Elementi per il dubbio di collegamento sostanziale (tali elementi fanno ritenere verosimile la provenienza da un medesimo centro decisionale delle offerte presentate): le polizze fideiussorie sono rilasciate dalla medesima compagnia con numero progressivo; le dichiarazioni di conformità all’originale delle attestazioni SOA e del certificato ISO sono presentate in maniera identica su foglio uso bollo; tutte le dichiarazioni sono presentate con identica formulazione su fogli uso bollo e recano tutte quale ultima dichiarazione gli estremi dell’iscrizione nel registro delle imprese presso la C.I.A.A. di Roma non richiesta dagli atti di gara; gli elenchi dei documenti e le domande di partecipazione sono presentate con identica formulazione e tutte su carta uso bollo; le buste contenenti le offerte economiche hanno la medesima etichettatura

L’esclusione dalla gara per collegamento sostanziale deriva dall’applicazione diretta dei richiamati principi posti a tutela della libera concorrenza, della segretezza delle offerte e della par condicio dei concorrenti: principi che Costituiscono, ius receptum nella giurisprudenza di questo Consiglio e che sono stati, d’altra parte, cristallizzati nella formulazione dell’art. 34 del d. lgs. 163/2003

Né la presenza degli elementi che fanno presumere un collegamento sostanziale tra le società sopraindicate può essere giustificata dalla ricorrente in quanto tutte le ditte coinvolte si sono rivolte alla medesima società di servizi per la cura degli adempimenti amministrativi necessari per la partecipazione alla gara. Tale circostanza non fa diminuire i fondati rischi di turbamento della regolarità delle operazioni di gara, ma anzi accresce il convincimento in ordine alla possibilità che l’esito della gara possa essere stato influenzato e possano essere stati violati i principi della segretezza delle offerte e della par condicio tra i concorrenti_Ai sensi dell’art. 10, comma 1 bis, della legge n. 109/94, poi confluito nell’art. 34 del decreto legislativo 163/2003 (Codice dei contratti), le imprese che si trovano in una delle situazioni di controllo di cui all’art. 2359 c.c. non possono partecipare alle procedure di affidamento dei lavori pubblici: il rispetto dei fondamentali principi della par condicio e della segretezza delle offerte, posti a garanzia della regolarità della procedura concorsuale, nell’interesse sia della pubblica amministrazione che dei partecipanti, postula necessariamente che fra i concorrenti ad una gara non venga in rilievo una relazione idonea a consentire un flusso formativo delle offerte, e informativo in merito alla fissazione dell’offerta, ovvero agli elementi valutativi ad essa sottostanti; in presenza di significativi indizi sintomatici, il rischio di una intesa preventiva si traduce in una seria e ragionevole presunzione che le offerte dei diversi concorrenti siano riconducibili al medesimo centro decisionale._Si è, quindi, ritenuto che, anche a prescindere dall’inserimento di una apposita clausola nel bando di gara, in presenza di indizi gravi, precisi e concordanti attestanti la provenienza delle offerte da un unico centro decisionale, è consentita l’esclusione delle imprese, benché non si trovino in situazione di controllo ex art. 2359 c.c., altrimenti sarebbe facile eludere la descritta norma imperativa posta a tutela della concorrenza e della regolarità delle procedure di gara._ Tale orientamento si è, poi, consolidato all’interno del Consiglio di Stato, che ha precisato che la stessa circostanza che il bando di gara faccia esplicito riferimento solo all’art. 2359 c.c. non può precludere all’Amministrazione di disporre l’esclusione di imprese che vengano reputate in una situazione di collegamento sostanziale, se gli elementi che connotano il caso concreto facciano ritenere violati i principi generali in materia di pubbliche gare posti a garanzia della correttezza delle procedure._In tale evenienza, infatti, prevale l’esigenza di assicurare l’effettiva ed efficace tutela della regolarità della gara ed in particolare la par condicio fra tutti i concorrenti nonché la serietà, compiutezza, completezza ed indipendenza delle offerte, in modo da evitare che, attraverso meccanismi di influenza societari, pur non integranti collegamenti o controlli di cui all’art. 2359 c.c., possa essere alterata la competizione, mettendo in pericolo l’interesse pubblico alla scelta del “giusto” contraente.

Merita di essere segnalata la decisione numero 4850 del 7 ottobre 2008 emessa dal Consiglio di Stato in tema di collegamento formale e/o sostanziale fra imprese partecipanti alla stessa procedura ad evidenza pubblica

Il Collegio ritiene opportuno richiamare in proposito i principi affermati dalla giurisprudenza di questo Consiglio di Stato in ordine alla corretta interpretazione dell’art. 10, comma 1 bis, della legge n. 109/1994.

Nelle numerose decisioni in cui è stata affrontata la questione (cfr., tra le altre, Cons. Stato, sez. IV, 19 ottobre 2006, n. 6212), è stato posto in rilievo come la scelta da parte della Pubblica amministrazione del soggetto con cui concludere un contratto di appalto di lavori pubblici si realizzi attraverso una serie procedimentale interamente regolata da norme pubblicistiche, preordinate all’individuazione del miglior contraente possibile, sia dal punto di vista soggettivo, con riferimento ai requisiti soggettivi, alle capacità tecniche, organizzative e finanziarie, sia dal punto di vista oggettivo, con riferimento all’economicità dell’offerta formulata e quindi al buon uso del denaro pubblico.

Nel rispetto dei principi di legalità, buon andamento ed imparzialità dell’azione amministrativa, enunciati dall’art. 97 Cost., la predetta serie procedimentale si impernia sui postulati di trasparenza ed imparzialità che, a loro volta, si concretizzano nel principio di par condicio tra tutti i concorrenti, realizzata attraverso la previa predisposizione del bando di gara, e nel principio di concorsualità, segretezza, completezza, serietà, autenticità e compiutezza delle offerte formulate rispetto alle prescrizioni ed alle previsioni della lex specialis, nonché nella previa predisposizione, da parte dell’amministrazione appaltante, dei criteri di valutazione delle offerte (cfr, fra tutte, Cons. Stato, IV, n. 6367/2004).

Le finalità pubblicistiche cui sono preordinati tali principi, che possono sintetizzarsi nella esigenza di individuazione del “giusto” contraente, implicano che al loro rispetto non sia vincolata soltanto la pubblica amministrazione, bensì anche coloro che intendono partecipare alla gara: su questi ultimi incombe, infatti, l’obbligo di presentare offerte che, al di là del loro profilo tecnico – economico, devono avere le caratteristiche della compiutezza, della completezza, della serietà, della indipendenza e della segretezza, le quali soltanto assicurano quel gioco della libera concorrenza e del libero confronto attraverso cui giungere all’individuazione del miglior contraente possibile.

In tale prospettiva, la norma contenuta nell’articolo 10, comma 1 bis, della legge 11 febbraio 1994, n. 109, secondo cui “non possono partecipare alla medesima gara imprese che si trovino fra di loro in una delle situazioni di controllo previste dall’articolo 2359 del codice civile” si inquadra nell’ambito dei divieti normativi di ammissione alla gara di offerte provenienti da soggetti che, in quanto legati da una stretta comunanza di interessi caratterizzata da una certa stabilità, non sono ritenuti dal legislatore capaci di formulare offerte contraddistinte dalla necessaria indipendenza, serietà ed affidabilità.

