tutte le garanzie procedimentali che la contraddistinguono, deve applicarsi, oltre che nei riguardi degli enti pubblici, anche nei confronti degli organismi di diritto pubblico, elaborando una nozione che abbraccia persino figure soggettive formalmente classificate come privatistiche

Con la decisione numero 2078 del 10 aprile 2000 la V Sezione del Consiglio di Stato, ci offre un insegnamento sulle caratteristiche che un’impresa, ancorchè spa o srl, debba avere ai fini di rivestire l’efficacia di un organismo di diritto pubblico

Di Sonia Lazzini

La ratio nascosta che sta dietro alla scelta di ampliare il novero dei soggetti “amministrazioni aggiudicatrici” si legga nell’emarginata decisione – è di

“ evitare che l’ente pubblico, avvalendosi di società od enti privati soggetti a controllo più o meno intenso, possa provocare distorsioni negli assetti concorrenziali del libero mercato, favorendo imprese dello Stato membro di appartenenza: proprio per questo si impone anche a tali società ed enti di aggiudicare l’appalto pubblico mediante procedura di gara”

richiamando gli articoli artt. 2 della legge n.109 del 1994 e 2 del d. lgs. n.157 del 1995, il Supremo giudice amministrativo afferma che:

“i requisiti dell’organismo di diritto pubblico sono tre:

  1. il possesso della personalità giuridica;
  2. b) lo svolgimento di attività finanziata in modo maggioritario dallo Stato o da altri enti pubblici od organismi di diritto pubblico, ovvero soggetta al loro controllo ovvero condotta con organismi di amministrazione, direzione o vigilanza costituiti in misura non inferiore alla metà da componenti designati dai medesimi enti;
  3. c) l’istituzione per soddisfare specificamente bisogni di interesse generale non aventi carattere industriale o commerciale”

Resta ancora da segnalare il fatto che:

“ la qualificazione dell’appaltante quale amministrazione aggiudicatrice può riguardare anche solo un determinato settore della sua attività, purché esso abbia una sua coerenza interna e sia circoscritto da alcuni dati di univoca percezione. La circostanza che l’ente eserciti altre attività imprenditoriali, estranee all’interesse pubblico, non pregiudica siffatta qualificazione, dal momento che lo status di organismo di diritto pubblico non dipende dall’importanza relativa che assumono, nel panorama complessivo delle sue attività, gli individuati bisogni di carattere non industriale e commerciale”

REPUBBLICA ITALIANA IN NOME DEL POPOLO ITALIANO Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale, Quinta Sezione ANNO 1999

ha pronunciato la seguente

decisione

sul ricorso in appello nr.4096/99, proposto dal

***** s.c.r.l., con sede in Bologna, ,

CONTRO

la Struttura Valle d’Aosta s.r.l. (Vallée d’Aoste Structure S. à r.l.), con sede in Aosta, in persona del legale rappresentante pro-tempore, rappresentata e difesa dall’avvocato Pierluigi Piselli, elettivamente domiciliata in Roma, via G. Mercalli, n.13, presso quest’ultimo

e nei confronti della

**++ s.p.a,

per la riforma

della sentenza del T.A.R. Valle d’Aosta, n.72/1999;

Visto l’atto di appello con i relativi allegati;

Visti gli atti di costituzione in giudizio della Struttura Valle d’Aosta e della ***** s.p.a.;

Viste le memorie difensive;

Vista l’ordinanza n. 1859/99 con la quale è stata respinta la richiesta di sospensione della esecuzione della sentenza appellata;

Visti gli atti tutti della causa;

Visto l’art.19 del d.l. 25 marzo 1997, n.67, convertito, con modificazioni, in legge 23 maggio 1997, n.135 e visto il dispositivo di sentenza n. 6 del 23 genaio 2000;

Alla pubblica udienza del 18 gennaio 2000, relatore il consigliere Fabio Cintioli, uditi gli avv.ti Colarizi, Piselli e Ferrari;

