IL CONTRATTO E’ GIA’ STATO ESEGUITO, QUINDI

NON E’ POSSIBILE UN RISARCIMENTO IN FORMA SPECIFICA MA SOLO QUELLO PER EQUIVALENTE

LA RESPONSABILITA’ DELLA STAZIONE APPALTANTE E’ OGGETTIVA: IL DANNEGGIATO NON DEVE INFATTI DIMOSTRARNE LA COLPA

LA MASSIMA

In sede di risarcimento dei danni derivanti dalla mancata aggiudicazione di una gara di appalto, il danno da mancato utile spetta nella misura integrale, nel caso di annullamento dell’aggiudicazione e di certezza dell’aggiudicazione in favore del ricorrente. La mancata dimostrazione puntuale della percentuale di utile effettivo non incide sull’an debeatur se la ricorrente abbia offerto elementi in grado di dimostrare in via presuntiva che l’utile atteso dall’esecuzione dell’appalto si sarebbe attestato sulla nota percentuale forfettaria del 10% dell’offerta presentata in gara, non essendo sufficiente a contestarne l’ammontare una generica confutazione opposta dalla parte avversaria”).

In materia di appalti pubblici, la condanna dell’Amministrazione al risarcimento del danno non richiede la prova della colpa, avendo l’art. 124 c. p. a. introdotto un’ipotesi di responsabilità oggettiva, in linea con la giurisprudenza europea e, segnatamente, con la sentenza del 30 settembre 2010 (C-314/09) della Terza Sezione della Corte di Giustizia dell’Unione Europea, in cui si è ribadito che la vigente normativa europea che regola le procedure di ricorso in materia di aggiudicazione degli appalti pubblici di lavori, di forniture e di servizi non consente ad una normativa nazionale di subordinare il diritto ad ottenere un risarcimento, a motivo di una violazione della disciplina sugli appalti pubblici da parte di un’Amministrazione aggiudicatrice, al carattere colpevole di tale violazione

di conseguenza, nella specifica fattispecie sottoposta ai giudici salernitani

Stabilito, quindi, che il diritto ad ottenere il risarcimento del danno, in capo alla ricorrente, discende, nella specie, in maniera pressoché automatica, dall’accertamento dell’illegittimità dell’aggiudicazione, disposta in favore dell’aggiudicataria, che la ricorrente immediatamente seguiva – com’è incontestato – nella graduatoria della procedura ad evidenza pubblica, di cui si discute, rileva il Collegio come alla ricorrente spetti tale risarcimento, nelle due voci del lucro cessante e del cd. danno curriculare, giusta i principi affermati da Consiglio di Stato, Sez. V, 28/12/2017, n. 6135: “Si configura un danno c.d. da mancata aggiudicazione nei confronti della seconda classificata nel caso in cui la stazione appaltante non escluda l’aggiudicataria per mancanza dei requisiti dichiarati, ma non dimostrati nella fase del controllo precedente alla stipulazione del contratto. Ai fini della quantificazione del predetto danno: all’impresa danneggiata è dovuto l’interesse c.d. positivo che ricomprende sia il mancato profitto che l’impresa avrebbe ricavato dall’esecuzione dell’appalto, sia il danno c.d. curriculare, ovvero il pregiudizio subito a causa del mancato arricchimento del curriculum e dell’immagine professionale per non poter indicare in esso l’avvenuta esecuzione dell’appalto”.

a cura di Sonia Lazzini

LEGGIAMO INFATTI NELLA SENTENZA NUMERO 1943 DEL 14 DICEMBRE 2020 PRONUNCIATA DAL TAR CAMPANIA, SALERNO CHE

“Va, peraltro, precisato che, giusta la giurisprudenza prevalente (cfr. Consiglio di Stato ad. plen., 12/05/2017, n. 2); “Nel caso di mancata aggiudicazione, il danno conseguente al lucro cessante si identifica con l’interesse c.d. positivo, che ricomprende sia il mancato profitto (che l’impresa avrebbe ricavato dall’esecuzione dell’appalto), sia il danno c.d. curricolare (ovvero il pregiudizio subìto dall’impresa a causa del mancato arricchimento del curriculum e dell’immagine professionale per non poter indicare in esso l’avvenuta esecuzione dell’appalto). Spetta, in ogni caso, all’impresa danneggiata offrire, senza poter ricorrere a criteri forfettari, la prova rigorosa dell’utile che in concreto avrebbe conseguito, qualora fosse risultata aggiudicataria dell’appalto, poiché nell’azione di responsabilità per danni il principio dispositivo opera con pienezza e non è temperato dal metodo acquisitivo proprio dell’azione di annullamento (ex art. 64, commi 1 e 3, c.p.a.), e la valutazione equitativa, ai sensi dell’art. 1226 c.c., è ammessa soltanto in presenza di situazione di impossibilità — o di estrema difficoltà — di una precisa prova sull’ammontare del danno”.

Analogamente, per quanto concerne il danno curriculare, s’è statuito che: “Nulla spetta in relazione ai danni derivanti dalla mancata aggiudicazione di una gara di appalto sotto forma del c.d. danno curriculare, ove sia mancata una adeguata prova della sua sussistenza ed entità” (Consiglio di Stato, Sez. IV, 1/04/2015, n. 1708).

Ciò posto, s’osserva che, nella specie, tale prova è stata assolta, dalla ricorrente, mediante il deposito di perizia giurata di parte, redatta da un tecnico, il quale ha quantificato l’utile presunto, rinveniente dall’esecuzione dell’appalto, nella somma complessiva di € 17.745,00 ed il danno curriculare, inteso quale “riduzione di possibilità dì partecipazione dell’impresa a gare future come mancato incremento delle sue referenze misurate in termini di capacità economico – finanziarie”, nella somma complessiva di € 7.933,79, per un totale di danno risarcibile, pari alla somma delle due predette voci, e quindi pari ad € 17.745,00 + 7.933,79 = € 25.678,79.

Tale quantificazione del danno, è stata oggetto di contestazioni da parte della difesa della stazione appaltante, per le quali si rinvia alla narrativa che precede.

Orbene, tenuto conto di tali contestazioni, precipuamente volte alla contestazione della percentuale di utile rinvenibile dall’appalto de quo, e riconosciuto, comunque, in favore della ricorrente, il danno curriculare, stante la condivisibilità, in linea generale, dei calcoli proposti dal tecnico di parte, non fatti segno, a loro volta, di puntuale confutazione dalle controparti, il Collegio ritiene che il danno, complessivamente subito, dalla ricorrente, per effetto della mancata aggiudicazione dell’appalto di servizi in oggetto, come articolato nelle due voci, sopra specificate, sia stato provato, fino alla concorrenza della somma di € 18.000,00 (diciottomila/00).”

