affermato dall’Adunanza Plenaria del Consiglio di Stato con la decisione n. 9 del 2008, in adesione alla giurisprudenza della Sezioni Unite della Corte di Cassazione, il giudizio sulle sorti del contratto stipulato in esito ad una aggiudicazione illegittima esula dalla giurisdizione del giudice amministrativo

Può procedersi all’esame dell’appello principale, nella parte in cui ripropone i motivi del ricorso di primo grado non esaminati dal TAR per effetto della dichiarazione di inammissibilità del ricorso.

La ricorrente aveva impugnato la determinazione di esclusione dalla gara pronunciata dalla Commissione giudicatrice perché la polizza fideiussoria presentata, relativa alla cauzione provvisoria di cui all’art. 75 del d.lgs. n. 163 del 2006 non risultava essere sottoscritta dal contraente e pertanto dalla ditta partecipante alla gara nella parte principale del contratto e nell’accettazione delle condizioni di cui agli art 1341 e 1342 c.c..

L’appellante ha ricordato come la questione sia stata esaurientemente definita dall’Adunanza Plenaria del Consiglio di Stato (del n. 8 del 2005), nel senso della irrilevanza della sottoscrizione della polizza fideiussoria da parte del soggetto garantito.

Da tale orientamento il Collegio non ha motivo di discostarsi, e, pertanto, la censura va accolta.

Ne consegue l’annullamento del provvedimento di esclusione dalla gara de qua.

Si legga anche

La cauzione provvisoria, con la possibilità del suo incameramento da parte della stazione appaltante, può assolvere una duplice funzione: da un lato, una funzione indennitaria in caso di mancata sottoscrizione del contratto per fatto dell’aggiudicatario, dall’altro una funzione più strettamente sanzionatoria in caso di altri inadempimenti procedimentali del concorrente

Una polizza fideiussoria provvisoria, intestata alla sola capogruppo designata e non anche alla mandante, puo’ ritenersi utile a costituire la cauzione provvisoria, richiesta per la partecipazione alla gara in relazione all’art. 30, comma 1, della legge n. 109/1994 s.m.i.?

Vediamo qual è il parere espresso dal Consiglio di Stato nell’ Adunanza plenaria numero 8 del 4 Ottobre 2005:

Intanto una premessa di carattere meramente teorico:

<va sottolineato che la causa del contratto di fideiussione è la garanzia di un debito altrui e che, stante il carattere accessorio della garanzia, il fideiussore, nel manifestare in modo espresso la volontà di prestarla (art. 1937 c.c.), deve anche indicare la obbligazione principale garantita, il soggetto garantito, le eventuali condizioni e limitazioni soggettive ed oggettive della garanzia rispetto all’obbligazione principale. Il debito e il soggetto terzo devono essere quantomeno determinabili. Il che risponde ad un principio generale, in materia contrattuale, secondo cui l’oggetto del contratto stesso deve essere determinato o almeno determinabile a pena di nullità (artt. 1346 e 1418 c.c.).

In particolare la determinazione o la determinabilità del debitore o dei debitori principali garantiti non riguarda la struttura soggettiva del negozio fideiussorio (le cui parti, come detto, sono il garante e il beneficiario e non anche il garantito), ma l’oggetto della stessa in quanto consente di individuare l’obbligazione garantita in tutti i suoi elementi e le sue componenti oggettive e soggettive. Si tratta quindi di stabilire, quanto al caso di specie, quale soggetto e quale obbligazione debbano essere garantiti dalla cauzione provvisoria da depositare nelle gare d’appalto di lavori pubblici e debbano quindi essere indicati nella intestazione della polizza fideiussoria>

In caso di Ati, per quanto concerne il rischio della mancata sottoscrizione del contratto:

< In presenza di una ATI costituenda, il soggetto garantito non è la ATI nel suo complesso (non essendo ancora costituita) e non è neppure la sola capogruppo designata.

Garantite sono tutte le imprese associande, che durante la gara operano individualmente e responsabilmente nell’assolvimento degli impegni connessi alla partecipazione alla gara, ivi compreso, in caso di aggiudicazione, quello (per le future mandanti) di conferire il mandato collettivo alla impresa designata capogruppo, che stipulerà il contratto con l’Amministrazione>

Pertanto:

< Il fidejussore deve quindi garantire la stazione appaltante non solo per l’inadempimento del soggetto divenuto mandatario, e cioè in caso di mancata stipulazione per fatto ad esso imputabile, ma deve anche garantire l’eventuale inadempimento propedeutico delle offerenti – mandanti e cioè deve garantire l’Amministrazione anche nel caso in cui, per fatto imputabile a tutti, o anche soltanto a taluno degli offerenti, il mandato non venga rilasciato e, di conseguenza, non emerga un mandatario comune e, quindi, il contratto non possa essere stipulato.

Le obbligazioni, ad attuazione congiunta, da garantire con la cauzione provvisoria, quanto alle ATI costituende sono dunque quella finale della capogruppo (la sottoscrizione del contratto) e quella propedeutica delle mandanti di conferire il mandato>

In caso di Ati, per quanto concerne il rischio del mancato possesso dei requisiti autodichiarati :

< Quanto agli ulteriori impegni, oggetto della cauzione provvisoria, è stato osservato in giurisprudenza che essa svolge una duplice funzione di garanzia per l’amministrazione appaltante, a tutela della serietà e della correttezza del procedimento di gara, sia per il caso in cui l’affidatario non si presti a stipulare il relativo contratto sia per la veridicità delle dichiarazioni fornite dalle imprese in sede di partecipazione alla gara in ordine al possesso dei requisiti di capacità economico – finanziaria e tecnico – organizzativa prescritti dal bando o dalla lettera di invito

Va richiamato a quest’ultimo riguardo l’art. 10 comma 1quater della legge n. 109/94 e successive modificazioni, che prevede, tra l’altro, la escussione della cauzione, nella ipotesi in cui, in sede di verifica da parte della stazione appaltante, l’impresa concorrente non provi ovvero non confermi le dichiarazioni contenute, in ordine ai detti requisiti, nella domanda di partecipazione o nell’offerta.

Analoga garanzia è usualmente prevista anche nei cosiddetti `patti di integrità” in cui le parti si impegnano a tenere comportamenti anticorruzione nonché a non creare, direttamente o indirettamente, ovvero a tollerare accordi che possano falsare la regolarità della aggiudicazione della gara e/o influire sulla corretta esecuzione dell’appalto (v. C.d.S. Sez. V 24 marzo 2005, n. 1258 e 28 giugno 2004 n. 4789). >

Pertanto:

<E’ evidente che anche sotto questi profili (non strettamente collegati alla sottoscrizione del contratto), soprattutto nel caso di ATI costituende, la garanzia debba essere intestata a tutte le associate, che sono individualmente responsabili delle dichiarazioni rese per la partecipazione alla gara.>

la risposta quindi è:

<il fidejussore deve dunque richiamare la natura collettiva della partecipazione alla gara di più imprese, identificandole singolarmente e contestualmente e deve dichiarare di garantire con la cauzione provvisoria non solo la mancata sottoscrizione del contratto, ma anche ogni altro obbligo derivante dalla partecipazione alla gara>

non risultando regolare:

<Se da un lato infatti correttamente la garanzia è riferita in generale agli obblighi e agli oneri derivanti dalla partecipazione alla gara d’appalto, dall’altro, in contrasto con i principi sopra enunciati, come esattamente rilevato dal TAR, nella polizza fideiussoria non solo l’impresa mandante non viene esplicitamente menzionata, ma non si fa nemmeno riferimento all’essenziale circostanza che l’impresa “debitirice principale” partecipa all’incanto in qualità di mandataria di una costituenda ATI; addirittura, dal tenore letterale delle espressioni usate, la contraente risulta concorrere come se fosse un’impresa singola>

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale, Adunanza plenaria, ha pronunciato la seguente