E’ ormai pacifico che si tratti di una norma di ordine pubblico che trova applicazione indipendentemente da una specifica previsione in tal senso da parte dell’amministrazione appaltante: l’oggetto giuridico tutelato è quello del corretto e trasparente svolgimento delle gare per l’appalto dei lavori pubblici nelle quali il libero gioco della concorrenza e del libero confronto, finalizzati, come delineato, alla scelta del “giusto” contraente, risulterebbero irrimediabilmente alterati dalla eventuale presentazione di offerte che, pur provenendo formalmente da due o più imprese giuridicamente diverse, siano sostanzialmente riconducibili ad un medesimo centro di interessi, tale essendo quello che – secondo la previsione del legislatore – si realizza concretamente nelle ipotesi di controllo o collegamento societario indicato dall’articolo 2359 del codice civile (ved. sempre, Cons. Stato, IV, n. 6367/2004, cui adde, fra le tante, VI, n. 3089/2005). Con la suddetta disposizione il legislatore ha inteso assicurare all’amministrazione appaltante una specifica e preventiva tutela dell’interesse pubblico alla scelta del miglior contraente possibile, introducendo nella serie procedimentale la normativa sul collegamento e controllo societario elaborata ai fini civilistici e basata esclusivamente su di una presunzione assoluta (“…sono considerate…”, così recita testualmente la norma), iuris et de iure, non suscettibile di prova contraria.

La giurisprudenza ha poi precisato che ciò non esclude che possano esistere altre ipotesi di collegamento o controllo societario atte ad alterare una gara di appalto, con il limite della loro ragionevolezza e logicità rispetto alla tutela che si intende perseguire, e cioè la corretta individuazione del “giusto” contraente (v., fra tutte, Cons. Stato, IV, n. 6424/2001; n. 923/2002; V, n. 2317/2004; VI, n. 5464/2004).

Invero, proprio in considerazione della peculiarità della materia e degli interessi pubblici tutelati, sarebbe irragionevole e contraddittorio richiedere nel bando la tipizzazione del fatto del collegamento o del controllo societario diverso da quello di cui all’articolo 2359 del codice civile, dal momento che una tale previsione farebbe refluire il perseguimento dell’interesse pubblico alla scelta del “giusto” contraente nel mero controllo della regolarità formale del procedimento, esponendo quindi l’interesse protetto al pericolo di situazioni concrete di fenomeni di effettivo controllo o di altre situazioni societarie capaci di alterare la gara, non facilmente prevedibili o ipotizzabili.

In particolare, questo Consiglio (cfr. Sez. IV, n. 5196/2004), premessa l’equivalenza tra la nozione interna di imprese controllate e quella di fonte comunitaria di imprese collegate, ha ribadito che la ratio della legge in materia di lavori pubblici consiste nell’evitare il turbamento nello svolgimento della gara, derivante da situazioni di influenza dominante tra più imprese, che possano incidere sulle offerte delle concorrenti, sulla loro media, e sulla conseguente soglia di anomalia, con connessa violazione dei principi di segretezza dell’offerta, della par condicio e della trasparenza.>

Nella particolare fattispecie inoltre

< Di tali principi, che costituiscono, come ricordato, ius receptum nella giurisprudenza di questo Consiglio e che sono stati, d’altra parte, cristallizzati nella formulazione dell’art. 34 del d. lgs. 163/2003, deve farsi applicazione anche nel caso di specie, in cui il Comune di Roma si è indotto a presumere il collegamento sostanziale fra la ricorrente ed altre imprese partecipanti alla medesima gara sulla base di una serie di elementi correttamente valutati: le polizze fideiussorie sono rilasciate dalla medesima compagnia con numero progressivo, per un verso a favore della ricorrente e di ETA e per altro verso a favore di DELTA Group s.r.l., Costruzioni GAMMA s.r.l., e TETA s.r.l.; le dichiarazioni di conformità all’originale delle attestazioni SOA e del certificato ISO sono presentate in maniera identica su foglio uso bollo; tutte le dichiarazioni sono presentate con identica formulazione su fogli uso bollo e recano tutte quale ultima dichiarazione gli estremi dell’iscrizione nel registro delle imprese presso la C.I.A.A. di Roma non richiesta dagli atti di gara; gli elenchi dei documenti e le domande di partecipazione sono presentate con identica formulazione e tutte su carta uso bollo; le buste contenenti le offerte economiche hanno la medesima etichettatura.

Tali elementi fanno ritenere verosimile la provenienza da un medesimo centro decisionale delle offerte presentate, e plausibile una reciproca conoscenza o condizionamento di queste ultime, inficiando, così, la regolarità e la correttezza della gara, atteso che gli elementi di fatto accertati, considerati nel loro complesso e con riferimento alla specifica situazione concreta, rappresentano in realtà indizi gravi, precisi e concordanti (cfr. Cons. Stato, sez. IV, 17 settembre 2007, n. 4839), in presenza dei quali, secondo l’id quod plerumque accidit, è ragionevole presumere che si sia potuta verificare l’alterazione della par condicio dei concorrenti.

Né la presenza degli elementi che fanno presumere un collegamento sostanziale tra le società sopraindicate può essere giustificata dalla ricorrente in quanto tutte le ditte coinvolte si sono rivolte alla medesima società di servizi per la cura degli adempimenti amministrativi necessari per la partecipazione alla gara. Tale circostanza non fa diminuire i fondati rischi di turbamento della regolarità delle operazioni di gara, ma anzi accresce il convincimento in ordine alla possibilità che l’esito della gara possa essere stato influenzato e possano essere stati violati i principi della segretezza delle offerte e della par condicio tra i concorrenti.>

Ed ancora

< Il giudice di primo grado, infatti, ha correttamente valutato che tra gli elementi indizianti, già indicati, che nella loro valenza complessiva fanno ragionevolmente presumere che le offerte potessero essere previamente conosciute dalle partecipanti rientra anche la circostanza che le relative buste presentano il medesimo confezionamento.

