a cura di Sonia Lazzini

Il Collegio è ben consapevole dell’esistenza di due diversi orientamenti giurisprudenziali circa la sussistenza dell’obbligo a carico dell’amministrazione di procedere alla preventiva escussione del fideiussore, onde evitare il ritardo nel pagamento e l’irrogazione della sanzione, spesso particolarmente gravosa (nella fattispecie in esame pari ai 4/3 del dovuto), derivante dal ritardo nell’adempimento.

Al riguardo è necessario osservare che, anche senza entrare nel merito dell’obbligo o meno dell’amministrazione di avvalersi tempestivamente della garanzia prestata proprio al fine di assicurare il pronto adempimento (essendo stato escluso il beneficio della preventiva escussione del debitore e quindi l’obbligo del fideiussore di corrispondere il dovuto a prima richiesta, senza poter opporre alcuna eccezione al riguardo), nel caso di specie il comportamento dell’amministrazione appare comunque censurabile in termini generali sotto il profilo della correttezza o quanto meno dello sviamento, della perplessità e contraddittorietà del proprio operato.

Invero, va dato atto che il Comune ha dapprima comunicato l’avvio del procedimento per il ritardato pagamento, salvo poi far decorrere un lungo periodo di tempo per attivarsi per l’escussione della garanzia, dando così luogo all’applicazione della sanzione massima in rapporto al ritardo accumulato per la riscossione del credito.

In ogni caso, va richiamato quanto di recente affermato dal Tribunale in fattispecie analoga (cfr T.A.R. Veneto, II, n. 726/2012), ove, come nel caso di specie, la difesa resistente ha ritenuto l’inesistenza di un obbligo dell’Amministrazione di procedere alla preventiva escussione della fidejussione in quanto la stessa fidejussione costituirebbe una garanzia personale prestata unicamente nell’interesse dell’Amministrazione.

Seguendo tale interpretazione la garanzia sussidiaria così prestata servirebbe a scongiurare che il Comune possa irrimediabilmente perdere un’entrata di diritto pubblico, ma non alleggerirebbe la posizione del soggetto tenuto al pagamento.

Al riguardo in tale pronuncia è stato affermato che condividere “…le argomentazioni addotte dalla parte resistente avrebbe l’effetto di relegare alla fidejussione il solo ruolo di mero presupposto per ottenere la rateizzazione, privando la stessa garanzia della reale funzione in relazione alla quale è stata prestata.

Essa, infatti, è diretta a garantire l’adempimento di un’obbligazione altrui e a permettere, comunque, al Comune di ottenere il pagamento degli oneri concessori previsti dalla Legge.

Sul punto va ricordato l’esistenza di una precedente decisione di questo Tribunale (Sez. II 09 Febbraio 2006 n.342) nella parte in cui ha previsto che …”Allorchè un amministrazione abbia ottenuto dal privato una fidejussione bancaria a semplice richiesta a garanzia del residuo importo da versare per il contributo a titolo di oneri urbanistici e, successivamente, verifichi che l’interessato ha omesso di corrispondere i ratei alle scadenze previste, è illegittima l’emanazione di un’ordinanza per il pagamento di una somma comprendente (oltre alle rate non pagate) anche le sanzioni di cui all’art.81 L.Rg. n. 61/1985; ciò in quanto sarebbe sufficiente la semplice richiesta al fideiussore, iniziativa non gravosa ne esposta a rischi di sorta) per evitare un inutile aggravamento della posizione debitoria del privato (ai sensi dell’art. 1227 comma 2 codice civile) e per conseguire tempestivamente il credito”.

Questo Collegio ritiene che l’escussione della fidejussione integri un onere del creditore che va inquadrato nell’ambito di quei comportamenti anche “attivi” che lo stesso creditore è tenuto a compiere al fine di facilitare l’adempimento della prestazione e, ciò, in considerazione di un principio di collaborazione tra le parti nella fase di esecuzione dell’obbligazione ai sensi di quanto previsto dell’art. 1375 del codice civile” (così TAR VE cit.)

Per detti motivi, che possono essere ribaditi nel caso di specie, atteso il comportamento dell’amministrazione che non si è attivata nel rispetto dei principi sopra richiamati, ma che, pur avendo dato avvio al procedimento, ha differito ingiustificatamente la propria azione, attivandosi presso il fideiussore solo dopo che risultava trascorso il massimo periodo di tempo, tale da comportare l’applicazione della sanzione più gravosa, il ricorso n. 1773/2011 va accolto con conseguente annullamento degli atti con esso impugnati.

In conclusione, attese le argomentazioni sin qui svolte, i ricorsi individuati con i nn. 913/2010, 2247/2010 e 978/2011 vanno respinti, mentre va accolto il solo ricorso n. 1773/2011, con conseguente annullamento degli atti ivi impugnati.

A cura di Sonia Lazzini

riportiamo qui di seguito il testo integrale della sentenza numero 969 del 5 luglio 2012 pronunciata dal Tar Veneto, Venezia

