Le responsabilità e le diverse coperture assicurative del progettista (esterno all’organico della pubblica amministrazione) di opere pubbliche a norma della legge Merloni e del relativo regolamento di attuazione (Prima parte)

Di Sonia LAZZINI

Considerazioni introduttive

Configurare in una fattispecie unica la responsabilità civile del professionista intellettuale non è compito facile né, tantomeno, trovare la risposta assicurativa che sia adeguata e adeguabile alle normative in continua evoluzione, risulta essere di immediata soddisfazione.

A livello generale sono due le questioni teorico giuridiche cui fare riferimento per cercare di inquadrare la problematica di responsabilità e quindi il rischio nella copertura assicurativa.

La prima consiste nella possibilità, nel nostro ordinamento giuridico , del concorso di responsabilità contrattuali ed extracontrattuali: la sentenza della Cassazione Civile del 19 gennaio 1977 n. 261, sebbene datata, riporta una massima importante : “La responsabilità contrattuale e quella extracontrattuale possono concorre allorché un unico comportamento risalente al medesimo autore, e quindi un evento dannoso unico nella sua genesi soggettiva, appaia di per sé lesivo non solo di specifici diritti derivanti al contraente dalle clausole contrattuali, ma anche dei diritti assoluti che alla persona offesa spettano di non subire pregiudizi all’onore, alla propria incolumità personale e alla proprietà di cui è titolare”.

Il danno non consiste nella distruzione di una cosa o nella perdita di utilità o di godimento, ma nell’effettiva diminuzione del patrimonio, costituita dalla differenza fra il valore attuale del patrimonio e quello che presenterebbe se l’obbligazione fosse stata tempestivamente ed esattamente adempiuta, o il fatto dannoso non si fosse verificato (Cass. 18 luglio 1989 n. 3352).

La seconda riguarda l’applicabilità, in materia di tutela aquiliana, dell’articolo 2236 cod.civ. :la sentenza del 6 maggio 1971 della Cassazione Civile – sez. Unite – n. 1282 ammette che l’articolo 2236 cod. civ. – a norma del quale, qualora la prestazione implichi la soluzione di problemi tecnici di speciale difficoltà, il prestatore d’opera risponde dei danni solo in caso di dolo o colpa grave – quantunque collocato nell’ambito della regolamentazione del contratto di opera professionale, è applicabile, oltre che nel campo contrattuale, anche in quello extracontrattuale.

Sulla regola dettata dall’articolo 2236 del cod. civ. buona parte della dottrina ritiene si fondi l’affermazione che l’obbligazione del prestatore d’opera intellettuale sarebbe di “mezzi” e non di “risultato”: una diligente esecuzione libera il professionista anche se il risultato è inutile o dannoso alla controparte; l’avvocato o il medico non rispondo se la causa viene perduta o il paziente muore; sempre che non si tratti di errori tecnici in materie di comune conoscenza tecnica professionale, tutti i liberi professionisti non rispondono dei danni provocati da colpa lieve.

La diligenza richiesta non è solo quella media e generica del buon padre di famiglia, ma è quella cui si riferisce il secondo comma dell’articolo 1176 del cod. civ. quando impone che nell’adempimento delle obbligazioni inerenti all’esercizio di un’attività professionale, la diligenza deve venir valutata con riguardo alla natura dell’attività esercitata.

Attività di progettazione

Nel lavoro intellettuale è stato affermato che l’obbligazione è di mezzi o di diligenza, salvo alcuni casi particolari per quanto concerne i progetti di ingegneria o di architettura, per i quali l’obbligo è di risultato, in quanto il contenuto del contratto di redigere un progetto di ingegneria, si traduce nella concreta realizzabilità del progetto stesso.

Al di là delle problematiche meramente teoriche che una tale distinzione ha creato e continua a creare, quello che ci sembra importante segnalare è che in entrambe le obbligazioni, è l’elemento soggettivo della colpa fare da protagonista.

La differenza sostanziale consiste che nell’obbligazione di mezzi l’inadempimento si concretizza nel mancato rispetto delle regole oggettive, di perizia professionale, richieste dalla natura della prestazione, mentre nell’obbligazione di risultato è la mancata realizzazione del risultato stesso a comportare responsabilità.

Nel contratto di prestazione d’opera intellettuale infatti, relativo a progetto di costruzione edilizia, in linea di massima il professionista non può invocare la mancanza o diminuzione di responsabilità verso il proprio cliente – con riguardo ad asserite difformità della prestazione rispetto a quella pattuita, o, comunque, alla sua inadeguatezza – per il solo fatto che quest’ultimo abbia accettato il progetto, senza rilevare tali manchevolezze, in quanto, da un lato, il committente ha diritto di pretendere dal professionista un lavoro eseguito a regola d’arte e conforme ai patti, la cui irrealizzabilità quest’ultimo è tenuto a comunicare all’altro contraente, e, dall’altro, non può essere fatto carico al committente stesso dell’onere di rilevare inadeguatezze di natura tecnica, che richiedono una specifica preparazione.