Ritenuto in fatto e considerato in diritto

FATTO

Col ricorso di primo grado il ***** s.c.r.l., in proprio e quale capogruppo mandatario dell’associazione temporanea costituita con le imprese indicate in epigrafe (in appresso, più semplicemente, “consorzio”), ha impugnato il provvedimento di esclusione dall’asta pubblica bandita dalla Struttura Valle d’Aosta s.r.l. (in appresso, più semplicemente, “Struttura s.r.l.”) per l’aggiudicazione dell’appalto per l’esecuzione “degli interventi di bonifica per la messa in sicurezza di edifici, manufatti e zone all’interno dell’area ex Cogne”, nonché il provvedimento di aggiudicazione al raggruppamento di imprese avente quale capogruppo la **** s.p.a. (in appresso, più semplicemente, “*****”).

Il T.A.R. in parte ha rigettato il ricorso ed in parte lo ha dichiarato improcedibile per sopravvenuto difetto di interesse.

Lo stesso consorzio ha proposto appello, col quale ha censurato le valutazioni di merito del Tribunale ed ha chiesto la riforma della sentenza, con l’accoglimento del ricorso proposto in primo grado.

Ha proposto appello incidentale la *****, che ha contestato la giurisdizione del giudice amministrativo, resistendo nel merito ai motivi dell’appello principale.

Si è, altresì, costituita la Struttura s.r.l., che ha replicato ai motivi dedotti dall’appellante.

La causa è stata discussa nell’udienza pubblica del 18 gennaio 2000.

DIRITTO

1. Si riassumono brevemente le vicende che hanno preceduto la sentenza oggetto di gravame.

a) Il consorzio appellante ha partecipato alla procedura di asta pubblica indetta dalla Struttura Valle d’Aosta s.r.l. per l’aggiudicazione, col metodo del maggior ribasso, dell’appalto per “l’esecuzione degli interventi di bonifica, sia puntuali che generali, per la messa in sicurezza di edifici, manufatti e zone all’interno dell’area ex Cogne”, per un importo a base d’asta di lire 38.784.323.884.

(…)

2. Il Tribunale ha fondato la propria giurisdizione sul disposto dell’art.33, lettera e), del d.lgs. 31.3.1998, n.80, che ha introdotto la giurisdizione esclusiva del giudice amministrativo sulle controversie in materia di pubblici servizi e, segnatamente, in quelle aventi ad oggetto le procedure di affidamento di appalti pubblici di lavori, servizi e forniture, svolte da soggetti comunque tenuti alla applicazione delle norme comunitarie o della normativa nazionale o regionale.

Ha, poi, respinto le censure dedotte dal ricorrente avverso il provvedimento di esclusione.

(…)

4. Con l’appello incidentale la ***** ha riproposto l’eccezione di difetto di giurisdizione del giudice amministrativo.

Gli atti impugnati promanano da una società di capitali privata, che persegue una finalità lucrativa ed assume per oggetto un’attività commerciale ed industriale. Mancherebbe, dunque, il presupposto minimo dell’esistenza di un atto amministrativo, sia sul versante soggettivo dell’autore del provvedimento, sia su quello oggettivo della funzione esercitata.

La Struttura Valle d’Aosta s.r.l. non potrebbe, secondo l’appellante incidentale, essere attratta nell’orbita della nozione comunitaria di organismo di diritto pubblico, né potrebbe dirsi risolutivo il disposto dell’art. 33 del d. lgs. n.80 del 1998, che concerne solo le gare di appalto bandite da un soggetto che opera nell’ambito dell’erogazione di un servizio pubblico.

5. Si prende in esame in via preliminare la questione di giurisdizione.

L’appello incidentale è infondato e può confermarsi la giurisdizione del giudice amministrativo.

Il riferimento alla nuova ipotesi di giurisdizione esclusiva prevista dall’art.33, lettera e), del d. lgs. n.80 del 1998, di per sé, non è decisivo.

Questa norma, invero, trova applicazione solo nelle controversie in materia di pubblici servizi e, per ciò che riguarda la predetta lettera e), nelle procedure di affidamento di appalti espletate da un soggetto che interviene nell’erogazione di un servizio pubblico.