N. 00969/2012 REG.PROV.COLL.

N. 00913/2010 REG.RIC.

N. 02247/2010 REG.RIC.

N. 00978/2011 REG.RIC.

N. 01773/2011 REG.RIC.

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

Il Tribunale Amministrativo Regionale per il Veneto

(Sezione Seconda)

ha pronunciato la presente

SENTENZA

sul ricorso numero di registro generale 913 del 2010, integrato da motivi aggiunti, proposto da:
Ricorrente S.r.l., rappresentata e difesa dagli avv. Gian Paolo Sardos Albertini, Nicoletta Scaglia, Franco Zambelli, con domicilio eletto presso Franco Zambelli in Venezia-Mestre, via Cavallotti, 22;

contro

Comune di Castelnuovo del Garda in persona del Sindaco pro tempore, rappresentato e difeso dagli avv. Antonio Sartori, Maurizio Sartori, con domicilio eletto presso Antonio Sartori in Venezia-Mestre, Calle del Sale, 33;

nei confronti di

Compagnia garante S.p.A., non costituita in giudizio;

sul ricorso numero di registro generale 2247 del 2010, proposto da:
Ricorrente S.r.l., rappresentata e difesa dagli avv. Gian Paolo Sardos Albertini, Nicoletta Scaglia, Franco Zambelli, con domicilio eletto presso Franco Zambelli in Venezia-Mestre, via Cavallotti, 22;

contro

Comune di Castelnuovo del Garda, in persona del Sindaco pro tempore, rappresentato e difeso dagli avv. Maurizio Sartori, Antonio Sartori, con domicilio eletto presso Antonio Sartori in Venezia-Mestre, Calle del Sale, 33;

sul ricorso numero di registro generale 978 del 2011, proposto da:
Ricorrente S.r.l., rappresentata e difesa dagli avv. Gian Paolo Sardos Albertini, Nicoletta Scaglia, Franco Zambelli, con domicilio eletto presso Franco Zambelli in Venezia-Mestre, via Cavallotti, 22;

contro

Comune di Castelnuovo del Garda, in persona del Sindaco pro tempore, rappresentato e difeso dagli avv. Maurizio Sartori, Antonio Sartori, con domicilio eletto presso Antonio Sartori in Venezia-Mestre, Calle del Sale, 33;

sul ricorso numero di registro generale 1773 del 2011, proposto da:
Ricorrente Srl, rappresentata e difesa dagli avv. Nicoletta Scaglia, Franco Zambelli, Gian Paolo Sardos Albertini, con domicilio eletto presso Franco Zambelli in Venezia-Mestre, via Cavallotti, 22;

contro

Comune di Castelnuovo del Garda, in persona del Sindaco pro tempore, rappresentato e difeso dagli avv. Maurizio Sartori, Antonio Sartori, con domicilio eletto presso Antonio Sartori in Venezia-Mestre, Calle del Sale, 33;

nei confronti di

Compagnia garante Spa, non costituita in giudizio;

per l’annullamento

quanto al ricorso n. 913 del 2010:

del permesso di costruire n. 196/2007 prot. n. 19774 a firma del responsabile area tecnica edilizia privata urbanistica del Comune di Castelnuovo del Garda per la costruzione di un complesso turistico ricettivo composto da n. 50 unità immobiliari in località Gasparina nella parte in cui ha determinato gli oneri di urbanizzazione primaria e secondaria e il contributo per il costo di costruzione in complessivi € 848.880,60 e di tutti gli atti presupposti, preparatori, conseguenziali o, comunque, connessi, previo accertamento della illegittima quantificazione degli importi per tali causali richiesti..

quanto al ricorso n. 2247 del 2010:

del diniego permesso di costruire in variante opposto con provvedimento n. 019421 del 22/9/2010.

quanto al ricorso n. 978 del 2011:

della deliberazione C.C. n.44 del 29.6.2010 avente ad oggetto “Piano degli interventi- Adozione” e della delibera C.C. n.9 del 22.2.2011.

quanto al ricorso n. 1773 del 2011:

dell’ingiunzione contenuta nel provvedimento 30/8/2011 prot. n. 16861, con la quale il responsabile dell’area tecnica edilizia privata – urbanistica del Comune di Castelnuovo del Garda, ha intimato alla ricorrente il pagamento dell’importo di € 747.014,92 a titolo di sanzione ex art. 81, lett. e), l.r. 61/1985, per ritardato versamento della 2ª e 3ª rata del contributo di costruzione e degli oneri di urbanizzazione concernenti il P.C. n. 196/07 rilasciato in data 24 settembre 2009.

Visti i ricorsi i motivi aggiunti e i relativi allegati;

Visto l’atto di costituzione in giudizio per tutti i ricorsi del Comune di Castelnuovo del Garda in Persona del Sindaco P.T.;

Viste le memorie difensive;

Visti tutti gli atti della causa;

Relatore nell’udienza pubblica del giorno 20 giugno 2012 la dott.ssa Alessandra Farina e uditi per le parti i difensori come specificato nel verbale;

Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.

FATTO

Espone la ricorrente Ricorrente Srl di essere proprietaria dal 2006 nel Comune di Castelnuovo del Garda di un appezzamento di terreno, avente una superficie complessiva di mq. 9.233 – catastalmente censito al fg. 22, mapp.li 138, 142, 143, 317, 318 e 146.

Su tale terreno la società ha progettato la realizzazione, previa demolizione di cinque fabbricati esistenti, di un complesso edilizio residenziale di cinquanta appartamenti, articolato in due corpi principali (A e B).

Quanto alla destinazione urbanistica dell’area interessata dall’intervento, la variante generale al PRG approvata nel 1999 aveva ricompreso tale area nella zona Bb 99 – zona di attuale urbanizzazione residenziale ed in parte zona destinata a vie e piazze pedonali – ma, con la variante n. 22/2004 “Zona Lago”, adottata dal Consiglio Comunale con la deliberazione n. 100 del 21 ottobre 2004, la stessa area è stata inclusa nella zona “C1 speciale” di espansione residenziale integrativa, specificamente disciplinata dall’art. 34 delle N.T.A. della variante medesima.

