Legittima revoca di un’aggiudicazione con escussione della relativa cauzione provvisoria: le valutazioni in ordine alla gravità delle condanne riportate dai concorrenti ed alla loro incidenza sulla moralità professionale spettano alla stazione appaltante e non al concorrente medesimo, il quale è pertanto tenuto a indicare tutte le condanne riportate, non potendo operare a monte alcun « filtro », omettendo la dichiarazione di alcune di esse sulla base di una selezione compiuta secondo criteri personali (Cons. Stato, IV, n. 740/2009).

l’estinzione del reato già oggetto di sentenza di patteggiamento in conseguenza del verificarsi delle condizioni previste dall’art. 445 c.p.p., comma 2 (e cioè la mancata commissione nel termine previsto – cinque anni, quando la sentenza concerne un delitto, ovvero due anni, quando la sentenza concerne una contravvenzione – di un delitto ovvero di una contravvenzione della stessa indole) non opera “ipso iure”, ma richiede una formale pronuncia da parte del giudice dell’esecuzione (Cassazione penale , sez. IV, 27 febbraio 2002 , n. 11560; Cons. Stato, VI, n. 3663/2007).

La Cassazione ha precisato che solo la vecchia ipotesi ex art. 4 lett. d), l. n. 516 del 1982 di utilizzazione di fatture per operazioni inesistenti, non è più prevista dalla legge come reato, mentre per il reato ex art. 4 lett. f) l. n. 516 del 1982 può ravvisarsi, stante l’omologa strutturazione e la sovrapposizione delle due previsioni punitive una continuità normativa d’illecito con la nuova ipotesi dell’art. 2 comma 1 d.lg. n. 74 del 2000 (Cass. Pen., sez. un., n. 27/2000; è bene ricordare che la lettera f) della menzionata norma corrisponde al n. 7) della stessa disposizione, più volte modificata).

In sostanza, in tema di reati tributari, sussiste continuità normativa tra il reato prima previsto dall’art. 4 d.l. 10 luglio 1982, n. 429 (conv., con mod., in l. 7 agosto 1982, n. 516) e la nuova fattispecie penale prevista dall’art. 2 d.lg. 10 marzo 2000, n. 74, limitatamente ai fatti previsti dall’abrogato art. 4, lett. f) l. n. 516 del 1982, ovvero soltanto in ipotesi di utilizzazione dei relativi costi fittizi nella dichiarazione annuale, mentre non sono più punibili i fatti prodromici previsti dall’abrogato art. 4, lett. d) della citata legge, ovvero l’inserimento di fatture false in contabilità (Cass. Pen., III, n. 1996/2007).

Il principio della par condicio impone di valutare le offerte come presentate e sarebbe troppo semplice aggirare l’accertamento delle cause di esclusione attraverso il recesso dal raggruppamento di alcune imprese.

Tale considerazione è coerente con quanto affermato nella decisione n. 2964/09, con cui l’aspetto era stato esaminato limitatamente all’ammissibilità del recesso, ma non certo con riguardo agli effetti del recesso su cause di esclusione già verificatesi nel corso della gara.

1. Con la sentenza n. 720/2008 il Tar Lombardia, Brescia, I Sezione, ha respinto il ricorso presentato dalle Società Controinteressata Costruzioni e Controinteressata due Costruzioni, rispettivamente, capogruppo mandataria e mandante del RTI dalle stesse formato, con il quale esse avevano chiesto l’annullamento sia della revoca del provvedimento di aggiudicazione provvisoria della gara di appalto per la realizzazione di un impianto natatorio, sia della nota del 7 aprile 2008 contenente la comunicazione di esclusione dalla procedura.

Il Tar ha in particolare ritenuto:

– che a fondamento della revoca, e della contestuale esclusione dell’A.T.I. dalla gara, vi è il difetto del requisito della moralità professionale in capo al legale rappresentante della mandante, certo Giovanni Controinteressata due. Risulta infatti pacificamente che questi, destinatario di una sentenza di applicazione pena per un delitto concernente le imposte sul reddito, non aveva, all’epoca dell’esclusione, ottenuto alcun provvedimento di estinzione della pena ai sensi dell’art. 676 c.p.p.;

– che il disposto dell’art. 38 lettera c) del d. lgs. 163/2006 preclude la partecipazione alle pubbliche gare, fra l’altro, alle imprese i cui legali rappresentanti abbiano a carico sentenza di applicazione pena “per reati gravi in danno dello Stato o della Comunità che incidono sulla moralità professionale”;

– che la successiva lettera g) dello stesso articolo considera altresì di per sé preclusiva l’esistenza a carico dei medesimi soggetti di “violazioni definitivamente accertate” rispetto agli obblighi fiscali.