L’opposta interpretazione, che estende la giurisdizione esclusiva anche al di fuori di questa tipologia, oltre che in contrasto col tenore letterale della norma, aprirebbe il dubbio, non manifestamente infondato, della sua incostituzionalità per eccesso di delega, considerati i limiti stabiliti dall’art.11, lettera g), della legge 15.2.1997, n.59 (in senso conforme: Cons. Stato, sez. V, 7 giugno 1999, n.295).

Il richiamo all’art.33, lettera e), se da un lato non appare pertinente, dall’altro lato non sposta i termini della questione nel suo aspetto centrale, che, come si dirà, consiste nel verificare se l’ente appaltante possa essere assorbito nella nozione comunitaria di organismo di diritto pubblico; l’art.33, invero, riguarda solo le procedure svolte da soggetti “comunque tenuti alla applicazione delle norme comunitarie o della normativa nazionale o regionale”.

La tesi che afferma la giurisdizione del giudice ordinario ogniqualvolta venga impugnato, nell’ambito della procedura di affidamento di un appalto, un atto compiuto da un soggetto privato (nella specie, una società di capitali) è stata in più occasioni sostenuta dalla Corte di Cassazione, che ha posto l’accento sulla natura privata del committente e sulla carenza di poteri pubblicistici in senso classico, ammettendo l’unica eccezione degli atti compiuti dal privato che agisce in virtù di un provvedimento di concessione, cui si è adattata la nozione di “organo indiretto” dell’amministrazione (v., ex plurimis, Cass. sez. un., 6 maggio 1995, n.4989 e n.4991; id. 28 novembre 1996, n.10616; id, 28 agosto 1998, n.8541; id., 29 dicembre 1990, n.12221).

Questa tesi, tuttavia, è stata sottoposta a revisione critica sia da questo Consiglio (v. Cons. Stato, sez. V, 7 giugno 1999, n.295; id., sez. VI, 28 ottobre 1998, n.1478), sia dalle più recenti pronunzie della stessa Corte di Cassazione (Cass., sez. un., 5 febbraio 1999, n.24; id. 13 febbraio 1999, n.64; id., 12 giugno 1999, n.332).

L’argomento di fondo utilizzato da questo più recente orientamento è quello che fa capo alla normativa comunitaria, che, al fine di realizzare anche nel settore dei pubblici appalti gli obiettivi della libera circolazione dei beni, delle persone, dei servizi, nonché di salvaguardare la libera concorrenza, ha imposto l’applicazione del modello dell’evidenza pubblica ben oltre il tradizionale limite soggettivo dei contratti stipulati dagli enti pubblici.

Si è stabilito che la procedura di gara, con tutte le garanzie procedimentali che la contraddistinguono, debba applicarsi, oltre che nei riguardi degli enti pubblici, anche nei confronti degli organismi di diritto pubblico, elaborando una nozione che abbraccia persino figure soggettive formalmente classificate come privatistiche (v., per tutti, gli artt. 1 della direttiva n.37 del 1993, in materia di appalto di lavori; 1 della direttiva n.50 del 1992, in tema di appalto di servizi). Tale nozione è stata recepita anche dal legislatore interno (v., per ciò che concerne la presente controversia, gli artt. 2 della legge n.109 del 1994 in tema di appalto di lavori, e 2 del d. lgs. n.157 del 1995 in tema di appalto di servizi).

La vigenza del regime dell’evidenza pubblica, lungi dall’essere neutrale rispetto alla qualificazione del rapporto, incide profondamente sulla posizione dell’ente aggiudicatore, sugli obiettivi da questi perseguiti e sulle posizioni soggettive dei partecipanti alla gara.

Le finalità della procedura, in coerenza con gli scopi del legislatore comunitario, sono di immediato rilievo pubblicistico: per tutte basti richiamare l’esigenza di un utilizzo corretto ed imparziale del denaro pubblico e la tutela della libera concorrenza negli assetti di mercato. Per altro verso, la conduzione della gara e la scelta dell’aggiudicatario comportano l’attuazione di un potere di matrice autoritativa, con l’attitudine ad incidere sulla posizione dei partecipanti. Costoro, infine, sono garantiti proprio grazie all’applicazione di un modulo procedimentale pubblicistico, improntato alla tutela della par condicio.

