Corte dei Conti – Sezione Abruzzo – sentenza n. 56 del 13 gennaio 2005 – Presidente Minerva – Estensore Pepe – P.M. Palumbi – Procura regionale c/ Torelli (n.c.).

Giudizio di responsabilità – responsabilità contabile e amministrativa – rimborso spese legali sostenute nel corso di procedimenti penali – sentenza di assoluzione per intervenuta prescrizione – responsabilità – sussiste.

Sussiste la responsabilità amministrativa di un dirigente comunale per avere rimborsato le spese legali sostenute dagli amministratori sottoposti a un procedimento penale che si era concluso con una sentenza penale di estinzione dei reati per intervenuta prescrizione, tenuto conto che non emergeva dalla sentenza il riconoscimento dell’assenza del dolo o della colpa grave nella vicenda.

SENTENZA

nel giudizio di responsabilità iscritto al n. 355/E.L. del registro di Segreteria e promosso dalla Procura Regionale della Corte dei conti presso la Sezione giurisdizionale in intestazione nei confronti di:

Luciano Torelli, nato a Pratola Peligna (AQ) il 6 agosto 1940 e residente in L’Aquila, Via Colle Pretara, s.n., Pal. ACRIE, quale Dirigente, all’epoca dei fatti, del Settore Avvocatura del Comune di L’Aquila;

uditi, alla pubblica udienza in data 24 novembre 2004, il Magistrato relatore, Dott. Federico Pepe, ed il Pubblico Ministero, Dott. Giuseppe Palumbi;

con l’assistenza del Segretario, dott.sa Antonella Lanzi;

esaminati gli atti e i documenti della causa.

Rilevato in

FATTO

Con atto di citazione depositato in data 6 maggio 2004, il Procuratore Regionale presso la Sezione giurisdizionale in intestazione chiamava in giudizio Luciano Torelli per “sentirsi ivi condannare al pagamento in favore del Comune dell’Aquila di € 46.687,23 … o di altra che sarà ritenuta di giustizia, oltre agli interessi ed alla rivalutazione dalla data del presente atto, nonché alle spese del presente giudizio in favore dello Stato”.

I fatti contestati dalla Procura Regionale erano i seguenti: ““Con determinazione dirigenziale n. 18 del 6.5.2002, il Comune dell’Aquila disponeva la liquidazione della somma di € 46.687,23 in favore dell’avv. Antonio Valentini, quale corrispettivo del patrocinio svolto in favore dell’ex assessore Romano Fantasia nel corso d’un procedimento penale concluso con declaratoria di prescrizione. La predetta liquidazione appariva assentita in contrasto con il presupposto dell’accertamento dell’assenza di responsabilità che, dal tenore della sentenza definitoria del giudizio, appariva altresì implicare una chiara motivazione di conflitto d’interessi mentre, in ogni caso, non risultava esclusa la commissione del fatto contestato. In particolare, come si precisava esplicitamente nella richiamata determinazione, nel corso ed a seguito d’un complesso ed articolato procedimento penale svolto, nei vari gradi del giudizio davanti al Tribunale di L’Aquila, alla Corte d’Appello della stessa sede, alla Corte di Cassazione e, sul rinvio da questa disposto, alla Corte d’Appello di Roma, l’ex componente della Giunta comunale dell’Aquila, Sig. Romano Fantasia veniva prosciolto per intervenuta prescrizione dei reati ascrittigli, con riferimento agli artt. 110 e 323, comma 2°, c.p. e 20, lett. C, legge 28 febbraio 1985, n. 47. Nella sequenza delle pronunce, il predetto ex amministratore era risultato condannato in I° grado, ma assolto in 2° grado perché il fatto non costituiva reato, mentre la Corte di Cassazione, accogliendo il ricorso del Pubblico Ministero, aveva designato quale giudice di rinvio la Corte d’appello di Roma, come sopra richiamato, la quale, nel dichiarare la prescrizione, aveva chiarito, motivando, che la “sequenza degli atti posti in essere dagli imputati costituisce grave indizio dei reati loro contestati e quindi non può certamente affermarsi l’insussistenza di tali reati, nei loro diversi elementi, quello materiale o quello psicologico, emersa dagli atti in maniera incontrovertibile, tanto da poter essere semplicemente constatata”. Riepilogava, infine, il giudice l’appello i fatti dai quali era stata originata l’imputazione per confermarne, appunto, l’incontrovertibilità e, in ogni caso, il contrasto con lo strumento urbanistico generale in vigore. Stante la lesione alla finanza comunale che appariva prodotta per effetto d’una liquidazione di rimborsi in contrasto con la normativa in vigore e con l’interesse pubblico, questo requirente in data 22.12.2003 invitava il dirigente del Settore Avvocatura del Comune dell’Aquila, firmatario della determinazione produttiva della spesa, avv. Luciano Torelli, a produrre le proprie deduzioni ai sensi dell’art. 5, legge 14 gennaio 1994, n. 19. Nessuna deduzione veniva specificamente depositata””.