DECISIONE

sul ricorso in appello n.r. 3 del 2005 dell’Adunanza plenaria, proposto dalla **** S.r.l., in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentata e difesa dall’avv. Antonio Catalioto, con domicilio in Roma presso la Segreteria del Consiglio di Stato, piazza Capo di Ferro, n.13;

contro

la **** s.n.c. di **** Nunziato & C., in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentata dall’avv. Salvatore Trimboli, con domicilio in Roma presso Segreteria del Consiglio di Stato, piazza Capo di Ferro, n.13;

e nei confronti

del Comune di Sinagra, persona del Sindaco pro tempore, non costituito in giudizio;

per l’annullamento

della sentenza del Tribunale Amministrativo Regionale della Sicilia, Sezione staccata di Catania, I, n. 1138/03, pubblicata il 15 luglio 2003;

Visto il ricorso in appello con i relativi allegati;

Visto l’atto di costituzione in giudizio della **** s.n.c.;

Viste le memorie prodotte dalle parti a sostegno delle rispettive difese;

Visti gli atti tutti della causa;

Vista l’ordinanza n.84/05, in data 18 febbraio 2005, del Consiglio di giustizia amministrativa della Regione siciliana, con cui la causa è stata rimessa all’esame dell’Adunanza plenaria delle sezioni giurisdizionali del Consiglio di Stato;

Visti gli atti tutti della causa;

Relatore il consigliere Pier Giorgio Trovato;

Udito alla pubblica udienza del 20 giugno 2005, l’avvocato Trimboli per la parte appellata; nessuno è comparso per la parte appellante;

Ritenuto e considerato in fatto e in diritto quanto segue.

FATTO

1. Con atto pubblicato nella Gazzetta ufficiale della Regione Sicilia n.10 del 7 marzo 2003, il Comune di Sinagra bandì un pubblico incanto per l’appalto dei lavori di realizzazione di 12 alloggi popolari in località Gorghi, con il criterio del massimo ribasso sulle opere a corpo e a misura, ai sensi dell’art.19 della legge 11 febbraio 1994, n.109 come modificato dall’art.15 della legge regionale siciliana 2 agosto 2002, n.7 e con i criteri e le modalità (in particolare quanto al calcolo delle medie dei ribassi e alla determinazione della soglia di anomalia) stabilite dall’art.21 della n.109/1994, come modificato dall’art.15 della legge regionale n.7/2002.

Alla gara parteciparono 48 concorrenti, tra i quali la **** s.r.l., la **** s.n.c. di **** Nunziato & C. e la ATI costituenda tra le imprese **** Costruzioni s.r.l. e **** Costruzioni s.r.l..

Quest’ultima concorrente, nella offerta (18 marzo 2003), aveva indicato come mandataria designata la **** Costruzioni.

La gara era aggiudicata alla **** s.r.l..

Ricorreva al Tribunale amministrativo regionale della Sicilia, Sezione staccata di Catania, la **** s.n.c. di **** Nunziato & C. sostenendo che, ai sensi del punto 8 del bando di gara, l’Amministrazione avrebbe dovuto escludere la costituenda A.T.I. tra le imprese **** Costruzioni s.r.l. e **** Costruzioni s.r.l. per avere presentato la cauzione provvisoria di cui all’art. 30, comma 1, della legge 11 febbraio 1994, n.109 s.m.i., mediante fideiussione bancaria intestata esclusivamente alla capogruppo (designata) **** Costruzioni e non anche all’associata impresa **** Costruzioni.

Per effetto di tale esclusione, ricalcolate le medie fra le rimanenti offerti ammesse, la gara si sarebbe dovuta aggiudicare alla ricorrente,

Si costituiva in giudizio la **** s.r.l., che controdeduceva nel merito.

Con sentenza n.1138/03, in data 15 luglio 2003, che definiva il giudizio nel merito a norma dell’art.9 della legge 21 luglio 2000, n.205, il T.A.R. accoglieva il ricorso e, per l’effetto, annullava, nei limiti dell’interesse, gli atti con lo stesso impugnati.

2. La sentenza è stata appellata, avanti al Consiglio di giustizia amministrativa Regione siciliana, dalla s.r.l. **** la quale con unico motivo ha dedotto violazione, falsa ed erronea interpretazione degli articoli 10 comma 1, 13 comma 5, 30 comma 1 della legge 109/1994 (così come recepiti dalla legge regionale Sicilia 2 agosto 2002, n.7).

Si è costituita sa S,n.c. **** la quale ha puntualmente controdedotto nel merito, chiedendo altresì, preliminarmente, che l’appello venga dichiarato inammissibile sia per carenza di interesse, in quanto nel frattempo il Comune ha rinnovato la gara aggiudicando l’appalto alla **** s.n.c. (con atto non impugnato dalla **** s.r.l.), sia pe mancata contestazione da parte dell’appellante del principio di diritto in base al quale il TAR, con la sentenza appellata, ha accolto il ricorso di primo grado.

Non si è costituito in giudizio il Comune di Sinagra.

Con ordinanza n.84/05, in data 18 febbraio 2005, il Consiglio di Giustizia amministrativa per la Regione siciliana, ha rimesso la causa all’esame dell’Adunanza plenaria delle sezioni giurisdizionali del Consiglio di Stato, avuto riguardo ai contrasti giurisprudenziali sulla questione di merito oggetto dell’odierno giudizio.

Alla pubblica udienza del 20 giugno 2005, l’appello è passato in decisione.

DIRITTO

I

1. E’ appellata la sentenza n. 1138/03, in data 15 luglio 2003, con la quale il Tribunale amministrativo regionale della Sicilia, Sezione staccata di Catania, I, ha annullato gli atti di un pubblico incanto, bandito dal Comune di Sinagra, per l’appalto relativo alla realizzazione di 12 alloggi popolari in località Gorghi.

Il TAR ha ritenuto che era stata illegittimamente ammessa alla gara la costituenda ATI **** Costruzioni s.r.l. e **** Costruzioni s.r.l., ancorché avesse prodotto in gara, quale cauzione provvisoria, una fideiussione bancaria non sottoscritta dalle due imprese e intestata alla sola designata capogruppo e non anche alla associata. Di conseguenza ha annullato l’ammissione della predetta ATI costituenda e l’aggiudicazione alla **** s.r.l. (odierna appellante). Ne è risultata aggiudicataria la **** s.n.c. di **** Nunziato & C. (odierna appellata).

2. Osserva preliminarmente il Collegio che è da disattendere l’eccezione di inammissibilità dell’appello, per difetto di interesse, sollevata dalla **** s.n.c., sul rilievo che l’Amministrazione, con atto dirigenziale n. 167, in data 13 agosto 2003, ha rinnovato la gara aggiudicandola alla **** s.n.c. e che la **** s.r.l. ha omesso di impugnare l’atto sopravvenuto.

Per quanto consta agli atti il richiamato atto dirigenziale è stato adottato in ottemperanza alla pronuncia di primo grado

Trova quindi applicazione il consolidato principio giurisprudenziale, secondo cui, atteso il carattere immediatamente esecutivo delle sentenze dei Tribunali amministrativi regionali (art. 33,comma primo, della legge 6 dicembre 1971 n. 1034), l’atto di doverosa esecuzione delle stesse non determina alcuna acquiescenza da parte dell’Amministrazione (cfr da ultimo, tra le altre decisioni, Consiglio Stato, sez. VI, 24 settembre 2004, n. 6249;. Consiglio Stato, sez. IV, 2 novembre 2004, n. 7068; Consiglio Stato, sez. V, 30 agosto 2004, n. 5648).

In difetto di acquiescenza da parte del Comune, vanno riconosciuti l’attualità lesiva della sentenza nei confronti dell’impresa soccombente in primo grado e l’interesse di quest’ultima a coltivare l’appello, dal momento che l’accoglimento dello stesso comporterebbe la rimozione sia della sentenza impugnata che degli atti meramente esecutivi della stessa .