Tuttavia, allorché le difformità denunciate ed i vizi segnalati sono facilmente riconoscibili – talché deve ritenersi che il committente ne sia stato reso pienamente edotto – e nonostante siano state rilevate il cliente abbia accettato il progetto, questi non può in seguito addurli per sottrarsi agli adempimenti derivanti dal contratto e per sostenere che la prestazione d’opera intellettuale si sia rilevata inutile (Cass. 27 aprile 1991 n. 4641)

La giurisprudenza ha potuto pronunciarsi in materia di inadempimento del progettista per mancato adeguamento del progetto ai rilievi formulati da un organo che ne condizionano l’approvazione ( Cass. 21 marzo 1997 n. 2540) ; nella mancata conformità del progetto alle norme giuridiche che disciplinano le modalità di edificazione di un dato territorio ( Cass. 16 febbraio 1996 n. 1208); nella cattiva scelta del tipo di fondazione con riferimento alla particolare natura del suolo e del sottosuolo ( Cass. 23 settembre 1996 n. 8395) nella mancanza di un accurato accertamento delle dimensioni, confini ed altre caratteristiche dell’area sulla quale deve eseguirsi la costruizione ( Cass. 21 luglio 1989 n. 3476).

Per i progettisti la prestazione ha per oggetto un risultato ovvero un opus, mentre verso il direttore dei lavori si ravvisa un’obbligazione di mezzi, in quanto la sua attività è strumentale rispetto alla realizzazione finale dell’opera. Tale diversa attività comporta una distinta applicazione dei singoli articoli del codice civile, salvo comunque il vincolo solidale della loro responsabilità anche con l’appaltatore nei confronti del committente.

La Cassazione Civile – sez. II 28 gennaio 1985 n. 488 si è infatti così espressa: “Mentre nella obbligazione consistente nella progettazione di un edificio è ravvisabile una obbligazione di risultato, risolvendosi l’attività del professionista nel mettere a disposizione del proprio cliente un determinato bene avente un’autonoma utilità, nella direzione dei lavori di esecuzione dell’opera progettata va ravvisata, invece, un’obbligazione di mezzi, concretandosi essa in un complesso di attività strumentali rispetto all’obiettivo finale di realizzazione dell’edificio a regola d’arte e in conformità al progetto.

Ne consegue che i termini di decadenza e di prescrizione di cui alla norma dell’articolo 2226 cod. civ (otto giorni per la denuncia da parte del committente, delle difformità e dei vizi occulti dell’opera, pena di decadenza) sono applicabile al contratto avente per oggetto la redazione del progetto e non anche a quello con cui viene conferito l’incarico della direzione dei lavori, neppure quando le due attività siano svolte dallo stesso professionista, in quanto nella direzione dei lavori manca il compimento dell’opus dalla cui consegna soltanto possono farsi decorrere i due suddetti termini.

Quando un medesimo danno è provocato da più soggetti, per inadempimento a contratti diversi, intercorsi, rispettivamente, tra ciascuno di essi e il danneggiato, come nel caso del danno risentito dal Committente di un’opera per concorrenti inadempimenti del progettista – direttore dei lavori e dell’appaltatore, sussitono tutte le condizioni necessarie perché i predetti soggetti siano corresponsabili in solido.

Invero, sia in tema di responsabilità contrattuale che di responsabilità extracontrattuale, se l’unico evento dannoso è imputabile a più persone, è sufficiente, al fine di ritenere la solidarietà di tutte all’obbligo al risarcimento, che le azioni o le omissioni di ciascuna abbiano concorso in modo sufficiente a produrre l’evento, a nulla rilevando che costituiscano distinti ed autonomi fatti illeciti o violazioni di norme giuridiche”.

Tale sentenza ci verrà molto utile nella successiva analisi delle fattispecie contemplate dalla Merloni ter nel caso di risoluzione del contratto per difetto di progettazione (art 25 comma 4 della Legge 109/94: ove le varianti di cui al comma 1, lettera d), eccedano il quinto dell’importo originario del contratto, il soggetto aggiudicatore procede alla risoluzione del contratto ed indice una nuova gara alla quale è invitato l’aggiudicatario iniziale).

Al direttore dei lavori – specifica la Cassazione con la sentenza del 29 marzo 1979 n.1818 – nominato dal committente compete, quale ausiliario di quest’ultimo, l’alta vigilanza sulla regolare realizzazione dell’opera e sull’impiego dei materiali adatti, in quanto il medesimo si assume un’obbligazione di mezzi e non di risultato, riferita alla prestazione di un’attività intellettuale, sicché i difetti dell’opera possono essergli addebitati solo quando derivino da inosservanza dei suoi doveri di sorveglianza, i quali non comprendono le operazioni più semplici come il controllo della qualità del conglomerato cementizio adoperato dall’appaltatore.

Ancora la Cass. 28 ottobre 1976 n. 3695 ha ribadito che i difetti riscontrati su di un’opera edilizia possono essere addebitati al direttore dei lavori solo se derivanti da un difetto dell’attività di “alta sorveglianza”, nel cui concetto devono ritenersi escluse le operazioni di natura elementare.