Con lo stesso atto, l’Ufficio requirente aggiungeva: “I fatti dai quali è scaturito il procedimento penale, le cui spese legali hanno costituito oggetto di rimborso da parte del Comune dell’Aquila, investono assunti, illeciti favoritismi in materia di approvazione di un complesso progetto edilizio, in riconosciuto contrasto con il piano regolatore generale all’epoca in vigore per la città, sacrificando per di più un’area destinata a verde pubblico. Basterebbe, ad avviso di questo requirente, la puntuale commemorazione della fattispecie concreta per rappresentare inequivocamente quella immanenza del conflitto d’interessi esistente tra le finalità d’interesse pubblico, come configurate e formalizzate nello strumento urbanistico generale, e quelle di contenuto esclusivamente privato patrocinate dall’ex amministratore ed illustrate nelle sentenze sopra ricordate, inclusa quella di proscioglimento. Non sarebbe, pertanto, sufficiente invocare l’art. 67 D.P.R. 13 maggio 1987, n. 268 per derivarne l’esimente da responsabilità in capo al dirigente che ebbe ad ordinare il rimborso delle spese legali, essendone esclusa la rimborsabilità, per effetto della condizione espressamente contenuta nello stesso articolo, nell’ipotesi del conflitto d’interessi che sicuramente qualificava la situazione posta in essere dall’ex amministratore. Nemmeno può affermarsi che, non avendo il Comune deciso la costituzione di parte civile, il conflitto è da ritenere apoditticamente escluso, tenuto conto che la valutazione sull’esistenza del conflitto e quella sulla costituzione di parte civile non sono reciprocamente ed indissolubilmente interdipendenti. Esse obbediscono, infatti, ad ordini logici diversi, appartenendo quella sull’esistenza del conflitto d ‘interessi ad un quadro di riscontro prevalentemente cognitivo e, in ogni caso, vincolato all’esistenza di elementi oggettivi e qualificanti sulla base di indirizzi, provvedimenti o atti generali nei quali sia stata incorporato ed espresso l’interesse pubblico. Diversamente, invece, la determinazione di costituzione di parte civile, che nasce da valutazioni eminentemente discrezionali e che scaturiscono da opzioni di varia natura, incluse quelle d’ordine politico o di opinione. Cosicché apparirebbe arbitrario attribuire alla mancata costituzione di parte civile una connotazione significativa per escludere la effettività del conflitto e, comunque, la sua valenza ad excludendum in ordine alla rimborsabilità delle spese legali. Nemmeno potrebbe ritenersi che la testuale espressione dell’art. 67 cit., laddove questo prevede la ripetibilità degli oneri di difesa anticipati dall’ente in casi di condanna esecutiva per fatti commessi con dolo o colpa grave, trovi applicazione in una fattispecie nella quale si verte in materia di integrale rimborsabilità ex post, e non d’anticipazione. E’ ciò, non soltanto per la valenza meramente testuale della formulazione ma, soprattutto, per il carattere dichiaratamente assiologico del precetto, la cui ratio ha un valore ermeneutico di evidente interdizione della possibilità che l’ente debba sovvenire alle spese sostenute da chi ha tentato di attuare, ovvero ha attuato, condotte correlate con la carica, ma finalizzate a sacrificare gli interessi generali in favore di quelli privati di imprenditori. Sul piano dell’apprezzamento della fattispecie da parte della giurisprudenza di questa Corte dei conti si richiamano le sentenze che hanno correttamente puntualizzato, o che si sono ispirate al predetto principio, ritenendo suscettibili di rimborso soltanto le spese legali sostenute nei casi di sentenze ampiamente assolutorie, che escludono la responsabilità sia sotto il profilo soggettivo, che oggettivo (cfr. Sez. Regione Valle d’Aosta, 25.6.2001, n. 15; Sez. Basilicata 2.7.1999, n. 219 e 21.10.1999, n. 283). Sulla necessità, poi, dell’assenza del conflitto d’interessi, il Consiglio di Stato (Sez. V, 17.7.2001, n. 3946 …) ha fatto applicazione del principio della necessaria non riscontrabilità del conflitto stesso nei fatti oggetto del giudizio penale. E’ stato sostenuto, conseguentemente, da condivisibile giurisprudenza che il vaglio di rimborsabilità non ha carattere automatico, essendo doveroso per l’ente assicurare la buona e ragionevole amministrazione delle risorse economiche ed inoltre la tutela del proprio decoro e della propria immagine, includendo, nel procedimento l’insussistenza dell’elemento del dolo e della colpa grave nella condotta dell’imputato, cosicché il rimborso appaia frutto della ricognizione della coincidenza degli interessi dell’ente e di quelli facenti capo all’amministratore (cfr. Cons. Stato, Commissione speciale, 6.5.1966; Cass. Sez. I^, 13.12.2000, n. 15724). Siffatta coincidenza è palesemente esclusa nella fattispecie considerata. Che, poi, la determinazione di spesa sia stata assunta dal dirigente responsabile del Settore legale del Comune, eppertanto nella conoscenza piena dei fatti oggetto dell’imputazione, pare al requirente prova sufficiente di colpa grave, stante il divieto, più volte citato, di procedere alla liquidazione di rimborso in presenza di un riconoscibile conflitto d’interessi”.