Per eventuali approfondimenti, riportiamo il testo completo della sentenza

Pubblicato il 14/12/2020

N. 01943/2020 REG.PROV.COLL.

N. 00890/2020 REG.RIC.

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

Il Tribunale Amministrativo Regionale della Campania

sezione staccata di Salerno (Sezione Seconda)

ha pronunciato la presente

SENTENZA

sul ricorso, numero di registro generale 890 del 2020, proposto da:

ricorrente Società Cooperativa, in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentata e difesa dagli Avv. Simona Corradino e Francesco Lanocita, con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia e domicilio eletto, in Salerno, alla Via Roma, 61;

contro

Comune di Montecorice, in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentato e difeso dall’Avv. Alberto La Gloria, con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia e domicilio eletto, in Salerno, al Largo Dogana Regia, 15, presso l’Avv. Antonio Brancaccio;

Commissione di Gara presso il Comune di Montecorice, Asmel Consortile S. C. A. R. L. – Centrale Unica di Committenza, in persona dei rispettivi legali rappresentanti pro tempore, non costituiti in giudizio;

nei confronti

Cantieri controinteressata s. r. l., in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentata e difesa dagli Avv. Marcello Fortunato e Ferdinando Scotto, con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia e domicilio eletto in Salerno, alla via SS. Martiri Salernitani, 31, presso l’Avv. Fortunato;

per l’annullamento

– 1) della determinazione n. 165 del 23.06.2020, emessa dal Responsabile del Comune di Montecorice, avente ad oggetto “Procedura di gara aperta, ai sensi dell’art. 60 del D. Lgs. n. 50 del 18 aprile 2016, per l’affidamento all’esterno di alcuni servizi ausiliari, secondari, strumentali ed accessori, necessari alla gestione comunale, diretta e pubblica, del porto turistico di Agnone, per il periodo dal 1° luglio al 30 settembre 2020 – Approvazione della proposta di aggiudicazione e aggiudicazione”;

– 2) della determinazione n. 149 dell’8.06.2020, con la quale il Responsabile del Comune di Montecorice ha proceduto alla nomina della Commissione Giudicatrice ed alla convocazione della prima seduta pubblica di gara;

– 3) dei verbali di gara dell’11.06.2020, 15.06.2020, 18.06.2020 (ore 9) e del 18.06.2020 (ore 18);

– 4) della relazione a firma del R.U.P., datata 22.06.2020;

– 5) di tutti gli ulteriori atti presupposti, connessi, collegati e consequenziali, ivi compresi, per quanto di ragione, il bando di gara, il disciplinare di gara ed il relativo capitolato, approvati con determinazione n. 128 del 15.05.2020;

nonché per la condanna

al risarcimento del danno in forma specifica, anche attraverso il subentro della ricorrente nel contratto d’appalto, eventualmente stipulato tra il Comune di Montecorice e la controinteressata;

Visti il ricorso e i relativi allegati;

Visti gli atti di costituzione in giudizio del Comune di Montecorice e della Cantieri controinteressata s. r. l.;

Viste le memorie difensive;

Visti tutti gli atti della causa;

Visti gli artt. 74 e 120, co. 10, cod. proc. amm.;

Relatore, nell’udienza pubblica del giorno 25 novembre 2020, il dott. Paolo Severini;

Uditi per le parti i difensori, come specificato nel verbale;

Ritenuto e considerato, in fatto e in diritto, quanto segue;

FATTO

La società ricorrente, premesso che:

con la determinazione n. 128 del 15.05.2020, il Comune di Montecorice aveva indetto una “procedura di gara aperta, ai servizi dell’art. 60 del D. Lgs. n. 50 del 18.04.2015, per l’affidamento all’esterno di alcuni servizi ausiliari, secondari, strumentali ed accessori, necessari alla gestione comunale, diretta e pubblica, del porto turistico di Agnone, per il periodo dal 1° luglio al 30 settembre 2020”;

nel bando di gara, al punto “II.1.2) Breve descrizione dell’appalto”, l’oggetto di gara – da aggiudicare all’offerta economicamente più vantaggiosa – era stato così specificato: “fornitura di alcuni servizi necessari, per il periodo dal 1 luglio al 30 settembre 2020, per la gestione pubblico comunale del porto turistico di Agnone e, precisamente: – servizio assistenza all’ormeggio e disormeggio da terra ed in acqua; – servizio di verifica e di sorveglianza e custodia; – servizio di prevenzione e pronto soccorso in caso di incendio; -servizio di accoglienza ed assistenza tecnica in banchina; – servizio di montaggio e smontaggio pontili e predisposizione degli ormeggi con OTS, manutenzione ordinaria impianti, fornitura ufficio mobile e info – point turistico; – servizio di supporto specialistico per le attività organizzative e di coordinamento dei servizi e del personale”;

essendo in possesso di tutti i requisiti previsti dal bando, aveva presentato domanda di partecipazione, anche alla luce dell’esperienza acquisita sin dal 1997 nel settore specifico dei servizi, oggetto della procedura (tra l’altro aveva svolto il medesimo servizio, per il Comune di Montecorice, in quanto aggiudicataria dell’appalto per l’anno 2019);

tanto premesso, lamentava che “nonostante il chiaro contenuto della lex specialis, con il verbale dell’11.06.2020, la Commissione di Gara aveva dato atto del possesso, in capo alla società controinteressata, dei requisiti d’ammissione ed idoneità professionale, con attribuzione di punti 82, procedendo all’aggiudicazione dell’appalto in favore della medesima”; rappresentava che, con istanza, prot. n. 4616 del 25.06.2020, quale seconda classificata, con un punteggio di 76, aveva inoltrato, al Comune, richiesta d’accesso agli atti, onde ottenere la documentazione di gara presentata dalla controinteressata; e che, a seguito della verifica della documentazione, consegnata il 16.07.2020, aveva riscontrato l’illegittimità dell’aggiudicazione, atteso che la controinteressata era priva dei requisiti d’ammissione e di partecipazione, richiesti dalla lex specialis, poiché l’attività svolta dalla predetta non era “né identica, né analoga, né latamente riferibile agli elementi principali caratterizzanti il servizio, oggetto dell’appalto, dettagliati dalla Stazione Appaltante”; in particolare, “la documentazione presentata dalla controinteressata è idonea a comprovare solo un’esperienza nel settore cantieristico (CCNL applicato Metalmeccanico), con conseguente illegittimità anche della valutazione compiuta dalla Commissione di Gara in merito all’esperienza pregressa acquisita”;

ed articolava, avverso gli atti, specificati in epigrafe, le seguenti censure in diritto:

