impugna il provvedimento con il quale l’allora Amministrazione del Commercio con l’Estero ha disposto l’incameramento della cauzione prestata ai fini di un concesso provvedimento di autorizzazione all’esportazione di vini, nella misura del 60% di quanto prestato, per non avere la ricorrente restituito il titolo nel termine di due mesi dalla sua utilizzazione, secondo quanto previsto dai Regolamenti comunitari.

Rientra nella giurisdizione del giudice ordinario la controversia nella quale l’importatore, adducendo causa di forza maggiore o, come nel caso, in tutto equivalente, disguidi dell’amministrazione, contesti l’incameramento della cauzione prestata per il rilascio di certificato all’ esportazione, trattandosi di questione che coinvolge posizioni di diritto soggettivo in materia sottratta alla discrezionalità della pubblica amministrazione. Del resto, la forza maggiore, e a maggior ragione, il verificarsi di disguidi postali e di ricezione da parte dell’organizzazione burocratica (assimilabili alla forza maggiore, sotto il profilo della non imputabilità all’interessato del mancato assolvimento dell’obbligo di produzione documentale), costituiscono un evento obiettivo, la cui individuazione non avviene attraverso un apprezzamento con margini di discrezionalità amministrativa, risolvendosi nella constatazione dell’esistenza di un fatto precisamente connotato dall’ordinamento giuridico, ancorché abbisognevole di verifica caso per caso, a fronte della quale non vi è degradazione della pretesa dell’interessato, bensì un vero e proprio diritto soggettivo, da far valere mediante prova della sussistenza del fatto stesso. (C. Stato, sezione VI, 21 settembre 2006, n. 5551.)

Anche una risalente pronuncia del giudice della giurisdizione, proprio nella sede competente, ha avuto modo di enunciare il discrimen della giurisdizione in subiecta materia e dal quale neppure allo stato attuale è consentito di derogare: “Qualora l’esportatore di sfarinati di grano duro verso Paesi extracomunitari, che sia stato ammesso al cosiddetto regime di prefinanziamento, previa cauzione per importo corrispondente maggiorato del 20 per cento, e che, non avendo effettuato l’esportazione, abbia ricevuto da parte dell’Amministrazione finanziaria l’ordine di restituzione della somma ricevuta con pagamento della relativa maggiorazione, insorga contro tale ordine, nella parte in cui neghi la presenza di causa di forza maggiore quale ragione di esonero dalla maggiorazione medesima, ed altresì insorga contro la reiezione dell’istanza di sospensione della riscossione, va affermata la giurisdizione del giudice ordinario, con riguardo alla prima delle indicate domande, in quanto essa investe, alla stregua della disciplina comunitaria (regolamenti n. 565 del 1980, n. 798 del 1980, n. 2220 del 1985), posizioni di diritto soggettivo, in materia sottratta a discrezionalità della pubblica amministrazione, mentre deve essere dichiarato il difetto di giurisdizione, con riguardo alla seconda domanda, in carenza di una previsione normativa di tutela avverso gli atti esecutori dell’autorità nazionale in tema di esazione di penalità contemplate dall’ordinamento comunitario. (Cassazione sezioni Unite, 26 agosto 1991, n. 9129).

E pure se la vicenda viene riguardata sotto il profilo del procedimento di rilascio della autorizzazione di esportazione pare non sussistere la giurisdizione del giudice amministrativo, poiché secondo i principi enunciati dalla Suprema Corte in ordine alla emanazione di atti ampliativi della sfera giuridica degli interessati quali sono, ad esempio, l’attribuzione di contributi o di finanziamenti pubblici, la fase pubblicistica del procedimento, dalla quale scaturiscono cioè gli interessi legittimi che incardinano nel nostro ordinamento la giurisdizione del giudice amministrativo, cessa con l’adozione del provvedimento favorevole all’interessato; nel mentre una volta che l’atto ampliativo della sfera giuridica o, come è in questo caso, l’atto che rimuove un limite legale all’esercizio dell’attività di esportazione, sia stato rilasciato e l’attività possa avere luogo insorgono posizioni di diritto soggettivo che comportano l’incardinamento della giurisdizione del giudice ordinario.

Quella amministrativa rientra, invece, allorquando il beneficiario, vede restringersi la propria sfera giuridica per l’effetto di provvedimenti di autotutela, dei quali eccepisca l’inesistenza oppure il difetto dei presupposti per il corretto esercizio di tale potere, venendo quindi in auge posizioni di interesse legittimo oppositivo, che anch’esse incardino la giurisdizione del giudice amministrativo.