Con una seconda eccezione la **** s.n.c., sostiene l’inammissibilità dell’appello, sul rilievo che l’appellante non ha contestato il principio di diritto affermato dal TAR.

In particolare non sarebbero stati svolti argomenti di replica ai rilievi del giudice di primo grado, secondo cui la polizza fideiussoria in causa era irregolare perchè non menzionava l’impresa designata come mandante (**** costruzioni), non faceva cenno ad un eventuale costituendo raggruppamento (tra le imprese **** costruzioni e **** costruzioni) e si riferiva alla impresa **** costruzioni come se concorresse alla gara in qualità di impresa individuale.

L’eccezione sembra fare riferimento all’indirizzo giurisprudenziale che afferma l’onere dell’appellante di specificare i motivi di impugnazione, in modo tale che alle argomentazioni svolte nella sentenza impugnata siano contrapposte quelle dell’appellante, finalizzate ad incrinare il fondamento logico giuridico delle prime e quindi a confutare e contrastare le ragioni addotte dal primo giudice (cfr. da ultimo Consiglio Stato, sez. IV, 14 dicembre 2004, n. 8068).

La eccezione è infondata in punto di fatto.

L’appellante, con esplicito richiamo ad indirizzi giurisprudenziali (C.S., V, 17 marzo 2003, n. 1384), svolge la tesi secondo cui, anche nel caso di partecipazione alla gara da parte di A.T.I. non ancora costituita (al pari di quella già costituita ex art. 10 comma 1 della legge n. 109 (1994), è sufficiente che la polizza fideiussoria sia intestata alla impresa designata come capogruppo o sia da essa sottoscritta. E ciò nelle considerazioni che funzione della cauzione provvisoria di cui all’art. 30, comma 1, della legge n. 109 del 1994, è quella di garantire la stazione appaltante in ordine al rischio della mancata stipulazione del contratto in caso di aggiudicazione e che assolve adeguatamente allo scopo suindicato la prestazione di fideiussione in favore dell’impresa designata mandataria, unico soggetto tenuto al suddetto adempimento in nome e per conto proprio e della designata mandante (ex art. 13 comma 5 della stessa legge n. 109/1994).

Una tale tesi, ancorché non investa in modo completo le argomentazioni del TAR, è sufficiente, considerato anche l’effetto devolutivo dell’appello, a contestare il principio di fondo affermato dal giudice di primo grado, secondo il quale, in caso di ATI costituenda, la polizza deve essere intestata a tutte le imprese che intendono costituire il raggruppamento e deve essere da esse sottoscritta, non potendosi altrimenti riferire l’impegno di garanzia assunto dal fideiussore a tutte le imprese predette, con conseguente menomazione del contenuto della garanzia rispetto a quello voluto dal legislatore.

4. Nella sostanza risulta così ritualmente riproposta la questione di merito sulla quale si incentra l’odierno giudizio e che l’ordinanza n. 84, in data 18 febbraio 2005 del Consiglio di giustizia amministrativa ha rimesso all’esame della Adunanza plenaria, avuto riguardo ai contrastanti orientamenti giurisprudenziali manifestatisi in proposito (in senso favorevole alla tesi dell’appellante, cfr. oltre alla citata decisione C.S., Sez. V 1384/2003; C.S. ord., Sez. VI 10 febbraio 2004 n. 669; CGA, 15 febbraio 2005, n. 64; in senso contrario CGA, 28 gennaio 2002, n. 59 e 11 giugno 2002; C.S. , IV, 15 novembre 2004 n. 7380).

II

1. Nel merito va premesso, in punto di fatto, che la ATI **** Costruzioni s.r.l. e **** Costruzioni s.r.l. ha prodotto in gara una polizza fideiussoria, in cui l’Istituto di credito si è costituito “fidejussore solidale in nome e per conto dell’impresa Geom. **** Costruzioni s.r.l, per la somma di € 1.530,00 … che questa fosse tenuta a corrispondere al Comune di Sinagra in virtù degli obblighi e degli oneri derivanti dalla sua partecipazione alla gara di appalto del 20 marzo 2003 “.

La polizza è sottoscritta soltanto dall’Istituto di credito.

2. In ordine alla mancata sottoscrizione della polizza fideiussoria da parte dei soggetti garantiti e in particolare della capogruppo designata (impresa ****), nella sentenza appellata si rileva, sia pure con cenno sintetico, che la polizza non è stata sottoscritta come sarebbe stato necessario dalle due associate (**** – ****).

Osserva l’appellante che un obbligo congiunto di sottoscrizione è previsto dal legislatore (art.13, comma 5, della legge n.109/1994) per la sola offerta, mentre nulla è previsto in materia di cauzione provvisoria. Sottolinea altresì l’appellante che, nella specie, l’interesse pubblico sotteso alla sottoscrizione della cauzione ai sensi dell’art. 30 comma 1 L. 109/1994 risulta comunque pienamente assicurato allorché l’impresa che abbia sottoscritto la polizza fideiussoria sia stata preventivamente indicata nella offerta come capogruppo.

Le contrapposte argomentazioni non sembrano utili ai fini del decidere.

Nel contratto di fideiussione, il fideiussore garantisce l’adempimento della obbligazione altrui, obbligandosi personalmente verso il creditore. Il contratto interviene tra il garante (qui l’Istituto di credito) ed il beneficiario (qui il Comune di Sinagra) e si perfeziona con la comunicazione a quest’ultimo (cfr.art. 1333 cod.civ.).

Il garantito (nella specie l’A.T.I. costituenda) non è parte necessaria. La fideiussione è infatti efficace anche se il garantito non è a conoscenza del contratto (art. 1936 secondo comma c.c.).

Il fatto che nella polizza fideiussoria di specie non compaia la sottoscrizione del garantito (né della capogruppo né della associata della ATI costituenda) non assume quindi di per sé alcun rilievo e, ove pure (ma sul punto sono inesatte le affermazione dell’appellante) la sottoscrizione della capogruppo fosse stata apposta, essa avrebbe evidenziato soltanto i rapporti interni tra la medesima e il garante e, al più indirettamente, avrebbe confermato la sua qualità di unica garantita dalla fideiussione.

3. Decisivo ai fini del decidere è, piuttosto, accertare se la polizza fideiussoria in vertenza, essendo intestata alla sola capogruppo designata e non anche alla mandante, possa ritenersi utile a costituire la cauzione provvisoria, richiesta per la partecipazione alla gara, dal punto 8 del bando, in relazione all’art. 30, comma 1, della legge n. 109/1994 (recepita nella Regione Sicilia con legge regionale 2 agosto 2002, n. 7).

In proposito, secondo la esatta impostazione della ordinanza di rímessione, va sottolineato che la causa del contratto di fideiussione è la garanzia di un debito altrui e che, stante il carattere accessorio della garanzia, il fideiussore, nel manifestare in modo espresso la volontà di prestarla (art. 1937 c.c.), deve anche indicare la obbligazione principale garantita, il soggetto garantito, le eventuali condizioni e limitazioni soggettive ed oggettive della garanzia rispetto all’obbligazione principale. Il debito e il soggetto terzo devono essere quantomeno determinabili. Il che risponde ad un principio generale, in materia contrattuale, secondo cui l’oggetto del contratto stesso deve essere determinato o almeno determinabile a pena di nullità (artt. 1346 e 1418 c.c.).

In particolare la determinazione o la determinabilità del debitore o dei debitori principali garantiti non riguarda la struttura soggettiva del negozio fideiussorio (le cui parti, come detto, sono il garante e il beneficiario e non anche il garantito), ma l’oggetto della stessa in quanto consente di individuare l’obbligazione garantita in tutti i suoi elementi e le sue componenti oggettive e soggettive. Si tratta quindi di stabilire, quanto al caso di specie, quale soggetto e quale obbligazione debbano essere garantiti dalla cauzione provvisoria da depositare nelle gare d’appalto di lavori pubblici e debbano quindi essere indicati nella intestazione della polizza fideiussoria.