I) VIOLAZIONE E FALSA APPLICAZIONE DI LEGGE (ARTT. 3 E 97 COST.; ARTT. 1363, 1367, 1369 C.C.; ARTT.83, 84, 85, 86 E 87 D.LVO 50/2016; ARTT. 46, 47 E 75, DPR 445/2000; ARTT. 2, 3 E SEGG. L.241/90) – ECCESSO DI POTERE (CARENZA DEI PRESUPPOSTI, DI ISTRUTTORIA E DI MOTIVAZIONE – TRAVISAMENTO DEI FATTI) – VIOLAZIONE DEL GIUSTO PROCEDIMENTO, DELLA PAR CONDICIO DEI PARTECIPANTI E DELLA LEX SPECIALIS:

i provvedimenti, con cui l’appalto era stato aggiudicato alla controinteressata erano illegittimi, per carenza della necessaria idoneità professionale, richiesta dall’art. 83, commi 1 lett. a) e 3, del D. Lgs. n. 50/2016 e dalla lex specialis; in particolare, la predetta non possedeva la richiesta professionalità, coerente con le prestazioni di gara; l’art. 8 del disciplinare richiedeva espressamente, come requisito d’ammissione, la regolare iscrizione alla Camera di Commercio per attività di servizi, analoghi all’oggetto dell’appalto; il successivo art. 9, al punto 2, indicava come requisito d’idoneità professionale che: “I concorrenti, se cittadini italiani o di altro stato membro residenti in Italia, devono provare la loro iscrizione nel registro della Camera di Commercio, Industria, Artigianato ed Agricoltura per l’esercizio delle attività inerenti i servizi oggetto dell’appalto. L’oggetto sociale risultante dal certificato di iscrizione CCIAA in corso di validità deve espressamente riportare i riferimenti alle attività da svolgere nel servizio oggetto di gara”; era, poi, previsto che l’assenza delle condizioni preclusive ed il possesso dei requisiti richiesti, le modalità della dichiarazione e documentazione dei detti requisiti di partecipazione alla gara erano provate, a pena d’esclusione dalla gara, con le modalità, le forme ed i contenuti previsti dal disciplinare; ancora, nel descrivere il luogo di prestazione dei servizi, oggetto dell’appalto, il Comune di Montecorice aveva specificato che l’area – Porto Turistico di Agnone Cilento – era quella, oggetto della concessione demaniale marittima, rilasciata dalla Regione Campania all’ente, comprendente gli specchi acquei e le relative banchine, costituite da pontili mobili galleggianti, comprensivi delle strutture destinate all’ormeggio imbarcazioni; coerentemente, quindi, con i servizi tipici di un porto turistico, il Comune di Montecorice aveva individuato la categoria merceologica CPV (common procurement vocabulary attuativo del regolamento CE 213/2008) “98360000-4 servizi marini”; sicché, attraverso il selezionato CPV la Stazione Appaltante aveva circoscritto l’oggetto dell’appalto ai servizi, ricadenti nel citato codice, peraltro coincidenti con quelli della lex specialis; nell’ambito del CPV in questione erano comprese le seguenti sub – categorie di servizi: – CPV 98361000-1: servizi acquatici marini; – CPV 98362000-8: servizi di gestione porti; – CPV 98362100-9: servizi di assistenza a basi marine; – CPV 98363000-5: servizi di immersione; le note esplicative, proprie della classe CPV 9836: servizi marini, chiarivano che tale classe non comprendeva: – riparazione, manutenzione e servizi affini relativi alle navi e ad altre attrezzature; – servizi di ricerca marina; – servizi di rilevazione marina; sicché, alla luce di tale disposizioni, la controinteressata andava esclusa dalla procedura di gara, in pratica, viste le scelte dell’Amministrazione Appaltante d’ancorare l’idoneità professionale – e quindi l’iscrizione alla Camera di Commercio – ad un circoscritto ambito di servizi (tutti sussumibili all’interno della categoria servizi marini) e di richiedere, ai fini della partecipazione alla procedura di gara, una congruenza tra l’oggetto del contratto d’appalto (…) e la professionalità dei concorrenti, nella specie non v’era alcuna congruenza tra l’attività cantieristica svolta dalla controinteressata e i servizi marini, oggetto dell’appalto”, posto che dalla lettura della visura camerale di quest’ultima emergeva che l’attività in concreto esercitata era quella di “riparazione e manutenzione di navi commerciali e imbarcazioni da diporto – Codice Ateco 33.15” e di “riparazione e manutenzione di macchine di impiego generale – Codice Ateco 33.12.1” (CCNL applicato Metalmeccanico), attività che non avevano alcuna congruenza con quelli, oggetto di gara (…); inoltre, i servizi descritti nell’oggetto sociale non riportavano “i riferimenti alle attività da svolgere nel servizio oggetto di gara”, come espressamente richiesto – unitamente all’attivazione del servizio esercitato – dall’art. 9, punto 2, lett. a), del disciplinare di gara, a pena d’esclusione; sicché la valutazione della stazione appaltante, che aveva ritenuto coerente la descrizione delle attività imprenditoriali esercitate e dell’oggetto sociale, riportate nel certificato camerale, con il requisito d’ammissione richiesto dalla lex specialis e con l’oggetto dell’appalto, erano illegittimi per violazione di legge e per difetto d’istruttoria e dei presupposti, posto che l’Amministrazione “avrebbe dovuto escludere la controinteressata per carenza dello specifico requisito di idoneità professionale, emergente dalla richiamata documentazione, inidonea a soddisfare le esigenze di affidabilità delle imprese partecipanti, come espressamente richiesto a pena di esclusione dalla lex specialis”;

II) VIOLAZIONE E FALSA APPLICAZIONE DI LEGGE (ARTT. 3 E 97 COST.; ARTT. 1363, 1367, 1369 C.C.; ARTT. 83, 84, 85, 86 E 87 D. LVO 50/2016; ARTT. 46, 47 E 75, DPR 445/2000; ARTT. 2, 3 E SEGG. L.241/90) – ECCESSO DI POTERE (CARENZA DEI PRESUPPOSTI, DI ISTRUTTORIA E DI MOTIVAZIONE – TRAVISAMENTO DEI FATTI – SVIAMENTO – ILLOGICITÀ) – VIOLAZIONE DEL GIUSTO PROCEDIMENTO, DELLA PAR CONDICIO DEI PARTECIPANTI E DELLA LEX SPECIALIS:

ferma la natura assorbente, del precedente motivo, la ricorrente deduceva l’illegittimità dell’aggiudicazione, sotto l’ulteriore profilo “della palese illogicità della valutazione compiuta dalla Commissione di gara e del conseguente punteggio attribuito alla controinteressata, affetto da travisamento dei fatti” (omissis);

III) VIOLAZIONE E FALSA APPLICAZIONE DI LEGGE (ARTT. 3 E 97 COST.; ARTT. 83, 84, 85, 86, 87,95 E 97 COMMA 5, D. LGS. 50/2016; ARTT. 46, 47 E 75, DPR 445/2000; ARTT. 2, 3 E SEGG. L. N. 241/90) – ECCESSO DI POTERE (CARENZA DEI PRESUPPOSTI, DI ISTRUTTORIA E DI MOTIVAZIONE – TRAVISAMENTO DEI FATTI) – VIOLAZIONE DEL GIUSTO PROCEDIMENTO, DELLA PAR CONDICIO DEI PARTECIPANTI E DELLA LEX SPECIALIS:

dalla comparazione delle offerte economiche delle concorrenti risaltava la notevole differenza tra i costi di sicurezza ed i costi di manodopera, reciprocamente riportati nelle tabelle rispettivamente redatte, nel senso che “i minori costi dichiarati dalla controinteressata” avevano determinato “la possibilità di offrire un ribasso maggiore rispetto alla ricorrente”;

