Se si chiede la restituzione della cauzione provvisoria che s’intende illegittimamente incamerata, bisogna ricorre anche avverso gli atti di gara che hanno permesso l’incasso delle somme da parte della Stazione appaltante

il risarcimento del danno è escluso le quante volte questo si sarebbe potuto evitare usando l’ordinaria diligenza, anche attraverso l’esperimento degli strumenti di tutela previsti.

La ricorrente contesta la pronunzia del primo Giudice soltanto laddove ha deciso che “…nulla il Collegio è tenuto a riconoscere alla ricorrente per quanto attiene alla restituzione della cauzione provvisoria incamerata dall’intimata AAMS perché ciò non ha formato oggetto di apposito giudizio di cognizione e, soprattutto, tale incameramento fu disposto in base ad una clausola del bando efficace e mai fino contestata, neppure in questa sede, dalla ricorrente stessa…”.

Tale statuizione può trovare conferma poiché dall’esame della sentenza n. 6564 del 2002, passata in giudicato, inerente l’annullamento della prima graduatoria del 16 luglio 2001, non risulta che sia stato contestato dalla Società, con apposito mezzo di impugnazione, il trattenimento della cauzione provvisoria prestata da parte dell’Amministrazione.

Ciò preclude di poter accogliere le deduzioni in proposito effettuate dall’appellante incidentale in quanto il Collegio aderisce all’orientamento giurisprudenziale (cfr. sul principio tra le più recenti C.d.S. sez V^, n. 1038 del 2010) alla stregua del quale, ai fini dell’ammissibilità dell’azione di risarcimento danni proposta dinanzi al giudice amministrativo, l’accertamento dell’illegittimità del provvedimento dal quale deriva la lesione in capo al soggetto destinatario dell’interesse legittimo, costituisce presupposto necessario in assenza del quale, come peraltro chiarisce anche il nuovo Codice del Processo Amministrativo (art. 30, comma 3), il risarcimento del danno è escluso le quante volte questo si sarebbe potuto evitare usando l’ordinaria diligenza, anche attraverso l’esperimento degli strumenti di tutela previsti.

10 – Infine, ritiene il Collegio che le spese di entrambi i gradi di giudizio possano essere compensate tra le parti in ragione della reciproca soccombenza patita

A cura di Sonia Lazzini

Riportiamo qui di seguito la decisione numero 2675 del 4 maggio 2011 pronunciata dal Consiglio di Stato

N. 02675/2011REG.PROV.COLL.

N. 03185/2009 REG.RIC.

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

Il Consiglio di Stato

in sede giurisdizionale (Sezione Quarta)

ha pronunciato la presente

SENTENZA

sul ricorso numero di registro generale 3185 del 2009, proposto dal:

Ministero dell’Economia e delle Finanze, in persona del Ministro pro-tempore, e dall’Amministrazione Autonoma dei Monopoli di Stato, in persona del legale rappresentante in carica, rappresentati e difesi dall’Avvocatura Generale dello Stato e domiciliati per legge in Roma, via dei Portoghesi, n. 12, presso gli uffici di detta Avvocatura;

contro

Controinteressata S.r.l., rappresentata e difesa dagli avv. Pietro Boria, Federico Sorrentino e Francesca Sorrentino, con domicilio eletto presso il secondo di detti difensori, in Roma, Lungotevere delle Navi n. 30;

per la riforma

della sentenza del T.A.R. Lazio – Roma – Sezione II – n. 1585 del 17 febbraio 2009, resa tra le parti, concernente graduatoria di assegnazione, mediante gara pubblica, di concessioni di gestione del gioco del bingo.

Visti il ricorso in appello e i relativi allegati;

Visto l’atto di costituzione in giudizio della CONTROINTERESSATA s.r.l. ed il ricorso incidentale contestualmente proposto;

Vista la memoria difensiva presentata dalla CONTROINTERESSATA s.r.l. in previsone della discussione dell’appello in pubblica udienza;

Visti tutti gli atti della causa;

Visti gli artt. 74 e 120, comma 10, cod. proc. amm.;

Relatore nell’udienza pubblica del giorno 22 febbraio 2011 il Cons. Guido Romano e uditi per le parti gli avvocati Federico Sorrentino e Giovanni Palatiello dell’Avvocatura Generale dello Stato;

Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.