In base alla suddetta disposizione si prevede che: «Nella zona lago viene riclassificata una zona precedentemente classificata dal P.R.G. come z.t.o. B/99 in zona C1 Speciale, al fine di liberare un’area antistante il lago per una profondità di 35 metri. In tale area è consentita l’edificazione di aggregazioni turistico – ricettive composte da unità abitative turistiche con superficie minima di 48 mq. netti e pertanto gli standards previsti fanno riferimento a quelli descritti all’art. 46- Z.T.O. “D6e”- Zone per aggregazioni turistico – ricettive di espansione. (……..) E’ d’obbligo lo strumento attuativo, così come definito ai sensi della legge regionale 27 giugno 1985 n.61, che dovrà, in ogni caso, prevedere la demolizione e ricostruzione delle costruzioni esistenti».

Con deliberazione n. 74 del 31 ottobre 2007 l’amministrazione comunale ha approvato il Piano Urbanistico Attuativo (di seguito P.U.A.) di iniziativa privata, denominato “Ricorrente” e, nel dicembre successivo, l’amministrazione e la ditta lottizzante hanno anche stipulato la relativa convenzione.

In tale atto è stato espressamente previsto lo scomputo delle quote di contributo dovute per oneri di urbanizzazione, primaria e secondaria, delle aree cedute e delle opere direttamente realizzate, oltre al valore monetizzato delle aree non direttamente cedute.

Con deliberazione del Consiglio Comunale n. 15 del 20 febbraio 2008, è quindi intervenuta l’adozione del Piano di Assetto del Territorio Intercomunale (di seguito P.A.T.I.) tra i Comuni di Castelnuovo e Peschiera del Garda.

La Ricorrente Srl ha presentato alcune osservazioni, ai sensi dell’art.. 15 della l.r. n. 11 del 2004, al fine di chiarire il carattere residenziale e non turistico – ricettivo dell’intervento avente ad oggetto il complesso edilizio suddetto.

All’osservazione formulata dalla ricorrente l’amministrazione rispondeva richiamando il parere “Valutazione Tecnica Regionale” n. 41/2009, prevista dall’art. 27 della l.r. n. 11 del 2004, che, nel respingere l’osservazione presentata dalla Ricorrente Srl, ha affermato che : «l’art. 34 delle N.T.A. della variante Lago n.22/2004 non lascia adito ad alcun dubbio sulla classificazione dell’area come turistico ricettiva, richiamando altresì l’art. 46 delle NTA vigenti. Indipendentemente dalla denominazione formale l’area è normata come turistico ricettiva e come tale deve essere trattata. Per quanto riguarda la proposta di modifica da turistico ricettiva a residenziale si ritiene non accoglibile in quanto andrebbe a collocare una volumetria residenziale in modo non compatibile con la pianificazione territoriale dell’amministrazione poiché esterna a qualsiasi insediamento di residenza stabile in zona Lago».

I contenuti del PATI così adottato e gli atti ad esso collegati, con particolare riguardo al parere VTR che aveva specificato la destinazione urbanistica dell’area quale turistico-ricettiva, sono stati oggetto di un primo ricorso da parte della ricorrente, rubricato al RG n. 1189/2009.

Parallelamente la ricorrente chiedeva il rilascio del permesso di costruire, che veniva assentito dall’amministrazione con provvedimento n. 196/2007 prot. 19774 e nel quale sono state quantificate le somme dovute a titolo di oneri di urbanizzazione primaria e secondaria e di costo di costruzione.

In applicazione della disciplina di cui all’art. 34 n.t.a., sebbene la società avesse inteso realizzare un intervento a carattere residenziale, l’amministrazione provvedeva a quantificare gli oneri dovuti facendo riferimento a quanto stabilito per le ZTO D6 – Zone per aggregazione turistico ricettive, di espansione.

Dopo una prima contestazione circa il criterio di computo degli oneri, che in applicazione della disposizione richiamata risultano molto più gravosi per la ricorrente, l’amministrazione, pur apportando talune correzioni al dovuto, confermava l’applicazione del combinato disposto di cui agli artt. 34 e 46 n.t.a.

Avverso il permesso di costruire, nella parte in cui sono stati determinati gli oneri di urbanizzazione primaria e secondaria ed il costo di costruzione, la società ha quindi proposto il primo dei gravami indicati in epigrafe (RG 913/2010), lamentando in primo luogo la violazione dell’art. 81 della L.r. n. 61/85 e dell’art. 16 D.P.R. 380/2001, nonché l’eccesso di potere per carenza dei presupposti e sviamento, in quanto la nuova classificazione urbanistica dell’area sede dell’intervento, al momento in cui il permesso di costruire è stato rilasciato, risultava riferita alla variante urbanistica “Lago” (variante n. 22/2004), all’epoca soltanto adottata: di conseguenza, nelle more dell’approvazione della variante e soprattutto nelle more dell’approvazione del Piano degli Interventi, doveva continuare ad essere applicata la disciplina dettata dal PRG del 1999, la quale per quanto riguarda la ricorrente assegna all’area la destinazione Bb99, residenziale, con le evidenti conseguenze circa gli oneri da corrispondere.

In via subordinata, nell’ipotesi in cui si ritenesse applicabile al disciplina introdotta con la variante “Lago”, parte istante sottolinea che le previsioni in essa contenute non assegnano a tutta la zona la destinazione turistico-ricettiva, ma ne configurano come tale solo una porzione, confermando per la restante parte la destinazione C1 di completamento residenziale.

Per altro verso, parte ricorrente denuncia il mancato scorporo delle aree cedute e delle cifre versate come monetizzazione per opere di urbanizzazione secondaria.

