Risarcimento del danno (danno emergente e lucro cessante) in caso di illegittimo annullamento dell’aggiudicazione in un appalto di lavori pubblici

I singoli componenti della Commissione sono citabili solo innanzi alla Corte dei Conti (giudice contabile), non durante il giudizio risarcitorio instaurato presso il Tar (giudice amministrativo)

Il Tar per la Puglia, Sezione Seconda di Bari, con la sentenza numero 3399 del 18 luglio 2002 sancisce un importante principio in tema di risarcimento del danno (in forma specifica o per equivalente) negli appalti pubblici di lavori, delimitando altresì la successiva azione del Procuratore regionale della Corte dei Conti, nei confronti degli effetti responsabili (in presenza di dolo o colpa grave degli appartenenti alla commissione di gara.) del danno “indiretto” subito dall’amministrazione pubblica .

I componenti della Commissione di gara rispondono a titolo di responsabilità amministrativa (dinanzi alla Corte dei Conti) abbiano agito con colpa grave o dolo, ma non assumono la qualità di controinteressati nel giudizio risarcitorio (dinanzi al giudice amministrativo).

Di indubbio interesse risulta quanto asserito dal giudice pugliese in merito al rapporto tra membri della Commissione di gara e la Stazione appaltante nonché sulla giurisdizione della Corte dei Conti (ove ricorrano i presupposti dalla nota Legge n.20 del 1994 ****):

“La commissione di gara è organo strumentale dell’Ente locale. Gli atti da essa compiuti, nell’esercizio delle relative attribuzioni, hanno rilevanza interna al procedimento concorsuale e sono direttamente imputati, in virtù del rapporto di servizio occasionale e necessario che si instaura tra i suoi membri e l’amministrazione di riferimento, all’Ente – Persona che l’ha nominata. Pertanto, i suoi componenti rispondono a titolo di responsabilità amministrativa (dinanzi alla Corte dei Conti) per gli eventuali danni causati all’erario nell’esercizio della loro attività ove abbiano agito con colpa grave o dolo.”

Ma non solo.

Sottolineano infatti l’adito giudice amministrativo che “ Ne consegue, che i membri della commissione tecnico amministrativa che conduce le operazioni di gara per conto dell’Ente non assumono la qualità di controinteressati (litisconsorzio necessario) nel giudizio risarcitorio intentato per la tutela dell’interesse legittimo siccome (asseritamente) leso per effetto dell’illegittimo esercizio della funzione pubblica in quanto privi di legittimazione passiva (insussistenza della posizione giuridica differenziata rispetto all’atto impugnato e della legitimatio ad causam).”

Ricordiamo che tale principio è stato per la prima volta evidenziato dalla preziosa sentenza 500/99 delle Sez. Unite Civili della Cassazione:

*Sentenza 26 marzo-22 luglio 1999 n. 500/99 della Corte Di Cassazione, Sez. Unite Civili :

“(…)

9. Una volta stabilito che la normativa sulla responsabilità aquiliana ha funzione di riparazione del “danno ingiusto”, e che è ingiusto il danno che l’ordinamento non può tollerare che rimanga a carico della vittima, ma che va trasferito sull’autore del fatto, in quanto lesivo di interessi giuridicamente rilevanti, quale che sia la loro qualificazione formale, ed in particolare senza che assuma rilievo determinante la loro qualificazione in termini di diritto soggettivo, risulta superata in radice, per il venir meno del suo presupposto formale, la tesi che nega la risarcibilità degli interessi legittimi quale corollario della tradizionale lettura dell’art. 2043 c.c.

La lesione di un interesse legittimo, al pari di quella di un diritto soggettivo o di altro interesse (non di mero fatto ma) giuridicamente rilevante, rientra infatti nella fattispecie della responsabilità aquiliana solo ai fini della qualificazione del danno come ingiusto.

(…)

11. Per quanto concerne, invece, il merito della pretesa, la nuova lettura dell’art. 2043 c.c. alla quale queste S.U. sono pervenute, impone di fornire alcune precisazioni circa i criteri ai quali deve attenersi il giudice di merito.