A questo proposito si osserva che la cauzione provvisoria, con la possibilità del suo incameramento da parte della stazione appaltante, può assolvere una duplice funzione: da un lato, una funzione indennitaria in caso di mancata sottoscrizione del contratto per fatto dell’aggiudicatario, dall’altro una funzione più strettamente sanzionatoria in caso di altri inadempimenti procedimentali del concorrente.

Nell’uno e nell’altro caso, in presenza di una ATI costituenda, il soggetto garantito non è la ATI nel suo complesso (non essendo ancora costituita) e non è neppure la sola capogruppo designata. Garantite sono tutte le imprese associande, che durante la gara operano individualmente e responsabilmente nell’assolvimento degli impegni connessi alla partecipazione alla gara, ivi compreso, in caso di aggiudicazione, quello (per le future mandanti) di conferire il mandato collettivo alla impresa designata capogruppo, che stipulerà il contratto con l’Amministrazione.

4. Più in dettaglio, quanto alla mancata sottoscrizione del contratto da parte dell’aggiudicatario, vengono in rilievo gli artt. 13, comma 5 e 30 comma 1 della legge n. 109/1994 s.m.i., in forza dei quali rispettivamente: – è consentita la presentazione di offerte da parte dei soggetti di cui all’articolo 10, comma 1, lettere d) ed e), anche se non ancora costituiti. In tal caso l’offerta deve essere sottoscritta da tutte le imprese che costituiranno i raggruppamenti o i consorzi e contenere l’impegno che, in caso di aggiudicazione della gara, le stesse imprese conferiranno mandato collettivo speciale con rappresentanza ad una di esse, da indicare in sede di offerta e qualificata come capogruppo, la quale stipulerà il contratto in nome e per conto proprio e delle mandanti; l’offerta da presentare per l’affidamento dell’esecuzione dei lavori pubblici è corredata da una cauzione.

La cauzione copre la mancata sottoscrizione del contratto per fatto dell’aggiudicatario ed è svincolata automaticanmente al momento della sottoscrizione del contratto medesimo.

Osserva il Collegio che, dal punto di vista letterale e logico, il riferimento al fatto dell’aggiudicatario include, in caso di imprese associate, non solo il fatto della capogruppo, ma anche quello delle mandanti. In particolare, ove trattisi di ATI costituenda, comprende, come detto, anzitutto il fatto delle (designate) mandanti che non provvedano ad assolvere l’impegno di conferire, dopo l’aggiudicazione, il mandato collettivo alla designata capogruppo, impedendo quindi la stipula contrattuale.

Il fidejussore deve quindi garantire la stazione appaltante non solo per l’inadempimento del soggetto divenuto mandatario, e cioè in caso di mancata stipulazione per fatto ad esso imputabile, ma deve anche garantire l’eventuale inadempimento propedeutico delle offerenti – mandanti e cioè deve garantire l’Amministrazione anche nel caso in cui, per fatto imputabile a tutti, o anche soltanto a taluno degli offerenti, il mandato non venga rilasciato e, di conseguenza, non emerga un mandatario comune e, quindi, il contratto non possa essere stipulato.

Le obbligazioni, ad attuazione congiunta, da garantire con la cauzione provvisoria, quanto alle ATI costituende sono dunque quella finale della capogruppo (la sottoscrizione del contratto) e quella propedeutica delle mandanti di conferire il mandato.

5. Quanto agli ulteriori impegni, oggetto della cauzione provvisoria, è stato osservato in giurisprudenza che essa svolge una duplice funzione di garanzia per l’amministrazione appaltante, a tutela della serietà e della correttezza del procedimento di gara, sia per il caso in cui l’affidatario non si presti a stipulare il relativo contratto sia per la veridicità delle dichiarazioni fornite dalle imprese in sede di partecipazione alla gara in ordine al possesso dei requisiti di capacità economico – finanziaria e tecnico – organizzativa prescritti dal bando o dalla lettera di invito (cfr. Consiglio Stato, sez. V, 28 giugno 2004, n. 4789).

Va richiamato a quest’ultimo riguardo l’art. 10 comma 1quater della legge n. 109/94 e successive modificazioni, che prevede, tra l’altro, la escussione della cauzione, nella ipotesi in cui, in sede di verifica da parte della stazione appaltante, l’impresa concorrente non provi ovvero non confermi le dichiarazioni contenute, in ordine ai detti requisiti, nella domanda di partecipazione o nell’offerta.

Analoga garanzia è usualmente prevista anche nei cosiddetti `patti di integrità” in cui le parti si impegnano a tenere comportamenti anticorruzione nonché a non creare, direttamente o indirettamente, ovvero a tollerare accordi che possano falsare la regolarità della aggiudicazione della gara e/o influire sulla corretta esecuzione dell’appalto (v. C.d.S. Sez. V 24 marzo 2005, n. 1258 e 28 giugno 2004 n. 4789).

E’ evidente che anche sotto questi profili (non strettamente collegati alla sottoscrizione del contratto), soprattutto nel caso di ATI costituende, la garanzia debba essere intestata a tutte le associate, che sono individualmente responsabili delle dichiarazioni rese per la partecipazione alla gara.

Diversamente verrebbe a configurarsi una carenza di garanzia per la stazione appaltante, quante volte l’inadempimento non dipenda dalla capogruppo designata, ma dalle mandanti. Per assicurare in modo pieno l’operatività della garanzia di fronte ai possibili inadempimenti (coperti dalla cauzione provvisoria), in conclusione, il fidejussore deve dunque richiamare la natura collettiva della partecipazione alla gara di più imprese, identificandole singolarmente e contestualmente e deve dichiarare di garantire con la cauzione provvisoria non solo la mancata sottoscrizione del contratto, ma anche ogni altro obbligo derivante dalla partecipazione alla gara.

5. Per le considerazioni che precedono non risulta regolare la fideiussione prestata da Istituto bancario, per la partecipazione alla gara in vertenza della ATI **** Costruzioni s.r.l. e **** Costruzioni s.r.l..

Se da un lato infatti correttamente la garanzia è riferita in generale agli obblighi e agli oneri derivanti dalla partecipazione alla gara d’appalto, dall’altro, in contrasto con i principi sopra enunciati, come esattamente rilevato dal TAR, nella polizza fideiussoria non solo l’impresa mandante **** Costruzioni non viene esplicitamente menzionata, ma non si fa nemmeno riferimento all’essenziale circostanza che l’impresa **** partecipa all’incanto in qualità di mandataria di una costituenda ATI; addirittura, dal tenore letterale delle espressioni usate, la **** Costruzioni risulta concorrere come se fosse un’impresa singola.

In relazione al contrasto giurisprudenziale, sottostante alla questione di merito come sopra definita, sussistono giusti motivi per compensare integralmente tra le parti private, costituite in giudizio, le spese di questo grado di giudizio.

Nulla per le spese nei confronti del Comune di Sinagra che non si è costituito in giudizio.

P. Q. M.

Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale (Adunanza plenaria), respinge il ricorso in epigrafe indicato. Compensa tra le parti private le spese di questo grado di giudizio.

Nulla per le spese nei confronti del Comune di Sinagra.

Ordina che la presente decisione sia eseguita dall’Autorità amministrativa.

Così deciso in Roma, dal Consiglio di Stato in sede giurisdizionale, riunito in Adunanza Plenaria, alla camera di consiglio del 20 giugno 2005 .

Depositata in Segreteria in data 4 ottobre 2005.