Sul tema si può pertanto concludere affermando che nella progettazione è ravvisabile un ‘obbligazione di risultato che si risolve nel mettere a disposizione del committente un bene avente un’autonoma utilità . (Cass.civ., sez.II, 13 luglio 1998, n.6812; Cass. Civ., sez.I, 24 aprile 1996, n. 3874; Cass. Civ., sez. I, 27 febbraio 1996 n. 1530)

Non sono inoltre da trascurare i rapporti fra l’attività di progettazione e la norma contenuta nell’articolo 1669 del codice civile che tratta della rovina e difetti di cose immobili: “Quando si tratti di edifici o di altre cose immobili destinate per la loro natura a lunga durata, se, nel corso di dieci anni dal compimento, l’opera, per vizio del suolo o per difetto di costruzione, rovina in tutto o in parte, ovvero presenta evidente pericolo di rovina o gravi difetti, l’appaltatore è responsabile nei confronti del committente e dei suoi aventi causa, purché sia fatta denunzia entro un anno dalla scoperta:

Il diritto del committente si prescrive in un anno dalla denuncia”

Nel caso in cui l’opera presenti gravi vizi dipendenti da errata progettazione, e non da una negligenze esecuzione, il progettista è responsabile con l’appaltatore verso il committente: non vi è certezza del tipo di responsabilità solidale che intercorre tra questi due soggetti in quanto spetta all’appaltatore rilevare il vizio progettuale e denunciarlo alla stazione appaltante.

Soltanto ad opera finita ci sarà la possibilità di scoprire i vizi o difetti che hanno rese palese l’inadempimento e scoprire, quindi, le singole responsabilità che possono anche intrecciarsi e concorrere.

Sul tema si è così espressa la Cass. Civ. con la sentenza del 28 ottobre 1994 n. 8904: “In tema di appalto per la costruzione di edifici, la disciplina dettata dall’articolo 1669 cod. civ. si applica – anche in ordine alla decadenza e alla prescrizione – non solo nei confronti dell’appaltatore, ma anche nei confronti del progettista, a nulla rilevando la natura e la diversità dei contratti cui si ricollega la responsabilità, perché il costruttore e il progettista, quando le rispettive azioni od omissioni, costituenti autonomi e distinti illeciti o violazioni di norme giuridiche diverse, concorrono in modo efficiente a produrre uno degli eventi dannoso tipici dell’articolo 1669 cod. civ., si rendono entrambi responsabili dell’unico illecito extracontrattuale e rispondono entrambi a detto titolo del danno cagionato, congiuntamente o separatamente a seconda del preciso accertamento di responsabilità.

La solidarietà viene affermata sia della sentenze che configurano la responsabilità del progettista come contrattuale, sai quelle che ne sostengono la natura extracontrattuale (Cass.25 agosto 1997 n. 7992; Cass. 23 settembre 1996 n. 8395;; Cass. 23 aprile 1993 n. 4900; Cass. 21 marzo 1989 n. 1406)

In particolare la Cass. Civ. sez. II, sentenza del 27 agosto 1994 n. 7550 osserva che “In tema di rovina di edificio e di gravi difetti di costruzione, l’articolo 1669 cod.civ. è applicabile non soltanto nei riguardi del costruttore, ma anche nei confronti del progettista, la cui responsabilità esula dai limiti del rapporto contrattuale intercorso tra le parti per assumere il connotato della responsabilità per fatto illecito, con la conseguenza che tanto il costruttore che il progettista sono tenuti a risarcire integralmente il danneggiato quando entrambi abbiano concorso a causare il danno, quando cioè questo sia ascrivibile ad errata progettazione ed a cattiva esecuzione dell’opera”

Attività di progettazione di opere pubbliche effettuata da soggetti esterni alla p.a.

La responsabilità del progettista sta assumendo sempre maggior rilievo poiché è sempre più frequente il ricorso alla progettazione esterna, stante il progressivo affievolimento delle capacità e prerogative progettuali della Pubblica Amministrazione.

L’attività di progettazione, inoltre, con le modifiche apportate dalla Merloni ter , ha raggiunto una centralità rispetto alla altre fasi dell’intero processo di affidamento di opere pubbliche ed contemporaneamente ha assunto un ruolo nevralgico rispetto all’esecuzione in virtù del ristretta possibilità di apportare varianti.

Il responsabile unico del procedimento – a norma dell’articolo 17 comma 4 della Legge 109/94 – in caso di carenza in organico di personale tecnico nelle stazioni appaltanti, ovvero di difficoltà di rispettare i tempi della programmazione dei lavori o di svolgere le funzioni di istituto, ovvero in caso di lavori di speciale complessità o di rilevanza architettonica o ambientale, o in caso di necessità di predisporre progetti integrali, così come definiti dal regolamento, che richiedono l’apporto di una pluralità di competenze, può affidare la redazione del progetto preliminare, definitivo ed esecutivo, nonché lo svolgimento di attività tecnico-amministrative connesse alla progettazione, a soggetti esterni all’organico della Pubblica Amministrazione.

Tali soggetti possono essere a) liberi professionisti singoli od associati; b) società di professionisti; c) dalle società di ingegneria);c) da raggruppamenti temporanei.