Qualora sia stata dedotta davanti al giudice ordinario una domanda risarcitoria ex art. 2043 c.c. nei confronti della P.A. per illegittimo esercizio della funzione pubblica, il detto giudice, onde stabilire se la fattispecie concreta sia o meno riconducibile nello schema normativo delineato dall’art. 2043 c.c., dovrà procedere, in ordine successivo, a svolgere le seguenti indagini:

a) in primo luogo, dovrà accertare la sussistenza di un evento dannoso;

b) procederà quindi a stabilire se l’accertato danno sia qualificabile come danno ingiusto, in relazione alla sua incidenza su un interesse rilevante per l’ordinamento, che può essere indifferentemente un interesse tutelato nelle forme del diritto soggettivo (assoluto o relativo), ovvero nelle forme dell’interesse legittimo (quando, cioè, questo risulti funzionale alla protezione di un determinato bene della vita, poiché è la lesione dell’interesse al bene che rileva ai fini in esame), o altro interesse (non elevato ad oggetto di immediata tutela, ma) giuridicamente rilevante (in quanto preso in considerazione dall’ordinamento a fini diversi da quelli risarcitori, e quindi non riconducibile a mero interesse di fatto);

c) dovrà inoltre accertare, sotto il profilo causale, facendo applicazione dei noti criteri generali, se l’evento dannoso sia riferibile ad una condotta (positiva o omissiva) della P.A.;

d) provvederà, infine, a stabilire se il detto evento dannoso sia imputabile a dolo o colpa della P.A.; la colpa (unitamente al dolo) costituisce infatti componente essenziale della fattispecie della responsabilità aquiliana ex art. 2043 c.c.; e non sarà invocabile, ai fini dell’accertamento della colpa, il principio secondo il quale la colpa della struttura pubblica sarebbe in re ipsa nel caso di esecuzione volontaria di atto amministrativo illegittimo, poiché tale principio, enunciato dalla giurisprudenza di questa S.C. con riferimento all’ipotesi di attività illecita, per lesione di un diritto soggettivo, secondo la tradizionale interpretazione dell’art. 2043 c.c. (sent. n. 884/61; n. 814/67; n. 16/78; n. 5361/84; n. 3293/94; n. 6542/95), non è conciliabile con la più ampia lettura della suindicata disposizione, svincolata dalla lesione di un diritto soggettivo; l’imputazione non potrà quindi avvenire sulla base del mero dato obiettivo della illegittimità dell’azione amministrativa, ma il giudice ordinario dovrà svolgere una più penetrante indagine, non limitata al solo accertamento dell’illegittimità del provvedimento in relazione alla normativa ad esso applicabile, bensì estesa anche alla valutazione della colpa, non del funzionario agente (da riferire ai parametri della negligenza o imperizia), ma della P.A. intesa come apparato (in tal senso, v. sent. n. 5883/91) che sarà configurabile nel caso in cui l’adozione e l’esecuzione dell’atto illegittimo (lesivo dell’interesse del danneggiato) sia avvenuta in violazione delle regole di imparzialità, di correttezza e di buona amministrazione alle quali l’esercizio della funzione amministrativa deve ispirarsi e che il giudice ordinario può valutare, in quanto si pongono come limiti esterni alla discrezionalità

L’emarginata sentenza riveste importanza anche per i principi in essa contenuti in tema di risarcimento del danno negli appalti pubblici.

Innanzitutto appare interessante l’osservazione in merito al tipo di risarcimento a cui fare riferimento:

“Va preliminarmente osservato che nel presente giudizio viene in considerazione unicamente il risarcimento del danno per equivalente in quanto l’appalto per cui è causa è stato completamente eseguito” in quanto “ una reintegrazione in forma specifica, peraltro non postulata dal ricorrente, si dimostrerebbe troppo onerosa per l’amministrazione”

Secondariamente non deve sfuggire che la colpa dell’Amministrazione deve essere desumibile non solo, sotto il profilo oggettivo, dalla violazione della norma, ma anche, sotto il profilo soggettivo:

“l’illiceità dell’agere amministrativo è il prodotto di una azione oltre che illegittima anche colpevole della Pubblica amministrazione”

In terzo luogo, degna di nota risulta la decisione relativa all’ammontare dei danni, determinato secondo i criteri dell’art. 1223 Cod. civ..