FATTO e DIRITTO

1. – Con ricorso al TAR la CONTROINTERESSATA s.r.l. chiedeva il risarcimento dei danni patiti in conseguenza:

– dell’illegittimità della graduatoria di assegnazione, mediante gara pubblica, di 800 concessioni, di sei anni di durata, rinnovabili, per la gestione delle sale destinate al gioco del “Bingo”, in particolare delle sede della Provincia di Latina;

– dell’illegittimità della concessione rilasciata alla controinteressata Latina Bingo s.r.l., pur dopo la pubblicazione il 23 luglio 2002 della sentenza n. 6564 del TAR Lazio di annullamento della predetta graduatoria, che comportava la ricollocazione in graduatoria della società ricorrente in posizione utile ed in posizione non utile della controinteressata;

– del ritardo colpevole dell’Amministrazione nell’uso dei suoi poteri-doveri di autotutela, anche indipendentemente dal suo obbligo di eseguire la predetta sentenza

– dell’illegittimità dell’incameramento della cauzione disposto dall’Amministrazione a seguito della rinunzia agli effetti del D.M. 23 marzo 2003 di revisione della graduatoria con inserimento della ricorrente Società in posizione utile per il rilascio della concessione.

2. – Con sentenza n. 1585, pubblicata il 17 febbraio 2009, l’adito Giudice di prime cure ha accolto la domanda risarcitoria limitatamente ai primi tre profili di danno su indicati, ritenendo, invece, infondato l’ultimo.

In particolare, ha riconosciuto, come indice di colpa e fonte di danno ingiusto, sia la constatata (ed anche “confessata”, mediante apposito atto esibito in giudizio) illegittimità della graduatoria e del punteggio attribuito alla ricorrente, sia, e soprattutto, il comportamento tenuto dalla Amministrazione Autonoma dei Monopoli di Stato (di seguito: AAMS) che, non solo non ha proceduto alla correzione della graduatoria né in autotutela -pur avendo riconosciuto con propria nota, esibita in giudizio, l’errore commesso- né ha tempestivamente eseguito il dictum del Giudice, ma anzi ha rilasciato la concessione di sala bingo alla controinteressata, pur essendo stata quest’ultima retrocessa in graduatoria per effetto di tale dictum.

Ha, quindi, fissato, ai fini della liquidazione del danno, i seguenti criteri: A)- riconoscimento integrale delle spese sostenute dalla ricorrente, se documentate, per la partecipazione alla gara e per il mantenimento della sala e del personale addetto dalla data di effettiva disponibilità e fino al 14 aprile 2003, in cui la stessa ricorrente ha rinunziato ala concessione; B)- riconoscimento del lucro cessante per il periodo intercorrente tra la pubblicazione dell’annullata graduatoria fino alla data di detta rinunzia alla concessione, da calcolarsi secondo la media temporale degli utili di esercizio dei concessionari Bingo della Provincia di Latina relativi allo stesso periodo; C)- calcolo degli interessi legali e della rivalutazione sempre dalla data di pubblicazione della graduatoria e fino all’effettivo soddisfo. Ha, quindi, concesso il termine entro il quale l’Amministrazione doveva formulare la relativa proposta.

Ha respinto, invece, la parte di domanda concernente l’incameramento della cauzione.

3. – Con l’appello in epigrafe il Ministero dell’Economia e delle Finanze (di seguito: il Ministero) e l’AAMS hanno chiesto la riforma di detta sentenza, siccome fondata su errate valutazioni, deducendo che:

– sarebbe stata data piena ottemperanza alla sentenza n. 6564 del 2002 attraverso il D.M. 24 marzo 2003 di rettifica, in parte qua, della graduatoria di assegnazione delle sedi (in Provincia di Latina) del gioco del “Bingo”, con conseguente risarcimento in forma specifica dell’eventuale danno patito dalla CONTROINTERESSATA s.r.l.;