In relazione a tali accadimenti, il Procuratore Regionale instaurava il contraddittorio preliminare, ex art. 5, primo comma, del D.L. 15 novembre 1993, n. 453, convertito in Legge 14 gennaio 1994, n. 19, invitando il presunto responsabile del danno a “fornire le proprie deduzioni e, ove ritenuto, a produrre documentazione” (invito a dedurre in data 22 dicembre 2003, notificato in data 13 febbraio 2004).

Luciano Torelli non produceva le proprie deduzioni scritte né chiedeva di essere ascoltato personalmente.

Seguiva, come descritto, l’emissione dell’atto di citazione in giudizio, notificato in data 14 giugno 2004.

Con provvedimento in data 9 ottobre 2004, il Presidente della Sezione giurisdizionale per la Regione Abruzzo nominava il Magistrato relatore.

In occasione della pubblica udienza, il Pubblico Ministero concludeva per la condanna del Convenuto.

Considerato in

DIRITTO

Il quadro normativo di riferimento deve essere rinvenuto nell’art. 67 del D.P.R. 13 maggio 1987, n. 268, concernente le “Norme risultanti dalla disciplina prevista dall’accordo sindacale, per il triennio 1985 – 1987, relativo al comparto del personale degli enti locali”.

Tale articolo prevede: “L’ente, anche a tutela dei propri diritti ed interessi, ove si verifichi l’apertura di un procedimento di responsabilità civile o penale nei confronti di un suo dipendente per fatti o atti direttamente connessi all’espletamento del servizio e all’adempimento dei compiti d’ufficio, assumerà a proprio carico, a condizione che non sussista conflitto di interessi, ogni onere di difesa sin dall’apertura del procedimento facendo assistere il dipendente da un legale di comune gradimento. In caso di sentenza di condanna esecutiva per fatti commessi con dolo o con colpa grave, l’ente ripeterà dal dipendente tutti gli oneri sostenuti per la sua difesa in ogni grado di giudizio”.

La disposizione in argomento – ritenuta legittima in quanto, disciplinando l’assunzione a carico degli Enti, qualora non sussista conflitto d’interessi, del patrocinio legale dei propri impiegati che risultino coinvolti in procedimenti per fatti connessi allo svolgimento dei compiti d’ufficio, prevede un’agevolazione attinente al trattamento retributivo e quindi suscettibile di contrattazione (Corte dei conti, Sezione controllo, deliberazione n. 1804 in data 3 luglio 1987) – è compresa in una serie di interventi normativi che costituiscono espressione di un principio generale di tutela e di protezione dei soggetti dell’azione amministrativa i quali, quando compiono atti ricollegabili all’espletamento ed alla cura degli interessi pubblici, devono essere tenuti indenni dalle spese e dagli oneri dei quali debbano sopportare il peso (Corte dei conti, Sezione giurisdizionale per la Regione Lombardia, sentenza n. 1257 in data 8 giugno 2002).