Sul versante del danno emergente va apprezzato:

quantificato nella misura pari al 3% (trepercento) del valore rinveniente dalla offerta economica di progetto (prezzo dell’appalto) siccome praticato in sede di gara dalla stessa ricorrente: percentuale da calcolarsi esclusivamente sulla parte di progetto non realizzata (mancata edificazione dei quattro edifici)

mentre non vengono presi in considerazione né le spese legali sostenute a fronte dei giudizi intrapresi, né i costi di struttura per gestione contenzioso, né costi commerciali per iniziativa, spese, viaggi e quant’altro.

Sul versante del lucro cessante:

Tale utile si reputa pari al 10% da calcolarsi, al lordo delle imposizioni fiscali, separatamente sul singolo valore d’appalto di ciascuno dei quattro edifici scolastici non realizzati

Il valore da prendere a base di riferimento per il calcolo della somma come sopra ammessa a risarcimento è, anche in questo caso, quello rinveniente dall’offerta economica praticata in sede di gara dalla ricorrente per la progettazione – costruzione dei quattro edifici non realizzati.

Resta assorbita nella prefata liquidazione anche il ristoro delle spese di progettazione

****

Legge 14 gennaio 1994 Numero 20

Disposizioni in materia di giurisdizione e controllo della Corte dei conti.

Art. 1. Azione di responsabilità

1. La responsabilità dei soggetti sottoposti alla giurisdizione della Corte dei conti in materia di contabilità pubblica è personale e limitata ai fatti ed alle omissioni commessi con dolo o con colpa grave, ferma restando l’insindacabilità nel merito delle scelte discrezionali. Il relativo debito si trasmette agli eredi secondo le leggi vigenti nei casi di illecito arricchimento del dante causa e di conseguente indebito arricchimento degli eredi stessi

A cura di Sonia LAZZINI

REPUBBLICA ITALIANA IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

IL TRIBUNALE AMMINISTRATIVO REGIONALE PER LA PUGLIA

Sede di Bari – Sezione Seconda

ha pronunciato la seguente

S E N T E N Z A

sul ricorso n. 3088/00 proposto da Consorzio **** delle Cooperative di **** soc. coop. a r.l.,;

contro

Comune di Barletta

per la condanna

del Comune di Barletta al risarcimento del danno ingiusto subito dal Consorzio ricorrente;

Visto il ricorso con i relativi allegati;

Visti gli atti tutti della causa;

Visto l’atto di costituzione in giudizio del Comune di Barletta;

Relatore designato il magistrato Rotondo Giuseppe;

Uditi, all’udienza del 20 giugno 2002, gli avv.ti Nino Matassa, Isabella Palmiotti e Giuseppe Caruso;

Ritenuto in fatto e considerato in diritto:

FATTO

Con atto notificato il 17 ottobre 2000 e depositato il successivo giorno 31, il ricorrente propone l’epigrafato ricorso col quale chiede la condanna del Comune di Barletta al risarcimento dei danni subiti a seguito dell’illegittima pretermissione, di essa ricorrente, nella realizzazione dell’appalto di lavori per la costruzione di quattro edifici scolastici.

Con memoria depositata il 27 aprile 2002 il ricorrente insiste nelle proprie rivendicazioni patrimoniali.

Si è costituito in data 9 maggio 2002 il Comune di Barletta chiedendo il rigetto del ricorso.

Con memoria depositata in data 7 giugno 2002, parte resistente eccepisce il difetto di giurisdizione del giudice amministrativo nonché l’inammissibilità del ricorso per difetto di integrazione del contraddittorio; chiede, nel merito, il rigetto del gravame.

All’udienza del 20 giugno 2002 il ricorso è trattenuto in decisione.

DIRITTO

Preliminarmente, vanno disattese le eccezioni sollevate da parte resistente.

I) La questione sottoposta all’esame del Collegio involge l’accertamento della pretesa risarcitoria azionata dal ricorrente per i danni asseritamente subiti a seguito di lesione della sua sfera giuridica conseguente l’illegittimo esercizio della funzione pubblica (violazione delle norme di azione sull’evidenza pubblica che regolano le procedure di appalti) la cui tutela rientra de – plano nella piena cognizione del giudice amministrativo ai sensi dell’art. 7 della legge n. 205 del 2000 – impingendo, la stessa, l’ambito della giurisdizione generale di legittimità -.