– il riconoscimento dell’errore commesso in sede di compilazione della prima graduatoria (impugnata) non avrebbe valore “confessorio”, ma di mero atto con il quale “…il gruppo di lavoro costituito per il riesame delle offerte…” (ai fini dell’esecuzione di numerose sentenze di annullamento di detta graduatoria) avrebbe “…formulato alcune ipotesi di revisione dei punteggio, poi recepite nella sentenza n. 6564 del 2002…”, con la conseguenza che la condotta tenuta nella specie sarebbe stata improntata, sin dall’inizio, dalla massima imparzialità, correttezza, prudenza e diligenza che escluderebbero ogni responsabilità per danni;

– nessun obbligo di agire in autotutela sarebbe imputabile all’Amministrazione, rientrando nei suoi poteri discrezionali ogni valutazione al riguardo; né sarebbe criticabile il fatto che l’Amministrazione abbia atteso la pronunzia degli organi giurisdizionali aditi dai concorrenti per valutarne le motivazioni, al fine di intraprendere l’azione amministrativa più idonea ed opportuna;

– nessuna colpa sarebbe imputabile, pertanto, alle Amministrazioni appellanti che avrebbero agito in piena correttezza;

– sarebbe, comunque, errata la liquidazione operata dal primo Giudice, sia con riferimento al quantum del danno emergente, avuto presente che le spese di partecipazione alla gara rientrerebbero nel normale rischio imprenditoriale e che le “spese di mantenimento del personale di sala” non sarebbero ammissibili, non essendovi alcun obbligo di assunzione di detto personale se non dopo l’assegnazione della concessione ed il collaudo della sala, che sono circostanze non verificatesi nella specie per aver rinunziato la Società alla concessione; sia con riferimento al quantum del lucro cessante, dovendosi compensare -in ragione del fatto che “…le concessioni hanno durata di sei anni decorrenti dalla stipula delle convenzioni…”- gli utili non introitati a causa del ritardo con quelli da “…riscuotere nel periodo finale del rapporto concessorio…” e, comunque, dipendendo gli utili anzidetti, “…in gran parte, dalla capacità manageriale ed imprenditoriale di ciascun concessionario di fidelizzare la clientela…”.

4. – Si è costituita in giudizio la Società appellata che con memoria ha controdedotto a tutti i motivi di impugnazione chiedendone il rigetto siccome infondati.

Con lo stesso atto la medesima Società ha anche proposto appello incidentale avverso la parte di sentenza che ha respinto la domanda di restituzione della cauzione provvisoria, invero trattenuta dalle Amministrazioni appellanti a seguito della rinunzia alla concessione.

5. – Con ordinanza cautelare n. 2340, emessa nella Camera di Consiglio dell’ 8 maggio 2009, questa Sezione ha accolto la richiesta di sospensione dell’esecuzione della sentenza impugnata.

6. – Con una seconda memoria, depositata in previsione della discussione dell’appello in pubblica udienza, parte appellata ha ulteriormente illustrato le ragioni per le quali l’appello andrebbe respinto.

7. – All’udienza pubblica del 22 febbraio 2011 la causa è passata in decisione.

8. – L’appello principale è fondato soltanto in parte per le seguenti ragioni.

8.1 – Una prima critica che l’Amministrazione rivolge alla sentenza impugnata è di non aver tenuto conto nel decidere, come pure eccepito nella memoria depositata in primo grado, che, essendo stata data piena esecuzione alla sentenza dello stesso TAR del Lazio n. 6564 del 2002 attraverso la correzione del punteggio attribuito alla CONTROINTERESSATA s.r.l. e la sua ricollocazione, al posto spettante, nella graduatoria delle concessioni Bingo della Provincia di Latina, detta Società sarebbe stata risarcita in forma specifica del danno asseritamente patito.

Una seconda critica attiene al fatto che non avrebbe “valore confessorio” l’avere riconosciuto l’Amministrazione, mediante nota n. 122689/2002 del 16 gennaio 2002, depositata nel giudizio conclusosi con la citata sentenza n. 6564 del 2002, che la CONTROINTERESSATA aveva titolo ad ottenere cinque punti in più in graduatoria, rispetto a quelli riconosciuti con il Decreto Direttoriale 11 luglio 2001 (essendo risultato che “…a 100-200 metri, cioè in prossimità della sala, esistono numerosi parcheggi pubblici…” per cui “…si dovrebbe attribuire una valutazione ottima (5 punti) anziché buona (2 punti)…”), tenuto conto che detta nota contiene “…null’altro che il recepimento delle valutazioni di un gruppo di lavoro…” e, quindi, non costituisce “…un mea culpa dell’Amministrazione, bensì’ soltanto un’iniziale rivalutazione dei precedenti punteggi assegnati dalla Commissione aggiudicatrice della gara…”.