Ma nel caso in esame non rientra una tale fattispecie, avendo il provvedimento esaminato per oggetto l’incameramento della cauzione e non la revoca o l’annullamento della rilasciata autorizzazione all’esportazione, nei confronti dei quali avrebbero semmai rilievo i vizi del procedimento posti in risalto da parte ricorrente per contestare la opposta inammissibilità del ricorso per difetto di giurisdizione.

Oltre tutto va posto pure in risalto che, ancorché il disposto incameramento della cauzione costituisca un atto di restrizione della sfera giuridica dell’interessata società, che quindi secondo la norma principe sul procedimento amministrativo abbisognerebbe di accurate garanzie partecipative, trovandoci in presenza di attività vincolata, così come disciplinata dai Regolamenti comunitari, scarso rilievo tale garanzia assumerebbe, non rimanendo in capo all’amministrazione alcun margine di discrezionalità. (cfr. C.G.A. per la Sicilia, 17 gennaio 2012, n. 60).

Passaggio tratto dalla sentenza numero 5516 del 15 giugno 2012 pronunciata dal Tar Lazio, Roma

N. 05516/2012 REG.PROV.COLL.

N. 10432/2001 REG.RIC.

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

Il Tribunale Amministrativo Regionale per il Lazio

(Sezione Terza Bis)

ha pronunciato la presente

SENTENZA

sul ricorso numero di registro generale 10432 del 2001, proposto da:
Società Cantine Ricorrente Luigi s.r.l., in persona del legale rappresentante p.t., rappresentata e difesa dagli Avvocati Giovanni Pellegrino e Valeria Pellegrino ed elettivamente domiciliata presso lo studio del primo in Roma, corso Rinascimento, 11;

contro

il Ministero del Commercio con l’Estero (attuale Ministero delle Attività Produttive) in persona del Ministro legale rappresentante p.t., rappresentato e difeso dall’Avvocatura Generale dello Stato presso la cui sede in Roma, Via dei Portoghesi, n. 12 ex lege domicilia;

nei confronti di

Soc. Compagnia garante Spa;

per l’annullamento

del decreto in data 24 maggio 2001 con il quale il Ministero del Commercio con l’Estero ha disposto l’incameramento della cauzione di L. 28.365.375 costituente parte della cauzione prestata dalla Cantina Ricorrente Luigi s.r.l. a garanzia dell’operazione commerciale autorizzata con titolo all’esportazione n. 864834 del 23 novembre 1998, nonché di ogni altro atto, connesso, presupposto e consequenziale;

Visti il ricorso e i relativi allegati;

Visto l’atto di costituzione in giudizio di Ministero del Commercio con L’Estero;

Viste le memorie prodotte dalle parti a sostegno delle rispettive difese;

Visti tutti gli atti della causa;

Relatore nell’udienza pubblica del giorno 7 giugno 2012 il dott. Pierina Biancofiore e uditi per le parti i difensori come specificato nel verbale;

Ritenuto in fatto e considerato in diritto quanto segue:

FATTO

Con ricorso notificato all’Amministrazione in epigrafe indicata in data 6 agosto 2001 e depositato il successivo 5 settembre 2001, la ricorrente espone di avere effettuato esportazione di vini in virtù di apposito titolo autorizzatorio, rilasciato previo versamento della cauzione di L. 47.275.625 con scadenza del 31 gennaio 1999. Espone altresì che prima della scadenza di due mesi del titolo provvedeva a restituirlo al Ministero con raccomandata A.R. del 16 febbraio 1999, ricevuta dallo stesso in data 22 febbraio 1999.

Successivamente con raccomandata del 19 aprile 1999 trasmetteva le bolle doganali di esportazione e chiedeva lo svincolo della cauzione.

Con nota del 16 agosto 1999 il Ministero rispondeva di non potere procedere allo svincolo della cauzione perché il titolo era stato restituito entro il quarto mese e non entro il secondo come previsto dai regolamenti comunitari e perché le bolle doganali non recavano il “visto uscire” da parte della dogana, oltre che non ne era stata prodotta la copia conforme.

In risposta a quanto richiesto la ricorrente in data 16 settembre 1999 trasmetteva una dichiarazione di conformità delle bolle doganali con contestuale dichiarazione che le merci erano state prese in consegna dagli autotrasportatori lo stesso giorno dell’operazione doganale. E comunque in data 27 gennaio 2000 si faceva rilasciare una dichiarazione di totale utilizzazione del titolo nel periodo della sua validità dalla competente Circoscrizione doganale.