Al comma 6 sempre dell’articolo 17 della legge vengono così identificate rispettivamente le società di professionisti e le società di ingegneria:

  1. società di professionisti le società costituite esclusivamente tra professionisti iscritti negli appositi albi previsti dai vigenti ordinamenti professionali, nelle forme delle società di persone di cui ai capi II, III e IV del titolo V del libro quinto del codice civile ovvero nella forma di società cooperativa di cui al capo I del titolo VI del libro quinto del codice civile, che eseguono studi di fattibilità, ricerche, consulenze, progettazioni o direzioni dei lavori, valutazioni di congruità tecnico-economica o studi di impatto ambientale. I soci delle società agli effetti previdenziali sono assimilati ai professionisti che svolgono l’attività in forma associata ai sensi dell’articolo 1 della legge 23 novembre 1939, n. 1815.Ai corrispettivi delle società si applica il contributo integrativo previsto dalle norme che disciplinano le rispettive Casse di previdenza;

b) società di ingegneria le società di capitali di cui ai capi V, VI e VII del titolo V del libro quinto del codice civile, cheeseguono studi di fattibilità, ricerche, consulenze, progettazioni o direzioni dei lavori, valutazioni di congruità tecnico-economica o studi di impatto ambientale. Ai corrispettivi relativi alle predette attività professionali si applica il contributo integrativo qualora previsto dalle norme legislative che regolano la Cassa di previdenza di ciascun professionista firmatario del progetto.

L’attività di progettazione – viene specificato nell’articolo 16 della legge 109/94 – si articola, nel rispetto dei vincoli esistenti, preventivamente accertati, e dei limiti di spesa prestabiliti, secondo tre livelli di successivi approfondimenti tecnici, in preliminare, definitiva ed esecutiva, in modo da assicurare:

  1. la qualità dell’opera e la rispondenza alle finalità relative;

b) la conformità alle norme ambientali e urbanistiche;

c) il soddisfacimento dei requisiti essenziali, definiti dal quadro normativo nazionale e comunitario.

Il progetto preliminare definisce le caratteristiche qualitative e funzionali dei lavori, il quadro delle esigenze da soddisfare e delle specifiche prestazioni da fornire e consiste in una relazione illustrativa delle ragioni della scelta della soluzione prospettata in base alla valutazione delle eventuali soluzioni possibili, anche con riferimento ai profili ambientali e all’utilizzo dei materiali provenienti dalle attività di riuso e riciclaggio, della sua fattibilità amministrativa e tecnica, accertata attraverso le indispensabili indagini di prima approssimazione, dei costi, da determinare in relazione ai benefici previsti, nonché in schemi grafici per l’individuazione delle caratteristiche dimensionali, volumetriche, tipologiche, funzionali e tecnologiche dei lavori da realizzare; il progetto preliminare dovrà inoltre consentire l’avvio della procedura espropriativa. (art. 16 comma 3)

Il progetto definitivo individua compiutamente i lavori da realizzare, nel rispetto delle esigenze, dei criteri, dei vincoli, degli indirizzi e delle indicazioni stabiliti nel progetto preliminare e contiene tutti gli elementi necessari ai fini del rilascio delle prescritte autorizzazioni ed approvazioni. Esso consiste in una relazione descrittiva dei criteri utilizzati per le scelte progettuali, nonché delle caratteristiche dei materiali prescelti e dell’inserimento delle opere sul territorio; nello studio di impatto ambientale ove previsto; in disegni generali nelle opportune scale descrittive delle principali caratteristiche delle opere, delle superfici e dei volumi da realizzare, compresi quelli per l’individuazione del tipo di fondazione; negli studi ed indagini preliminari occorrenti con riguardo alla natura ed alle caratteristiche dell’opera; nei calcoli preliminari delle strutture e degli impianti; in un disciplinare descrittivo degli elementi prestazionali, tecnici ed economici previsti in progetto nonché in un computo metrico estimativo. Gli studi e le indagini occorrenti, quali quelli di tipo geognostico, idrologico, sismico, agronomico, biologico, chimico, i rilievi e i sondaggi, sono condotti fino ad un livello tale da consentire i calcoli preliminari delle strutture e degli impianti e lo sviluppo del computo metrico estimativo. (art. 16 comma 4)

Il progetto esecutivo, redatto in conformità al progetto definitivo, determina in ogni dettaglio i lavori da realizzare ed il relativo costo previsto e deve essere sviluppato ad un livello di definizione tale da consentire che ogni elemento sia identificabile in forma, tipologia, qualità, dimensione e prezzo. In particolare il progetto è costituito dall’insieme delle relazioni, dei calcoli esecutivi delle strutture e degli impianti e degli elaborati grafici nelle scale adeguate, compresi gli eventuali particolari costruttivi, dal capitolato speciale di appalto, prestazionale o descrittivo, dal computo metrico estimativo e dall’elenco dei prezzi unitari. Esso è redatto sulla base degli studi e delle indagini compiuti nelle fasi precedenti e degli eventuali ulteriori studi ed indagini, di dettaglio o di verifica delle ipotesi progettuali, che risultino necessari e sulla base di rilievi planoaltimetrici, di misurazioni e picchettazioni, di rilievi della rete dei servizi del sottosuolo. Il progetto esecutivo deve essere altresì corredato da apposito piano di manutenzione dell’opera e delle sue parti da redigersi nei termini, con le modalità, i contenuti, i tempi e la gradualità stabiliti dal regolamento di cui all’art. 3.