Discende da questa ricostruzione l’ampliamento degli ambiti soggettivi ed oggettivi della nozione di atto amministrativo, che, riverberandosi anche sulle norme processuali, provoca la corrispondente estensione della giurisdizione del giudice amministrativo (i richiamati precedenti ritengono opportunamente rilevanti sul terreno processuale i riferimenti desunti dagli artt. 12 e 13 della legge 19.2.1992, n.142, quest’ultimo oggi abrogato dal d. lg.s n.80 del 1998; 30 del d. lgs. n.157 del 1995; 11, comma 1 della legge 19.12.1992, n.489; 31 bis della legge n.109 del 1994; nonché il dato, comunque particolarmente significativo, desunto dal citato art.33 del d. lgs. n.80 del 1998). Può richiamarsi, in proposito, un precedente della Sezione, che ha posto in rilievo proprio la recente evoluzione della nozione classica di atto amministrativo, che ha conosciuto nel più recente periodo un significativo processo di “erosione”, a favore di sistemi di gestione dell’attività amministrativa che, per un verso, si avvalgono di modelli convenzionali e/o di assetti normativi di spiccata origine privatistica e che, per altro verso, affidano vasti settori di azione a figure soggettive di indubbia matrice privatistica (v. Cons. Stato, sez. V, 6 dicembre 1999, n. 2046).

6. Deve, pertanto, accertarsi se la Struttura Valle d’Aosta s.r.l. possa o meno rientrare nella figura dell’organismo di diritto pubblico.

Il dubbio può sciogliersi in senso positivo.

E’ necessario premettere che tale nozione deve interpretarsi non già secondo dati meramente formali, ma sulla base di un criterio funzionale e sostanziale, poiché il legislatore comunitario, introducendo questa figura, ha inteso ampliare, come detto, la nozione di amministrazione aggiudicatrice. La preoccupazione è quella di evitare che l’ente pubblico, avvalendosi di società od enti privati soggetti a controllo più o meno intenso, possa provocare distorsioni negli assetti concorrenziali del libero mercato, favorendo imprese dello Stato membro di appartenenza: proprio per questo si impone anche a tali società ed enti di aggiudicare l’appalto pubblico mediante procedura di gara.

Ciò posto, i requisiti dell’organismo di diritto pubblico sono tre: a) il possesso della personalità giuridica; b) lo svolgimento di attività finanziata in modo maggioritario dallo Stato o da altri enti pubblici od organismi di diritto pubblico, ovvero soggetta al loro controllo ovvero condotta con organismi di amministrazione, direzione o vigilanza costituiti in misura non inferiore alla metà da componenti designati dai medesimi enti; c) l’istituzione per soddisfare specificamente bisogni di interesse generale non aventi carattere industriale o commerciale (v, per tutti, i richiamati artt. 2 della legge n.109 del 1994 e 2 del d. lgs. n.157 del 1995).

Non vi sono dubbi che la Struttura s.r.l. possieda il requisito della personalità giuridica.

Anche sul secondo requisito, a ben vedere, può formularsi un giudizio di positiva ricorrenza.

Dai certificati del registro delle imprese in atti risulta che il capitale sociale della Struttura s.r.l. è pari a lire 15.300.000.000 e che esso è interamente posseduto dalla società Finanziaria Regionale Valle d’Aosta s.p.a..

Tale ultima società ha un capitale di 200.000.000.000, suddiviso in 200.000 azioni, ed il socio di maggioranza è identificato nella Regione Valle d’Aosta, titolare di ben 132.375 azioni.

La forte impronta pubblicistica della Finanziaria Regionale Valle d’Aosta s.p.a. è confermata anzitutto dall’oggetto sociale, che assume ad obiettivo, tra l’altro, la promozione, nel quadro di una politica di programmazione regionale, di tutti gli interventi per favorire lo sviluppo socio-economico del territorio regionale, in armonia con le direttive della Regione stessa. Inoltre, è previsto che alcune attività della società siano addirittura sottoposte alla preventiva autorizzazione della Giunta regionale.