Detta circostanza rileva ben oltre il dato puramente esteriore, che si manifesta in una identità delle etichettature e delle diciture, in particolare con riferimento alla serie degli atti che occorre compiere per confezionare le buste, quindi all’assemblaggio del materiale necessario alla presentazione dell’offerta economica, che fa presumere la provenienza delle offerte da un unico centro volitivo in grado potenzialmente di turbare l’equilibrio e l’imparzialità della gara.>

SI LEGGA ANCHE

Non deve esserci un’intesa preventiva fra i partecipanti alla stessa gara

Il rispetto dei fondamentali principi della par condicio e della segretezza delle offerte, posti a garanzia della regolarità della procedura concorsuale, nell’interesse sia della pubblica amministrazione che dei partecipanti, postula necessariamente che fra i concorrenti ad una gara non venga in rilievo una relazione idonea a consentire un flusso formativo (delle offerte), e informativo in merito alla fissazione dell’offerta, ovvero agli elementi valutativi ad essa sottostanti; in presenza di significativi indizi sintomatici, il rischio di una intesa preventiva si traduce in una seria e ragionevole presunzione che le offerte dei diversi concorrenti siano riconducibili al medesimo centro decisionale

Le finalità pubblicistiche a cui è preordinata l’ esigenza di individuazione del “giusto” contraente, implica che al loro rispetto non è vincolata soltanto la pubblica amministrazione, bensì anche coloro che intendono partecipare alla gara: su questi ultimi incombe, infatti, l’obbligo di presentare offerte che, al di là del loro profilo tecnico – economico (specifico oggetto della valutazione di merito da parte della stazione appaltante), devono avere le caratteristiche della compiutezza, della completezza, della serietà, della indipendenza e della segretezza, le quali soltanto assicurano quel gioco della libera concorrenza e del libero confronto attraverso cui giungere all’individuazione del miglior contraente possibile

Merita di essere segnalato il seguente principio generale in ordine alle procedure ad evidenza pubblicato contenuto nella decisione numero 6212 del 19 ottobre 2006 emessa dal Consiglio di Stato, che peraltro ci offre anche un importante aiuto in tema di collegamento e controllo tra imprese:

< la scelta da parte della pubblica amministrazione del soggetto con cui concludere un contratto di appalto di lavori pubblici si realizzi attraverso una serie procedimentale

interamente regolata da norme pubblicistiche, preordinate all’individuazione del miglior contraente possibile,

sia dal punto di vista soggettivo

(con riferimento ai requisiti soggettivi, alle capacità tecniche, organizzative e finanziarie),

sia dal punto di vista oggettivo,

con riferimento all’economicità dell’offerta formulata e quindi al buon uso del denaro pubblico.

Nel rispetto dei principi di legalità, buon andamento ed imparzialità dell’azione amministrativa, enunciati dall’art. 97 della Costituzione,

la predetta serie procedimentale si impernia sui postulati di trasparenza ed imparzialità che

, a loro volta, si concretizzano

nel principio di par condicio tra tutti i concorrenti, realizzata attraverso

la previa predisposizione del bando di gara,

e nel principio di concorsualità, segretezza, completezza, serietà, autenticità e compiutezza delle offerte formulate rispetto alle prescrizioni ed alle previsioni della lex specialis,

nonché nella previa predisposizione, da parte dell’amministrazione appaltante, dei criteri di valutazione delle offerte>

in particolare, in tema di collegamento fra imprese, il supremo giudice amministrativo sottolinea che:

<La Sezione ha quindi ritenuto che, anche a prescindere dall’inserimento di una apposita clausola nel bando di gara, in presenza di indizi gravi, precisi e concordanti attestanti la provenienza delle offerte da un unico centro decisionale, è consentita l’esclusione delle imprese, benché non si trovino in situazione di controllo ex art.2359 c.c. (altrimenti sarebbe facile eludere la descritta norma imperativa posta a tutela della concorrenza e della regolarità delle procedure di gara).

Tale orientamento è stato poi motivatamente confermato dalla V Sezione del Consiglio di Stato, che ha precisato che la stessa circostanza che il bando di gara faccia esplicito riferimento solo all’art. 2359 c.c. non può precludere all’Amministrazione di disporre l’esclusione di imprese che vengano reputate in una situazione di collegamento sostanziale, se gli elementi che connotano il caso concreto facciano ritenere violati i principi generali in materia di pubbliche gare posti a garanzia della correttezza delle procedure. In tale evenienza, infatti, prevale l’esigenza di assicurare l’effettiva ed efficace tutela della regolarità della gara ed in particolare la par condicio fra tutti i concorrenti nonché la serietà, compiutezza, completezza ed indipendenza delle offerte, in modo da evitare che, attraverso meccanismi di influenza societari, pur non integranti collegamenti o controlli di cui all’art. 2359 c.c., possa essere alterata la competizione, mettendo in pericolo l’interesse pubblico alla scelta del “giusto” contraente>

Ma rispetto alla citata giurisprudenza, questa volta il giudice di Palazzo Spada va più in là ed infatti afferma che:

<Sulla asserita penetrante limitazione della legittimazione negoziale delle imprese e della stessa libertà di iniziativa economica derivante dalla esclusione delle “collegate”, va osservato che l’affermazione appare fondata su un equivoco di fondo: la liceità della situazione di collegamento tra imprese sul piano societario, delle logiche di mercato, della concorrenza, non preclude una differente valutazione normativa sul piano degli indicati principi pubblicistici di partecipazione alle pubbliche gare laddove siano ravvisabili elementi di fatto idonei a far presumere una non consentita condivisione della fase di formazione dell’offerta e, quindi, l’alterazione della regolarità della procedura.

Ciò non senza ribadire che lo stesso divieto di collegamento sostanziale si risolve, in definitiva, anche nella tutela della libertà di iniziativa economica e della concorrenza, avuto riguardo agli effetti distorsivi sul libero mercato derivanti dalla alterazione delle procedure di gara>

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Ulteriori cause di esclusione

In tema di appalti pubblici, la stazione appaltante può prevedere nella lex specialis ulteriori ipotesi di esclusione, eventualmente legate all’esistenza di forme di collegamento tra imprese concorrenti, purchè non si stabilisca un’esclusione automatica dalla gara, dovendo in tali casi l’Amministrazione verificare se l’esame della fattispecie concreta induca a ritenere violati i principi posti a garanzia della correttezza della procedura.

Il Consiglio di Stato con la sentenza numero 6367 dell’ 1 ottobre 2004 ci insegna che:

<E’ legittima l’esclusione di un’impresa da una gara di appalto di lavori pubblici quando sulla base di una serie di elementi di fatto gravi, precisi e concordanti la commissione di gara ritiene, sulla base di criteri preventivamente fissati (non essendovi contestazione sul potere così esercitato), che sussista una situazione di collegamento sostanziale con altra impresa partecipante alla stessa gara, potenzialmente idonea ad alterare la gara stessa>

§§§§§§§§

ANCHE IL COLLEGAMENTO PRESUNTO (ex art. 2359, 3° comma, c.c.) TRA IMPRESE È CAUSA DI ESCLUSIONE DALLA PROCEDURA

Trattandosi di collegamento presunto ex. 2359, 3° comma, c.c. la Commissione di gara non doveva fornire ulteriori indizi da cui desumere la presenza di un unico centro decisionale, essendo nella specie l’influenza notevole desumibile ex lege, diversamente da quanto avviene per l’ipotesi del collegamento sostanziale tra imprese