I tre livelli viene evidenziato nell’articolo 15 del d.p.r. 554/99 costituiscono una suddivisione di contenuti che tra loro interagiscono e si sviluppano senza soluzione di continuità .

La legge all’articolo 17 comma 14-sexies. Predispone che le progettazioni definitiva ed esecutiva sono di norma affidate al medesimo soggetto, pubblico o privato. Se però dovessero sussistere particolari ragioni, accertate dal responsabile del procedimento, per affidare le tre fasi a soggetti diversi occorre allora l’accettazione, da parte del nuovo progettista, dell’attività progettuale precedentemente svolta. L’affidamento può ricomprendere entrambi i livelli di progettazione, fermo restando che l’avvio di quello esecutivo resta sospensivamente condizionato alla determinazione delle stazioni appaltanti sulla progettazione definitiva.

Il legislatore ha quindi dedicato particolare attenzione alla responsabilità dell’ultimo progettista, quello esecutivo appunto, imponendogli precisi obblighi di esame e di controllo dei progetti precedenti; pertanto su di lui graverà, in caso di inosservanza degli stessi, la cosiddetta “culpa in vigilando”.

In pratica si è attuata una sorta di canalizzazione di responsabilità del progettista esecutivo il quale però, una volta risarcito l’eventuale danno, avrà azione di regresso nei confronti degli altri progettisti incaricati della progettazione preliminare e definitiva.

L’articolo 35 del regolamento di attuazione, specificando le caratteristiche che deve contenere il progetto esecutivo, aggiunge altresì che “il progetto è redatto nel pieno rispetto del progetto definitivo nonché delle prescrizioni dettate in sede di rilascio della concessione edilizia o di accertamento di conformità urbanistica, o di conferenza di servizi o di pronuncia di compatibilità ambientale ovvero il provvedimento di esclusione delle procedure, ove previsti”

Tra gli obblighi del professionista rientra anche quello di redigere un progetto conforme, oltre alle regole tecniche – lo ha deciso la Corte dei Conti, sez. I, 3 ottobre 1996 n. 66 – anche alle norme giuridiche che disciplinano le modalità di edificazione in un dato territorio, per cui gli errori di progettazione concernenti la mancata adeguazione degli edifici previsti dalla normativa vigente non possono che costituire inadempimento caratterizzato dalla colpa grave, e quindi fonte di responsabilità del progettista nei confronti del committente per il danno da questo subito in conseguenza della mancata o comunque ritardata realizzazione dell’opera.

Dello stesso parere anche la sentenza della Cass. Civ., sez. II, del 16 febbraio 1996 n. 1208 : “Quando un contratto di opera concernente la redazione di un progetto edilizio destinato all’esecuzione, tra gli obblighi del professionista rientra quello di redigere un progetto conforma, oltre che alle regole tecniche, anche alle norme giuridiche che disciplinano le modalità di edificazione su un dato territorio, in modo da non compromettere il proseguimento del provvedimento amministrativo che abilita all’esecuzione dell’opera, essendo questa qualità del progetto una delle connotazioni essenziali che un tale contratto di opera professionale; onde gli errori di progettazione concernenti la mancata adeguazione degli edifici prevista alla normativa vigente, compromettendo il rilascio della concessione, non possono che costituire inadempimento caratterizzato da colpa grave e quindi fonte di responsabilità per il progettista nei confronti del committente per il danno da questi subito in conseguenza della mancata o comunque ritardata realizzazione dell’opera”

Il progettista esecutivo risponde per intero dei danni subiti dalle stazioni appaltanti: dai costi per riprogettare l’opera a quelli necessari per eseguire le varianti; al maggior tempo occorrente per la realizzazione dell’opera nonché a qualsiasi altro nocumento economico conseguente alla variante.

Ma non solo il comma 2 dell’articolo 25 sottolinea altresì che i titolari di incarichi di progettazione (senza distinguere quale) sono responsabili per i danni subiti dalle stazioni appaltanti in conseguenza di errori o di omissioni della progettazione di cui al comma 1 lettera d) e quindi anche in assenza di variante.

Il comma 1 dice che : “Le varianti in corso d’opera possono essere ammesse, sentito il progettista ed il direttore dei lavori, esclusivamente qualora ricorra uno dei seguenti motivi:

  1. per esigenze derivanti da sopravvenute disposizioni legislative e regolamentari;

b) per cause impreviste e imprevedibili accertate nei modi stabiliti dal regolamento di cui all’art. 3, o per l’intervenuta possibilità di utilizzare materiali, componenti e tecnologie non esistenti al momento della progettazione che possono determinare, senza aumento di costo, significativi miglioramenti nella qualità dell’opera o di sue parti e sempre che non alterino l’impostazione progettuale;

b-bis) per la presenza di eventi inerenti la natura e specificità dei beni sui quali si interviene verificatisi in corso d’opera, o di rinvenimenti imprevisti o non prevedibili nella fase progettuale;

c) nei casi previsti dall’articolo 1664, secondo comma del codice civile;

d) per il manifestarsi di errori o di omissioni del progetto esecutivo che pregiudicano, in tutto o in parte, la realizzazione dell’opera ovvero la sua utilizzazione; in tal caso il responsabile del procedimento ne dà immediatamente comunicazione all’Osservatorio e al progettista.”