Con motivi aggiunti successivamente depositati, la società ha ulteriormente sviluppato le proprie difese, nell’ipotesi in cui, diversamente da quanto prospettato in ricorso, si dovesse ritenere che la zona in questione sia classificabile come zona C1 speciale, così come indicato dalla variante “Lago”, atteso che l’art. 34 n.t.a. comunque prevede che per tali zone gli oneri di urbanizzazione siano quelli previsti per le zone C, diversamente da quanto illegittimamente disposto dall’amministrazione.

L’amministrazione intimata si è costituita in giudizio, svolgendo le proprie difese in punto destinazione urbanistica dell’area de qua, richiamando le ragioni che avevano indotto il Consiglio Comunale ad intervenire sull’area antistante il lago, inibendo le nuove costruzioni per una fascia di rispetto di 35 mt e consentendo a monte di tale fascia la realizzazione di interventi disciplinati, come previsto dalla variante “Lago” ed in particolare dalle specifiche norme di attuazione, secondo le disposizioni previste per le aree a destinazione turistico-ricettiva (D6), con tutte le conseguenze derivanti in ordine al computo degli oneri di urbanizzazione e del costo di costruzione.

A conferma della legittimità del proprio operato, la difesa resistente ha richiamato la pronuncia n. 671/2011 di questo Tribunale Amministrativo, intervenuta nelle more in ordine al ricorso 1189/09 proposto dalla medesima società avverso le determinazioni contenute nel PATI, a loro volta individuanti il carattere speciale della destinazione impressa all’ambito di interesse della ricorrente, sentenza che non è stata gravata da parte istante e quindi è divenuta definitiva.

Con tale pronuncia è stata confermata la destinazione urbanistica dell’area, per la quale deve trovare applicazione la puntale disciplina di cui agli artt. 34 e 46 n.t.a., anche per quanto riguarda il computo degli oneri.

In considerazione delle statuizioni contenute in tale pronuncia la difesa resistente ha quindi eccepito l’improcedibilità del ricorso, salva in ogni caso la sua tardività, così come dei motivi aggiunti, in quanto, sebbene sia stata impugnata la determinazione degli oneri da corrispondere in relazione dal rilascio del permesso di costruire, le doglianze interessano ancora una volta la destinazione urbanistica impressa all’ambito, che quindi, coinvolgendo posizioni di interesse legittimo, dovevano essere formulate entro i termini di decadenza.

In punto di merito, la difesa resistente concludeva chiedendo la reiezione del ricorso, attesa la specifica disciplina per l’area de qua, come peraltro espressamente richiamata nella stessa convenzione sottoscritta dalla società, ove è stato espressamente fatto riferimento alla disciplina urbanistica contenuta nella variante “Lago”.

Quanto alle contestazioni circa il mancato scomputo delle somme relative alle aree cedute, la difesa resistente ha controdedotto specificamente sul punto, richiamando quanto stabilito dalla convenzione sottoscritta dalla società, oltre a precisare i calcoli effettuati con riguardo alla quantificazione degli oneri in ordine alle diverse tipologie di superfici considerate.

Per effetto del titolo edilizio conseguito, impregiudicata la questione circa l’ammontare degli oneri dovuti, la ricorrente dava avvio ai lavori, i quali prevedevano la realizzazione dell’intervento in posizione arretrata rispetto alla linea fissata dall’amministrazione al fine di garantire il mantenimento di una zona lungo il fronte lago libera da costruzioni.

Avendo predisposto una modifica al progetto originariamente assentito, con abbassamento dell’altezza degli edifici, l’eliminazione dei sottotetti e conseguente riduzione del numero dei piani, la società presentava una richiesta di variante al permesso di costruire, onde realizzare con la volumetria recuperata un avanzamento verso il lago di quattro nuove unità residenziali così ottenute, pur rispettando il limite di edificazione previsto nella Variante “Lago”.

La richiesta di variante veniva tuttavia respinta dall’amministrazione con il provvedimento n. 019421 del 22/9/2010, oggetto del secondo ricorso indicato in epigrafe, RG. 2247/2010, in quanto non rispettosa della fascia di inedificabilità di 35 metri dalla sponda del lago previsti dall’art. 34 n.t.a., come da indicazione riportata nelle tavole grafiche allegate al P.C. n. 196/07.

Il diniego così opposto è stato censurato con il ricorso n. 2247/2010, in quanto viziato da eccesso di potere per sviamento, erroneità nei presupposti e difetto di istruttoria, nonché per violazione dell’art. 34 n.t.a., non essendo stata correttamente individuata da parte dell’amministrazione la linea di confine della fascia di rispetto, la quale, secondo la ricorrente, non coinciderebbe con quella cui ha fatto riferimento il Comune.

Seguendo la diversa indicazione di parte ricorrente, anche a seguito della variante, le nuove costruzioni risulterebbero collocate comunque a monte del limite della fascia di rispetto di 35mt. dalla sponda del lago.

Il Comune, costituendosi in giudizio, ha controdedotto alle censure di parte ricorrente, ribadendo, anche sulla base della stessa documentazione prodotta dalla società al momento della presentazione della richiesta di variante, la legittimità del diniego opposto, tenuto conto della corretta individuazione del limite della fascia di rispetto, non riconducibile alla diversa indicazione grafica cui ha fatto riferimento la ricorrente.

Nelle more interveniva la delibera di adozione del Piano degli Interventi (D.C.C. n. 44 del 29.6.2010), con la quale veniva confermata la destinazione turistico ricettiva, poi ripresa in sede di approvazione, in occasione della quale è stato ribadito che, per effetto della deliberazione consiliare n. 118 del 23.12.2009, con la quale si era provveduto ad approvare una variante allo strumento urbanistico vigente (ossia la parte di PRG compatibile con le disposizioni introdotte con il PATI), al solo fine di recepire gli accordi pubblico/privati che erano stati perfezionati preventivamente all’approvazione del PATI.