IV) VIOLAZIONE E FALSA APPLICAZIONE DI LEGGE (ARTT. 3 E 97 COST.; ARTT. 1363, 1367, 1369 C.C.; ARTT. 83, 84, 85, 86 E 87 D.LVO 50/2016; ARTT. 46, 47 E 75, DPR 445/2000; ARTT. 2, 3 E SEGG. L.241/90) – ECCESSO DI POTERE (CARENZA DEI PRESUPPOSTI, DI ISTRUTTORIA E DI MOTIVAZIONE – TRAVISAMENTO DEI FATTI) – VIOLAZIONE DEL GIUSTO PROCEDIMENTO, DELLA PAR CONDICIO DEI PARTECIPANTI E DELLA LEX SPECIALIS.

la controinteressata aveva dimostrato la propria capacità economico – finanziaria, presentando la referenza bancaria del Banco BPM del 28.05.2020, con la quale l’istituto dichiarava che la società “… è nostra cliente e che il rapporto con il nostro istituto procede in modo regolare”; ma in assenza delle informazioni, espressamente richieste dalla legge di gara, emergeva “l’illegittimità della disposta aggiudicazione anche per carenza in capo alla controinteressata del requisito della “capacità economica e finanziaria”.

Si costituivano in giudizio la controinteressata ed il Comune di Montecorice, con memorie di stile.

La controinteressata depositava, quindi, memoria difensiva, nella quale replicava alle doglianze di controparte, segnatamente osservando, quanto al primo motivo di gravame, quanto segue: “1.1 – A dire della ricorrente, l’aggiudicataria sarebbe priva dei requisiti di idoneità professionale ex art. 83, comma 1, lettera a) e comma 3, D. Lgs. n. 50/2016. 1.2 (…) L’infondatezza della censura trova conferma nelle prescrizioni della lex specialis. 1.2.1 – Invero, da un lato, l’art. 9 – comma 2 del disciplinare (sui “requisiti di idoneità professionale” richiesti ai concorrenti) ha chiaramente previsto che, ai fini di tale accertamento, dovesse essere preso in considerazione l’oggetto sociale come risultante dal certificato di iscrizione alla Camera di Commercio (“i concorrenti, se cittadini italiani o di altro stato membro residenti in Italia, devono provare la loro iscrizione nel registro della Camera di Commercio, Industria, Artigianato ed Agricoltura per l’esercizio delle attività inerenti i servizi oggetto dell’appalto. L’oggetto sociale risultante dal certificato di iscrizione CCIAA in corso di validità deve espressamente riportare i riferimenti alle attività da svolgere nel servizio, oggetto di gara”). Era, quindi, l’oggetto sociale che doveva dimostrare la concreta misura della capacità professionale dei concorrenti, per espressa previsione della lex specialis, non contestata ex adverso. 1.2.2 – Dall’altro, il Comune di Montecorice non aveva mai individuato e/o circoscritto l’oggetto dell’appalto ai “servizi marini”, aventi la categoria merceologica 98360000-4 (con le sue relative declinazioni). L’art. 10 – comma 3 del disciplinare (sulle “modalità di presentazione dell’offerta”), s’era riferito a tale tipologia di servizi, solo ai fini dell’abilitazione telematica alla gara dei concorrenti sulla base di un form (ovvero di un modulo o interfaccia utente) prestabilito in via generale ed astratta dalla Centrale di Committenza Asmel Consortile, ove erano indicate le più svariate categorie merceologiche. Era ivi previsto, infatti, che “al fine di potersi abilitare con successo alla gara le imprese dovranno selezionare, all’interno della sezione “Categorie”, presente nel form di iscrizione, le seguenti categorie merceologiche: Categoria: 98360000-4 servizi marini” (si cfr. pagina 9); – ma ciò non toglieva che l’esatto oggetto dell’appalto era solo quello, individuato dall’art. 2.1 del disciplinare di gara e dall’art. 5 del capitolato d’appalto (servizio di assistenza all’ormeggio e disormeggio da terra e in acqua, servizio di verifica e di sorveglianza e custodia, servizio di prevenzione e pronto soccorso in caso di incendio, servizio di accoglienza ed assistenza tecnica in banchina, servizio di montaggio e smontaggio pontili e predisposizione degli ormeggi con OTS, manutenzione ordinaria impianti, fornitura ufficio mobile e info-point turistico, servizio di supporto specialistico per le attività organizzative e di coordinamento dei servizi e del personale). Non a caso, nella descrizione della stazione appaltante non era presente nessuno dei servizi, riconducibili alla categoria merceologica 9836000-4, richiamati dalla ricorrente nella sua impugnativa (e, cioè, servizi marini acquatici, servizi di gestione porti, servizi di assistenza a basi marine, servizi di immersione), allo scopo d’inferirne una presunta inidoneità professionale dell’aggiudicataria. 1.3 – In secondo luogo, l’oggetto sociale dell’impresa aggiudicataria (in base al quale, la stazione appaltante doveva condurre l’accertamento circa l’idoneità professionale del concorrente) era il seguente: “attività di cantiere navale; riparazione e manutenzione ordinaria e straordinaria di navi, barche, imbarcazioni e natanti da pesca e da diporto; alaggio e varo; gestione di pontili galleggianti, gavitelli per attracco, ormeggio e sosta; noleggio e trasferimento di navi, imbarcazioni via terra e via mare; costruzioni di navi, imbarcazioni da pesca e da diporto in vetroresina e legno; vendita di ricambi ed accessori per la pesca e la nautica; brokeraggio; verniciatura di imbarcazioni, navi, natanti e simili; soccorso e riparazioni in mare; l’importazione e l’esportazione nonché la rappresentanza con e senza deposito di quanto occorrente per l’esecuzione delle attività di cui innanzi” (cfr. pag. 3 del certificato camerale dell’8.4.2020). Quindi la controinteressata era in possesso dell’idoneità professionale richiesta dalla lex specialis, perché il suo oggetto sociale era sostanzialmente coincidente con la maggior parte dei servizi, posti a base di gara ed era conforme anche alle esigenze, manifestate dal Comune di Montecorice nelle premesse del disciplinare di gara e del capitolato di appalto. 1.4 – Infine, ai sensi dell’art. 83, comma 1, lettera a) e comma 3, D. Lgs. n. 50/2016, le risultanze del certificato camerale di un concorrente devono essere valutate dalla stazione appaltante, per accertare che le stesse siano complessivamente idonee a comprovare il possesso dei prescritti requisiti d’idoneità professionale. E, in ordine a tale valutazione, era pacifico in giurisprudenza che la corrispondenza contenutistica, sebbene non debba intendersi nel senso di una perfetta e assoluta sovrapponibilità tra tutte le singoli componenti dei due termini di riferimento, va accertata secondo un criterio di rispondenza alla finalità di verifica della richiesta idoneità professionale, in virtù di una considerazione non già atomistica, parcellizzata e frazionata, ma globale e complessiva delle prestazioni dedotte in contratto (…). Alla luce della disamina del certificato camerale della controinteressata (e dell’oggetto sociale ivi indicato), nonché della sua complessiva qualificazione professionale, il Comune di Montecorice aveva giustamente disposto la sua ammissione a gara (di cui era, poi, risultata legittima aggiudicataria)”.