Riportiamo qui di seguito la decisione numero 3767 del 12 giugno 2009 emessa dal Consiglio di Stato

REPUBBLICA ITALIANAN.3767 Reg.Sent.
IN NOME DEL POPOLO ITALIANOAnno 2009
IL CONSIGLIO DI STATO IN SEDE GIURISDIZIONALEN.1367 Reg.Ric.
Sezione QuintaAnno 2008

ha pronunciato la seguente

DECISIONE

sul ricorso in appello n. 1367 del 2008, proposto da Area Sud Milano s.p.a., rappresentata e difesa dagli avv.ti Angela Gemma e Marco Antonelli, elettivamente domiciliata presso  lo studio del secondo in Roma, via Sabotino 22;

contro

ALFA Spurghi s.n.c. di ALFA R e ALFA Fabio, in proprio e quale mandataria in a.t.i. con ALFA Spurghi s.n.c., – ALFA Servizi Ecologici s.r.l., rappresentata e difesa  dagli avv.ti Maurizio Boifava e Claudio De Porcu, elettivamente domiciliata presso il secondo in Roma, via G. Percalli 13;

e nei confronti

del Comune di Assago, non costituito in giudizio;

per la riforma

della sentenza del Tribunale Amministrativo Regionale per la Lombardia, Milano, 19 ottobre 2007 n. 6137, resa tra le parti.

Visto il ricorso con i relativi allegati;

Visto l’atto di costituzione in giudizio della parte appellata come in epigrafe;

Viste le memorie prodotte dalle parti a sostegno delle rispettive difese;

Visti gli atti tutti della causa;

Relatore alla pubblica udienza del 10 febbraio 2009 il consigliere Marzio Branca,  e uditi gli avvocati Marco Antonelli e Claudio De Porcu.

Ritenuto in fatto e considerato in diritto quanto segue.

FATTO

1. Con la sentenza in epigrafe, pronunciata ai sensi dell’art. 26, comma 4, della legge n. 1034 del 1971, è stato dichiarato inammissibile il  ricorso proposto dalla Area Sud Milano s.p.a. per l’annullamento: a) della determinazione n. 476 del 19.6.07 del Responsabile dell’Area Territorio e Patrimonio del Comune di Assago (Mi), con la quale è stato approvato il verbale relativo alle operazioni di gara ed è stata disposta l’aggiudicazione del servizio di Igiene Urbana ed Ambientale – periodo 1 luglio 2007 – 30 giugno 2010 all’ATI ALFA Spurghi s.n.c. e ALFA Servizi Ecologici s.r.l.-;

b) del verbale della Commissione di gara riunitasi in seduta unica il 30.5.07, nella parte in cui si esclude l’Area Sud Milano s.p.a. dalla gara ed aggiudica il servizio all’ATI suddetta;

c) dell’eventuale contratto stipulato tra il Comune di Assago e l’A.T.I. di cui all’epigrafe del ricorso.

2. Nello stesso giudizio la ALFA Spurghi aveva proposto ricorso incidentale per l’annullamento del processo verbale delle operazioni di gara svoltesi in seduta unica in data 30.5.2007 nella parte in cui la stazione appaltante non ha escluso l’Area Sud Milano S.p.A. per aver costei omesso di fornire la prova circa la sussistenza del requisito soggettivo di partecipazione sub specie “capacità delle società miste ad assumere l’impegno extra moenia senza pregiudizio della collettività di riferimento”, requisito, questo, che deve essere oggetto di prodromica valutazione da parte dei preposti alla gara stante la natura di società mista della ricorrente principale così come evincibile dalla visura camerale.

3. L’Area Sud Milano ha proposto appello chiedendo la riforma della sentenza, previa sospensione dell’efficacia.

La ALFA Spurghi si è costituita in giudizio per resistere al gravame, proponendo altresì appello incidentale per reiterare la doglianza già avanzata in primo grado, cui si è accennato sopra.

Alla Camera di consiglio del 1° aprile 2008 la domanda cautelare è stata riunita al merito.

Entrambe le parti hanno depositato memorie.

Alla pubblica udienza del 10 febbraio 2009 la causa è stata rimessa  in decisione.

DIRITTO 

1. Va premesso che il TAR è pervenuto alla appellata dichiarazione di inammissibilità del ricorso, concernente la aggiudicazione ad altra  concorrente del Servizio di Igiene Urbana e Ambientale nel Comune di Assago, essendosi posto d’ufficio “il problema della legittimazione della ricorrente e del suo interesse a ricorrere alla luce dell’art. 13 del d.l. 4 luglio 2006, n. 223, convertito nella legge 4 agosto 2006. n. 248.”.

Richiamata la disposizione ora citata, secondo cui: “1.- Al fine di evitare alterazioni o distorsioni della concorrenza e del mercato e di assicurare la parità degli operatori, le società, a capitale interamente pubblico o misto, costituite o partecipate dalle amministrazioni pubbliche regionali e locali per la produzione di beni e servizi strumentali all’attività di tali enti in funzione della loro attività, con esclusione dei servizi pubblici locali, nonché, nei casi consentiti dalla legge, per lo svolgimento esternalizzato di funzioni amministrative di loro competenza, devono operare esclusivamente con gli enti costituenti o partecipanti o affidanti, non possono svolgere prestazioni a favore di altri soggetti pubblici o privati, né in affidamento diretto né con gara,….” la sentenza ha affermato: “Poiché, nella specie, si verte in una ipotesi in cui pur riverberandosi (come del resto è ovvio) sulla intera collettività, l’attività dell’affidatario è in ogni caso remunerata direttamente e totalmente dall’Ente pubblico, si deve concludere che oggetto della gara è un appalto di servizi e non una concessione di pubblico servizio, come tale rientrante optimo jure nel divieto sancito dal richiamato art. 13 d.l. n. 223 del 2006.”.

“Una simile analisi porta a concludere – prosegue la sentenza – nel senso che, a prescindere dalla legittima partecipazione alla gara della ricorrente ….., sicuramente nessun vantaggio quest’ultima ricaverebbe da un eventuale accoglimento del ricorso. Quand’anche ciò si verificasse e si giungesse alla stipula del contratto, scatterebbe il disposto del successivo comma 4, secondo cui i contratti conclusi …  in violazione delle prescrizioni dei commi 1 e 2 sono nulli. Ed è di tutta evidenza che nessun interesse può essere riconosciuto nei confronti di un contratto nullo.”.

2. L’appellante ha sostenuto l’erroneità della sentenza, sia deducendo un vizio di extrapetizione, perché il preteso difetto di interesse non ha formato oggetto delle deduzioni della controparte, sia sulla base di una diversa interpretazione della normativa applicata.

Si fa rilevare, a tale ultimo riguardo, che il vincolo stabilito dall’art. 13 del d.l. 223 del 2006, nei confronti delle società a capitale interamente pubblico o misto, di operare esclusivamente con le amministrazioni regionali  e locali, partecipanti o affidanti, riguarda le società costituite “per la produzione di beni o servizi strumentali alla attività di tali enti in funzione della loro attività”, e tale connotato soggettivo non potrebbe rinvenirsi nella fattispecie in esame, posto che l’attività svolta dall’appellante è diretta alla fruizione da parte della collettività, sicché non è strumentale all’attività dei comuni partecipanti.

Inoltre, premesso che la distinzione di appalto di servizio pubblico e concessione di servizio pubblico, cui allude la sentenza appellata, risulterebbe nella specie irrilevante, si fa osservare  che la norma riguarda società affidatarie di attività comunali, ma “con esclusione dei servizi pubblici locali”, così consentendo esplicitamente che le attività concernenti la gestione di servizi pubblici locali possano essere svolte da società a capitale pubblico o misto anche a favore di  soggetti pubblici o privati diversi dagli enti “costituenti, o partecipanti o affidanti”.

3. Occorre dunque stabilire in primo luogo se la sentenza appellata debba essere riformata nella sua unica statuizione di inammissibilità del ricorso per difetto di interesse, in quanto alla ricorrente sarebbe comunque vietato di partecipare alla gara  in forza del divieto di cui all’art. 13 citato.

In caso di soluzione affermativa potrà passarsi all’esame del merito del ricorso principale e di quello incidentale.