Con tale deliberazione era stato infatti individuato un termine a partire dal quale per le zone a destinazione turistica sarebbe stata possibile la sola presenza di strutture ricettive alberghiere per le finalità e con le definizioni precisate dall’art. 22 della L.r. n.33/2002, quindi con esclusione di altre destinazioni residenziali di qualsiasi tipologia, quali ad esempio le seconde case.

Per tutti i procedimenti già definiti, come peraltro quello della ricorrente, si sarebbero continuate ad applicare le precedenti previsioni.

Sebbene le suddette prescrizioni apparissero favorevoli alla ricorrente, parte istante non ha ritenuto corretta la scelta operata dal Comune, stante il pericolo che una simile discriminazione possa divenire spunto per un’indagine penale, con arresto dei lavori di costruzione e le successiva vendita dei fabbricati.

In tali termini la società Ricorrente, così come anticipato in sede di osservazioni, proponeva il terzo ricorso indicato in epigrafe, RG 978/2011, con il quale la previsione contenuta nel PI è stata censurata per sviamento e contraddittorietà, riproponendo ancora una volta le argomentazioni circa la reale destinazione urbanistica dell’ambito di interesse, per il quale doveva essere diversamente assegnata la destinazione residenziale e non turistico ricettiva.

Costituitasi anche in questo terzo giudizio, l’amministrazione ha ribadito le argomentazioni già svolte riguardo alla legittimità della disciplina impressa all’area de qua, concludendo per il rigetto anche del terzo ricorso.

Infine, con il quarto ricorso indicato in epigrafe, RG 1773/2011, la società ha impugnato il provvedimento del Responsabile dell’Area tecnica edilizia privata/urbanistica n. 116861 del 30 agosto 2011, con il quale è stata intimata a provvedere al pagamento dell’importo di € 747.014,92 a titolo di sanzione ex art. 81, lettera e) L.r. n.61/85, per ritardato versamento della seconda e terza rata del contributo di costruzione e degli oneri di urbanizzazione relativi al PC n. 196/07.

Le doglianze rivolte avverso il provvedimento così assunto dall’amministrazione, che aveva preliminarmente comunicato l’avvio del procedimento per la riscossione sia della seconda che della terza rata e che dopo un ingiustificato periodo di inerzia, decorsi i termini stabiliti dalla legge, ha provveduto a riscuotere il credito nei confronti del garante (Alleanza S.p.A.), dando luogo all’applicazione della massima sanzione prevista dalla legge (4/3 del contributo dovuto), mettono in evidenza il comportamento scorretto del creditore che, in violazione degli artt. 1227, comma 2 e 1175 c.c., non ha tenuto un comportamento diligente al fine di non aggravare la posizione del debitore.

La difesa del Comune, costituitosi in giudizio, ha eccepito la diversa impostazione giurisprudenziale, che privilegia il carattere sanzionatorio del provvedimento che accerta il ritardato pagamento delle rate e che, come tale, non impone alcun obbligo a carico dell’amministrazione di attivarsi, prima di applicare le sanzioni, nei confronti del garante, concludendo quindi per la legittimità dei provvedimenti impugnati.

Entrambe le parti hanno chiesto la trattazione congiunta ex art. 70 c.p.a. dei quattro ricorsi proposti, stante la loro stretta connessione soggettiva ed oggettiva.

All’udienza del 20 giugno 2012 tutti i ricorsi sono stati trattenuti in decisione.

DIRITTO

Preliminarmente si dispone la riunione dei quattro ricorso proposti dalla società Ricorrente, essendo evidente la connessione soggettiva ed oggettiva, che giustifica la trattazione congiunta.

Con i ricorsi proposti, in modo particolare con il primo e terzo gravame, parte ricorrente, pur contestando in primo luogo la determinazione dell’ammontare degli oneri dovuti per il titolo edilizio rilasciato dal Comune di Castelnuovo, ripropone ancora una volta la questione, già sottoposta all’esame del Tribunale, circa l’esatta configurazione della destinazione urbanistica dell’area di proprietà, sede dell’intervento assentito.

Sebbene, infatti, con il primo dei quattro ricorsi la società istante abbia contestato i calcoli effettuati dall’amministrazione per la determinazione degli oneri da corrispondere per il titolo conseguito, è evidente che la questione principale è identica a quella affrontata con il gravame precedentemente proposto avverso l’approvazione del PATI (1189/09).

Orbene, nel definire tale giudizio, il Tribunale ha avuto modo di pronunciarsi proprio in ordine alle tematiche oggi riproposte e nell’esaminare i motivi di ricorso a tale riguardo formulati, considerato che la sentenza n. 671/2011 risulta non appellata e quindi divenuta definitiva, il Collegio non può nè ritiene di doversi discostare dalle conclusioni ivi espresse in ordine alla destinazione urbanistica dell’area, alla disciplina ad essa applicabile, anche per quanto riguarda la conseguente determinazione degli oneri di concessione.

A tale riguardo, quindi, superate le pur apprezzabili eccezioni preliminari sollevate dalla difesa del Comune, appare utile richiamare quanto statuito dal Tribunale in occasione della ricordata pronuncia.

In primo luogo, per quanto riguarda l’applicabilità delle disciplina di cui alle n.t.a. della variante “Lago”, che parte istante non ritiene applicabile in quanto soltanto adottata e mai approvata dalla Regione, nella richiamata sentenza il Collegio ha ricordato le ragioni per le quali il Comune ha provveduto ad introdurre la specifica disciplina per gli ambiti antistanti la fascia di rispetto del lago, evidenziando “che la variante parziale al PRG, adottata con la deliberazione del Consiglio Comunale n.100 del 21 ottobre 2004, ha previsto una disciplina peculiare per le aree ricomprese nella “Zona Lago”, tra cui quella in proprietà della ricorrente, che…esclude la destinazione residenziale e consente solo l’edificazione di aggregazioni turistico – ricettive.”