Sulla problematica in esame è ora intervenuto il d.lgs. 12 aprile 2006, n. 163 (Codice dei contratti pubblici, relativi a lavori, servizi e forniture), che ha attributo espressamente rilevanza non solo al collegamento sostanziale tra imprese ma anche a quello presunto ex art. 2359, 3° comma, c.c. Invero, l’ art. 34 in riferimento all’affidamento dei contratti pubblici relativi a lavori, servizi e forniture ha disposto che “non possono partecipare alla medesima gara concorrenti che si trovino fra di loro in una delle situazione di controllo di cui all’art. 2359 del codice civile”, precisando poi, nel periodo successivo, che “le stazioni appaltanti escludono altresì dalla gara i concorrenti per i quali accertano che le relative offerte sono imputabili ad un unico centro decisionale, sulla base di univoci elementi”; e l’art.90 in riferimento alla progettazione e concorsi di progettazione ha statuito che non può partecipare alle relative gare “..un soggetto controllato, controllante o collegato all’affidatario di incarichi di progettazione. Le situazioni di controllo e di collegamento si determinano con riferimento a quanto previsto dall’articolo 2359 del codice civile”. _Di detta normativa ha preso atto anche l’Autorità di vigilanza sui lavori pubblici (ora sui contratti pubblici) con la determinazione n. 1 del 29.3.2007, ove viene affermato che “quella prevista dall’art. 2359, comma 3, c.c., vale a dire la situazione di collegamento presunto in funzione dell’influenza notevole esercitata da un soggetto su un altro soggetto, senza necessità di ulteriori indagini al fine di accertare il collegamento stesso”._Anche se il bando di gara risale a data anteriore al D. L.vo n.163/2006, nel relativo capitolato speciale (art. 8), per i partecipanti alla gara, è stata espressamente prevista la dichiarazione di “non trovarsi….. in una situazione di collegamento o controllo di cui all’ art. 2359 c.c. , formale o sostanziale, con altri concorrenti, singoli o in associazione……”, clausola che comprende non solo il collegamento sostanziale tra imprese ma anche quello presunto.

Merita di essere segnalata la decisione numero 4285 dell’ 8 settembre 2008, emessa dal Consiglio di Stato

< Il raggruppamento appellante sostiene in sostanza che nella specie sussisterebbe un collegamento indiretto a carico della SIC e della ALFA2, cioè tra due partecipanti alla gara, non ricorrendo alcuna ipotesi di collegamento ex art. 2359 c.c., né tanto meno sarebbero stati forniti elementi che dimostrino in maniera concludente una preventiva concertazione delle offerte formulate, per cui non potrebbero essere escluse dalla gara due imprese per il solo fatto di un collegamento indiretto in cui un terzo soggetto possiede un pacchetto azionario in entrambe le società.

7.Detta tesi non può essere condivisa in quanto non tiene conto della specifica disciplina di gara e degli orientamenti attuali di questo Consiglio in tema di collegamento presunto tra imprese ex art. 2359, 3° comma, c.c.

7.1. Come è noto, sotto la vigenza dell’art. 10, comma 1-bis, della L. n. 109 del 1994 e successive modificazioni (secondo cui “non possono partecipare alla medesima gara imprese che si trovino fra di loro in una delle situazioni di controllo di cui all’art. 2359 del codice civile”), questo Consiglio di Stato si è orientato inizialmente in senso negativo sulla possibilità di escludere dalle gare le imprese per il solo fatto del collegamento senza considerare gli eventuali effetti distorsivi che il collegamento societario avesse prodotto in concreto (V. la decisione della Sezione n.16 del 12 gennaio 1999).

In modo ancora più restrittivo si è espressa l’Autorità di vigilanza su lavori pubblici con la determinazione n. 27/2000 del 9.6.2000, ritenendo che “il tenore letterale della disposizione di cui all’art. 10, comma 1 bis della legge 109/94 fa emergere che il divieto ivi contenuto è da considerarsi relativo esclusivamente al caso di società che si trovino tra loro in una situazione di controllo di cui all’art. 2359 c.c..”

5.2.Peraltro, successivamente si è progressivamente affermato un orientamento favorevole alla possibilità di individuare ipotesi di “collegamento sostanziale” tra imprese, diverse e ulteriori rispetto a quelle indicate nel menzionato art. 10, comma 1-bis (Cons. Stato, VI, 7 febbraio 2002, n. 685; V, 15 febbraio 2002, n. 923; IV, 27 dicembre 2001, n. 6424), con la precisazione che, mentre nel caso della sussistenza dell’ipotesi del “controllo” di cui all’art.10, comma 1-bis, opera un meccanismo di presunzione iuris et de iure circa la sussistenza di un’ipotesi turbativa del corretto svolgimento della procedura concorsuale (e quindi dei principi di segretezza, serietà delle offerte e par condicio tra i concorrenti), nel caso di sussistenza del c.d. “collegamento sostanziale” deve essere provato nello specifico e in concreto l’esistenza di elementi oggettivi e concordanti, che siano tali da ingenerare pericolo per il rispetto dei richiamati principi (Cons. Stato, V, 22 aprile 2004, n. 2317).

5.3.E’ evidente che la correttezza e la trasparenza della gara vengono pregiudicate dalla presentazione di offerte che, seppure provenienti da imprese diverse, siano riconducibili ad un medesimo centro di interessi. Ciò anche alla luce della disciplina comunitaria, secondo cui il sistema delle gare pubbliche può funzionare solo se le imprese partecipanti si trovino in posizione di reciproca ed effettiva concorrenza.

E’ stato dunque ritenuto consentito alla stazione appaltante prevedere l’esclusione delle offerte, quando specifici elementi oggettivi e concordanti inducano a ritenere la sussistenza di situazioni (ulteriori rispetto alle forme di collegamento societario di cui all’art. 2359 Cod. civ.) capaci di alterare la segretezza, la serietà e l’indipendenza delle offerte, purché l’individuazione non oltrepassi il limite della ragionevolezza e della logicità rispetto alla tutela avuta di mira e consistente nell’autentica concorrenza tra le offerte.

Inoltre, questo Consiglio di Stato, tenendo conto che si tratta dell’esigenza di assicurare l’effettiva ed efficace tutela della regolarità della gara, ha ritenuto che, anche in assenza di specifiche previsioni nella lex specialis, la stazione appaltante debba comunque disporre l’esclusione di offerte contenenti i indizi di una concordata modalità di presentazione e formulazione, ovvero della provenienza da un unico centro decisionale, per quanto rimanga preferibile che il divieto sia rafforzato attraverso clausole espresse del bando di gara.

La giurisprudenza ha invero rilevato che tra le cause di esclusione dalle gare vi sono, oltre ai casi di cui all’art. 2359 Cod. civ., le ipotesi non codificate di “collegamento sostanziale”, le quali, attestando la riconducibilità dei soggetti partecipanti alla procedura a un unico centro decisionale, causano la vanificazione dei principi generali in tema di par condizio, segretezza delle offerte e trasparenza della competizione; il fatto che la rilevanza del collegamento anche sostanziale sia stata esplicitata nel bando vale a fortiori, non essendo la previsione di questa clausola essenziale per una tale esclusione (si vedano, tra le molte, Cons. Stato, VI, 13 giugno 2005, n. 3089; V, 12 ottobre 2004, n. 6570; VI, 13 giugno 2005, n. 3089; IV, 19 ottobre 2006, n. 6212; VI, 30 ottobre 2006, n. 6449).