II) La commissione di gara è organo strumentale dell’Ente locale. Gli atti da essa compiuti, nell’esercizio delle relative attribuzioni, hanno rilevanza interna al procedimento concorsuale e sono direttamente imputati, in virtù del rapporto di servizio occasionale e necessario che si instaura tra i suoi membri e l’amministrazione di riferimento, all’Ente – Persona che l’ha nominata. Pertanto, i suoi componenti rispondono a titolo di responsabilità amministrativa (dinanzi alla Corte dei Conti) per gli eventuali danni causati all’erario nell’esercizio della loro attività ove abbiano agito con colpa grave o dolo.

Ne consegue, che i membri della commissione tecnico amministrativa che conduce le operazioni di gara per conto dell’Ente non assumono la qualità di controinteressati (litisconsorzio necessario) nel giudizio risarcitorio intentato per la tutela dell’interesse legittimo siccome (asseritamente) leso per effetto dell’illegittimo esercizio della funzione pubblica in quanto privi di legittimazione passiva (insussistenza della posizione giuridica differenziata rispetto all’atto impugnato e della legitimatio ad causam).

III) La questione sottoposta all’esame del Collegio involge l’accertamento di responsabilità civile del Comune di Barletta ex art. 2043 del Cod. civ. per lesione di interesse legittimo.

La vicenda origina dall’annullamento giurisdizionale (sentenze TAR Puglia – Bari, n. 489 del 26/7/89; C.d.S., V Sez., dec. n. 1078 del 31/7/91) del provvedimento di aggiudicazione, in favore della Società ****, dei lavori per la costruzione di sei edifici scolastici.

Ragione del prefato annullamento è stata, tra le altre, l’illegittima decisione della Commissione di ammettere alla gara l’impresa **** nonostante questa avesse omesso la produzione di una specifica dichiarazione richiesta dal bando a pena di esclusione.

La Giunta del Comune di Barletta, con deliberazione del 7 gennaio 1987, ha recepito l’operato della Commissione ed ha disposto l’ammissione con riserva dell’impresa **** stabilendo che prima delle aperture delle offerte venisse riscontrata l’integrazione della documentazione siccome incompleta.

A seguito delle successive operazioni di gara il raggruppamento **** è risultato aggiudicatario dell’appalto mentre il Consorzio ricorrente si è classificato secondo.

Il giudice amministrativo, con le prefate sentenze, ha stabilito, tra l’altro, che la “disciplina del bando era inequivocabile, sia nelle indicazioni tassative delle dichiarazioni richieste, sia nel sanzionare l’esclusione per mere irregolarità formali sin dalla stessa fase di prequalificazione”.

In sede di ottemperanza il TAR Puglia – Bari, con decisione n. 439 del 5/3/94, ha ordinato al Comune di Barletta di stilare una nuova graduatoria e di procedere ad una nuova aggiudicazione.

Il Commissario ad acta, all’uopo nominato per la persistente inerzia dell’Amministrazione, ha riapprovato (con delibera n. 132 del 30/3/94) gli atti di gara affidando (con successiva determinazione n. 133) al Consorzio **** (odierno ricorrente) la progettazione e costruzione dei sei edifici scolastici.

Soltanto nel 1995, con atto n. 1222 del 5 dicembre, il Comune di Barletta ha proceduto all’integrazione dello schema di convenzione siccome approvato dal Commissario con la citata delibera 133 del 1994..

Nel frattempo, però, quattro dei sei edifici erano già stati costruiti sicché la successiva convenzione stipulata tra il Comune ed il Consorzio ha avuto ad oggetto l’affidamento della progettazione ed esecuzione delle due sole scuole residue.

Con l’odierno ricorso, il ricorrente si ripropone di conseguire il “risarcimento del danno ingiusto subito per effetto della mancata realizzazione di quattro delle sei scuole previste nell’appalto a suo tempo indetto dal Comune di Barletta”.

In limine, va rilevato che la stipula della convenzione per la progettazione e la costruzione dei residui due edifici costituisce, in parte qua, risarcimento in forma specifica che elimina l’area del danno da risarcire per equivalente limitandola al solo danno emergente (per il risarcimento del quale, però, non è stata azionata pretesa).