Ha quindi sottolineato che “dalla documentazione versata in atti emergono, peraltro, ampiamente le ragioni alla base della scelta urbanistica operata dall’amministrazione, scelta che, come noto, rientra tra gli atti di alta amministrazione, connotati da un livello di discrezionalità particolarmente elevato, sindacabili in sede giurisdizionale entro ben precisi limiti.

Da un’attenta interpretazione del PUA – condotta alla stregua di tutti i fondamentali canoni ermeneutici e non solo di quello letterale – come pure della documentazione prodotta si evince che il piano attuativo è stato presentato, approvato e convenzionato sul presupposto delle scelte pianificatorie operate dall’amministrazione con la variante adottata nel 2004.

Né è possibile sostenere, contrariamente a quanto affermato dalla difesa di parte ricorrente, il venir meno dell’applicazione del regime di salvaguardia correlato all’adozione della suddetta variante.

La variante “Lago” è stata, infatti, adottata, come sopra evidenziato, con la deliberazione n. 100 del 21 ottobre 2004 e, a seguito della presentazione delle osservazioni e del parziale accoglimento di alcune di esse, lo strumento urbanistico è stato nella sostanza modificato con le deliberazioni n. 50 del 5 agosto 2005 e n. 98 del 28 dicembre 2005.

L’amministrazione comunale ha, dunque, proceduto alla ripubblicazione della variante, come previsto dalla normativa regionale.

Non vi è dubbio che, ai fini del computo dei termini di cui all’art. 71 della l.r. n. 61 del 1985, debba tenersi conto di tale seconda pubblicazione con la conseguenza che la trasmissione alla Regione è avvenuta entro il termine annuale

Infatti, successivamente alla presentazione di ulteriori osservazioni ed alla formulazione, con deliberazione n.38 del 15 giugno 2006, delle relative controdeduzioni, l’amministrazione ha proceduto, in data 23 giugno 2006, alla trasmissione della variante alla Regione; essendo tale trasmissione avvenuta entro l’anno dall’approvazione il regime di salvaguardia ha trovato applicazione per un periodo di cinque e non di tre anni.

Anche a prescindere dall’operatività del regime di salvaguardia, il Collegio evidenzia che le scelte operate dall’amministrazione comunale con l’adozione della variante “Lago” sono state confermate con il P.A.T.I. che, infatti, ne ha recepito i contenuti.

Come emerge dall’esame della V.T.R. … con il P.A.T.I. è stata espressamente determinata l’ATO C1 “Lago”; il parere, pur rilevando che la variante “Lago” adottata nell’ottobre 2004 “non è stata ancora approvata dalla Regione” – circostanza, questa, che esclude che l’amministrazione regionale abbia considerato tale variante vigente, essendo necessario a tal fine il completamento dell’iter procedimentale che richiede, appunto, anche l’approvazione – richiama specificamente ed in più punti le previsioni contenute nella variante del 2004 e gli accordi sottoscritti in attuazione di tali previsioni.”.

Poiché quindi il PATI “adottato con deliberazione n. 13 del 20 febbraio 2008, ha determinato per l’ATO C1 del Lago parametri e limiti quantitativi e fisici confermando, per l’area de qua, le scelte operate con la variante del 2004,… ogni diversa previsione urbanistica non supera il vaglio della compatibilità ai sensi dell’art. 48, comma 5 della l.r. n. 11 del 2004.”.

Confermata quindi l’applicabilità della disciplina introdotta dalla variante “Lago”, con riguardo alle censure dedotte in via subordinata e con i motivi aggiunti successivamente depositati, ancora una volta è possibile richiamare quanto statuito nella pronuncia di questo TAR, nella quale, riferendosi alla tesi sostenuta dalla ricorrente circa la possibilità che nella zona C1 speciale sia ammessa anche la destinazione residenziale, per cui l’art. 34 delle N.T.A. dovrebbe essere interpretato nel senso che la regola è costituita dalla destinazione residenziale alla quale si aggiunge, per espressa previsione, anche quella turistico ricettiva, ha così ritenuto : “Il Collegio sottolinea, infatti, che la disciplina dettata dall’art. 34 delle NTA della variante del 2004 per le ZTO C1 “Zone residenziali di espansione integrativa” è articolata e contiene specifiche, dettagliate previsioni riferite alla zona del lago.

Si legge infatti, che: «Nella zona del lago viene riclassificata una zona precedentemente classificata dal PRG zone z.t.o. B/99 in zona C1 Speciale, al fine di liberare un’area antistante il lago per una profondità di 35 metri. In tale area è consentita l’edificazione di aggregazioni turistico- ricettive composte da unità abitative turistiche con una superficie minima di 48 mq. netti e pertanto gli standards previsti fanno riferimento a quelli descritti all’art. 46- Z.T:O. “D6e – Zone per aggregazioni turistico – ricettive, di espansione (….) E’ d’obbligo lo strumento attuativo, così come definito ai sensi della Legge regionale 27.06.1985 n.61, che dovrà, in ogni caso, prevedere la demolizione delle costruzioni esistenti».

Tali previsioni hanno, con tutta evidenzia, carattere speciale rispetto alla disciplina generale contenuta nella medesima disposizione, con la conseguenza che, per l’area de qua, è esclusa la destinazione residenziale.