Con la decisione n. 2964/2009 questa Sezione del Consiglio di Stato ha accolto il ricorso in appello proposto dalla Controinteressata Costruzioni s.p.a, in proprio e quale mandataria del RTI con la Controinteressata due Costruzioni Srl, e dalla Srl Controinteressata due Costruzioni e, in riforma della sentenza del Tar, ha accolto il ricorso di primo grado.

Avverso tale decisione viene ora proposto ricorso per revocazione dal Gruppo Ricorrente Costruzioni Srl, che si era aggiudicato l’appalto dopo l’esclusione del RTI Controinteressata.

La Controinteressata Costruzioni s.p.a, in proprio e quale mandataria del RTI con la Controinteressata due Costruzioni Srl, e la Srl Controinteressata due Costruzioni si sono costituite in giudizio eccependo l’inammissibilità del ricorso e chiedendone comunque la reiezione.

All’odierna udienza la causa è stata trattenuta in decisione.

Qual è il parere dell’adito giudice di appello in merito alla revocazione di una predente decisione emessa dal Consiglio di Stato?

L’oggetto della presente controversia è costituito dalla richiesta di revocazione della menzionata decisione del Consiglio di Stato, che sarebbe stata pronunciata in base ad un errore di fatto ex art. 395, n. 4, c.p.c..

In primo luogo, si rileva che il ricorso è ammissibile, in quanto è del tutto privo di rilievo il fatto che il contratto in questione sia stato stipulato dalla sola Controinteressata a seguito del recesso dall’ATI da parte della Controinteressata due Costruzioni.

Infatti, l’accertamento di una causa di esclusione in capo alla Controinteressata due avrebbe comunque determinato l’esclusione del raggruppamento, ponendosi tale accertamento in una fase anteriore a quella del successivo recesso dall’ATI.

Il ricorso per revocazione deve essere accolto.

La decisione del Consiglio di Stato è stata, infatti, pronunciata sulla base di un errore di fatto risultante dagli atti e documenti della causa.

La decisione del Consiglio di Stato è stata, infatti, pronunciata sulla base di un errore di fatto risultante dagli atti e documenti della causa.

Il collegio giudicante ha erroneamente ritenuto che la condanna ex art. 444 c.p.p. riportata dall’amministratore della Controinteressata due riguardasse solo il reato di evasione dalle imposte sui redditi ex art. 4, comma 1, n. 5 della l. n. 516/82, mentre in realtà l’imputazione patteggiata da Giovanni Controinteressata due aveva ad oggetto due fatti di reato, inclusa la fattispecie di cui all’ art. 4, comma 1, n. 7 della l. n. 516/82.

Le odierne parti resistenti cercano in ogni modo di dimostrare l’assenza dell’errore, richiamando un passaggio della sentenza in cui si richiama che “a carico di Controinteressata due, una sentenza emessa ai sensi 444 c.p.p., per il reato di evasione dalle imposte sui redditi”, senza però riportare il seguito della frase in cui si specifica il reato “ex art. 4, comma 1, n. 5 della l. n. 516/82”, idoneo a chiarire senza ombra di dubbio quale fosse la fattispecie di reato presa in esame

E, quindi , evidente che il collegio giudicante ha ritenuto che l’accertamento penale fosse relativo solo al reato di cui al n. 5 della citata disposizione, mentre dagli atti della causa emergeva che l’applicazione della pena su richiesta era avvenuta anche per il concorrente reato di cui al n. 7 della stessa disposizione.

L’errore è risultato determinante ai fini del decidere.

Infatti, il collegio giudicante ha rilevato che “il reato di cui trattasi è stato abrogato dall’art. 25 del D.lgs. 10 marzo 2000, n. 74 e che il D.lgs. 30 dicembre 1999, n. 507 ha abolito il principio di ultrattività delle norme penali finanziarie” e da ciò ha tratto la conseguenza che la condanna per un reato ormai privo di disvalore penale non potesse avere alcun effetto non solo in ambito penalistico, ma anche per gli altri rami dell’ordinamento. Da qui l’impossibilità di fondare il provvedimento di esclusione sulla menzionata condanna “sia con riferimento al disposto normativo di cui all’art. 38 lettera c), sia con riferimento a quanto disposto dalla successiva lettera g)”.