Infatti, i precedenti testi (articoli 16 del D.P.R. 1 giugno 1979, n. 191, avente ad oggetto la “Disciplina del rapporto di lavoro del personale degli enti locali”, e 22 del D.P.R. 25 giugno 1983, n. 347, riguardante le “Norme risultanti dalla disciplina prevista dall’accordo del 29 aprile 1983 per il personale dipendente dagli enti locali”) assicuravano, con uguale formulazione, il patrocinio legale dei dipendenti implicati, in conseguenza di fatti ed atti connessi all’espletamento del servizio ed all’adempimento dei compiti d’ufficio, in procedimenti di responsabilità civile o penale, in ogni stato e grado del giudizio, purché non ci fosse conflitto di interesse con l’Ente medesimo.

Le norme applicabili al caso concreto, tuttavia, sono esclusivamente quelle ricavabili dal citato art. 67 del D.P.R. 13 maggio 1987, n. 268, il quale individua precise ed esplicite condizioni:

– diretta connessione del contenzioso processuale all’espletamento del servizio e all’adempimento dei compiti d’ufficio del dipendente;

– assunzione dell’onere di difesa sin all’apertura del procedimento, espressione ritenuta “indicativa del momento valutativo” dell’assunzione medesima (Corte dei conti, Sezione giurisdizionale per la Regione Lombardia, citata sentenza n. 1257);

– scelta del legale di comune gradimento, a conferma del “ruolo preventivo da parte dell’Amministrazione” e del “sistema di assistenza preventiva” (Corte dei conti, Sezione giurisdizionale per la Regione Abruzzo, sentenze nn. 428 in data 17 maggio 2004 e 1122 in data 29 novembre 1999) ovvero della “opzione di comportamento di carattere preventivo da parte dell’amministrazione” (Corte dei conti, Sezione giurisdizionale per la Regione Lombardia, citata sentenza n. 1257);

– assenza di conflitto di interessi, situazione di contrasto rispetto al perseguimento degli interessi propri dell’Amministrazione (Corte dei conti, Sezione giurisdizionale per la Regione Lazio, sentenza n. 1359 in data 3 maggio 2004) la quale, del resto, agisce “anche a tutela dei propri diritti ed interessi” in modo che la vicenda processuale non abbia esiti che possano ripercuotersi negativamente sui suoi interessi o sulla sua immagine pubblica (Corte dei conti, Sezione giurisdizionale per la Regione Abruzzo, citata sentenza n. 428).

Inoltre, in caso di sentenza di condanna esecutiva per fatti commessi con dolo o con colpa grave, è previsto che l’Ente ripeta dal dipendente “tutti gli oneri sostenuti per la sua difesa in ogni grado di giudizio” (citato art. 67, secondo comma), spese, perciò, da considerare “già preventivamente sostenute” (Corte dei conti, Sezione giurisdizionale per la Regione Lombardia, citata sentenza n. 1257).

L’assunzione dell’onere relativo all’assistenza legale, pertanto, non è automatico (Corte dei conti, Sezione giurisdizionale per la Regione Lombardia, citata sentenza n. 1257) – ovvero è privo di “ogni requisito di automatismo” (Corte dei conti, Sezione giurisdizionale per la Regione Lazio, citata sentenza n. 1359) – ma deve essere conseguenza di specifiche valutazioni da parte dell’Ente locale circa la sussistenza delle descritte condizioni, considerate “essenziali ed imprescindibili” (Corte dei conti, Sezione giurisdizionale per la Regione Lombardia, citata sentenza n. 1257).

Nel caso concreto, prescindendo dalla prima condizione indicata (diretta connessione del contenzioso processuale all’espletamento del servizio e all’adempimento dei compiti d’ufficio del dipendente) unica che, in senso ampio, può ritenersi rispettata, non ricorrono gli altri requisiti previsti dall’art. 67 del D.P.R. 13 maggio 1987, n. 268.