Pertanto i titolari di incarichi di progettazione sono responsabili nei confronti dell’Ente Appaltante per qualsiasi tipo di danno che sia conseguente ad errore o omissione del progetto, anche se tale errore o omissione non comporta necessariamente una variante.

Si ricorda che non tutti gli interventi rivestono le caratteristiche delle varianti ma soltanto quelli che rientrano nelle fattispecie contemplate sempre nell’articolo 25 al terzo comma : “ 3. Non sono considerati varianti ai sensi del comma 1 gli interventi disposti dal direttore dei lavori per risolvere aspetti di dettaglio, che siano contenuti entro un importo non superiore al 10 per cento per i lavori di recupero, ristrutturazione, manutenzione e restauro e al 5 per cento per tutti gli altri lavori delle categorie di lavoro dell’appalto e che non comportino un aumento dell’importo del contratto stipulato per la realizzazione dell’opera. Sono inoltre ammesse, nell’esclusivo interesse dell’amministrazione, le varianti, in aumento o in diminuzione, finalizzate al miglioramento dell’opera e alla sua funzionalità, sempreché non comportino modifiche sostanziali e siano motivate da obiettive esigenze derivanti da circostanze sopravvenute e imprevedibili al momento della stipula del contratto. L’importo in aumento relativo a tali varianti non può superare il 5 per cento dell’importo originario del contratto e deve trovare copertura nella somma stanziata per l’esecuzione dell’opera.”

La conferma che nella mente del legislatore fosse stata presa in considerazione la possibilità di imputazione di responsabilità al progettista comunque in caso di danni anche se non conseguenti a varianti, la si trova nel regolamento recante modifiche al Dpr 21 dicembre 1999 n. 554,approvato in data 28 luglio 2000 dal Consiglio dei Ministri e peraltro mai accettato dalla Corte dei Conti, relativo all’ articolo 52 (esclusione dalle gare di affidamento dei servizi di architettura e di ingegneria) e all’articolo 75 ( cause di esclusione dalle gare di appalto per l’esecuzione di lavori pubblici) della bozza del regolamento generale di attuazione della Legge Merloni .

Come si ricorderà, in fase di esame da parte della stessa Corte dei Conti, questi due articoli, assieme ad altre norme, non avevano ottenuto il “Visto” della stessa Corte e necessitavano pertanto di ulteriore modifica legislativa.

In tale momento, che ancora attualmente si trova in fase di incertezza del diritto, almeno italiano perché valgono sempre le norme contenute nei decreti di recepimento delle direttive comunitarie, il regolamento licenziato dal Consiglio dei Ministri conteneva un’importante definizione di errore grave.

La base di partenza è l’articolo 12 del decreto legislativo 17 marzo 1995, n. 157, sostituito dall’articolo 10 del decreto legislativo 25 febbraio 2000 n. 65( pubblicato nella Gazzetta Ufficiale n. 70 del 24 marzo 2000 in attuazione delle direttive 97/52/ce e 98/4/ce, che modificano ed integrano, rispettivamente, le direttive 92/50/cee, in materia di appalti pubblici di servizi, e 93/38/cee, limitatamente ai concorsi di progettazione) che esclude dalla partecipazione alle gare, i concorrenti che nell’esercizio della propria attività professionale hanno commesso un errore grave, accertato con qualsiasi mezzo di prova addotto dall’amministrazione aggiudicatrice.

Costituiscono errore grave – si legge documento licenziato dal Consiglio dei Ministri il 28 luglio 2000 al comma 2 dell’articolo 1 – gli errori o le omissioni di progettazioni di cui all’articolo 25 comma 5 – bis della legge 109/94 (5- bis Ai fini del presente articolo si considerano errore o omissione di progettazione l’inadeguata valutazione dello stato di fatto, la mancata od erronea identificazione della normativa tecnica vincolante per la progettazione, il mancato rispetto dei requisiti funzionali ed economici prestabiliti e risultanti da prova scritta, la violazione delle norme di diligenza nella predisposizione degli elaborati progettuali) se hanno comportato un aumento superiore al 10% dell’importo originario del contratto.

In tal caso, l’esclusione non può essere disposta decorsi 18 mesi dalla data di passaggio in giudicato della sentenza di riconoscimento dell’errore o dell’omissione di progettazione (che non hanno quindi comportato varianti)

Ovvero

Decorsi nove mesi dalla data di comunicazione del responsabile del procedimento prevista dall’articolo 25 comma 1 , lettera d), della legge se il professionista non vi si è opposto nel termine di trenta giorni. (comunicazione che il Responsabile Unico del Procedimento deve fare all’Osservatorio e al progettista dopo aver deciso, assieme al direttore dei lavori e al progettista stesso, la necessità della variante).