Va, altresì, affermata le legittimazione passiva nel presente giudizio del Comune di Barletta in quanto, per un verso, la Commissione di gara è organo tecnico – ausiliario dell’Amministrazione alla quale i suoi atti vanno direttamente imputati in virtù del rapporto di servizio che si instaura (a seguito della nomina) tra l’Ente locale ed i componenti della commissione medesima; per l’altro, gli atti censurati in sede di legittimità sono stati fatti propri dalla Giunta comunale con la deliberazione del 7 gennaio 1987, sicché gli effetti e le conseguenze della loro esecuzione vanno riferiti direttamente all’Ente pubblico.

In merito all’istanza risarcitoria per il danno ingiusto conseguente alla mancata realizzazione delle altre quattro scuole previste nell’appalto, il ricorso è ammissibile e fondato.

Va preliminarmente osservato che nel presente giudizio viene in considerazione unicamente il risarcimento del danno per equivalente in quanto l’appalto per cui è causa è stato completamente eseguito.

Pertanto, una reintegrazione in forma specifica, peraltro non postulata dal ricorrente, si dimostrerebbe troppo onerosa per l’amministrazione (art. 2058 Cod. civ.).

Osserva il Collegio, che la violazione di norme giuridiche e/o d’azione, siccome consumata dalla pubblica amministrazione sia con atti che con comportamenti, determina una lesione della posizione soggettiva del richiedente (nella specie, di interesse legittimo) suscettibile, ai sensi dell’art. 7, IV comma, della legge n. 205 del 2000, di essere risarcita ove sia configurabile un comportamento illecito da parte dell’Amministrazione, fonte di responsabilità civile, che richiede la sussistenza della colpa dell’Amministrazione; colpa desumibile non solo, sotto il profilo oggettivo, dalla violazione della norma, ma anche, sotto il profilo soggettivo, dalle modalità complessive della condotta amministrativa nella vicenda.

Come affermato dalla Suprema Corte di Cassazione, l’accertamento della responsabilità della P.A. conseguente all’adozione di atti e provvedimenti illegittimi postula una penetrante indagine tesa a verificare se “l’adozione e l’esecuzione dell’atto illegittimo sia avvenuta in violazione delle regole di imparzialità, di correttezza e di buona amministrazione alle quali l’esercizio della funzione amministrativa deve ispirarsi…”.

Ed invero, l’illiceità dell’agere amministrativo è il prodotto di una azione oltre che illegittima anche colpevole della Pubblica amministrazione.

Infatti, la condotto colposa (elemento costitutivo della responsabilità aquiliana) non si identifica con la mera illegittimità dell’atto (culpa in re ipsa) ma richiede gli estremi della contrarietà ai principi di legalità, di buona amministrazione e ragionevolezza, nonché piena consapevolezza dell’atto adottato ed inosservanza di norme non suscettibili di interpretazione soggettiva.

Sul punto, è stato affermato dalla giurisprudenza (cfr TAR Lazio – RM- Sez. II, n. 5244 del 14/6/01) che l’imputazione della colpa all’apparato amministrativo considerato nel suo complesso rende estremamente difficoltosa e incerta l’individuazione di una responsabilità in capo alla P.A. che non sia identificabile con la mera illegittimità dell’atto, all’infuori delle ipotesi in cui possa ammettersi che l’operato dell’Amministrazione sia da correlarsi all’esistenza di particolari ed obiettive circostanze.

Tali circostanze sono state individuate nella equivocità e contraddittorietà della normativa applicabile, nella novità della questione nonché in oscillazioni giurisprudenziali che hanno potuto condizionare l’illegittima condotta.

Orbene, deve affermarsi che, nel caso in esame, non sono ravvisabili situazioni particolari del tipo di quelle indicate.

Il comportamento dell’Amministrazione comunale si è sostanziato nella inosservanza di una clausola di bando (lex specialis) invero chiara, precisa e testuale (come rimarcato dalla stessa sentenza n. 489/89) che non può trovare alcuna giustificazione nel soggettivismo interpretativo. Né la vicenda ha implicato la risoluzione di particolari questioni in materia di appalto (si è trattato, nello specifico, di fare pedissequa applicazione di una clausola di bando dal significato letterale estremamente semplice ed oggettivamente priva, nei suoi risvolti applicativi, di complessità tecnica).

Altrettanto devono escludersi sia la novità della questione che eventuali oscillazioni giurisprudenziali: ed invero, risulta pacifico l’orientamento secondo il quale una clausola di bando, a meno di un suo contrasto con la normativa comunitaria, non può essere disapplicata dal seggio di gara.