5.4.Indubbiamnete, in relazione alla specifica disciplina di gara che normalmente in passato non prevedeva l’esclusione per le imprese collegate ma solo di quelle controllate, sono venute per lo più all’esame della giurisprudenza situazioni di collegamento sostanziale tra imprese e dei relativi indici di riconoscibilità, che hanno oscurato la rilevanza del collegamento presunto di cui al vigente art. 2359 comma 3, c.c. secondo cui “ sono considerate società collegate le società sulle quali un’altra società esercita un’influenza notevole. L’influenza si presume quando nell’assemblea ordinaria può essere esercitato almeno un quinto dei voti ovvero un decimo se la società ha azioni quotate in mercati regolamentati” (la cui formulazione attuale risale all’art. 1 D. L.vo 9 aprile 1991 n. 127).

Peraltro, in linea generale si deve osservare che una volta riconosciuto come causa di distorsione della concorrenza e della parità di trattamento il collegamento sostanziale tra imprese non può che attribuirsi rilevanza anche al collegamento presunto tra imprese ex art. 2359, 3° comma, c.c., trattandosi dell’esigenza di tutelare i medesimi interessi pubblici .>

Ma non solo

< D’altra parte, questo Consiglio già prima del D. L.vo n. 163/2006 aveva lucidamente segnalato la differenza tra il collegamento presunto di imprese ed il collegamento sostanziale in un caso in cui la lex specialis rinviava alle nozioni di controllo e collegamento ai sensi dell’articolo 2359 c.c., precisando che “Il terzo comma di detta ultima disposizione, a sua volta, fissa una presunzione di collegamento legata alla presenza di partecipazioni che attribuiscano un diritto di voto nell’assemblea ordinaria per almeno un quinto o un decimo in caso di società quotate, stabilendo poi una nozione elastica, da sostanziare nel caso concreto, di influenza notevole tra le società in questione. E’ poi chiaro che detta ultima nozione, in omaggio alle coordinate comunitarie, fa riferimento ad una situazione di potere effettivo di condizionamento non necessariamente legato a dati formali quale l’entità della partecipazione azionaria.”

Inoltre, ha recentemente affermato il principio secondo cui “un’interpretazione utile della ratio posta a fondamento del divieto di partecipazione alla gara di imprese avvinte da un collegamento sostanziale impone l’applicazione del principio non solo al caso in cui partecipino alle gare società controllanti e controllate ma anche laddove la situazione di controllo delle società partecipanti alle gare sia rilevante rispetto ad un terzo non partecipante ma in grado tuttavia, come detentore di pacchetti di maggioranza delle diverse partecipanti, di esercitare l’influenza dominante descritta dall’art. 2359 c.c.” (Sez. VI, n. 2950 del 4 giugno 2007).>

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In tema di collegamento sostanziale e formale tra partecipanti alla stessa procedura ad evidenza pubblica: nel caso in cui si è in presenza di una posizione dominante concretizzantesi esclusivamente nel possesso delle quote finanziarie di alcune società che partecipano alla stessa gara pubblica, siffatta posizione da luogo a quell’intreccio societario che il legislatore vieta, con l’art. 34 del decreto legislativo n. 163 del 2006, nell’ambito delle selezioni pubbliche.?

Attualmente l’art. 34, comma 2, del decreto legislativo 12 aprile 2006 n. 163, così recita: “Non possono partecipare alla medesima gara concorrenti che si trovino fra di loro in una delle situazioni di controllo di cui all’articolo 2359 del codice civile. Le stazioni appaltanti escludono altresì dalla gara i concorrenti per i quali accertano che le relative offerte sono imputabili ad un unico centro decisionale, sulla base di univoci elementi”._Può quindi affermarsi, in via generale, che la vicenda conosciuta come collegamento tra imprese e rilevante nel settore dell’affidamento delle commesse pubbliche, manifesta le seguenti caratteristiche:a)esso, sulla base dei concetti desumibili dal comma 3 dell’art. 2359 c.c., è quel rapporto tra Società in virtù del quale l’una esercita sull’altra un’influenza notevole;b) tale influenza si presume nel caso in cui nell’assemblea ordinaria può essere esercitato almeno un quinto dei voti, o un decimo se la Società è quotata in borsa (si parla così di collegamento “formale”), mentre va verificata in concreto nelle altre ipotesi, non tipizzate né tipizzabili (che appunto per questo fanno parlare di collegamento ”sostanziale”);c)deriva dalla suesposta sintetica definizione, esportata dal diritto civile, la considerazione secondo la quale il collegamento è un fenomeno di natura preminentemente economico-funzionale che coinvolge due o più imprese, finalizzato (appunto, tramite l’influenza notevole) all’utilizzo del potenziale di ciascuna di esse in una logica di gruppo, con la conseguenza che la fotografia esteriore del fenomeno non determina la nascita di un autonomo centro di interessi, poiché le Società collegate mantengono la propria personalità giuridica e la propria autonomia_ gli intrecci parentali e di partecipazioni azionarie costituiscono meri indizi di un possibile collegamento sostanziale, che necessariamente, al fine di ritenere operativa la disposizione di cui all’art. 10, comma 1-bis, della legge n. 109 del 1994, deve essere confermato da riscontri concreti e comunque idonei a fornire la prova che le offerte provengano da un unico centro di interessi_ e) il Codice dei contratti pubblici ha inteso, pertanto, estendere a tutti gli eventuali soggetti affidatari di appalti pubblici, a prescindere dalla forma che in concreto essi rivestano (soggetti individuali o collettivi), la disciplina, espressamente dettata per le società, di cui all’art. 2359 c.c.. Infatti, il citato art. 34, comma 2, si riferisce non alle sole società, ma a tutti i concorrenti intesi quali potenziali partecipanti, seppure richiamando l’art. 2359 c.c. ai fini della sola individuazione del controllo: l’anzidetta disposizione del decreto legislativo n. 163 del 2006 impone l’automatica esclusione dei concorrenti per lo stesso affidamento in caso di situazioni di controllo. La situazione di controllo di cui all’art. 2359 c.c. realizza, infatti, una presunzione juris et de jure di conoscibilità dell’offerta della controllata da parte della controllante, che non può essere confutata neppure fornendo la prova che la controllata ha formulato la propria offerta in totale autonomia. L’esistenza di situazioni di influenza dominante tra più imprese comporta un turbamento nello svolgimento della gara, che può incidere sulle offerte dei concorrenti, sulla loro media e sulla conseguente soglia di anomalia. A siffatto tipo di alterazione viene riconosciuta, dal legislatore, una rilevanza assoluta e di principio ai fini dell’esclusione dalle gare d’appalto, non legata all’onere di dimostrarne la specifica influenza negativa sull’esito della procedura concorsuale._ se è vero che l’accertamento del collegamento tra società, in relazione alla presunzione di cui all’art. 2359 comma 3 c.c., che considera collegate le società sulle quali un’altra società esercita un’influenza notevole, va condotto alla stregua di elementi oggettivi e concordanti, utili a dimostrare che le ditte siano riconducibili ad un unico centro decisionale, in una situazione di intreccio delle partecipazioni finanziarie e degli organi amministrativi e societari che faccia ritenere plausibile una reciproca conoscenza o condizionamento delle rispettive offerte e quindi una lesione della par condicio e della segretezza delle offerte medesime, nel caso in cui – come è quello in esame – un soggetto risulti titolare delle quote sociali di una o più società tutte concorrenti nella medesima gara, solo allorquando la società dominante abbia la possibilità di determinare la gestione ordinaria e straordinaria delle imprese partecipate e di nominare gli amministratori e quindi anche di condizionare la quantificazione dei rispettivi ribassi percentuali in vista della partecipazione alla gara, si produrrebbe l’effetto illegittimo della violazione della par condicio dei concorrenti nelle gare pubbliche