Anche il Comune di Montecorice produceva scritto difensivo, in cui rilevava l’inammissibilità/infondatezza delle avverse doglianze, segnatamente argomentando, quanto alla prima censura del ricorso, in modo sostanzialmente identico alla controinteressata.

Seguiva il deposito, nell’interesse della ricorrente, di memoria difensiva, in cui, tra l’altro osservava: “Con l’impugnato provvedimento di aggiudicazione il Comune di Montecorice ha illegittimamente affidato lo svolgimento dei servizi marini strumentali ed accessori alla gestione del porto turistico di Agnone alla Società Cantieri controinteressata del tutto priva del requisito di professionalità previsto a pena di esclusione dalla lex specialis ai fini della partecipazione, nonché dell’esperienza richiesta nello svolgimento di tali servizi come palesemente evincibile dalla documentazione versata in atti. È provato che la società controinteressata ha sempre ed esclusivamente svolto lavori di cantieristica navale (riparazioni meccaniche). La stessa società ha depositato in data 24.07.2020 la documentazione (UNILAV) comprovante l’assunzione di personale con applicazione del CCNL Metalmeccanica” (…); e, più avanti: “L’art. 124 c. p. a. dispone che se il giudice non dichiara l’inefficacia del contratto già stipulato con altri, con la conseguente possibilità del ricorrente di subentrare nell’appalto e ottenere così il risarcimento in forma specifica, deve essere disposto il “risarcimento del danno per equivalente, subito e provato”. A questo punto, proprio a tal fine, sono state indicate con la consulenza tecnica (cfr. consulenza allegata) le voci che determinano il danno ingiustamente sofferto dalla ricorrente ferma restando la pronuncia di illegittimità dell’appalto nei confronti della controinteressata. Tra le voci di danno richieste, così come documentalmente supportate, sono state individuate il danno reddituale e quello curriculare, per un totale di € 25.613,67. È dimostrata la percentuale concreta di utile che la ricorrente avrebbe ottenuto se fosse risultata aggiudicataria dell’appalto. In particolare, la ricorrente ha provato l’offerta economica, presentata in sede di gara, le spese sostenute e da sostenere in concreto, e ogni altra voce rilevante per la definizione dell’effettivo margine di guadagno, che avrebbe potuto conseguire dall’appalto. Il lucro cessante è declinabile anche sub specie del cd. danno curriculare, costituito sia dal mancato incremento del giro di affari complessivo, sia dal mancato incremento delle capacità tecniche ed economiche dell’impresa. Si tratta di due voci che possono incidere sulla possibilità di partecipazione dell’impresa a gare future e sulle possibilità di aggiudicazione delle stesse. Non è dubitabile, invero, che il fatto stesso di eseguire un appalto pubblico (anche a prescindere dal lucro che l’impresa ne ricava grazie al corrispettivo pagato dalla stazione appaltante), possa essere, comunque, fonte, per l’impresa, di un vantaggio economicamente valutabile, perché accresce la capacità di competere sul mercato e, quindi, la chance di aggiudicarsi ulteriori e futuri appalti. In ultimo, ai fini dell’integrale risarcimento del danno, che costituisce debito di valore, occorre riconoscere, inoltre, al danneggiato sia la rivalutazione monetaria (secondo l’indice medio dei prezzi al consumo, elaborato dall’Istat) che attualizza al momento della liquidazione il danno subito, sia gli interessi compensativi (determinati in via equitativa, assumendo come parametro il tasso di interesse legale) calcolati sulla somma periodicamente rivalutata, volti a compensare la mancata disponibilità di tale somma, fino al giorno della liquidazione del danno, sia, infine, gli interessi legali sulla somma complessiva, dal giorno della pubblicazione della sentenza (che con la liquidazione del credito ne segna la trasformazione in credito di valuta) sino al soddisfo”.

Seguiva la produzione di scritto difensivo, da parte del Comune di Montecorice, il quale, oltre ad affermare che, con la memoria suddetta, controparte avrebbe introdotto una nuova censura, non formulata nell’atto introduttivo del giudizio, rilevava, altresì, che la domanda risarcitoria, avanzata ex adverso, era inammissibile ed infondata, perché non sorretta da una alcuna prova concreta, circa il danno asseritamente subito dalla società ricorrente, a titolo di mancato utile ed anche a titolo di danno curriculare; (…) in particolare, “la ricorrente si sarebbe limitata ad affermare che il danno reddituale e quello curriculare erano complessivamente pari all’importo di € 25.613,67, come da allegata consulenza tecnica che, però, a sua volta, non era sorretta da alcun effettivo elemento probatorio, in ordine alla quantificazione dell’utile di impresa (che, significativamente, era definito soltanto “presunto”). In particolare, da tale consulenza, emergeva che il mancato guadagno per non avere conseguito l’appalto sarebbe stato pari ad € 17.745,00 e il danno curriculare, invece, ad € 7.933,79”. Nel primo caso, tuttavia, osservava che, in proporzione al valore dell’appalto come decurtato del ribasso percentuale (del 6%) offerto dal concorrente (€ 70.500,00), l’utile presunto d’impresa, che il consulente aveva attribuito alla società ricorrente (€ 17.745,00) corrispondeva ad una percentuale del 25%, valore “oggettivamente fuori mercato”, ove si consideri che, ordinariamente, per gli appalti di lavori, servizi e forniture, la percentuale di utile si attesta su valori, di molto inferiori (quasi mai oltre il 10% e, spesso, anche meno); inoltre, non era stata data alcuna prova concreta dei costi, necessari per l’esecuzione dell’appalto, detratti i quali s’avrebbe quello, che il consulente della ricorrente qualificava come utile presunto; eccettuato il costo della manodopera (€ 45.000,00) e il costo degli oneri di sicurezza aziendali (€ 1.500,00), oggetto di vincolante dichiarazione in sede di gara, non vi sarebbe stata alcuna effettiva dimostrazione delle altre voci di costo e, quindi, non sarebbe “dato sapere se, in concreto, è veritiera o meno la determinazione finale dell’utile presunto, come operata dal consulente (che dovrebbe essere pari ad € 17.745,00 e, cioè, come detto, alla percentuale del 25% dell’intero importo offerto)”; ancora, non mancavano elementi discordanti, rispetto alla stima operata dal consulente, come, per esempio: – i “diritti aggiudicazione gara ASMECOM 1%”, indicati dal consulente in € 705,00, laddove invece il disciplinare di gara li ha espressamente quantificati in misura fissa in “€ 750,00 oltre IVA” e, quindi, in complessivi € 915,00 (cfr. l’art. 11, paragrafo “atto unilaterale d’obbligo”, pagina 17 del disciplinare); – le “polizze fidejussorie gara”, indicate dal consulente in appena € 150,00, mentre il disciplinare di gara, per la sola cauzione provvisoria, aveva quantificato un importo fisso di “€ 1.500,00 pari al 2% dell’importo complessivo dell’appalto” (cfr. l’art. 11, punto 2) sulla “cauzione provvisoria”, pagina 17 del disciplinare); anche per il danno curriculare, del resto, era necessaria la prova specifica del nocumento, in difetto della quale, alcun risarcimento era possibile (…). Infine, sulla somma concessa a titolo di risarcimento del danno non potevano computarsi, contemporaneamente, sia gli interessi compensativi, sia gli interessi legali, finendo altrimenti per corrispondere un’ulteriore somma risarcitoria, che si aggiungerebbe all’importo, già espressamente computato a tale titolo.