La previsione, dunque, è stata correttamente interpretata anche in sede della Valutazione Tecnica Regionale n. 41 del 5 febbraio 2009 che, nel respingere l’osservazione presentata dalla Ricorrente Srl, ha affermato che : «l’art. 34 delle N.T.A. della variante Lago n.22/2004 non lascia adito ad alcun dubbio sulla classificazione dell’area come turistico ricettiva, richiamando altresì l’art. 46 delle NTA vigenti. Indipendentemente dalla denominazione formale dell’area è normata come turistico ricettiva e come tale deve essere trattata. Per quanto riguarda la proposta di modifica da turistico ricettiva a residenziale si ritiene non accoglibile in quanto andrebbe a collocare una volumetria residenziale in modo non compatibile con la pianificazione territoriale dell’amministrazione poiché esterna a qualsiasi insediamento di residenza stabile in zona Lago».

Né è possibile sostenere che l’amministrazione comunale abbia mai avuto dubbi in relazione alla destinazione di tale area, emergendo dalla stessa documentazione versata in atti che sia il PUA sia la convenzione urbanistica (il cui art.14 espressamente richiama l’applicazione delle norme sopravvenute relative alla c.d. variante Lago) sia il permesso di costruire hanno considerato non già la destinazione residenziale bensì solo quella turistico ricettiva.”.

Ribadite quindi le suddette conclusioni e riportate alla controversia ora sottoposta all’esame del Collegio, risultando confermata la legittimità dell’applicazione nel caso di specie del combinato disposto di cui agli artt. 34 e 46 n.t.a., il computo effettuato dall’amministrazione per la quantificazione degli oneri di concessione risulta corretto, essendo stata applicata la disciplina per le aree a destinazione turistico-ricettivo, così come previsto per le zone C1 speciali, quale è quella della ricorrente.

La specificità della disciplina così introdotta per quegli ambiti che in precedenza, in base al PRG del 199, erano normati come ZTO Bb99, ora C1 speciale, consente quindi di superare ogni censura dedotta al riguardo da parte ricorrente, confermando la legittimità del computo degli oneri effettuato dal Comune, in applicazione dei criteri stabiliti per le zone D6e – Zone per aggregazioni turistico ricettive, di espansione (art.46).

Quanto alle ulteriori censure circa il mancato scomputo delle aree cedute, va dato atto che dette doglianze non sono state coltivate dalla ricorrente, e quindi, considerate le controdeduzioni svolte dalla difesa comunale, in ordine alle quali nessuna obiezione è stata formulata dall’interessata, anche dette doglianze possono ritenersi superate.

Il primo ricorso, quindi, va respinto.

Per le medesime considerazioni va altresì respinto il terzo ricorso, n. 978/2011, proposto avverso l’adozione ed approvazione del PI, il quale ancora una volta, ha confermato la destinazione urbanistica dell’area della ricorrente, qualificandola come turistico ricettiva, così come anticipato dal PATI.

Quanto alle motivazioni con le quali l’amministrazione ha respinto le osservazioni presentate dalla società, sono da condividere le argomentazioni svolte dalla difesa resistente, la quale ha preliminarmente rilevato come ogni eventuale contestazione circa la decisione di assumere quale limite temporale quello dell’adozione della delibera n. 118/09 non risulta preceduta dall’impugnazione della delibera in questione, senza contare il sostanziale difetto di interesse a censurare una previsione che si preoccupa di fare salvi gli accordi di pianificazione approvati preliminarmente all’approvazione del PATI, così salvaguardando gli interessi della stessa società ricorrente che ha conseguito il permesso di costruire.

Per le medesime considerazioni già espresse, atteso che ancora una volta la ricorrente sostanzialmente mira a ribadire la necessità che all’ambito di interesse sia riservata una diversa destinazione, a carattere residenziale, anche il ricorso RG 978/11 va respinto.

Va ora esaminato il secondo gravame, n. 2247/10, il quale ha per oggetto il diniego opposto dal Comune alla richiesta di rilascio della variante al permesso di costruire n. 196/07, in ragione del prospettato avanzamento degli edifici da realizzare, avanzamento che secondo parte ricorrente risulterebbe in ogni caso rispettoso della fascia di rispetto stabilita dall’amministrazione rispetto alla sponda del lago, mentre secondo il Comune, così come ribadito in sede di controdeduzioni, risulterebbe oltrepassare detto limite.

Il gravame è infondato, atteso che, come rilevabile dalla rappresentazione grafica depositata dalla stessa società al momento della presentazione dell’istanza di variante, diversamente da quanto inteso dall’istante, il limite di rispetto è compreso fra la sponda del lago, con il suo andamento irregolare, e la linea che, seguendone il profilo, si pone alla costante distanza di 35 metri, così come voluto dall’amministrazione al fine di assicurare il mantenimento di una fascia di rispetto in corrispondenza della costa.

Detta linea appare in modo chiaro dalla cartografia e non è da confondere con l’altra indicazione riportata sulla cartografia, costituita dal due righe parallele, che tuttavia non seguono l’andamento della costa e quindi non assicurano il mantenimento della distanza stabilita dal Comune.

Per detti motivi, quindi, anche il ricorso n. 2247/11 non può trovare accoglimento e va respinto.

Resta ora da esaminare l’ultimo gravame, avente per oggetto la sanzione irrogata dal Comune alla società per il ritardato pagamento della seconda e della terza rata degli oneri di urbanizzazione e del costo di costruzione relativi al permesso di costruire n. 196/07.

Il Collegio è ben consapevole dell’esistenza di due diversi orientamenti giurisprudenziali circa la sussistenza dell’obbligo a carico dell’amministrazione di procedere alla preventiva escussione del fideiussore, onde evitare il ritardo nel pagamento e l’irrogazione della sanzione, spesso particolarmente gravosa (nella fattispecie in esame pari ai 4/3 del dovuto), derivante dal ritardo nell’adempimento.