Nel caso di specie, dalla documentazione prodotta dalle parti, non si apprezza la sussistenza dei più volte richiamati gravi e concordanti indici rivelatori del collegamento, in quanto:

Merita di essere segnalata la sentenza numero 3418 del 23 aprile 2008 emessa dal Tar Lazio, Roma

<sotto altro versante prospettico, il fenomeno del collegamento non è di per sé illecito, atteso che le norme civilistiche che se ne occupano lo fanno in funzione della tutela del diritto all’informazione degli azionisti e dei terzi, a garanzia del quale è prevista un’articolata serie di prescrizioni, da osservare nella formazione del bilancio di esercizio;

d’altronde, la stessa normativa civilistica consente di tratteggiare una differenza essenziale tra i due fenomeni nei quali può riconoscersi l’intreccio, vale a dire il “controllo” ed il “collegamento”. Tale differenza si compendia nella decrescente gradazione di intensità della relazione tra i soggetti appartenenti al gruppo: mentre nel controllo l’influenza tra le imprese è “dominante” – e dunque lascia presumere il totale condizionamento della volontà dell’una sull’altra – nel collegamento l’influenza è soltanto “notevole” e quindi richiede di volta in volta un’indagine per verificare se questo condizionamento in concreto vi sia, laddove esso sia finalizzato a ledere o mettere in pericolo un bene protetto.>

ma non solo

La giurisprudenza sul punto ha chiarito che:

E per quanto riguarda il parere del giudice civile?

Anche il giudice civile si è occupato di tale profilo dell’istituto del collegamento negoziale, puntando l’accento sulla fattispecie in cui emerge uno stretto legame economico tra imprese partecipate, affermando che (cfr., da ultimo, Cass., Sez. III, 17 luglio 2007 n. 15879):

per la particolare fattispecie sottoposta ai giudici romani quindi:

<Sicuramente una situazione egemonica di una Società (nel caso la ZETA Italy Holding S.r.l.), presente totalitariamente (100%) nella composizione societaria di tre Società partecipanti alla stessa gara (vale a dire socio unico della BETA & BETA S.r.l., della Leo DELTA S.r.l. e della GAMMA S.p.a.) indurrebbe a ritenere plausibile un collegamento negoziale. Tuttavia tale elemento – la presenza totalitaria sotto il profilo finanziario – non esaurisce il profilo degli indici rivelatori del collegamento, dovendo esso invece accompagnarsi (per raggiungere quella consapevolezza, anche in via di fatto, oltre che quel rilievo in via di diritto) ad altri gravi e concordanti elementi relativi, ad esempio, alle concrete modalità di presentazione delle offerte da parte delle predette imprese, semmai spedite nello stesso giorno dallo stesso ufficio postale (presentando un numero progressivo di raccomandata), ovvero accompagnate da polizze fidejussorie stipulate presso lo stesso Ente, anche queste rilasciate dalla stessa società di assicurazione e contrassegnate da un numero progressivo), ecc., elementi tutti che farebbero ritenere che le offerte provengano da un unico centro di interessi>

Ma vi è di più

A cura di Sonia LAzzini

REPUBBLICA ITALIANA N. 4850/08 REG.DEC.

IN NOME DEL POPOLO ITALIANON. 8629 REG:RIC.

Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale, Quinta SezioneANNO 2006

ha pronunciato la seguente

decisione

sul ricorso n. 8629/2006 R.G. proposto da ALFA dei Fratelli D.P. s.n.c., in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentata e difesa dagli Avv.ti Alessandra Renzi e Massimo Frontoni, ed elettivamente domiciliata in Roma presso lo studio del secondo, in Roma, Via Dardanelli n. 13;

CONTRO

il Comune di Roma, in persona del Sindaco pro tempore, rappresentato e difeso dall’Avv. Antonio Graziosi, ed elettivamente domiciliato in Roma, Via Tempio di Giove n. 21;

e nei confronti di

– BETA S.r.l., in persona del legale rappresentante pro tempore, non costituitasi in giudizio;

– Autorità di Vigilanza per i lavori pubblici, in persona del legale rappresentante pro tempore, non costituitasi in giudizio;

PER LA RIFORMA

della sentenza resa dal T.A.R. per il Lazio, sez. II, n. 5552/2006, pubblicata in data 7 luglio 2006.

Visto il ricorso in appello con i relativi allegati;

Visto l’atto di costituzione in giudizio del Comune di Roma;

Viste le memorie prodotte dalle parti a sostegno delle rispettive difese;

Visti gli atti tutti della causa;

Visto l’art. 23 bis comma VI della legge 6 dicembre 1971, n.1034, introdotto dalla legge 21 luglio 2000, n. 205;

Nominato relatore il Consigliere Michele Corradino;

Uditi alla pubblica udienza del 12 febbraio 2008 gli avvocati Izzo per delega di Frontoni e di Renzi, e Graziosi; come da verbale d’udienza;

Ritenuto in fatto e considerato in diritto quanto segue:

F A T T O

Con sentenza n. 5552 del 7 luglio 2006, il Tribunale Amministrativo Regionale del Lazio, sez. II, rigettava il ricorso della ALFA dei Fratelli D.P. s.n.c. mirante all’annullamento della nota prot. n. 18088 del 16 luglio 2004 con cui il Comune di Roma escludeva la ricorrente dalla gara per l’affidamento dei lavori di manutenzione straordinaria della scuola elementare sita in Via del Calice e degli interventi sui circoli didattici e sugli Istituti comprensivi ricadenti nel territorio del X Municipio di Roma, di ogni altro atto presupposto, connesso o consequenziale, nonché dei motivi aggiunti depositati l’11 febbraio 2005 ed il 17 giugno 2005.

L’appellante ALFA dei Fratelli D.P. s.n.c. contrasta le argomentazioni del giudice di primo grado.

Si è costituito, per resistere all’appello, il Comune di Roma.

Non si sono costituite la BETA S.r.l. e l’Autorità di Vigilanza sui lavori pubblici.

Con memorie depositate in vista dell’udienza le parti hanno insistito nelle proprie conclusioni.

Alla pubblica udienza del 12 febbraio 2008 la causa è stata chiamata e trattenuta per la decisione, come da verbale.

D I R I T T O

L’appello è infondato.