Sennonché l’assenza di disvalore penale riguarda solo il reato di cui all’art. 4, comma 1, n. 5 della l. n. 516/82, e non anche quello di cui al n. 7.

L’imputazione patteggiata dal signor Controinteressata due riguardava proprio non solo l’aver utilizzato in contabilità fatture relative ad operazioni inesistenti, ma anche l’aver utilizzato le fatture al fine di evadere le imposte sui redditi e sul valore aggiunto ed ottenere indebiti rimborsi.

Il collegio giudicante non ha percepito tale secondo profilo e – come emerge chiaramente dai passaggi della motivazione della decisione sopra riportati – ha erroneamente ritenuto sussistente solo il reato meno grave, poi abrogato senza continuità normativa con nuove fattispecie di reato.

Passando al giudizio rescissorio, si osserva che l’esclusione del raggruppamento Controinteressata è stata disposta dalla stazione appaltante sia con riferimento al disposto normativo di cui all’art. 38 lettera c), sia con riferimento a quanto disposto dalla successiva lettera g), come emerge dalla lettura del verbale di aggiudicazione del 7 aprile 2008 e come del resto accertato anche con la sentenza di cui si chiede la revocazione.

Inoltre, la stazione appaltante ha rilevato che la dichiarazione resa da Giovanni Controinteressata due era omissiva nell’affermare l’insussistenza di condizioni ostative, poi risultate esistenti.

Accertato che il reato oggetto dell’applicazione della pena su richiesta delle parti non era stato abrogato, la commissione del fatto, da ritenersi definitivamente accertata anche a seguito di sentenza ex art. 444 c.p.p., integra la causa di esclusione di cui alla lett. g) dell’art. 38 del D. Lgs. n. 163/2006, riferita ai soggetti “che hanno commesso violazioni, definitivamente accertate, rispetto agli obblighi relativi al pagamento delle imposte e tasse, secondo la legislazione italiana o quella dello Stato in cui sono stabiliti”.

A prescindere dalla questione della necessità di una autonoma valutazione del reato ai sensi della lett. c) dello stesso art. 38 e da quella inerente l’operatività, o meno, di diritto dell’estinzione del reato per il decorso del tempo, la commissione del fatto costituiva, quindi, autonomo motivo per procedere all’esclusione del raggruppamento, come correttamente effettuato dalla azione appaltante.

A cura di Sonia LAzzini

Riportiamo qui di seguito la decisione numero 7740 del 10 dicembre 2009, emessa dal Consiglio di Stato

N. 07740/2009 REG.DEC.

N. 05577/2009 REG.RIC.

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

Il Consiglio di Stato

in sede giurisdizionale (Sezione Sesta)

ha pronunciato la presente

DECISIONE

Sul ricorso numero di registro generale 5577 del 2009, proposto da:
Gruppo Ricorrente Costruzioni Srl, rappresentato e difeso dagli avv. Francesco D’Onofrio, Filippo Lattanzi, con domicilio eletto presso Filippo Lattanzi in Roma, via G.P. Da Palestrina,47;

contro

Controinteressata Costruzioni Spa in Pr. e Q. Mandataria Rti, Rti – Controinteressata due Costruzioni Srl anche in proprio, rappresentati e difesi dall’avv. Maria Claudia Ioannucci, con domicilio eletto presso Maria Claudia Ioannucci in Roma, via Maria Adelaide N.12;
Brescia Mobilità Spa;

per la revocazione

della sentenza del CONSIGLIO DI STATO – SEZ. VI n. 02964/2009, resa tra le parti, concernente APPALTO PER REALIZZAZIONE IMPIANTO NATATORIO.