Questa considerazione và a sostegno della tesi secondo la quale , obbligatoriamente, il progettista deve essere assicurato per la propria responsabilità civile terzi (per i rischi derivanti dall’attività di propria competenza) e non solo per le nuove spese di progettazione e i maggiori costi che l’amministrazione deve sopportare per le varianti di cui all’articolo 25, comma 1, lettera d), resesi necessarie in corso di esecuzione. ( art. 30 comma 5 della legge 109/94)

Il progettista potrebbe essere altresì chiamato a rispondere degli eventuali danni subiti dall’appaltatore e dalla stazione appaltante nel caso di fattispecie contemplata nell’articolo 25 commi 4 e 5 che prevede che ove le varianti di cui al comma 1, lettera d), eccedano il quinto dell’importo originario del contratto, il soggetto aggiudicatore procede alla risoluzione del contratto e indice una nuova gara alla quale è invitato l’aggiudicatario iniziale ed inoltre che la risoluzione del contratto, ai sensi del presente articolo, dà luogo al pagamento dei lavori eseguiti, dei materiali utili e del 10 per cento dei lavori non eseguiti, fino a quattro quinti dell’importo del contratto.

Non dobbiamo altresì trascurare le norme relative alla validazione del progetto.

Prima di iniziare le procedure per l’affidamento dei lavori – sancisce il comma 6 dell’articolo 30 della legge 109/94 , le stazioni appaltanti devono verificare, nei termini e con le modalità stabiliti dal regolamento, la rispondenza degli elaborati progettuali ai documenti di cui all’articolo 16, commi 1 e 2, e la loro conformità alla normativa vigente. Tale verifica può essere effettuata da organismi di controllo accreditati ai sensi delle norme europee della serie UNI CEI EN 45000 o dagli uffici tecnici delle predette stazioni appaltanti.

Il regolamento ne parla rispettivamente agli articoli 47 ( Validazione del progetto) e 48 (modalità delle verifiche e della validazione):

Art. 47:

  1. Prima della approvazione, il responsabile del procedimento procede in contraddittorio con i progettisti a verificare la conformità del progetto esecutivo alla normativa vigente ed al documento preliminare alla progettazione. In caso di appalto integrato la verifica ha ad oggetto il progetto definitivo.

2. La validazione riguarda fra l’altro:

  1. la corrispondenza dei nominativi dei progettisti a quelli titolari dell’affidamento e la sottoscrizione dei documenti per l’assunzione delle rispettive responsabilità;
  2. la completezza della documentazione relativa agli intervenuti accertamenti di fattibilità tecnica, amministrativa ed economica dell’intervento;

c) l’esistenza delle indagini, geologiche, geotecniche e, ove necessario, archeologiche nell’area di intervento e la congruenza dei risultati di tali indagini con le scelte progettuali;

d) la completezza, adeguatezza e chiarezza degli elaborati progettuali, grafici, descrittivi e tecnico-economici, previsti dal regolamento;

e) l’esistenza delle relazioni di calcolo delle strutture e degli impianti e la valutazione dell’idoneità dei criteri adottati;

f) l’esistenza dei computi metrico-estimativi e la verifica della corrispondenza agli elaborati grafici, descrittivi ed alle prescrizioni capitolari;

g) la rispondenza delle scelte progettuali alle esigenze di manutenzione e gestione;

h) l’effettuazione della valutazione di impatto ambientale, ovvero della verifica di esclusione dalle procedure, ove prescritte;

  1. l’esistenza delle dichiarazioni in merito al rispetto delle prescrizioni normative, tecniche e legislative comunque applicabili al progetto;

l) l’acquisizione di tutte le approvazioni ed autorizzazioni di legge, necessarie ad assicurare l’immediata cantierabilità del progetto;

  1. il coordinamento tra le prescrizioni del progetto e le clausole dello schema di contratto e del capitolato speciale d’appalto nonché la verifica della rispondenza di queste ai canoni della legalità.

Art. 48

  1. Le verifiche di cui agli articoli 46 e 47 sono demandate al responsabile del procedimento che vi provvede direttamente con il supporto tecnico dei propri uffici, oppure nei casi di accertata carenza di adeguate professionalità avvalendosi del supporto degli organismi di controllo di cui all’articolo 30, comma 6, della Legge, individuati secondo le procedure e con le modalità previste dalla normativa vigente in materia di appalto di servizi. Le risultanze delle verifiche sono riportate in verbali sottoscritti da tutti i partecipanti.

2. Gli affidatari delle attività di supporto non possono espletare incarichi di progettazione e non possono partecipare neppure indirettamente agli appalti, alle concessioni ed ai relativi subappalti e cottimi con riferimento ai lavori per i quali abbiano svolto le predette attività.

  1. Gli oneri economici inerenti allo svolgimento dei servizi di cui al comma fanno carico agli stanziamenti previsti per la realizzazione dei singoli lavori.

Tale procedimento di controllo tecnico della progettazione dell’opera, ha la finalità di rendere meno possibili e probabili le “famigerate” varianti e di far si che, contrariamente a quanto avveniva (sic) in passato, i progetti siano immediatamente cantierabili, controllandone quindi la reale appaltabilità ed eseguibilità, garantendo, nel contempo, il rientro dei costi nei limiti pianificati e previsti.