4. Risulta evidente che, al centro della censura, si pone l’individuazione del significato effettivo della norma applicata, ed in particolare della locuzione recante la “esclusione dei servizi pubblici locali”, da cui dipende la concreta portata del divieto imposto alle società a capitale pubblico o misto di svolgere “prestazioni a favore di altri soggetti”, ossia a favore di soggetti diversi dagli enti costituenti, partecipanti o affidanti.

Nella specie il Comune di Assago, che ha bandito  la gara, è appunto un soggetto diverso dai Comuni di Cesano Boscone, Corsico e Locate Triulzi, autori di conferimenti di capitale nella società per azioni appellante il cui patrimonio è costituito anche da capitale privato.

5. Il Collegio ritiene che il suddetto quesito ermenutico vada affrontato sulla base del principio fondamentale consacrato dall’art. 12 delle Disposizioni sulla legge in generale, premesse al vigente Codice Civile, a norma del quale nell’applicare la legge non si può ad essa attribuire altro senso che  quello fatto palese dal significato proprio delle parole secondo la connessione di esse, e della intenzione del legislatore.

La norma in esame (art, 13 d.l. n. 223 del 2006) vieta l’attività extra moenia alle società costituite o partecipate dalle amministrazione pubbliche regionali o locali “per la produzione di beni e servizi strumentali all’attività di tali enti in funzione della loro attività”, ma, aggiunge subito, “con esclusione dei servizi pubblici locali”.

La proposizione escludente si collega immediatamente alla indicazione delle attività affidate, ossia “produzione di beni e servizi strumentali dell’attività di tali enti”, pertanto il significato delle parole e la connessione di esse porta a concludere che le società che sono affidatarie di servizi pubblici locali sono state escluse dal divieto di svolgere prestazioni per soggetti diversi.

6. Potrebbe obiettarsi – ma la controparte non lo ha dedotto – che tale conclusione non ha portata dirimente perché, in base al richiamato art. 12 delle “preleggi”, occorre anche tenere conto, oltre che del significato letterale delle parole, anche dell’intenzione del legislatore, e che nella specie la legge manifesta il proprio intento nel “fine di evitare alterazioni e distorsioni della concorrenza e del mercato e di assicurare la parità degli operatori”. Tale finalità verrebbe elusa se l’interprete sottraesse al precetto inibitorio,  il rilevante mercato della gestione dei servizi pubblici.

L’obiezione, tuttavia, non terrebbe conto che l’interpretazione testuale, qui accolta, non priva la disposizione di un proprio ambito di operatività, essendo comunque riferibile a tutte quelle attività che le società, a capitale pubblico locale o regionale, svolgono in aggiunta a quelle funzioni strumentali tipiche delle amministrazioni interessate, con esclusione dei servizi pubblici locali, per le quali sono state costituite.

7. La sentenza appellata, tuttavia, sembra fondarsi sul rilievo che, nella specie, la gara aveva ad oggetto l’appalto di un servizio pubblico e non la concessione di un servizio pubblico, lasciando intendere che, se si fosse trattato di concessione, il divieto di cui all’art. 13 del d.l. 223 del 2006 non si sarebbe potuto ritenere operante.

La posizione dei primi giudici sembra ispirata all’opinione che solo la concessione di servizio pubblico, assentita ad una società a capitale pubblico, non altera il giuoco della libera concorrenza perché il corrispettivo della fornitura dei servizi consiste unicamente nel diritto di gestire i servizi medesimi (art. 2, comma 12, d.lgs. n. 163 del 2006), comportando quindi un rischio economico, mentre nell’appalto la società mista, in virtù della partecipazione pubblica al capitale, concorre nelle gare in condizioni di vantaggio rispetto alle società a capitale interamente privato.

La tesi, tuttavia, non appare condivisibile posto che, nell’appalto come nella concessione,  se l’affidatario è una società a capitale pubblico o misto,  tanto il concessionario quanto l’appaltatore verrebbero a fruire di quella posizione di vantaggio che viene ricondotta alla utilizzazione di risorse della collettività locale, di cui non fruisce il concorrente a capitale interamente privato.

E’ comunque certo che la norma, nell’escludere dalle attività strumentali affidate i servizi pubblici locali, non ha operato alcuna distinzione tra concessioni e appalti, una distinzione che, del resto, sotto il profilo della soggezione ai principi del Trattato UE in materia di libera concorrenza, ha perduto concreta rilevanza (v. d.lgs. n. 163 del 2006, art. 30).

8. Il Collegio, peraltro, in favore della tesi della legittimità della partecipazione della appellante alla gara, sotto il profilo della sua natura di società mista già affidataria di servizi pubblici locali,  ritiene di dover richiamare l’orientamento favorevole, consolidato e univoco, della giurisprudenza amministrativa, che ha messo in evidenza come l’azienda mista (a differenza dell’azienda speciale la cui natura strumentale ed il cui regime normativo pretendono un collegamento molto saldo, seppur di natura funzionale, tra l’attività dell’azienda stessa e le esigenze della collettività stanziata sul territorio dell’ente che l’ha costituita) è innanzitutto un soggetto imprenditoriale, rientrante nello schema organizzativo gestionale proprio delle società di capitali e, pertanto, non sottoposto alle limitazioni territoriali di attività cui soggiacciono le aziende speciali.

Si è anche escluso che il riconoscimento della detta legittimazione a concorrere extra moenia contrasti in qualche modo con i principi comunitari in materia di concorrenza e di parità di trattamento tra imprese pubbliche e private, atteso che, secondo la stessa Corte di Giustizia (7 dicembre 2002, Arge Gewasserschutz c/Bundesministerium für Land und forestwirtschaft), il solo fatto che amministrazioni aggiudicatici ammettano alla partecipazione ad un procedimento di aggiudicazione di un pubblico appalto organismi che beneficiano di sovvenzioni pubbliche (nel caso in esame, sotto forma di sottoscrizione del capitale sociale) non costituisce automaticamente violazione del principio di parità di trattamento (e della concorrenza), non sussistendo del resto a livello di normativa comunitaria un espresso divieto di partecipazione di tali organismi a dette procedure di appalto (così, anche C.d.S., sez. V, 27 settembre 2004, n. 6325), salvo – evidentemente – procedere ad una accorta e particolarmente puntuale valutazione della congruità dell’offerta, al fine di evitare che un’offerta particolarmente bassa possa essere proprio il frutto della predetta particolare posizione dell’organismo a partecipazione pubblica che ha preso parte alla gara (Cons. St., Sez. V, 3 settembre 2001 n. 6525; 7 settembre 2004 n. 5843; 3 ottobre 2005 n. 5304; C.G.A. 21 marzo 2007 n. 197).

La detta giurisprudenza,  pur ponendo a carico della società mista l’onere di dimostrare che l’assunzione del nuovo servizio non comporta conseguenze negative sulla qualità e l’efficienza del servizio già in atto presso la collettività di cui è esponente l’ente locale partecipante – ed è sul difetto di tale adempimento che si fonda l’appello incidentale della contrainteressata, su cui si tornerà più avanti – non ha però messo in discussione la legittimazione della società mista già affidataria di servizio pubblico locale, a partecipare ad una procedura ad evidenza pubblica per l’affidamento di un nuovo appalto di servizio pubblico locale.

9. E’ il caso di aggiungere che non può attribuirsi rilievo, nel risolvere il quesito interpretativo sottoposto al Collegio, al progressivo affermarsi, nella giurisprudenza comunitaria, di un orientamento tendente ad imporre all’azienda affidataria di attività pubbliche di riservare le sue prestazioni esclusivamente a favore del solo ente locale partecipante, indirizzo che avrebbe trovato alimento e sostegno proprio nell’art. 13 del c.d. “decreto Bersani” (d.l. n. 223 citato sopra).