Visto il ricorso con i relativi allegati;

Visto l’atto di costituzione in giudizio di Controinteressata Costruzioni Spa in Pr. e Q. Mandataria Rti;

Visto l’atto di costituzione in giudizio di Rti – Controinteressata due Costruzioni Srl Anche in Proprio;

Viste le memorie difensive;

Visti tutti gli atti della causa;

Relatore nell’udienza pubblica del giorno 10 novembre 2009 il Cons. Roberto Chieppa e uditi per le parti gli avvocati Onofri, Lattanzi e Ioannucci.;

Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue:

FATTO e DIRITTO

1. Con la sentenza n. 720/2008 il Tar Lombardia, Brescia, I Sezione, ha respinto il ricorso presentato dalle Società Controinteressata Costruzioni e Controinteressata due Costruzioni, rispettivamente, capogruppo mandataria e mandante del RTI dalle stesse formato, con il quale esse avevano chiesto l’annullamento sia della revoca del provvedimento di aggiudicazione provvisoria della gara di appalto per la realizzazione di un impianto natatorio, sia della nota del 7 aprile 2008 contenente la comunicazione di esclusione dalla procedura.

Il Tar ha in particolare ritenuto:

– che a fondamento della revoca, e della contestuale esclusione dell’A.T.I. dalla gara, vi è il difetto del requisito della moralità professionale in capo al legale rappresentante della mandante, certo Giovanni Controinteressata due. Risulta infatti pacificamente che questi, destinatario di una sentenza di applicazione pena per un delitto concernente le imposte sul reddito, non aveva, all’epoca dell’esclusione, ottenuto alcun provvedimento di estinzione della pena ai sensi dell’art. 676 c.p.p.;

– che il disposto dell’art. 38 lettera c) del d. lgs. 163/2006 preclude la partecipazione alle pubbliche gare, fra l’altro, alle imprese i cui legali rappresentanti abbiano a carico sentenza di applicazione pena “per reati gravi in danno dello Stato o della Comunità che incidono sulla moralità professionale”;

– che la successiva lettera g) dello stesso articolo considera altresì di per sé preclusiva l’esistenza a carico dei medesimi soggetti di “violazioni definitivamente accertate” rispetto agli obblighi fiscali.

Con la decisione n. 2964/2009 questa Sezione del Consiglio di Stato ha accolto il ricorso in appello proposto dalla Controinteressata Costruzioni s.p.a, in proprio e quale mandataria del RTI con la Controinteressata due Costruzioni Srl, e dalla Srl Controinteressata due Costruzioni e, in riforma della sentenza del Tar, ha accolto il ricorso di primo grado.

Avverso tale decisione viene ora proposto ricorso per revocazione dal Gruppo Ricorrente Costruzioni Srl, che si era aggiudicato l’appalto dopo l’esclusione del RTI Controinteressata.

La Controinteressata Costruzioni s.p.a, in proprio e quale mandataria del RTI con la Controinteressata due Costruzioni Srl, e la Srl Controinteressata due Costruzioni si sono costituite in giudizio eccependo l’inammissibilità del ricorso e chiedendone comunque la reiezione.

All’odierna udienza la causa è stata trattenuta in decisione.

2. L’oggetto della presente controversia è costituito dalla richiesta di revocazione della menzionata decisione del Consiglio di Stato, che sarebbe stata pronunciata in base ad un errore di fatto ex art. 395, n. 4, c.p.c..

In primo luogo, si rileva che il ricorso è ammissibile, in quanto è del tutto privo di rilievo il fatto che il contratto in questione sia stato stipulato dalla sola Controinteressata a seguito del recesso dall’ATI da parte della Controinteressata due Costruzioni.

Infatti, l’accertamento di una causa di esclusione in capo alla Controinteressata due avrebbe comunque determinato l’esclusione del raggruppamento, ponendosi tale accertamento in una fase anteriore a quella del successivo recesso dall’ATI.

Il principio della par condicio impone di valutare le offerte come presentate e sarebbe troppo semplice aggirare l’accertamento delle cause di esclusione attraverso il recesso dal raggruppamento di alcune imprese.

Tale considerazione è coerente con quanto affermato nella decisione n. 2964/09, con cui l’aspetto era stato esaminato limitatamente all’ammissibilità del recesso, ma non certo con riguardo agli effetti del recesso su cause di esclusione già verificatesi nel corso della gara.

3. Il ricorso per revocazione deve essere accolto.

La decisione del Consiglio di Stato è stata, infatti, pronunciata sulla base di un errore di fatto risultante dagli atti e documenti della causa.

Il collegio giudicante ha erroneamente ritenuto che la condanna ex art. 444 c.p.p. riportata dall’amministratore della Controinteressata due riguardasse solo il reato di evasione dalle imposte sui redditi ex art. 4, comma 1, n. 5 della l. n. 516/82, mentre in realtà l’imputazione patteggiata da Giovanni Controinteressata due aveva ad oggetto due fatti di reato, inclusa la fattispecie di cui all’ art. 4, comma 1, n. 7 della l. n. 516/82.