Una terza critica attiene, infine, all’affermazione del primo Giudice che il riconoscimento effettuato con la nota citata, diversamente da quanto affermato dal TAR, non aggraverebbe “la colpa” dell’Amministrazione, poiché la P.A. non avrebbe “…nessun obbligo di agire in sede di autotutela, a maggior ragione laddove, essendo coinvolte varie posizioni giuridiche, l’autotutela si presenta come attività amministrativa che aggrava comunque il procedimento di assegnazione delle concessioni della specie soprattutto nel momento iniziale di avvio del gioco…” e, quindi, correttamente avrebbe “…atteso la pronunzia degli organi giurisdizionali aditi, per poi valutare, alla luce delle motivazioni delle sentenze, l’azione amministrativa più idonea ed opportuna da intraprendere…”.

I predetti tre profili possono essere trattati unitariamente perché concernono, sostanzialmente, l’argomento del complessivo “comportamento” tenuto dall’Amministrazione che, secondo, il Giudice di primo grado, è chiaramente colposo, alla luce degli elementi forniti dalla stessa Amministrazione, e, quindi, generatore di responsabilità in capo a quest’ultima per i danni patiti dalla Società CONTROINTERESSATA.

Quanto al primo di essi, non può il Collegio non considerare, quanto meno, singolare l’affermazione che il danno sarebbe stato già risarcito in forma specifica, tramite la correzione della graduatoria effettuata con D.M. 24 marzo 2003.

Infatti, non può certo ritenersi corretto che una Pubblica Amministrazione dopo aver comunque ammesso, in corso di causa, di avere errato nell’attribuire l’originario punteggio al ricorrente (spettando a quest’ultimo ben altra e maggiore valutazione, tale da consentirgli di entrare in posizione di graduatoria utile per l’assegnazione di una delle concessioni “Bingo”), nulla abbia fatto successivamente, pur essendo stata emanata la sentenza che, sulla base di detta ammissione, aveva accolto il ricorso dell’interessato (nella specie la n. 6564 del 2002) e pur essendo stata la stessa sentenza anche notificata il 15 novembre 2002 all’Amministrazione, proprio per sollecitarla al doveroso adeguamento al dictum del Giudice, attesa la notoria esecutività da cui sono assistite le pronunzie di primo grado del Giudice Amministrativo (nella specie, peraltro, trattavasi di esecuzione del giudicato, a decorrere dal 15 gennaio 2003, non essendo stato proposto appello).

Occorre, invero, attendere il 5 aprile 2003 perché compaia sulla Gazzetta Ufficiale della Repubblica il decreto direttoriale, datato 24 marzo 2003, che provvede alla correzione del punteggio attribuito alla CONTROINTERESSATA e la ricollochi in graduatoria nella posizione (utile) spettantele, non essendo mai intervenuta al riguardo alcuna comunicazione a detta Società.

Deve, dunque, condividersi appieno il rilievo del primo Giudice, circa la peculiare significatività, ai fini del corretto riconoscimento del diritto al risarcimento del danno, del comportamento tenuto nella specie dall’Amministrazione, avuto presente che la colpa del Ministero appellante è certa ed evidente, non solo per il ritardo ingiustificatamente accumulato dal 16 gennaio 2002 (data della propria nota di riconoscimento della scorrettezza, in parte qua, della graduatoria impugnata dalla CONTROINTERESSATA ed annullata dal TAR con la citata sentenza n. 6564 del 2002), prima di (ri)provvedere nei modi dalla stessa ritenuti giusti in base a risultanze documentali della gara esistenti sin dalla prima valutazione operata dalla Commissione giudicatrice della gara, ma anche in ragione della fuorviante deduzione, pure proposta dalla difesa dell’Amministrazione, di dovere attendere, per poter dare corretta esecuzione al dictum del Giudice, tutte le pronunzie giurisdizionali pendenti con riferimento alla stessa graduatoria. A tale ultimo riguardo, infatti, è agevole rilevare che alcuna giustificazione di tal fatta è ammissibile, stante la piena autonomia della valutazione di ciascuna posizione contestata attraverso la (ri)attribuzione dei corretti punteggi, agevolmente ricavabili in base alla griglia di criteri molto specifici elaborati dalla Commissione di gara, come tali riducenti al minimo l’ambito di discrezionalità nell’assegnazione dei punteggi stessi.