In particolare, come esattamente prospettato dall’Ufficio requirente, si tratta di fattispecie nella quale si verte in materia di “integrale rimborsabilità ex post e non d’anticipazione” – possibilità di rimborso che, secondo la richiamata giurisprudenza (Corte dei conti: Sezione giurisdizionale per la Regione Lombardia, citata sentenza n. 1257; Sezione giurisdizionale per la Regione Abruzzo, citata sentenza n. 428), deve essere negata – e dove appare evidente il conflitto tra le finalità d’interesse pubblico, configurate e formalizzate nello strumento urbanistico generale, e quelle di contenuto “esclusivamente privato patrocinate dall’ex amministratore”, come illustrate dal Giudice ordinario.

Appare carente, altresì, il requisito concernente la scelta del legale di comune gradimento, selezione che, in un’ottica di compendio dell’interesse pubblico con quello privato (Corte dei conti, Sezione giurisdizionale per la Regione Lombardia, citata sentenza n. 1257), deve costituire oggetto di preventiva valutazione da parte dell’Ente, in base ai principi testé enunciati.

D’altra parte, in occasione della disamina di fatti analoghi, si afferma che gli interessati dovevano “solo prendere atto che la pronuncia dei giudici penali si era limitata a dichiarare l’intervenuta prescrizione e non era, quindi, di assoluzione piena per le … considerazioni del giudice dell’appello in merito alla condotta” degli imputati (Corte dei conti, Sezione II giurisdizionale centrale, sentenza n. 49 in data 16 febbraio 2004), considerazioni del Giudice penale che, nel caso attuale, sono così riepilogate: “la sequenza degli atti posti in essere dagli imputati costituisce grave indizio dei reati loro contestati e quindi non può certamente affermarsi che l’insussistenza di tali reati, nei loro diversi elementi, quello materiale o quello psicologico, emerga dagli atti in maniera incontrovertibile, tanto da poter essere semplicemente constatata” (Corte d’appello di Roma, II Sezione penale, citata sentenza in data 7 marzo 2000, depositata in data 12 aprile 2000), motivazione identica, peraltro, a quella riportata in precedenti decisioni con le quali, previa valutazione di simili vicende, si negava alla sentenza penale di estinzione dei reati per prescrizione il “riconoscimento dell’assenza del dolo o della colpa grave” (Corte dei conti, Sezione giurisdizionale per la Regione Abruzzo, sentenze nn. 689 in data 29 settembre 2004 e 428 in data 17 maggio 2004).

A carico di Luciano Torelli emergono tutti gli elementi per l’affermazione della responsabilità oggetto della domanda di Parte attrice.

Ciò nei termini accuratamente rappresentati dal Requirente e sostenuti dall’esame complessivo degli atti di causa.

Pertanto, la domanda de qua appare fondata.

Il danno deve essere determinato complessivamente in € 42.687,23 (importo della liquidazione delle competenze dell’Avv. Antonio Valentini – citata determinazione n. 18 in data 16 maggio 2002).

Il Collegio, considerata la situazione oggettiva nella quale operava il responsabile, ritiene di avvalersi del potere di riduzione dell’addebito (articoli 1, comma 1 bis, della Legge 14 gennaio 1994, n. 20, 19, secondo comma, del D.P.R. 10 gennaio 1957, n. 3, 52, secondo comma, del R.D. 12 luglio 1934, n. 1214 e 83, primo comma, del R.D. 18 novembre 1923, n. 2440) delimitando il risarcimento a favore dell’Ente locale ad un importo, di seguito specificato, inferiore a quello accertato.

In definitiva, si condanna Luciano Torelli al risarcimento di € 20.000,00 (ventimila/00), somma da ritenersi comprensiva di rivalutazione monetaria fino alla data di deposito della presente sentenza.

Sono invece dovuti gli interessi legali dalla predetta data sino all’effettiva e intera soddisfazione del credito.

Le spese di giudizio, liquidate come in dispositivo, seguono la soccombenza.

Nec plus ultra.

P. Q. M.

definitivamente pronunciando, respinta ogni contraria istanza, eccezione o deduzione:

accoglie per quanto di ragione la domanda attrice e, per l’effetto, condanna Luciano Torelli al pagamento, in favore del Comune di L’Aquila, di € 20.000,00 (ventimila/00), importo da ritenersi comprensivo di rivalutazione monetaria fino alla data di deposito della presente sentenza;

Omissis

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Andrea Maso