Con due solleciti richiedeva dunque ancora lo svincolo della cauzione al Ministero, che, tuttavia, col decreto impugnato, disponeva l’incameramento della cauzione al 60% sul presupposto della mancata restituzione del titolo nel termine di due mesi previsto dai regolamenti doganali.

Avverso tale provvedimento la ricorrente deduce:

1. Violazione di legge per inosservanza dell’art. 10 della legge 7 agosto 1990, n. 241 ed eccesso di potere per insufficiente motivazione.

2. Eccesso di potere per travisamento dei fatti e per carenza dello specifico interesse pubblico cui è sotteso il potere di incameramento della cauzione.

3. Violazione di legge per inosservanza della norma di cui all’art. 22 e del principio di speditezza dell’azione amministrativa di cui agli articoli 1 e 2 comma 3 della legge n. 241 del 1990.

Conclude per l’accoglimento dell’istanza cautelare e del ricorso.

L’Amministrazione si è costituita in giudizio rassegnando conclusioni opposte a quelle di parte ricorrente.

Alla Camera di Consiglio del 26 settembre 2001 sono stati disposti incombenti istruttori, eseguiti i quali, alla Camera di Consiglio del 22 ottobre 2001 l’istanza cautelare è stata accolta.

Previo scambio di memorie tra le parti, aventi per oggetto anche l’eccezione di inammissibilità del gravame per difetto di giurisdizione, il ricorso, infine, è stato trattenuto in decisione alla pubblica udienza del 7 giugno 2012.

DIRITTO

1. Il ricorso è inammissibile per difetto di giurisdizione.

Con esso l’interessata, per come esposto in narrativa, impugna il provvedimento con il quale l’allora Amministrazione del Commercio con l’Estero ha disposto l’incameramento della cauzione prestata ai fini di un concesso provvedimento di autorizzazione all’esportazione di vini, nella misura del 60% di quanto prestato, per non avere la ricorrente restituito il titolo nel termine di due mesi dalla sua utilizzazione, secondo quanto previsto dai Regolamenti comunitari.

2. Nel costituirsi l’Amministrazione eccepisce il difetto di giurisdizione del giudice adito e su tale eccezione occorre concordare.

Su analoga controversia il Consiglio di Stato ha avuto modo di osservare che “Rientra nella giurisdizione del giudice ordinario la controversia nella quale l’importatore, adducendo causa di forza maggiore o, come nel caso, in tutto equivalente, disguidi dell’amministrazione, contesti l’incameramento della cauzione prestata per il rilascio di certificato all’ esportazione, trattandosi di questione che coinvolge posizioni di diritto soggettivo in materia sottratta alla discrezionalità della pubblica amministrazione. Del resto, la forza maggiore, e a maggior ragione, il verificarsi di disguidi postali e di ricezione da parte dell’organizzazione burocratica (assimilabili alla forza maggiore, sotto il profilo della non imputabilità all’interessato del mancato assolvimento dell’obbligo di produzione documentale), costituiscono un evento obiettivo, la cui individuazione non avviene attraverso un apprezzamento con margini di discrezionalità amministrativa, risolvendosi nella constatazione dell’esistenza di un fatto precisamente connotato dall’ordinamento giuridico, ancorché abbisognevole di verifica caso per caso, a fronte della quale non vi è degradazione della pretesa dell’interessato, bensì un vero e proprio diritto soggettivo, da far valere mediante prova della sussistenza del fatto stesso. (C. Stato, sezione VI, 21 settembre 2006, n. 5551.)

Anche una risalente pronuncia del giudice della giurisdizione, proprio nella sede competente, ha avuto modo di enunciare il discrimen della giurisdizione in subiecta materia e dal quale neppure allo stato attuale è consentito di derogare: “Qualora l’esportatore di sfarinati di grano duro verso Paesi extracomunitari, che sia stato ammesso al cosiddetto regime di prefinanziamento, previa cauzione per importo corrispondente maggiorato del 20 per cento, e che, non avendo effettuato l’esportazione, abbia ricevuto da parte dell’Amministrazione finanziaria l’ordine di restituzione della somma ricevuta con pagamento della relativa maggiorazione, insorga contro tale ordine, nella parte in cui neghi la presenza di causa di forza maggiore quale ragione di esonero dalla maggiorazione medesima, ed altresì insorga contro la reiezione dell’istanza di sospensione della riscossione, va affermata la giurisdizione del giudice ordinario, con riguardo alla prima delle indicate domande, in quanto essa investe, alla stregua della disciplina comunitaria (regolamenti n. 565 del 1980, n. 798 del 1980, n. 2220 del 1985), posizioni di diritto soggettivo, in materia sottratta a discrezionalità della pubblica amministrazione, mentre deve essere dichiarato il difetto di giurisdizione, con riguardo alla seconda domanda, in carenza di una previsione normativa di tutela avverso gli atti esecutori dell’autorità nazionale in tema di esazione di penalità contemplate dall’ordinamento comunitario. (Cassazione sezioni Unite, 26 agosto 1991, n. 9129).