Le odierne parti resistenti cercano in ogni modo di dimostrare l’assenza dell’errore, richiamando un passaggio della sentenza in cui si richiama che “a carico di Controinteressata due, una sentenza emessa ai sensi 444 c.p.p., per il reato di evasione dalle imposte sui redditi”, senza però riportare il seguito della frase in cui si specifica il reato “ex art. 4, comma 1, n. 5 della l. n. 516/82”, idoneo a chiarire senza ombra di dubbio quale fosse la fattispecie di reato presa in esame.

E, quindi , evidente che il collegio giudicante ha ritenuto che l’accertamento penale fosse relativo solo al reato di cui al n. 5 della citata disposizione, mentre dagli atti della causa emergeva che l’applicazione della pena su richiesta era avvenuta anche per il concorrente reato di cui al n. 7 della stessa disposizione.

L’errore è risultato determinante ai fini del decidere.

Infatti, il collegio giudicante ha rilevato che “il reato di cui trattasi è stato abrogato dall’art. 25 del D.lgs. 10 marzo 2000, n. 74 e che il D.lgs. 30 dicembre 1999, n. 507 ha abolito il principio di ultrattività delle norme penali finanziarie” e da ciò ha tratto la conseguenza che la condanna per un reato ormai privo di disvalore penale non potesse avere alcun effetto non solo in ambito penalistico, ma anche per gli altri rami dell’ordinamento. Da qui l’impossibilità di fondare il provvedimento di esclusione sulla menzionata condanna “sia con riferimento al disposto normativo di cui all’art. 38 lettera c), sia con riferimento a quanto disposto dalla successiva lettera g)”.

Sennonché l’assenza di disvalore penale riguarda solo il reato di cui all’art. 4, comma 1, n. 5 della l. n. 516/82, e non anche quello di cui al n. 7.

Al riguardo, la Cassazione ha precisato che solo la vecchia ipotesi ex art. 4 lett. d), l. n. 516 del 1982 di utilizzazione di fatture per operazioni inesistenti, non è più prevista dalla legge come reato, mentre per il reato ex art. 4 lett. f) l. n. 516 del 1982 può ravvisarsi, stante l’omologa strutturazione e la sovrapposizione delle due previsioni punitive una continuità normativa d’illecito con la nuova ipotesi dell’art. 2 comma 1 d.lg. n. 74 del 2000 (Cass. Pen., sez. un., n. 27/2000; è bene ricordare che la lettera f) della menzionata norma corrisponde al n. 7) della stessa disposizione, più volte modificata).

In sostanza, in tema di reati tributari, sussiste continuità normativa tra il reato prima previsto dall’art. 4 d.l. 10 luglio 1982, n. 429 (conv., con mod., in l. 7 agosto 1982, n. 516) e la nuova fattispecie penale prevista dall’art. 2 d.lg. 10 marzo 2000, n. 74, limitatamente ai fatti previsti dall’abrogato art. 4, lett. f) l. n. 516 del 1982, ovvero soltanto in ipotesi di utilizzazione dei relativi costi fittizi nella dichiarazione annuale, mentre non sono più punibili i fatti prodromici previsti dall’abrogato art. 4, lett. d) della citata legge, ovvero l’inserimento di fatture false in contabilità (Cass. Pen., III, n. 1996/2007).

L’imputazione patteggiata dal signor Controinteressata due riguardava proprio non solo l’aver utilizzato in contabilità fatture relative ad operazioni inesistenti, ma anche l’aver utilizzato le fatture al fine di evadere le imposte sui redditi e sul valore aggiunto ed ottenere indebiti rimborsi.

Il collegio giudicante non ha percepito tale secondo profilo e – come emerge chiaramente dai passaggi della motivazione della decisione sopra riportati – ha erroneamente ritenuto sussistente solo il reato meno grave, poi abrogato senza continuità normativa con nuove fattispecie di reato.

4. Passando al giudizio rescissorio, si osserva che l’esclusione del raggruppamento Controinteressata è stata disposta dalla stazione appaltante sia con riferimento al disposto normativo di cui all’art. 38 lettera c), sia con riferimento a quanto disposto dalla successiva lettera g), come emerge dalla lettura del verbale di aggiudicazione del 7 aprile 2008 e come del resto accertato anche con la sentenza di cui si chiede la revocazione.