In replica, la ricorrente osservava, inter alias, che: “Il Comune di Montecorice censura la memoria notificata, anche nella parte relativa alla domanda di risarcimento del danno per equivalente, perché “non sorretta da alcuna prova concreta, circa il danno asseritamente subito”; e, premessa la subalternità del rimedio del risarcimento per equivalente – in quanto un minus rispetto al prioritario risarcimento in forma specifica – una volta eseguito il servizio dalla controinteressata, era divenuto impossibile ottenere il risarcimento in forma specifica ed il subentro nel contratto, come domandati nel ricorso introduttivo, onde la ricorrente s’era adoperata nel chiedere una perizia tecnica sulla quantificazione del danno, ai fini del risarcimento, ex art. 124, c. p. a.; per quanto concerneva la prova del danno reddituale, i costi applicati dalla ricorrente “in anni di esperienza maturata nel settore specifico erano documentati (omissis), come pure era verosimile la redditività dell’investimento”; tanto, al fine di sostenere “la fondatezza dell’istanza risarcitoria per equivalente articolata e documentata dalla ricorrente, collocata seconda in graduatoria, non residuando in capo all’Amministrazione ulteriori poteri di verifica, attesa la definizione di tutta la procedura di gara e dei relativi controlli, e non avendo peraltro la stazione appaltante rilevato profili di anomalia nell’offerta presentata dalla ricorrente, né le risultanze peritali di parte erano state tecnicamente confutate”.

Alla pubblica udienza del 25.11.2020, tenutasi da remoto in modalità TEAMS, il ricorso era trattenuto in decisione.

DIRITTO

Il ricorso è fondato.

Carattere decisivo, con assorbimento delle altre censure, riveste la considerazione della prima censura dell’atto introduttivo del giudizio.

In particolare, dalla lettura del disciplinare di gara, si ricava, quanto ai requisiti d’ammissione alla gara, quanto segue:

“ART. 2.

2.1 OGGETTO DELL’APPALTO, LUOGO E TEMPI DI ESECUZIONE.

L’oggetto dell’appalto consiste nella fornitura di alcuni servizi ausiliari, secondari, strumentali ed accessori, necessari alla gestione comunale, diretta e pubblica, del porto turistico di Agnone, per il periodo dal 1° luglio 2020 al 30 settembre 2020 e, precisamente:

– servizio di assistenza all’ormeggio e disormeggio da terra ed in acqua;

– servizio di verifica, di sorveglianza e custodia;

– servizio di prevenzione e pronto intervento in caso di incendio;

– servizio di accoglienza ed assistenza tecnica in banchina;

– servizio di montaggio e smontaggio pontili e predisposizione degli ormeggi con OTS, manutenzione ordinaria impianti, fornitura ufficio mobile e info-point turistico;

– servizio di supporto specialistico per le attività organizzative e di coordinamento dei servizi e del personale;

ART. 8

SOGGETTI AMMESSI A PARTECIPARE ALLA GARA.

1. Sono ammessi a partecipare alla gara i soggetti di cui all’art. 45 del Codice nonché i raggruppamenti temporanei di concorrenti non ancora costituiti e consorzi ordinari di concorrenti ex art. 2602 del Codice Civile, regolarmente iscritti alla Camera di Commercio per l’attività di servizi analoghi all’oggetto dell’appalto.

ART. 9

CONDIZIONI E REQUISITI DI PARTECIPAZIONE.

2. Requisiti di idoneità professionale.

a) I concorrenti, se cittadini italiani o di altro stato membro residenti in Italia, devono provare la loro iscrizione nel registro della Camera di Commercio, Industria, Artigianato ed Agricoltura per l’esercizio delle attività inerenti i servizi oggetto dell’appalto. L’oggetto sociale risultante dal certificato di iscrizione CCIAA in corso di validità deve espressamente riportare i riferimenti alle attività da svolgere nel servizio oggetto di gara”.

Dalla lettura del certificato camerale dell’aggiudicataria, si ricava che la stessa, alla voce “attività esercitata nella sede legale”, risulta essere dedita “dal 12/3/2004 alla riparazione e manutenzione di navi, barche, imbarcazioni e natanti da pesca e da diporto, verniciatura di imbarcazioni”; laddove, alla voce “attività secondaria esercitata nella sede legale”, risulta che la stessa esercita “dal 31/12/2013 (attività di) costruzione di imbarcazioni da diporto e sportive, riparazione e manutenzione di macchine “nel settore navale/nautico”: riparazione (e) manutenzione di motori, turbine e turboalternatori, pompe, compressori ed apparecchi relativi, valvole/ingranaggi/organi di trasmissioni, apparecchiature fluidodinamiche e pneumatiche.

Analogamente, sotto la voce: “classificazione ATECORI 2007 dell’attività (fonte Agenzia delle Entrate)”, è riportato quanto segue: Codice: 33.15 – riparazione e manutenzione di navi commerciali e imbarcazioni da diporto (esclusi i loro motori) – Importanza: prevalente svolta dall’impresa; Codice: 33.15 riparazione e manutenzione di navi commerciali e imbarcazioni da diporto (esclusi i loro motori) – Importanza: primaria Registro Imprese; Codice: 33.12.1 – riparazione e manutenzione di macchine di impiego generale – Importanza: secondaria Registro Imprese.