  1. Con il primo motivo di ricorso l’appellante sostiene l’erroneità della decisione di primo grado in quanto ha ritenuto legittima la propria esclusione dalla gara decretata dall’Amministrazione. In particolare, la ALFA evidenzia che il collegamento sostanziale fra la ricorrente ed altre imprese partecipanti alla stessa gara, riscontrato dal Comune di Roma e confermato dal T.A.R., sarebbe basato su motivazioni prive di qualunque fondamento, poiché desunto in via presuntiva e senza una verifica concreta sul piano sostanziale.

La doglianza non merita accoglimento.

Ai sensi dell’art. 10, comma 1 bis, della legge n. 109/94, poi confluito nell’art. 34 del decreto legislativo 163/2003 (Codice dei contratti), le imprese che si trovano in una delle situazioni di controllo di cui all’art. 2359 c.c. non possono partecipare alle procedure di affidamento dei lavori pubblici.

Il Collegio ritiene opportuno richiamare in proposito i principi affermati dalla giurisprudenza di questo Consiglio di Stato in ordine alla corretta interpretazione dell’art. 10, comma 1 bis, della legge n. 109/1994.

Nelle numerose decisioni in cui è stata affrontata la questione (cfr., tra le altre, Cons. Stato, sez. IV, 19 ottobre 2006, n. 6212), è stato posto in rilievo come la scelta da parte della Pubblica amministrazione del soggetto con cui concludere un contratto di appalto di lavori pubblici si realizzi attraverso una serie procedimentale interamente regolata da norme pubblicistiche, preordinate all’individuazione del miglior contraente possibile, sia dal punto di vista soggettivo, con riferimento ai requisiti soggettivi, alle capacità tecniche, organizzative e finanziarie, sia dal punto di vista oggettivo, con riferimento all’economicità dell’offerta formulata e quindi al buon uso del denaro pubblico.

Nel rispetto dei principi di legalità, buon andamento ed imparzialità dell’azione amministrativa, enunciati dall’art. 97 Cost., la predetta serie procedimentale si impernia sui postulati di trasparenza ed imparzialità che, a loro volta, si concretizzano nel principio di par condicio tra tutti i concorrenti, realizzata attraverso la previa predisposizione del bando di gara, e nel principio di concorsualità, segretezza, completezza, serietà, autenticità e compiutezza delle offerte formulate rispetto alle prescrizioni ed alle previsioni della lex specialis, nonché nella previa predisposizione, da parte dell’amministrazione appaltante, dei criteri di valutazione delle offerte (cfr, fra tutte, Cons. Stato, IV, n. 6367/2004).

Le finalità pubblicistiche cui sono preordinati tali principi, che possono sintetizzarsi nella esigenza di individuazione del “giusto” contraente, implicano che al loro rispetto non sia vincolata soltanto la pubblica amministrazione, bensì anche coloro che intendono partecipare alla gara: su questi ultimi incombe, infatti, l’obbligo di presentare offerte che, al di là del loro profilo tecnico – economico, devono avere le caratteristiche della compiutezza, della completezza, della serietà, della indipendenza e della segretezza, le quali soltanto assicurano quel gioco della libera concorrenza e del libero confronto attraverso cui giungere all’individuazione del miglior contraente possibile.

In tale prospettiva, la norma contenuta nell’articolo 10, comma 1 bis, della legge 11 febbraio 1994, n. 109, secondo cui “non possono partecipare alla medesima gara imprese che si trovino fra di loro in una delle situazioni di controllo previste dall’articolo 2359 del codice civile” si inquadra nell’ambito dei divieti normativi di ammissione alla gara di offerte provenienti da soggetti che, in quanto legati da una stretta comunanza di interessi caratterizzata da una certa stabilità, non sono ritenuti dal legislatore capaci di formulare offerte contraddistinte dalla necessaria indipendenza, serietà ed affidabilità.

E’ ormai pacifico che si tratti di una norma di ordine pubblico che trova applicazione indipendentemente da una specifica previsione in tal senso da parte dell’amministrazione appaltante: l’oggetto giuridico tutelato è quello del corretto e trasparente svolgimento delle gare per l’appalto dei lavori pubblici nelle quali il libero gioco della concorrenza e del libero confronto, finalizzati, come delineato, alla scelta del “giusto” contraente, risulterebbero irrimediabilmente alterati dalla eventuale presentazione di offerte che, pur provenendo formalmente da due o più imprese giuridicamente diverse, siano sostanzialmente riconducibili ad un medesimo centro di interessi, tale essendo quello che – secondo la previsione del legislatore – si realizza concretamente nelle ipotesi di controllo o collegamento societario indicato dall’articolo 2359 del codice civile (ved. sempre, Cons. Stato, IV, n. 6367/2004, cui adde, fra le tante, VI, n. 3089/2005). Con la suddetta disposizione il legislatore ha inteso assicurare all’amministrazione appaltante una specifica e preventiva tutela dell’interesse pubblico alla scelta del miglior contraente possibile, introducendo nella serie procedimentale la normativa sul collegamento e controllo societario elaborata ai fini civilistici e basata esclusivamente su di una presunzione assoluta (“…sono considerate…”, così recita testualmente la norma), iuris et de iure, non suscettibile di prova contraria.

La giurisprudenza ha poi precisato che ciò non esclude che possano esistere altre ipotesi di collegamento o controllo societario atte ad alterare una gara di appalto, con il limite della loro ragionevolezza e logicità rispetto alla tutela che si intende perseguire, e cioè la corretta individuazione del “giusto” contraente (v., fra tutte, Cons. Stato, IV, n. 6424/2001; n. 923/2002; V, n. 2317/2004; VI, n. 5464/2004).

Invero, proprio in considerazione della peculiarità della materia e degli interessi pubblici tutelati, sarebbe irragionevole e contraddittorio richiedere nel bando la tipizzazione del fatto del collegamento o del controllo societario diverso da quello di cui all’articolo 2359 del codice civile, dal momento che una tale previsione farebbe refluire il perseguimento dell’interesse pubblico alla scelta del “giusto” contraente nel mero controllo della regolarità formale del procedimento, esponendo quindi l’interesse protetto al pericolo di situazioni concrete di fenomeni di effettivo controllo o di altre situazioni societarie capaci di alterare la gara, non facilmente prevedibili o ipotizzabili.

In particolare, questo Consiglio (cfr. Sez. IV, n. 5196/2004), premessa l’equivalenza tra la nozione interna di imprese controllate e quella di fonte comunitaria di imprese collegate, ha ribadito che la ratio della legge in materia di lavori pubblici consiste nell’evitare il turbamento nello svolgimento della gara, derivante da situazioni di influenza dominante tra più imprese, che possano incidere sulle offerte delle concorrenti, sulla loro media, e sulla conseguente soglia di anomalia, con connessa violazione dei principi di segretezza dell’offerta, della par condicio e della trasparenza.