E’ fatto divieto agli affidatari di incarichi di progettazione – importante norma contenuta nel comma 9 dell’articolo17 della legge di “ partecipare agli appalti o alle concessioni di lavori pubblici, nonché agli eventuali subappalti o cottimi, per i quali abbiano svolto la suddetta attività di progettazione; ai medesimi appalti, concessioni di lavori pubblici, subappalti e cottimi non può partecipare un soggetto controllato, controllante o collegato all’affidatario di incarichi di progettazione. Le situazioni di controllo e di collegamento si determinano con riferimento a quanto previsto dall’art. 2359 del codice civile. I divieti di cui al presente comma sono estesi ai dipendenti dell’affidatario dell’incarico di progettazione, ai suoi collaboratori nello svolgimento dell’incarico ed ai loro dipendenti, nonché agli affidatari di attività di supporto alla progettazione ed ai loro dipendenti.”

Nel momento in cui affronteremo alcuni testi di polizza del progettista, la cosiddetta copertura “Merloni”, noteremo che questa norma comporta delle esclusioni di garanzia di particolare interesse.

Le disposizioni in tema di responsabilità del progettista costituiscono il presupposto indispensabile per una comprensione degli obblighi assicurativi contemplati nella legge Merloni e nel relativo regolamento di attuazione.

Le assicurazioni previste dalla Legge Merloni e dal relativo regolamento di attuazione

Il primo riferimento alla obbligatorietà della copertura assicurativa del progettista, lo troviamo nell’articolo 17 comma 3. :”Il regolamento definisce i limiti e le modalità per la stipulazione, a carico delle amministrazioni aggiudicatrici, di polizze assicurative per la copertura dei rischi di natura professionale a favore dei dipendenti incaricati della progettazione. Nel caso di affidamento della progettazione a soggetti esterni, la stipulazione è a carico dei soggetti stessi.”

Ancora: l’articolo 7 nel contemplare l’ obbligo per alcune stazioni appaltanti (i soggetti di cui all’articolo 2, comma 2, lettera a) soggetti alla disciplina della legge 7 agosto n. 241) di nominare un responsabile unico del procedimento di attuazione di ogni singolo intervento previsto dal programma triennale dei lavori pubblici, per le fasi della progettazione, dell’affidamento e dell’esecuzione regola altresì che , qualora per il verificarsi di determinate circostanze, già precedentemente illustrate, i compiti di supporto a questa figura siano demandati a soggetti esterni questi debbano avere determinate caratteristiche.

Essi devono infatti possedere le necessarie competenze specifiche di carattere tecnico, economico-finanziario, amministrativo, organizzativo e legale e che devono aver stipulato a proprio carico adeguata polizza assicurativa a copertura dei rischi di natura professionale.

Da un’attenta lettura del comma 5 dell’articolo 30 la legge appare evidente che si impone l’obbligo per il progettista di assicurarsi anche contro la propria responsabilità civile professionale.

Si dice infatti che “Il progettista o i progettisti incaricati della progettazione esecutiva devono essere muniti, a far data dall’approvazione del progetto, di una polizza di responsabilità civile professionale per i rischi derivanti dallo svolgimento delle attività di propria competenza, per tutta la durata dei lavori e sino alla data di emissione del certificato di collaudo provvisorio. La polizza del progettista o dei progettisti deve coprire, oltre alle nuove spese di progettazione, anche i maggiori costi che l’amministrazione deve sopportare per le varianti di cui all’articolo 25, comma 1, lettera d), resesi necessarie in corso di esecuzione. “

Tanto più che l’articolo Art. 105 del regolamento generale di attuazione (dpr554/99) al comma 4 dice che “ Il progettista, contestualmente alla sottoscrizione del contratto, deve produrre una dichiarazione di una compagnia di assicurazioni autorizzata all’esercizio del ramo “responsabilità civile generale” nel territorio dell’Unione Europea, contenente l’impegno a rilasciare la polizza di responsabilità civile professionale con specifico riferimento ai lavori progettati.”

Inoltre anche al comma 3 dell’articolo 30 si fa particolare menzione del fatto che i danni risentiti dalle stazioni appalti dovuti ad errori di progettazione o insufficiente non devono venir coperti dalla polizza cosiddetta all risk stipulata dall’esecutore : “L’esecutore dei lavori è altresì obbligato a stipulare una polizza assicurativa che tenga indenni le amministrazioni aggiudicatrici e gli altri enti aggiudicatori o realizzatori da tutti i rischi di esecuzione da qualsiasi causa determinati, salvo quelli derivanti da errori di progettazione, insufficiente progettazione, azioni di terzi o cause di forza maggiore, e che preveda anche una garanzia di responsabilità civile per danni a terzi nell’esecuzione dei lavori sino alla data di emissione del certificato di collaudo provvisorio”.

Riteniamo pertanto non sostenibile la tesi di chi afferma che il progettista deve essere coperto solo per le nuove spese di progettazione e i maggiori costi che l’amministrazione deve sopportare per le varianti di cui all’articolo 25, comma 1, lettera d), resesi necessarie in corso di esecuzione e non anche aver sottoscritto una polizza di responsabilità civile professionale..

(fine prima parte – continua – )

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Andrea Maso