Inoltre, non può non sottolinearsi come, nel mentre l’Amministrazione ritardava colpevolmente quel riconoscimento anche in via formale (con decreto) e, quindi effettiva, delle ragioni della CONTROINTERESSATA, che già aveva sostanzialmente operato con la più volte citata lettera del 16 gennaio 2002, la stessa provvedeva a rilasciare il 15 ottobre 2002 alla Latina Bingo, non avente titolo, l’autorizzazione all’apertura di sala Bingo.

Né può ritenersi revocabile in dubbio che il contenuto della citata nota dell’Amministrazione del 16 gennaio 2002 avesse, come ha, un sostanziale valore confessorio dell’errore commesso in sede di valutazione della domanda di concessione presentata dalla CONTROINTERESSATA, in quanto appare arduo, già sotto un profilo meramente lessicale, oltre che logico, ritenere che l’affermazione contenuta in detta nota ( “…a 100-200 metri, cioè in prossimità della sala, esistono numerosi parcheggi pubblici…” per cui “…si dovrebbe attribuire una valutazione ottima (5 punti) anziché buona (2 punti)…”) costituisca soltanto l’anticipazione di un avviso che, forse, si stava facendo strada nelle intenzioni dell’Amministrazione, non potendosi annettere all’uso del verbo al condizionale null’altro se non il carattere di doveroso rispetto della Commissione incaricata delle competenze decisorie dell’Autorità chiamata all’emanazione del provvedimento di rettifica della graduatoria.

Infine, sono da disattendere anche le deduzioni di cui all’ultimo dei profili di appello in esame in quanto con esse si confonde l’aspetto della non coercibilità del potere di autotuela dell’Amministrazione, laddove competano a quest’ultima valutazioni discrezionali da effettuarsi in tale sede, con la responsabilità che incombe su tutte le persone giuridiche pubbliche di agire tempestivamente ed efficacemente a tutela dell’interesse pubblico, laddove emergano errori od omissioni che ne abbiano pregiudicato la soddisfazione e che siano per di più anche causa di danno all’erario dello Stato sia in via diretta che indiretta.

A tutte le ragioni sin qui espresse giova, poi, aggiungere che alcun rilievo incidente può avere, in ogni caso, nella valutazione del profilo soggettivo della colpa, il fatto che la CONTROINTERESSATA abbia poi rinunziato alla concessione con propria dichiarazione, datata 14 aprile 2003 e pervenuta all’Amministrazione il 18 aprile 2003, come da timbro a calendario apposto sul relativo documento esistente in atti di causa della stessa Amministrazione. Infatti, essa è successiva ai comportamenti qui considerati quali fonti giustificatrici del diritto della CONTROINTERESSATA al risarcimento del danno e serve soltanto a determinare il confine temporale della responsabilità dell’Amministrazione.

Come correttamente rilevato dal primo Giudice detta rinunzia è semmai conseguenza del rilevato colpevole ritardo dell’Amministrazione e cioé dello stato di immobilizzazione in cui è stata costretta la Società proprio per effetto del comportamento tenuto nella specie dall’Amministrazione stessa.

In sintesi, va riaffermata la responsabilità dell’Amministrazione Autonoma dei Monopoli di Stato per avere riconosciuto con colpevole ritardo alla CONTROINTERESSATA s.r.l., anche formalmente, mediante apposito provvedimento di rettifica della graduatoria di gara e di rilascio della susseguente concessione, quanto già ammesso come legittimamente spettante alla stessa Società con la nota del 16 gennaio 2002.