L’oggetto sociale della controinteressata, sempre risultante dal certificato della C. C. I. A. A. di Salerno, è più ampio, ed è precisamente il seguente: “La società ha ad oggetto: – l’attività di cantiere navale; – riparazione e manutenzione ordinaria e straordinaria di navi, barche, imbarcazioni e natanti da pesca e da diporto; – alaggio e varo; – gestione di pontili galleggianti, gavitelli per attracco, ormeggio e sosta; – noleggio e trasferimenti di navi, imbarcazioni via terra e via mare; – costruzione di navi, imbarcazioni da pesca e da diporto in vetroresina e legno; – vendita di ricambi ed accessori per la pesca e la nautica; – brokeraggio; – verniciatura di imbarcazioni, navi, natanti e simili; – soccorso e riparazioni in mare; – l’importazione e l’esportazione nonché la rappresentanza con e senza deposito di quanto occorrente per l’esecuzione delle attività di cui innanzi (…).

Quindi, come può agevolmente notarsi, nella specie si registra una marcata divergenza tra l’oggetto sociale della società controinteressata e l’attività, concretamente esercitata dalla stessa, nel senso che – laddove il primo è assai più ampio e comprende almeno alcuni dei servizi, dedotti in appalto – la seconda è estremamente più ristretta, essendo di fatto, limitata ad attività rientranti nella cantieristica navale, che non è attività analoga, anzi quasi del tutto, sostanzialmente, estranea, rispetto ai “servizi ausiliari, secondari, strumentali ed accessori, necessari alla gestione comunale, diretta e pubblica, del porto turistico di Agnone”, come precisati nel riferito art. 2 del disciplinare di gara.

Premesso, allora, che, “ai fini della dimostrazione del possesso del requisito dell’idoneità tecnica richiesta per lo svolgimento di tutti i servizi oggetto dell’appalto non è sufficiente l’indicazione, nell’oggetto sociale, delle attività oggetto di affidamento” (T. A. R. Sardegna, Sez. I, 10/01/2020, n. 16), ritiene il Collegio che vadano applicati, alla specie, i principi, ricavabili dalla parte motiva della sentenza del C. di S., Sez. V, del 15/11/2019, n. 7846, che di seguito si riporta, nella parte d’interesse:

“(…) 7. Come chiarito dalla recente giurisprudenza di questo Consiglio, che la Sezione condivide e alla quale intende dare continuità, nell’impostazione del nuovo codice appalti l’iscrizione camerale è assurta a requisito di idoneità professionale [art. 83, comma 1, lett. a), e 3, d.lgs. n. 50/2016], anteposto ai più specifici requisiti attestanti la capacità tecnico professionale ed economico-finanziaria dei partecipanti alla gara di cui alle successive lettere b) e c) del medesimo comma: la sua utilità sostanziale è infatti quella di filtrare l’ingresso in gara dei soli concorrenti forniti di una professionalità coerente con le prestazioni oggetto dell’affidamento pubblico (in tal senso Cons. di Stato, III, 8 novembre 2017, n. 5170; Cons. di Stato, V, 25 luglio 2019, 5257).

Pertanto, da tale ratio delle certificazioni camerali, nell’ottica di una lettura del bando che tenga conto della funzione e dell’oggetto dell’affidamento, si è desunta la necessità di una congruenza o corrispondenza contenutistica, tendenzialmente completa, tra le risultanze descrittive della professionalità dell’impresa, come riportate nell’iscrizione alla Camera di Commercio, e l’oggetto del contratto d’appalto, evincibile dal complesso di prestazioni in esso previste: l’oggetto sociale viene così inteso come la “misura” della capacità di agire della persona giuridica, la quale può validamente acquisire diritti ed assumere obblighi solo per le attività comprese nello stesso, come riportate nel certificato camerale (Cons. di Stato, V, 7 febbraio 2012, n. 648; IV, 23 settembre 2015, n. 4457). Quando, dunque, il bando richiede il possesso di una determinata qualificazione dell’attività e l’indicazione nel certificato camerale dell’attività stessa, quest’ultima va intesa in senso strumentale e funzionale all’accertamento del possesso effettivo del requisito soggettivo di esperienza e fatturato, costituente il requisito di interesse sostanziale della stazione appaltante: pertanto, sebbene eventuali imprecisioni della descrizione dell’attività risultanti dal certificato camerale non possono determinare l’esclusione della concorrente che ha dimostrato l’effettivo possesso dei requisiti soggettivi di esperienza e qualificazione richiesti dal bando, nondimeno non può ritenersi irragionevole o illogica la previsione della legge di gara che richieda l’iscrizione alla CCIAA per l’attività oggetto dell’appalto, poiché tale iscrizione è finalizzata a dar atto dell’effettivo ed attuale svolgimento di tale attività, laddove le indicazioni dell’oggetto sociale individuano solamente i settori, potenzialmente illimitati, nei quali la stessa potrebbe astrattamente venire ad operare, esprimendo soltanto ulteriori indirizzi operativi dell’azienda, non rilevanti ove non attivati. La su indicata corrispondenza contenutistica, sebbene non debba intendersi nel senso di una perfetta e assoluta sovrapponibilità tra tutte le singole componenti dei due termini di riferimento (il che porterebbe ad ammettere in gara i soli operatori aventi un oggetto pienamente speculare, se non identico, rispetto a tutti i contenuti del servizio da affidarsi, con conseguente ingiustificata restrizione della platea dei partecipanti), va accertata secondo un criterio di rispondenza alla finalità di verifica della richiesta idoneità professionale, in virtù di una considerazione non già atomistica, parcellizzata e frazionata, ma globale e complessiva delle prestazioni dedotte in contratto. L’interesse pubblico tutelato da tale disciplina normativa non è, infatti, la creazione e il rafforzamento di riserve di mercato in favore di determinati operatori economici, ma piuttosto quello di assicurare l’accesso al mercato (nel contemperamento con i principi della massima partecipazione e concorrenzialità) anche ai concorrenti per i quali è possibile pervenire ad un giudizio di globale affidabilità professionale (cfr. Cons. di Stato, III, 8 novembre 2017, n. 5170; III, 10 novembre 2017, n. 5182; V, 7 febbraio 2018, n. 796).

In definitiva, se è vero che la recente giurisprudenza ha affermato che l’identificazione dell’attività prevalente non può essere basata solo sui codici ATECO (aventi “preminente funzione statistica, in quanto finalizzati ad indicare l’attività nella domanda di iscrizione nel Registro delle imprese senza alcun rilievo sulla connotazione come attività prevalente o accessoria”: così Cons. di Stato, V, 17 gennaio 2018, n. 262) – specie allorquando (come nella fattispecie in esame) la lex specialis non ne abbia prescritto uno specifico come requisito di idoneità professionale ai fini della partecipazione alla gara – è anche vero che l’accertamento della concreta coerenza della descrizione delle attività riportate nel certificato camerale con i requisiti di ammissione richiesti dalla lex specialis e con l’oggetto del contratto di appalto complessivamente considerato va svolto sulla base del confronto tra tutte le risultanze descrittive del certificato camerale e l’oggetto del contratto di appalto (cfr. Cons. di Stato, V, 25 settembre 2019, n. 6431; V, 25 luglio 2019, n. 5257) (…)”.