E pure se la vicenda viene riguardata sotto il profilo del procedimento di rilascio della autorizzazione di esportazione pare non sussistere la giurisdizione del giudice amministrativo, poiché secondo i principi enunciati dalla Suprema Corte in ordine alla emanazione di atti ampliativi della sfera giuridica degli interessati quali sono, ad esempio, l’attribuzione di contributi o di finanziamenti pubblici, la fase pubblicistica del procedimento, dalla quale scaturiscono cioè gli interessi legittimi che incardinano nel nostro ordinamento la giurisdizione del giudice amministrativo, cessa con l’adozione del provvedimento favorevole all’interessato; nel mentre una volta che l’atto ampliativo della sfera giuridica o, come è in questo caso, l’atto che rimuove un limite legale all’esercizio dell’attività di esportazione, sia stato rilasciato e l’attività possa avere luogo insorgono posizioni di diritto soggettivo che comportano l’incardinamento della giurisdizione del giudice ordinario.

Quella amministrativa rientra, invece, allorquando il beneficiario, vede restringersi la propria sfera giuridica per l’effetto di provvedimenti di autotutela, dei quali eccepisca l’inesistenza oppure il difetto dei presupposti per il corretto esercizio di tale potere, venendo quindi in auge posizioni di interesse legittimo oppositivo, che anch’esse incardino la giurisdizione del giudice amministrativo.

Ma nel caso in esame non rientra una tale fattispecie, avendo il provvedimento esaminato per oggetto l’incameramento della cauzione e non la revoca o l’annullamento della rilasciata autorizzazione all’esportazione, nei confronti dei quali avrebbero semmai rilievo i vizi del procedimento posti in risalto da parte ricorrente per contestare la opposta inammissibilità del ricorso per difetto di giurisdizione.

Oltre tutto va posto pure in risalto che, ancorché il disposto incameramento della cauzione costituisca un atto di restrizione della sfera giuridica dell’interessata società, che quindi secondo la norma principe sul procedimento amministrativo abbisognerebbe di accurate garanzie partecipative, trovandoci in presenza di attività vincolata, così come disciplinata dai Regolamenti comunitari, scarso rilievo tale garanzia assumerebbe, non rimanendo in capo all’amministrazione alcun margine di discrezionalità. (cfr. C.G.A. per la Sicilia, 17 gennaio 2012, n. 60).

3.Per le superiori considerazioni ai sensi dell’art. 11 del Codice del processo Amministrativo il ricorso va dichiarato inammissibile per difetto di giurisdizione del giudice adito e va ritenuta la giurisdizione del giudice ordinario dinanzi al quale la controversia andrà riassunta nel termine perentorio di tre mesi da passaggio in giudicato della presente sentenza, fatti salvi gli effetti processuali e sostanziali della domanda.

4. La delicatezza delle questioni trattate impone la compensazione delle spese di giudizio tra le parti.

P.Q.M.

Il Tribunale Amministrativo Regionale per il Lazio (Sezione Terza Bis) definitivamente pronunciando sul ricorso, come in epigrafe proposto, lo dichiara inammissibile per difetto di giurisdizione del giudice adito e dichiara la giurisdizione del giudice ordinario, con le conseguenti pronunce in motivazione indicate.

Spese compensate.

Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’autorità amministrativa.

Così deciso in Roma nella camera di consiglio del giorno 7 giugno 2012 con l’intervento dei magistrati:

Evasio Speranza, Presidente

Paolo Restaino, Consigliere

Pierina Biancofiore, Consigliere, Estensore

 

 

L’ESTENSORE
IL PRESIDENTE
 

 

 

 

 

DEPOSITATA IN SEGRETERIA

Il 15/06/2012

IL SEGRETARIO

(Art. 89, co. 3, cod. proc. amm.)

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Andrea Maso