8.2 – Le deduzioni svolte dall’appellante Amministrazione sotto il profilo della quantificazione del danno possono essere, invece, condivise, ma soltanto in parte, alla stregua delle seguenti considerazioni.

Avviso giurisprudenziale, che il Collegio condivide, ha affermato di recente che la richiesta di accertamento del danno “da ritardo” – ovvero del danno derivante dalla tardiva emanazione di un provvedimento legittimo e favorevole, dopo l’annullamento di un precedente atto illegittimo sfavorevole -, se da un lato deve essere ricondotta al danno da lesione di interessi legittimi pretensivi, per l’ontologica natura delle posizioni fatte valere, dall’altro, in ossequio al principio dell’atipicità dell’illecito civile, costituisce una fattispecie sui generis, di natura del tutto specifica e peculiare, che deve essere ricondotta all’art. 2043 c.c. per l’identificazione degli elementi costitutivi della responsabilità.

Consegue che l’ingiustizia e la sussistenza stessa del danno non possono, in linea di principio, presumersi iuris tantum, in meccanica ed esclusiva relazione al ritardo nell’adozione del provvedimento amministrativo favorevole, ma il danneggiato deve, ex art. 2697 c.c., provare tutti gli elementi costitutivi della relativa domanda (cfr. C.d.S., sez. V^, n. 4237 del 30 giugno 2009).

Orbene, facendo applicazione nel caso in esame di tale avviso, deve escludersi, sotto il profilo del danno emergente, che l’attuale appellata abbia diritto al pagamento di somme corrispondenti alle spese sopportate per la partecipazione alla gara, potendosi riconoscere un tale titolo soltanto allorquando il candidato venga escluso dalla gara di appalto, ma non anche quando questi abbia partecipato alla gara stessa e faccia questione, poi risolta per lui favorevolmente, di collocazione nella graduatoria finale, ai fini dell’aggiudicazione.

Infatti, i costi di partecipazione alla gara rilevano come danno emergente solo qualora l’impresa subisca una illegittima esclusione, perché in tal caso viene in rilievo il diritto soggettivo del contraente a non essere coinvolto in trattative inutili e addirittura illegittime (cfr. Consiglio di Stato, sez. IV^, n. 3340 del 2008 e sez. VI^, n. 4435 del 2002).

Allo stesso titolo deve essere escluso, in riforma di quanto in proposito ritenuto dal primo Giudice, che l’attuale appellata possa vedersi riconosciute somme erogate per l’assunzione di personale prima che fosse rilasciata la concessione, essendo evidente che nessun imprenditore dà corso alla provvista delle risorse umane necessarie prima che abbia acquisito la certezza dell’ottenimento del titolo utile ad esercitare l’attività programmata. Nella specie, la condizione necessaria era ed è collegata quanto meno all’acquisizione di una posizione utile in graduatoria che è però intervenuta soltanto per effetto del decreto direttoriale del 24 marzo 2003 ed è stata poi rinunziata con la dichiarazione del 14 aprile 2003.

Quanto al profilo del lucro cessante, non ritiene il Collegio che alla CONTROINTERESSATA s.r.l. possano essere riconosciute somme che costituiscano “…media ponderale degli utili d’esercizio dei concessionari Bingo della Provincia di Latina…” , sembrando ragionevole il rilievo dell’appellante che la determinazione dell’utile di ogni sala “Bingo” è in gran parte collegata a presupposti del tutto variabili, quali la capacità manageriale ed imprenditoriale di ciascun concessionario, la fidelizzazione della clientela, l’organizzazione delle sale, la qualità del personale di sala, elementi, tutti, che rendono diversi gli utili da gestore a gestore, se non anche non lucrativi, come desumibile dal fatto che nella Provincia di Latina, dove il calcolo medio andrebbe fatto, a distanza di sette anni dall’avvio del gioco del Bingo, soltanto due delle quattro sale originariamente previste continuano a lavorare e la sala prevista ad Aprilia non è stata mai aperta.