Sotto altro profilo, rileva una più generale condotta del Comune contrassegnata da indifferenza ed inerzia nel (non) riscontrare le continue sollecitazioni del ricorrente per una definizione bonaria della questione e da ritardi nel conformarsi alla pronunzia giurisdizionale (sentenza n. 489/89) – che hanno sospinto il Consorzio a chiederne l’esecuzione -; ed ancora, viene in rilievo il notevole lasso di tempo (più di venti mesi) fatto intercorrere tra la deliberazione del Commissario ad acta e la stipula della convenzione per la progettazione e la costruzione dei residui due edifici scolastici: così frustrandosi (con una condotta amministrativa, successiva ai giudizi, – gravemente – poco diligente e – affatto – non collaborativa) l’interesse economico (progressivamente erososi) del ricorrente alla realizzazione – se non integrale almeno più cospicua – dell’appalto.

Ordunque, le esposte circostanze comprovano la violazione da parte del Comune delle regole di buona amministrazione; esse, pertanto, sono esplicative di una condotta colposamente imputabile – contra legem – foriera di danno (ingiusto) risarcibile.

Ne consegue che il ricorso va accolto e, per l’effetto, va dichiarata la responsabilità del Comune di Barletta per il danno ingiusto causato al ricorrente per il fatto della mancata realizzazione di quattro edifici scolastici di cui all’appalto indetto dall’Amministrazione comunale.

Occorre, a questo punto, procedere alla individuazione dei profili di danno patiti dalla ricorrente ed alla conseguente loro quantificazione.

Il Collegio, anche aderendo alla richiesta avanzata, in subordine, dalla ricorrente, ritiene opportuno, nella fattispecie, di fare applicazione analogica dell’art. 35, del D.Lvo n. 80, del 1998, come riprodotto nel testo dell’art. 7, della legge n. 205, del 1990, ed utilizzare, quindi, nell’interesse di una sollecita definizione della causa la facoltà concessagli di stabilire – come di seguito – i criteri in base ai quali il Comune di Barletta dovrà proporre al ricorrente, entro il termine di sessanta giorni decorrenti dalla comunicazione dell’avvenuto deposito della motivazione della sentenza, il pagamento di una somma di danaro atta a ristorarlo dei danni subiti.

Sul piano dell’an si tratta di compiere il giudizio sulla spettanza del bene della vita cui aspira(va) la ricorrente onde poter stabilire se il risarcimento spetti in termini integrali o mediante la tecnica della chances.

Nel caso in esame, il giudicato amministrativo ha eroso la sfera di discrezionalità del Comune (illegittimità dell’ammissione del primo classificato alla quale ha fatto seguito la certezza di vittoria del secondo – odierno ricorrente -).

Pertanto, la conseguibilità in termini di certezza della vittoria finale (attività vincolata che consegue all’annullamento giurisdizionale avvenuto non sulla base di un difetto di motivazione in via di principio sanabile con la ripetizione del provvedimento – vizio formale – ma sulla base di una violazione di legge e/o di un difetto di funzione dell’atto a suo tempo impugnato) comporta il ristoro nella misura del 100% delle voci legate al profitto derivante dall’aggiudicazione mancata.

L’ammontare dei danni va determinato secondo i criteri dell’art. 1223 Cod. civ..

Sul versante del danno emergente va apprezzato:

il pregiudizio economico subito dall’impresa per la perdita di chances legata alla impossibilità di far valere, nelle future contrattazioni, il requisito economico corrispondente alla mancata fatturazione dei lavori;

l’inutile immobilizzazione di risorse umane e mezzi tecnici (tra cui, mancata economia di scala – materiali e/o attrezzature necessariamente acquistati per l’esecuzione dello specifico appalto di due edifici scolastici in luogo di sei previsti in gara).

La difficoltà di quantificazione delle prefate voci di danno, nonché, la circostanza che l’impresa ricorrente abbia potuto compensare, tramite incarichi sostitutivi, la diminuzione della sua capacità economica e della propria potenzialità produttiva inducono il Collegio a fare applicazione, in parte – qua, del criterio equitativo di risarcimento il cui ammontare (tenuto conto anche di quanto previsto dal Consorzio nella sua offerta a titolo di oneri del concessionario) è ben quantificato nella misura pari al 3% (trepercento) del valore rinveniente dalla offerta economica di progetto (prezzo dell’appalto) siccome praticato in sede di gara dalla stessa ricorrente: percentuale da calcolarsi esclusivamente sulla parte di progetto non realizzata (mancata edificazione dei quattro edifici).