In altri termini, il rispetto dei fondamentali principi della par condicio e della segretezza delle offerte, posti a garanzia della regolarità della procedura concorsuale, nell’interesse sia della pubblica amministrazione che dei partecipanti, postula necessariamente che fra i concorrenti ad una gara non venga in rilievo una relazione idonea a consentire un flusso formativo delle offerte, e informativo in merito alla fissazione dell’offerta, ovvero agli elementi valutativi ad essa sottostanti; in presenza di significativi indizi sintomatici, il rischio di una intesa preventiva si traduce in una seria e ragionevole presunzione che le offerte dei diversi concorrenti siano riconducibili al medesimo centro decisionale.

Si è, quindi, ritenuto che, anche a prescindere dall’inserimento di una apposita clausola nel bando di gara, in presenza di indizi gravi, precisi e concordanti attestanti la provenienza delle offerte da un unico centro decisionale, è consentita l’esclusione delle imprese, benché non si trovino in situazione di controllo ex art. 2359 c.c., altrimenti sarebbe facile eludere la descritta norma imperativa posta a tutela della concorrenza e della regolarità delle procedure di gara.

Tale orientamento si è, poi, consolidato all’interno del Consiglio di Stato, che ha precisato che la stessa circostanza che il bando di gara faccia esplicito riferimento solo all’art. 2359 c.c. non può precludere all’Amministrazione di disporre l’esclusione di imprese che vengano reputate in una situazione di collegamento sostanziale, se gli elementi che connotano il caso concreto facciano ritenere violati i principi generali in materia di pubbliche gare posti a garanzia della correttezza delle procedure.

In tale evenienza, infatti, prevale l’esigenza di assicurare l’effettiva ed efficace tutela della regolarità della gara ed in particolare la par condicio fra tutti i concorrenti nonché la serietà, compiutezza, completezza ed indipendenza delle offerte, in modo da evitare che, attraverso meccanismi di influenza societari, pur non integranti collegamenti o controlli di cui all’art. 2359 c.c., possa essere alterata la competizione, mettendo in pericolo l’interesse pubblico alla scelta del “giusto” contraente.

L’esclusione dalla gara deriva invero dall’applicazione diretta dei già richiamati principi posti a tutela della libera concorrenza, della segretezza delle offerte e della par condicio dei concorrenti.

Di tali principi, che costituiscono, come ricordato, ius receptum nella giurisprudenza di questo Consiglio e che sono stati, d’altra parte, cristallizzati nella formulazione dell’art. 34 del d. lgs. 163/2003, deve farsi applicazione anche nel caso di specie, in cui il Comune di Roma si è indotto a presumere il collegamento sostanziale fra la ricorrente ed altre imprese partecipanti alla medesima gara sulla base di una serie di elementi correttamente valutati: le polizze fideiussorie sono rilasciate dalla medesima compagnia con numero progressivo, per un verso a favore della ricorrente e di ETA e per altro verso a favore di DELTA Group s.r.l., Costruzioni GAMMA s.r.l., e TETA s.r.l.; le dichiarazioni di conformità all’originale delle attestazioni SOA e del certificato ISO sono presentate in maniera identica su foglio uso bollo; tutte le dichiarazioni sono presentate con identica formulazione su fogli uso bollo e recano tutte quale ultima dichiarazione gli estremi dell’iscrizione nel registro delle imprese presso la C.I.A.A. di Roma non richiesta dagli atti di gara; gli elenchi dei documenti e le domande di partecipazione sono presentate con identica formulazione e tutte su carta uso bollo; le buste contenenti le offerte economiche hanno la medesima etichettatura.

Tali elementi fanno ritenere verosimile la provenienza da un medesimo centro decisionale delle offerte presentate, e plausibile una reciproca conoscenza o condizionamento di queste ultime, inficiando, così, la regolarità e la correttezza della gara, atteso che gli elementi di fatto accertati, considerati nel loro complesso e con riferimento alla specifica situazione concreta, rappresentano in realtà indizi gravi, precisi e concordanti (cfr. Cons. Stato, sez. IV, 17 settembre 2007, n. 4839), in presenza dei quali, secondo l’id quod plerumque accidit, è ragionevole presumere che si sia potuta verificare l’alterazione della par condicio dei concorrenti.

Né la presenza degli elementi che fanno presumere un collegamento sostanziale tra le società sopraindicate può essere giustificata dalla ricorrente in quanto tutte le ditte coinvolte si sono rivolte alla medesima società di servizi per la cura degli adempimenti amministrativi necessari per la partecipazione alla gara. Tale circostanza non fa diminuire i fondati rischi di turbamento della regolarità delle operazioni di gara, ma anzi accresce il convincimento in ordine alla possibilità che l’esito della gara possa essere stato influenzato e possano essere stati violati i principi della segretezza delle offerte e della par condicio tra i concorrenti.

3. Con il secondo motivo di ricorso l’appellante lamenta il vizio di motivazione della sentenza impugnata sostenendo che il giudice di primo grado avrebbe errato nel ritenere sussistente una identità di confezionamento delle buste contenenti le offerte economiche, che risultano invece spedite con date e modalità diverse.

La censura è priva di pregio.

Il giudice di primo grado, infatti, ha correttamente valutato che tra gli elementi indizianti, già indicati, che nella loro valenza complessiva fanno ragionevolmente presumere che le offerte potessero essere previamente conosciute dalle partecipanti rientra anche la circostanza che le relative buste presentano il medesimo confezionamento.

Detta circostanza rileva ben oltre il dato puramente esteriore, che si manifesta in una identità delle etichettature e delle diciture, in particolare con riferimento alla serie degli atti che occorre compiere per confezionare le buste, quindi all’assemblaggio del materiale necessario alla presentazione dell’offerta economica, che fa presumere la provenienza delle offerte da un unico centro volitivo in grado potenzialmente di turbare l’equilibrio e l’imparzialità della gara.

L’infondatezza dei motivi di ricorso determina, altresì, il rigetto della censura relativa alla condanna al pagamento, da parte dell’appellante, delle spese processuali, sulla base della regola della soccombenza, e l’inconfigurabilità della richiesta di risarcimento.

4. Alla luce delle suesposte considerazioni, il ricorso in appello va rigettato.

5. Sussistono, comunque, giusti motivi, in considerazione della complessità delle questioni trattate, per compensare tra le parti le spese del secondo grado di giudizio.

P.Q.M.

Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale, Sezione Quinta, rigetta l’appello.

Spese compensate.

Ordina che la presente decisione sia eseguita dall’autorità amministrativa.

Così deciso in Roma, palazzo Spada, sede del Consiglio di Stato, nella camera di consiglio del 12 febbraio 2008 con l’intervento dei sigg.ri

Sergio Santoro Presidente,

Cesare Lamberti Consigliere,

Claudio Marchitiello Consigliere,

Michele Corradino Consigliere estensore,

Giancarlo Giambartolomei Consigliere.

L’ESTENSORE IL PRESIDENTE

F.to Michele Corradino F.to Sergio Santoro

IL SEGRETARIO

F.to Agatina Maria Vilardo

DEPOSITATA IN SEGRETERIA

Il 7-10-2008

(Art. 55. L. 27/4/1982, n. 186)

IL DIRIGENTE

F.to Antonio Natale

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Andrea Maso