Inoltre, la stazione appaltante ha rilevato che la dichiarazione resa da Giovanni Controinteressata due era omissiva nell’affermare l’insussistenza di condizioni ostative, poi risultate esistenti.

Accertato che il reato oggetto dell’applicazione della pena su richiesta delle parti non era stato abrogato, la commissione del fatto, da ritenersi definitivamente accertata anche a seguito di sentenza ex art. 444 c.p.p., integra la causa di esclusione di cui alla lett. g) dell’art. 38 del D. Lgs. n. 163/2006, riferita ai soggetti “che hanno commesso violazioni, definitivamente accertate, rispetto agli obblighi relativi al pagamento delle imposte e tasse, secondo la legislazione italiana o quella dello Stato in cui sono stabiliti”.

A prescindere dalla questione della necessità di una autonoma valutazione del reato ai sensi della lett. c) dello stesso art. 38 e da quella inerente l’operatività, o meno, di diritto dell’estinzione del reato per il decorso del tempo, la commissione del fatto costituiva, quindi, autonomo motivo per procedere all’esclusione del raggruppamento, come correttamente effettuato dalla azione appaltante.

Peraltro, come anche rilevato dall’amministrazione, la dichiarazione resa dal signor Controinteressata due era omissiva e ciò va valutato anche tenendo conto dell’orientamento secondo cui le valutazioni in ordine alla gravità delle condanne riportate dai concorrenti ed alla loro incidenza sulla moralità professionale spettano alla stazione appaltante e non al concorrente medesimo, il quale è pertanto tenuto a indicare tutte le condanne riportate, non potendo operare a monte alcun « filtro », omettendo la dichiarazione di alcune di esse sulla base di una selezione compiuta secondo criteri personali (Cons. Stato, IV, n. 740/2009).

Per completezza, si rileva che la tesi del R.T.I. Controinteressata contrasta anche con la tesi prevalente, secondo cui l’estinzione del reato già oggetto di sentenza di patteggiamento in conseguenza del verificarsi delle condizioni previste dall’art. 445 c.p.p., comma 2 (e cioè la mancata commissione nel termine previsto – cinque anni, quando la sentenza concerne un delitto, ovvero due anni, quando la sentenza concerne una contravvenzione – di un delitto ovvero di una contravvenzione della stessa indole) non opera “ipso iure”, ma richiede una formale pronuncia da parte del giudice dell’esecuzione (Cassazione penale , sez. IV, 27 febbraio 2002 , n. 11560; Cons. Stato, VI, n. 3663/2007).

Deve, quindi, ritenersi la legittimità del provvedimento di esclusione disposto dalla stazione appaltante.

5. In conclusione, in accoglimento del ricorso in epigrafe, deve essere revocata la decisione n. 2964/2009 della VI Sezione del Consiglio di Stato e respinto il ricorso in appello n. 5806/08, proposto dalla Controinteressata costruzioni s.p.a. avverso la sentenza del Tar per la Lombardia, sezione di Brescia, n. 720/08.

Tenuto conto della complessità in fatto della controversia, sussistono gravi ed eccezionali ragioni per compensare le spese del giudizio di appello e di revocazione.

P.Q.M.

Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale, Sezione Sesta, accoglie il ricorso per revocazione indicato in epigrafe e, per l’effetto, revoca la decisione n. 2964/2009 della VI Sezione del Consiglio di Stato e respinge il ricorso in appello n. 5806/08, proposto dalla Controinteressata costruzioni s.p.a. avverso la sentenza del Tar per la Lombardia, sezione di Brescia, n. 720/08.

Spese compensate.

Ordina che la presente decisione sia eseguita dall’autorità amministrativa.

Così deciso in Roma nella camera di consiglio del giorno 10 novembre 2009 con l’intervento dei Signori:

Giovanni Ruoppolo, Presidente

Luciano Barra Caracciolo, Consigliere

Rosanna De Nictolis, Consigliere

Domenico Cafini, Consigliere

Roberto Chieppa, Consigliere, Estensore

 

 

L’ESTENSORE
IL PRESIDENTE
 

 

 

 

 

Il Segretario

DEPOSITATA IN SEGRETERIA

Il 10/12/2009

(Art. 55, L. 27/4/1982, n. 186)

Il Dirigente della Sezione

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Andrea Maso