Al riguardo è necessario osservare che, anche senza entrare nel merito dell’obbligo o meno dell’amministrazione di avvalersi tempestivamente della garanzia prestata proprio al fine di assicurare il pronto adempimento (essendo stato escluso il beneficio della preventiva escussione del debitore e quindi l’obbligo del fideiussore di corrispondere il dovuto a prima richiesta, senza poter opporre alcuna eccezione al riguardo), nel caso di specie il comportamento dell’amministrazione appare comunque censurabile in termini generali sotto il profilo della correttezza o quanto meno dello sviamento, della perplessità e contraddittorietà del proprio operato.

Invero, va dato atto che il Comune ha dapprima comunicato l’avvio del procedimento per il ritardato pagamento, salvo poi far decorrere un lungo periodo di tempo per attivarsi per l’escussione della garanzia, dando così luogo all’applicazione della sanzione massima in rapporto al ritardo accumulato per la riscossione del credito.

In ogni caso, va richiamato quanto di recente affermato dal Tribunale in fattispecie analoga (cfr T.A.R. Veneto, II, n. 726/2012), ove, come nel caso di specie, la difesa resistente ha ritenuto l’inesistenza di un obbligo dell’Amministrazione di procedere alla preventiva escussione della fidejussione in quanto la stessa fidejussione costituirebbe una garanzia personale prestata unicamente nell’interesse dell’Amministrazione.

Seguendo tale interpretazione la garanzia sussidiaria così prestata servirebbe a scongiurare che il Comune possa irrimediabilmente perdere un’entrata di diritto pubblico, ma non alleggerirebbe la posizione del soggetto tenuto al pagamento.

Al riguardo in tale pronuncia è stato affermato che condividere “…le argomentazioni addotte dalla parte resistente avrebbe l’effetto di relegare alla fidejussione il solo ruolo di mero presupposto per ottenere la rateizzazione, privando la stessa garanzia della reale funzione in relazione alla quale è stata prestata.

Essa, infatti, è diretta a garantire l’adempimento di un’obbligazione altrui e a permettere, comunque, al Comune di ottenere il pagamento degli oneri concessori previsti dalla Legge.

Sul punto va ricordato l’esistenza di una precedente decisione di questo Tribunale (Sez. II 09 Febbraio 2006 n.342) nella parte in cui ha previsto che …”Allorchè un amministrazione abbia ottenuto dal privato una fidejussione bancaria a semplice richiesta a garanzia del residuo importo da versare per il contributo a titolo di oneri urbanistici e, successivamente, verifichi che l’interessato ha omesso di corrispondere i ratei alle scadenze previste, è illegittima l’emanazione di un’ordinanza per il pagamento di una somma comprendente (oltre alle rate non pagate) anche le sanzioni di cui all’art.81 L.Rg. n. 61/1985; ciò in quanto sarebbe sufficiente la semplice richiesta al fideiussore, iniziativa non gravosa ne esposta a rischi di sorta) per evitare un inutile aggravamento della posizione debitoria del privato (ai sensi dell’art. 1227 comma 2 codice civile) e per conseguire tempestivamente il credito”.

Questo Collegio ritiene che l’escussione della fidejussione integri un onere del creditore che va inquadrato nell’ambito di quei comportamenti anche “attivi” che lo stesso creditore è tenuto a compiere al fine di facilitare l’adempimento della prestazione e, ciò, in considerazione di un principio di collaborazione tra le parti nella fase di esecuzione dell’obbligazione ai sensi di quanto previsto dell’art. 1375 del codice civile” (così TAR VE cit.)

Per detti motivi, che possono essere ribaditi nel caso di specie, atteso il comportamento dell’amministrazione che non si è attivata nel rispetto dei principi sopra richiamati, ma che, pur avendo dato avvio al procedimento, ha differito ingiustificatamente la propria azione, attivandosi presso il fideiussore solo dopo che risultava trascorso il massimo periodo di tempo, tale da comportare l’applicazione della sanzione più gravosa, il ricorso n. 1773/2011 va accolto con conseguente annullamento degli atti con esso impugnati.

In conclusione, attese le argomentazioni sin qui svolte, i ricorsi individuati con i nn. 913/2010, 2247/2010 e 978/2011 vanno respinti, mentre va accolto il solo ricorso n. 1773/2011, con conseguente annullamento degli atti ivi impugnati.

Sussistono giusti motivi, attesa la peculiarità della controversia, per compensare integralmente fra le parti le spese di lite per tutti i ricorsi proposti.

P.Q.M.

Il Tribunale Amministrativo Regionale per il Veneto (Sezione Seconda) definitivamente pronunciando sui ricorsi riuniti, come in epigrafe proposti, respinge i ricorsi individuati con i nn. 913/2010, 2247/2010 e 978/2011; accoglie ricorso n. 1773/2011, con conseguente annullamento degli atti ivi impugnati.

Compensa le spese e competenze del giudizio tra le parti per tutti i ricorsi proposti.

Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’autorità amministrativa.

Così deciso in Venezia nella camera di consiglio del giorno 20 giugno 2012 con l’intervento dei magistrati:

Amedeo Urbano, Presidente

Alessandra Farina, Consigliere, Estensore

Giovanni Ricchiuto, Referendario

 

 

L’ESTENSORE
IL PRESIDENTE
 

 

 

 

 

DEPOSITATA IN SEGRETERIA

Il 05/07/2012

IL SEGRETARIO

(Art. 89, co. 3, cod. proc. amm.)

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Andrea Maso