Riassumendo, la società che conduce la gara di appalto è interamente partecipata e controllata, secondo il modello della s.r.l. unipersonale, da altra società che non solo è ispirata da chiare finalità pubblicistiche, ma è anche caratterizzata dalla preponderante presenza del socio pubblico, rispondendo a sua volta con sicurezza a tutti i requisiti dell’organismo di diritto pubblico.

Questa circostanza è sufficiente ad integrare, rispetto alla Struttura Valle d’Aosta s.r.l., il secondo requisito della nozione in discussione, sia sotto il profilo del “controllo” che sotto il profilo del “finanziamento”: in primo luogo perché la nozione di organismo di diritto pubblico, da interpretarsi in chiave teleologico-funzionale, non è indifferente a fenomeni di controllo indiretto del pacchetto di maggioranza del capitale sociale; in secondo luogo perché la disciplina richiamata contempla espressamente il caso in cui l’organismo di diritto pubblico sia a sua volta controllato da altro organismo della stessa specie.

Rimane il terzo requisito, specificamente posto in discussione dall’appellante incidentale.

Anche in questo caso la Sezione lo ritiene sussistente, concludendo nel senso della piena corrispondenza della società appaltante alla fattispecie dell’organismo di diritto pubblico.

In punto di fatto, oltre al rapporto di controllo indiretto con la Regione Valle d’Aosta, si segnala che la Struttura Valle d’Aosta s.r.l. ha operato nel quadro di un’attività di bonifica che è in evidente sintonia con le finalità pubblicistiche.

Inoltre, dalla premessa del verbale del 9.12.1998, risulta che l’azione della Struttura s.r.l. coincide con “l’obiettivo pubblico, perseguito dalla Regione e dal Comune di Aosta, di riqualificare e reindustrializzare l’area ex Cogne”, come enunciato in apposita convenzione stipulata con la stessa Regione in data 3.6.1998; risulta altresì che “la copertura finanziaria per gli interventi di bonifica, costituita dai fondi messi a disposizione dalla Regione Valle d’Aosta (con la detta convenzione), ammonta a lire 40.810.000.000 al netto di i.v.a.”.

Ciò è sufficiente a ritenere che la Struttura abbia operato per soddisfare specificamente bisogni di interesse generale non aventi carattere industriale o commerciale.

La giurisprudenza comunitaria ha, invero, affermato che “la nozione di bisogni di interesse generale aventi carattere non industriale o commerciale non esclude quei bisogni che siano o possano essere soddisfatti da imprese private” (v. Corte di Giustizia CE, Corte plenaria, 10 novembre 1998, causa C-360/96).

L’esistenza di una concorrenza articolata e la presenza dell’ente sul libero mercato con una struttura imprenditoriale, secondo la Corte di Giustizia, può solo costituire un indizio a sostegno del fatto che questi agisce per soddisfare bisogni di interesse generale aventi carattere industriale o commerciale; ma, in linea di massima, la struttura imprenditoriale del soggetto è perfettamente compatibile col perseguimento dei bisogni di interesse generale non industriali e commerciali (coerentemente, nel senso che lo Stato e gli enti pubblici possono essere considerati quale impresa dal diritto comunitario, v. Corte di Giustizia CE, 18 marzo 1997, causa C-343/95).

Può aggiungersi che siffatta compatibilità trova positivo riscontro quando, sul piano funzionale e strutturale, l’impresa è contraddistinta da chiari profili pubblicistici, come accade nel caso di specie.

La presenza dell’ente pubblico (nel caso, la Regione Autonoma Valle d’Aosta), la connessione all’interesse pubblico della prestazione dedotta in contratto e la fonte pubblica del finanziamento convergono, invero, nel caratterizzare la società come mirata al soddisfacimento dei bisogni di interesse generale non industriali e commerciali.