8.3 – Consegue alle ragioni espresse nei capi di motivazione che precedono che, sussistendo specifica responsabilità da ritardo in capo all’Amministrazione ed essendo le motivazioni rassegnate dal TAR per la quantificazione del danno non idonee a giustificare nel caso in esame i criteri di liquidazione individuati, può essere riconosciuto alla s.r.l. CONTROINTERESSATA soltanto una somma che, determinata in via equitativa, la ristori del danno colpevolmente arrecatogli dall’Amministrazione per l’ingiustificato ritardo con il quale soltanto dopo molti mesi la stessa Amministrazione ha riconosciuto, anche formalmente, ciò che aveva già riconosciuto molti mesi prima, sostanzialmente, attraverso atti comunque alla stessa imputabili, come ricavabile dal giudicato formatosi su altra sentenza dello stesso TAR Lazio (n. 6564 del 2002) concernente la prima delle graduatorie qui considerate.

A tal fine, tenuto presente che detto comportamento colpevole dell’Amministrazione si è protratto dalla data di emanazione della prima graduatoria (decreto dirigenziale del 16 luglio 2001) alla data di emanazione della seconda graduatoria (decreto dirigenziale del 24 marzo 2003), ritiene il Collegio che costituisca risarcimento adeguato riconoscere alla appellata Società, in riforma parziale della sentenza impugnata, la somma di euro 10.000,00, con interessi legali a far data dalla data di notifica della sentenza del TAR Lazio n. 6564 del 2002 di annullamento della graduatoria di gara approvata con decreto direttoriale 16 luglio 2001.

9. – L’appello incidentale è, invece, infondato per le seguenti considerazioni.

La S.r.l. CONTROINTERESSATA contesta la pronunzia del primo Giudice soltanto laddove ha deciso che “…nulla il Collegio è tenuto a riconoscere alla ricorrente per quanto attiene alla restituzione della cauzione provvisoria incamerata dall’intimata AAMS perché ciò non ha formato oggetto di apposito giudizio di cognizione e, soprattutto, tale incameramento fu disposto in base ad una clausola del bando efficace e mai fino contestata, neppure in questa sede, dalla ricorrente stessa…”.

Tale statuizione può trovare conferma poiché dall’esame della sentenza n. 6564 del 2002, passata in giudicato, inerente l’annullamento della prima graduatoria del 16 luglio 2001, non risulta che sia stato contestato dalla Società, con apposito mezzo di impugnazione, il trattenimento della cauzione provvisoria prestata da parte dell’Amministrazione.

Ciò preclude di poter accogliere le deduzioni in proposito effettuate dall’appellante incidentale in quanto il Collegio aderisce all’orientamento giurisprudenziale (cfr. sul principio tra le più recenti C.d.S. sez V^, n. 1038 del 2010) alla stregua del quale, ai fini dell’ammissibilità dell’azione di risarcimento danni proposta dinanzi al giudice amministrativo, l’accertamento dell’illegittimità del provvedimento dal quale deriva la lesione in capo al soggetto destinatario dell’interesse legittimo, costituisce presupposto necessario in assenza del quale, come peraltro chiarisce anche il nuovo Codice del Processo Amministrativo (art. 30, comma 3), il risarcimento del danno è escluso le quante volte questo si sarebbe potuto evitare usando l’ordinaria diligenza, anche attraverso l’esperimento degli strumenti di tutela previsti.

10 – Infine, ritiene il Collegio che le spese di entrambi i gradi di giudizio possano essere compensate tra le parti in ragione della reciproca soccombenza patita.

P.Q.M.

Il Consiglio di Stato, in sede giurisdizionale, Sezione Quarta, definitivamente pronunciando, accoglie in parte l’appello principale, nei modi e nei sensi di cui in motivazione, mentre respinge l’appello incidentale, secondo motivazione.

Spese compensate.

Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’autorità amministrativa.

Così deciso in Roma nella camera di consiglio del giorno 22 febbraio 2011 con l’intervento dei magistrati:

Paolo Numerico, Presidente

Sergio De Felice, Consigliere

Sandro Aureli, Consigliere

Raffaele Potenza, Consigliere

Guido Romano, Consigliere, Estensore

L’ESTENSORE IL PRESIDENTE

DEPOSITATA IN SEGRETERIA

Il 04/05/2011

IL SEGRETARIO

(Art. 89, co. 3, cod. proc. amm.)

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Andrea Maso