Se è vero, come ricordato in una recente decisione della Sezione (25 agosto 2008 n. 4080), che la Corte Europea,  partita dalla espressione “parte più importante” dell’attività, della sentenza Teckal, redatta in lingua italiana, e Stadt Halle, redatta in lingua tedesca, è poi passata alla locuzione “sostanzialmente destinata in via esclusiva all’ente locale in questione”, nella sentenza 11 maggio 2006 C340/04, Carbotermo, che al punto 62 utilizza  l’espressione  “sostanzialmente  destinata in via esclusiva all’ente locale”, e nel punto successivo afferma: “solo se l’attività di detta impresa è principalmente destinata all’ente in questione ed ogni altra attività risulta avere solo un carattere marginale”, va però obiettivamente riconosciuto che tale orientamento tendenziale è stato concepito e riferito al fenomeno dell’in house providing, consistente, come è ben noto, nell’affidamento diretto, senza previa gara, di servizi a società a capitale interamente pubblico, ossia ad un istituto diverso dalla costituzione  di una società mista con finalità imprenditoriali, espressione del c.d. partenariato pubblico/privato istituzionalizzato, come ha ampiamente  chiarito una recente pronuncia dell’Adunanza Plenaria (dec. n. 1 del 2008), anche sulla scorta dell’ampia disamina del problema condotta dalla Sezione II di questo Consiglio con il parere n. 426 del 2007.

Tale parere, d’altra parte, ha bensì messo in evidenza come l’art. 13 del d.l. n. 223/06 faccia registrare, nell’imposizione della regola della esclusività delle prestazioni a favore dell’ente affidante, una tendenziale unificazione, sul punto,  della disciplina dell’ in house e della società mista, ma non ha sottaciuto che la norma non si applica all’affidamento dei servizi pubblici locali.

10. Né è privo di significato che il d.d.l.  di delega per la riforma dei servizi pubblici locali, attualmente pendente dinanzi al Senato (A.S. n. 772), mentre nel testo originario (art. 2, comma 1, lett. e) prevedeva un criterio direttivo recante il divieto di operare extra moenia per le società affidatarie in house e, in assenza di determinate cautele, anche per le società miste, nel testo modificato dalla Commissione affari costituzionali (art. 2, comma 1, lett. d) ripropone tale divieto riferendolo solo agli affidamenti in house.

Analogo orientamento, invero, è desumibile dalla giurisprudenza del Consiglio di Giustizia Amministrativa della Regione Siciliana, che mentre, sulla scorta della giurisprudenza comunitaria, con riguardo alla attività extra moenia della società affidatarie in house ne conferma il divieto (dec. n. 719 del 2007), riconosce, invece, la legittimità della stessa iniziativa della società mista, salva  la verifica della compatibilità del nuovo appalto con gli impegni assunti con l’ente partecipante (dec. 197 del 2007), di cui diffusamente più avanti.

10 bis. Si aggiunge, per scrupolo di completezza, che la distinzione, accolta dal “decreto Bersani”, tra società strumentali da un lato, e società per la gestione di servizi pubblici locali dall’altro,  è stata confermata dalla legge 24 dicembre 2007 n. 244 (finanziaria 2008), il cui art. 3, comma 27, recita come segue: “27. Al fine di tutelare la concorrenza e il mercato, le amministrazioni di cui all’articolo 1, comma 2, del decreto legislativo 30 marzo 2001, n. 165, non possono costituire società aventi per oggetto attività di produzione di beni e di servizi non strettamente necessarie per il perseguimento delle proprie finalità istituzionali, né assumere o mantenere direttamente o indirettamente partecipazioni, anche di minoranza, in tali società. È sempre ammessa la costituzione di società che producono servizi di interesse generale e l’assunzione di partecipazioni in tali società da parte delle amministrazioni di cui all’art. 1, comma 2, del decreto legislativo 30mmarzo 2001 n. 165.”

Il comma 4-octies dell’art. 18 del d.l. 29 novembre 2008 n. 185, convertito nella legge 28 gennaio 2009 n. 2, ha ulteriormente ampliato l’area di impiego della società, aggiungendo, dopo le parole ”servizi di interesse generale”, le parole “e che forniscono servizi di committenza o di centrali di committenza a livello regionale a supporto di enti senza scopo di lucro e di amministrazioni aggiudicatrici di cui all’articolo 3, comma 25, del codice dei contratti pubblici relativi a lavori, servizi e forniture, di cui al decreto legislativo 12 aprile 2006, n. 163”.

11. In conclusione il Collegio ritiene che, per l’insieme delle ragioni sopra illustrate, la sentenza appellata debba essere riformata,  dichiarando ammissibile il ricorso di primo grado.

12. Con riguardo al merito della vertenza, va esaminato prioritariamente, in conformità a consolidati principi (Ad. Plen. n. 11 del 2008), l’appello incidentale proposto dalla controinteressata avverso la ammissione alla gara dell’appellante.

A tal fine, la deducente pur riconoscendo che, alla stregua della giurisprudenza consolidata, cui si è fatto cenno sopra (così anche TAR Lazio, Roma, 14 aprile 2008 n. 3109), la qualità di società a capitale misto, già affidataria di altri servizi pubblici locali, non sarebbe di ostacolo alla partecipazione alla gara per l’aggiudicazione di un analogo servizio nel territorio di un diverso comune, denuncia che l’appellante non ha osservato il puntuale dovere, del pari affermato dal medesimo orientamento giurisprudenziale,  di dimostrare che l’assunzione del nuovo appalto non avrebbe pregiudicato l’assolvimento degli obblighi contratti con gli enti locali autori dei conferimenti societari.

13. L’appellante principale ha replicato alla doglianza, sia avanzando una eccezione di inammissibilità dell’impugnazione incidentale legata alla mancata contestazione della aggiudicazione definitiva, in quanto confermativa, implicitamente, della ammissione alla gara dell’appellante, sia contestando la sussistenza dell’obbligo di dimostrare specificamente la compatibilità del nuovo appalto con i rapporti di servizio già in essere, al di là di quanto era già possibile desumere dalle informazioni fornite alla stazione appaltante in allegato alla offerta tecnica.

14. Può prescindersi dall’eccezione di inammissibilità dell’impugnazione incidentale perché il mezzo, tenuto conto della peculiarità della fattispecie, è infondato nel merito.

Occorre verificare, in primo luogo, il fondamento dell’obbligo in questione che, pur in assenza di qualunque previsione legislativa specifica, la giurisprudenza ha ritenuto di evincere da una lettura sistematica del quadro normativo generale di riferimento, sia di ordine comunitario che interno.

Come si espone anche negli scritti difensivi della impresa controinteressata, la precisa connotazione del limite alla attività extra moenia della società mista derivante dal collegamento con la collettività territoriale, per così dire, di orgine, è stata condotta per la prima volta dalla decisione della Sezione 3 settembre 2001 n. 4586, con la quale si è accuratamente tratteggiata la differenza tra le società in questione e le aziende speciali, con particolare riguardo al diverso rilievo che  nei due tipi assume il vincolo della strumentalità con l’ente costituente.

       “Non è accettabile – si è affermato in quella occasione – che sotto le mentite spoglie del limite funzionale torni a vigere uno stringente limite di carattere fisico-territoriale, né può pensarsi ad un vincolo interpretato negli stessi identici termini delle aziende speciali.

       Tanto premesso, ad avviso del Collegio il vincolo funzionale  va dimensionato di volta in volta valutandone gli  effetti, nel senso che occorre verificare concretamente se l’impegno extraterritoriale eventualmente distolga e in che rilevanza risorse e mezzi,  senza apprezzabili ritorni di utilità (anch’essi da valutarsi in relazione all’impegno profuso e agli eventuali  rischi finanziari corsi) per la collettività di riferimento.

       Il vincolo funzionale opera in termini  residuali, entrando in gioco solo qualora vi sia una distrazione di risorse e mezzi che sia effettivamente apprezzabile e che realisticamente possa portare pregiudizio alla collettività di riferimento.”.