Il modello della società di capitali, del resto, da tempo mostra nell’ordinamento italiano come in quello degli altri Stati membri una peculiare attitudine all’esercizio di attività non lucrative. L’ipotesi della società a prevalente partecipazione pubblica è sovente richiamata come uno degli esempi di quel fenomeno definito di “affievolimento dello scopo lucrativo”: una formula che descrive la struttura societaria come idonea allo svolgimento di attività cui è estraneo lo scopo di lucro di cui all’art. 2247 c.c..

Tra gli esempi di diritto interno di società destinate al concorrente soddisfacimento di interessi pubblici è sufficiente richiamare, per tutti, quello delle società miste per la gestione diretta di servizi pubblici locali, di cui all’art.22, comma 2, lettera e), legge n.142 del 1990. Inoltre, proprio argomentando dalla permanente funzione pubblicistica delle società per azioni emerse dal fenomeno della privatizzazione degli enti pubblici la Corte Costituzionale ha potuto giustificare la permanenza del controllo della Corte dei Conti su di esse (v. Corte Cost. 28 dicembre 1993, n.466).

Infine, non vale ad escludere il carattere non industriale e commerciale dei bisogni soddisfatti dalla Struttura Valle d’Aosta s.r.l. l’obiezione dell’appellante, secondo cui l’oggetto sociale della società prevede lo svolgimento di molteplici attività imprenditoriali, alle quali è estraneo qualsivoglia collegamento con l’interesse pubblico.

L’oggetto sociale indicato nello statuto, invero, ha solo il valore di eventuale limite esterno all’azione sociale, ma non la impegna al compimento di tutte le attività ivi descritte.

In secondo luogo, la qualificazione dell’appaltante quale amministrazione aggiudicatrice può riguardare anche solo un determinato settore della sua attività, purché esso abbia una sua coerenza interna e sia circoscritto da alcuni dati di univoca percezione. La circostanza che l’ente eserciti altre attività imprenditoriali, estranee all’interesse pubblico, non pregiudica siffatta qualificazione, dal momento che lo status di organismo di diritto pubblico non dipende dall’importanza relativa che assumono, nel panorama complessivo delle sue attività, gli individuati bisogni di carattere non industriale e commerciale (v. Corte di Giustizia CE, 10 novembre 1998, più sopra citata).

Nel caso di specie, poi, l’appalto è diretto al conseguimento di un preciso obiettivo, che ha già ricevuto una coerente identificazione nella convenzione di finanziamento stipulata con la Regione.

7. Sono parimenti infondate le eccezioni preliminari sollevate dall’amministrazione aggiudicatrice resistente.

Il ricorso di primo grado non è tardivo, poiché non è stata fornita una prova esauriente della piena ed immediata conoscenza dell’esclusione.

L’eccezione di inammissibilità per difetto di interesse è parimenti infondata, poiché le doglianze del consorzio avverso l’atto di esclusione sono direttamente collegate all’interesse a partecipare alle successive fasi della procedura.

Si rigettano, inoltre, le ulteriori eccezioni di tardività ed inammissibilità per acquiescenza, fondate sull’erroneo presupposto che col ricorso di primo grado siano state impugnate le clausole del bando di gara.

8. Può procedersi all’esame del merito.(….)

Come rilevato più sopra, le parti concordano sull’interpretazione di massima della clausola del bando che fissa i requisiti di iscrizione, unitamente a quelli che riguardano la titolarità di un impianto di smaltimento e trattamento.

La divergenza riguarda le modalità di applicazione di questa clausola alla partecipazione di un’A.T.I..

(….) .

11. Poiché soccombente, l’appellante principale è condannato a rimborsare, in favore delle appellate, le spese del presente grado del giudizio, liquidate in dispositivo.

P. Q. M.

il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale, Quinta Sezione, rigetta l’appello.

Condanna l’appellante al rimborso, in favore delle due appellate, delle spese del secondo grado del giudizio, spese che liquida in lire 35.000.000 (trentacinquemilioni) per ciascuna di esse.

Ordina che la presente decisione sia eseguita dall’autorità amministrativa.

Così deciso in Roma, nella camera di consiglio del 18 gennaio 2000,

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Andrea Maso