Gli importi come sopra determinati vanno incrementati degli interessi legali nella misura storicamente vigente nonché della rivalutazione monetaria da calcolarsi a far data dalla stipula del contratto d’appalto tra il Comune e l’illegittima aggiudicataria e fino al 31 dicembre 1999 (data, quest’ultima, indicata dalla stessa ricorrente).

Non vanno, invece, apprezzate le spese legali sostenute a fronte dei giudizi intrapresi (TAR e Consiglio di Stato) in quanto la loro liquidazione è stata già disposta, con statuizione autonoma ed accessoria rispetto alle sentenze, in esito ai rispettivi ricorsi.

Altrettanto inapprezzabili sono i prospettati “costi di struttura per gestione contenzioso” in quanto (già) inclusi, de iure, nelle liquidazioni delle prefate spese processuali.

Quanto ai “costi commerciali per iniziativa, spese, viaggi e quant’altro” la genericità della richiesta ne rende indimostrata la spettanza con conseguente infondatezza della pretesa azionata.

Sul versante del lucro cessante, la dimostrata certezza di vittoria comporta che la proposta di liquidazione dovrà considerare l’utile economico che sarebbe derivato al ricorrente dall’esecuzione (totale) dell’appalto. Tale utile si reputa pari al 10% da calcolarsi, al lordo delle imposizioni fiscali, separatamente sul singolo valore d’appalto di ciascuno dei quattro edifici scolastici non realizzati (in applicazione analogica dell’art. 345, della legge 20 marzo 1865, n. 2248, all. F.- Legge sulle opere pubbliche-, nonché dell’art. 37-septies-, comma 1, della legge n. 109 del 1994, come novellato dalla legge n. 415 del 18 novembre 1998 – c.d. Merloni Ter).

Il valore da prendere a base di riferimento per il calcolo della somma come sopra ammessa a risarcimento è, anche in questo caso, quello rinveniente dall’offerta economica praticata in sede di gara dalla ricorrente per la progettazione – costruzione dei quattro edifici non realizzati.

Resta assorbita nella prefata liquidazione anche il ristoro delle spese di progettazione (ulteriore profilo di danno emergente – interesse negativo).

Ed invero, la gara d’appalto ha riguardato sia la progettazione che la costruzione dell’opera (appalto concorso – art. 24, lett. “b” della legge n. 584/77).

Sulla somma così determinata vanno calcolati sia gli interessi legali secondo il saggio storicamente vigente sia la rivalutazione monetaria, entrambi a far data dalla stipula del contratto d’appalto tra il Comune e l’illegittima affidataria e fino al 31 dicembre 1999.

Le spese processuali, nell’ammontare di cui al dispositivo, sono a carico del Comune di Barletta.

P.Q.M.

Il Tribunale Amministrativo Regionale per la Puglia – Sede di BariSezione II, accoglie il ricorso n. 3088/00 proposto dal Consorzio **** delle Cooperative di **** – Società Cooperativa a responsabilità limitata -, meglio in epigrafe specificato, e, per l’effetto, condanna il Comune di Barletta a risarcire il danno alla ricorrente.

Ai sensi dell’art. 7, della legge n. 205, del 21 luglio 2000 il Comune di Barletta è tenuto a proporre al ricorrente, entro il termine di sessanta giorni decorrenti dalla comunicazione dell’avvenuto deposito della motivazione della sentenza, una proposta vincolante relativamente all’ammontare del risarcimento del danno, sulla base dei criteri indicati nella motivazione della sentenza.

Elasso il prefato termine, e comunque in caso di mancato accordo, il Tribunale Regionale può essere adito per la determinazione della somma di risarcimento con il ricorso in ottemperanza di cui all’art. 27, comma 1, numero 4), del R.D. 26 giugno 1924, n. 1054.

Condanna il Comune di Barletta al pagamento delle spese del presente giudizio in favore del ricorrente che si liquidano in complessivi € 3.000,00 (eurotremila/00)

Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’Autorità Amministrativa.

Così deciso in Bari nella Camera di Consiglio del 20 giugno 2002

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Andrea Maso