Negli stessi termini si sono poi espresse le decisioni della Sezione 30 maggio 2005, n. 2756 e sezione IV, 20 settembre 2005, n. 5204, e  del  C.G.A. 21 marzo 2007 n. 197 e ancora Sezione V, 25 agosto 2008 n. 4080.

15. Va però notato che la detta giurisprudenza ha progressivamente accentuato il rilievo da attribuire al collegamento funzionale della società mista con il soggetto (o i soggetti)  che la ha costituita, fino  a concepire in capo alla medesima, in sede di partecipazione ad una gara per l’affidamento di un servizio pubblico indetta da un diverso ente locale, l’onere di dimostrare, a pena di esclusione, il possesso di un autonomo requisito di carattere soggettivo, anche se non richiesto dalla lex specialis, consistente nella compatibilità della assunzione del nuovo servizio con gli impegni contratti con la comunità di riferimento, ed affidandone la verifica alla commissione di gara. Con la conseguenza che, ove la commissione non sia stata messa nella condizione di effettuare tale riscontro, o comunque non lo abbia effettuato, la ammissione alla gara dell’offerta avanzata dalla società mista sarebbe illegittima.

16. Il Collegio, tuttavia, deve osservare che il detto orientamento giurisprudenziale si risolve in una dilatazione del vincolo degli impegni assunti con la comunità territoriale di origine che appare impropria e non coerente con la ragion d’essere del vincolo stesso. E’ opinione del Collegio che, come temuto dalla decisione n. 4586 parzialmente trascritta sopra, “ sotto le mentite spoglie del limite funzionale torni a vigere uno stringente limite di carattere fisico-territoriale”.

Occorre tenere presente che la commissione giudicatrice di una pubblica gara deve curare l’interesse, di cui è portatore l’ente che bandisce la gara, a che le concorrenti propongano di svolgere  il servizio da appaltare secondo offerte che ne garantiscano una perfetta esecuzione. Di qui la predisposizione di una puntuale disciplina della verifica della eventuale anomalia delle offerte.

Ciò comporta che, la attribuzione di un qualche rilievo seppure “residuale”, al profilo del rischio  che la partecipazione alla gara di una società mista determini una inaccettabile sottrazione di risorse alla collettività di riferimento, si rivela non funzionale ai (e coerente con) i compiti tipici della commissione di gara, che attengono alla cura dell’interesse dell’ente affidante, dai quali certamente esula l’apprezzamento degli eventuali riflessi negativi che l’assunzione del nuovo servizio da parte della società mista determinerebbe per la collettività di riferimento.

In altri termini, appare arduo rinvenire un qualche valido titolo giuridico che, in assenza di una previsione di legge generale o di lex specialis, abiliti l’ente affidante, e per esso la commissione di gara, ad esprimere una qualche valutazione sul rapporto, cui è estraneo, tra l’ente (o gli enti) costituenti o partecipanti e la società mista, e sulla capacità di questa di rispettare gli impegni assunti con l’area di riferimento.

Né risulta chiarito come potrebbe ritenersi legittima, e conforme al principio del buon andamento, ossia agli interessi della  comunità di cui l’ente affidante è esponente, una determinazione di inammissibilità di una offerta avanzata da società mista che, alla stregua del bando e del capitolato, risulti conveniente, plausibile e non anomala, e la cui esclusione sia giustificata con la sottrazione di risorse in danno degli enti che hanno proposto l’offerta, i quali, a loro volta, nell’interesse delle comunità di riferimento, hanno ritenuto utile partecipare alla gara.

Si realizzerebbe, in sostanza, una sorta di eterogenesi dei fini, perché la società mista, alla cui gestione partecipano gli enti esponenziali di determinate collettività, partecipando alla gara, dimostra l’interesse delle medesime collettività ad acquisire i vantaggi connessi all’aggiudicazione, ma questo interesse può essere negato dall’ente affidante, soggetto estraneo alla gestione societaria, che dovrebbe escludere la concorrente sacrificando il proprio legittimo interesse ad aggiudicare la gara proprio all’offerta presentata dalla società mista, in quanto più conveniente.

La censura esposta con l’appello incidentale, dunque, si rivela infondata per difetto di  un legittimo parametro di riferimento.

17. Il Collegio, tuttavia, non può esimersi dal rilevare che, anche alla stregua del principio giurisprudenziale invocato, la censura non avrebbe potuto essere accolta.

Va tenuto presente che, all’epoca della indizione della gara la società appellante svolgeva il servizio di igiene urbana ed ambientale per i Comuni di Rozzano, Pieve Emanuele, Locate Triulzi, Corsico Cesano Boscone, Carugate, Pessano con Bonago, Bussero e Agate Brianza per un totale di 160 mila abitanti.

Il Comune di Assago conta meno di 8 mila abitanti, e ciò offre la certezza che l’assunzione del nuovo servizio non avrebbe prodotto alcuna apprezzabile sottrazione di risorse umane e materiali in danno delle comunità partecipanti alla società (Cesano Boscone, Corsico e Locate Triulzi).

18. Può procedersi all’esame dell’appello principale, nella parte in cui ripropone i motivi del ricorso di primo grado non esaminati dal TAR per effetto della dichiarazione di  inammissibilità del ricorso.

La ricorrente aveva impugnato la determinazione di esclusione dalla gara pronunciata dalla Commissione giudicatrice perché la polizza fideiussoria presentata, relativa alla cauzione provvisoria di cui all’art. 75 del d.lgs. n. 163 del 2006 non risultava essere sottoscritta dal contraente e pertanto dalla ditta partecipante alla gara nella parte principale del contratto e nell’accettazione delle condizioni di cui agli art 1341 e 1342 c.c..

L’appellante ha ricordato come la questione sia stata esaurientemente definita dall’Adunanza Plenaria del Consiglio di Stato (del n. 8 del 2005), nel senso della irrilevanza della sottoscrizione della polizza fideiussoria da parte del soggetto garantito.

Da tale orientamento il Collegio non ha motivo di discostarsi, e, pertanto, la censura va accolta.

Ne consegue l’annullamento del provvedimento di esclusione dalla gara de qua.

19. L’appellante ha domandato anche l’annullamento del contratto eventualmente stipulato dal Comune di Assago con la controinteressata.

La domanda non può essere accolta.

Come affermato dall’Adunanza Plenaria del Consiglio di Stato con la decisione n. 9 del 2008, in adesione alla giurisprudenza della Sezioni Unite della Corte di Cassazione, il giudizio sulle sorti del contratto stipulato in esito ad una aggiudicazione illegittima esula dalla giurisdizione del giudice amministrativo.

20. In conclusione l’appello principale è accolto, l’appello incidentale viene rigettato, la domanda di annullamento del contratto va dichiarata inammissibile.

21. In considerazione della complessità delle questioni trattate, sussistono valide ragioni per disporre la compensazione tra le parti delle spese di lite

P.Q.M.

Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale, Sezione Quinta,   accoglie l’appello in epigrafe, e per l’effetto, in riforma della sentenza appellata, annulla il provvedimento impugnato in primo grado;

rigetta l’appello incidentale;

dichiara inammissibile la domanda di annullamento del contratto;

dispone la compensazione delle spese;

ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’Autorità Amministrativa.

Così deciso in Roma, nella  camera di consiglio del 10 febbraio 2009 con l’intervento dei magistrati:

Raffaele Iannotta                                              Presidente

Gian Paolo Cirillo                                            Consigliere

Marzio Branca                                                 Consigliere est

Vito Poli                                                         Consigliere

Nicola Russo                                                  Consigliere  

L’ESTENSORE    IL PRESIDENTE

F.to Marzio Branca   F.to Raffaele Iannotta

IL SEGRETARIO 

DEPOSITATA IN SEGRETERIA

12/06/2009

(Art. 55 L. 27/4/1982, n. 186)

IL DIRIGENTE

F.to Antonio Natale

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Andrea Maso