La necessità di una lettura unitaria e “sostanzialistica” del certificato camerale, e la conseguente rilevanza (indiziaria), in tale ottica, dei codici ATECO, inducono pertanto il Collegio a ritenere, nella specie, che la controinteressata avesse esercitato in precedenza ed esercitasse, al momento dell’affidamento dell’appalto, un’attività non corrispondente a quella, oggetto del medesimo, come ricavabile dalla dettagliata descrizione, contenuta nel disciplinare di gara.

Ciò, del resto, è anche affermato, a chiare lettere, nella lex specialis, ove si legge che: “Sono ammessi a partecipare alla gara i soggetti (…) regolarmente iscritti alla Camera di Commercio per l’attività di servizi analoghi all’oggetto dell’appalto”; laddove l’espressione, sempre ricavabile dal disciplinare di gara, secondo la quale: “L’oggetto sociale risultante dal certificato di iscrizione CCIAA in corso di validità deve espressamente riportare i riferimenti alle attività da svolgere nel servizio oggetto di gara”, cui la stazione appaltante e l’aggiudicataria, nelle loro difese, hanno ascritto rilevanza decisiva, ai fini di respingere le censure di controparte, va piuttosto letta nel contesto di una più penetrante ed approfondita analisi delle complessive risultanze, emergenti dall’attestato della C. C. I. A. A., come chiarito dal C. di S. nella prefata decisione, senza potersi adagiare acriticamente sulla sola, astratta, corrispondenza contenutistica tra oggetto dell’appalto, da un lato, ed oggetto sociale (peraltro, nella specie, neanche perfettamente sovrapponibili), dall’altro.

E tale approfondita analisi avrebbe dovuto, ad avviso del Tribunale, condurre la stazione appaltante a concludere per il difetto, da parte della stessa aggiudicataria, dei requisiti d’idoneità professionale per l’ammissione alla gara, non congrui rispetto ai servizi richiesti, avendo la stessa operato, ed operando, in un settore (cantieristica navale) che era, all’evidenza, soltanto collaterale, rispetto ad essi; mentre la circostanza che almeno alcuni, di tali servizi, fossero, invece, compresi nell’oggetto sociale della controinteressata medesima non poteva, sic et simpliciter, garantire alcunché circa il possesso, da parte della stessa, della specifica idoneità tecnico – professionale richiesta (esprimendo, l’oggetto sociale, soltanto gli “ulteriori potenziali indirizzi operativi dell’azienda”): cfr. T. A. R. Campania – Napoli, Sez. III, 4/10/2019, n. 4754: “L’individuazione ontologica della tipologia di azienda può avvenire solo attraverso l’attività principale o prevalente, in concreto espletata e documentata dall’iscrizione alla Camera di Commercio, non rilevando quanto riportato nell’oggetto sociale, che esprime soltanto ulteriori potenziali indirizzi operativi dell’azienda, non rilevanti ove non attivati. L’oggetto sociale, in pratica, nulla dice sull’effettivo svolgimento dell’attività. In questi termini, la prescrizione della lex specialis di gara con cui si richiede ai concorrenti, ai fini della partecipazione, l’iscrizione alla C.C.I.A.A. per dimostrare la capacità tecnica e professionale dell’impresa, risulta finalizzata a selezionare ditte che abbiano un’esperienza specifica nel settore interessato dall’appalto (dovendosi accertare, attraverso la certificazione camerale, un concreto ed effettivo svolgimento, da parte del concorrente, di una determinata attività, direttamente riferibile al servizio da svolgere”.

Del resto, è sintomatico che, nelle loro difese, le resistenti non abbiano affatto contestato tale dato fenomenico (della prevalente attività di natura cantieristica, svolta dall’aggiudicataria), limitandosi sostanzialmente al richiamo del dato formale, secondo cui l’oggetto sociale, risultante dal certificato camerale, doveva essere congruo, rispetto all’attività dedotta in appalto (“era, quindi, l’oggetto sociale che doveva dimostrare la concreta misura della capacità professionale dei concorrenti, per espressa previsione della lex specialis, non contestata ex adverso”).

S’è, peraltro, visto come il riferimento all’oggetto sociale, desumibile dall’attestazione della C. C. I. A. A., non potesse affatto esaurire l’analisi della S. A., che di necessità doveva ampliare il proprio campo d’indagine all’attività, concretamente esercitata dalla concorrente/aggiudicataria, analizzando tutti gli indici indiziari, ricavabili dallo stesso attestato dell’Ufficio camerale; dalla cui lettura emerge nella specie, sotto la voce “attività esercitata”: “dal 12/3/2004”, quella di “riparazione e manutenzione di navi, barche, imbarcazioni e natanti da pesca e da diporto, verniciatura di imbarcazioni”.

Conformemente a tali argomentazioni, è, allora, fondata la censura, sopra espressa sub I), di violazione dell’art. 83, commi 1 lett. a) e 3, d. l.vo 50/2016 e della stessa lex specialis di gara, sollevata dalla ricorrente, sicché l’aggiudicazione, disposta dalla S. A. in favore della controinteressata, si palesa come illegittima (stante la carenza, in capo alla stessa, dei requisiti d’idoneità tecnico – professionale, necessari allo svolgimento dell’attività, dedotta in appalto), e va, pertanto, annullata (senza che sia necessario, per il carattere dirimente della stessa censura, scendere all’esame delle ulteriori doglianze, formulate in ricorso).

Ciò posto, s’osserva che, peraltro, com’è pacifico, il contratto, stipulato con l’aggiudicataria, ha già avuto completa esecuzione (cfr. il contratto di appalto, rep. n. 51 del 6.08.2020, depositato in giudizio dalla controinteressata, dalla cui lettura s’evince che il servizio è terminato, in data 30.09.2020).

Ne consegue che va applicato l’art. 124, comma 1, del c. p. a., a norma del quale “L’accoglimento della domanda di conseguire l’aggiudicazione e il contratto è comunque condizionato alla dichiarazione di inefficacia del contratto ai sensi degli articoli 121, comma 1, e 122. Se il giudice non dichiara l’inefficacia del contratto dispone il risarcimento del danno per equivalente, subito e provato”.

In giurisprudenza, cfr. T. A. R. Lazio – Roma, Sez. III, 15/12/2017, n. 12433: “L’avvenuta integrale esecuzione del contratto di appalto inibisce al giudice amministrativo di dichiararne l’inefficacia. La conseguente impossibilità di assicurare al ricorrente una tutela in forma specifica attribuisce al giudice amministrativo esclusivamente la possibilità di procedere all’accertamento incidentale dell’illegittimità del provvedimento di esclusione dalla gara e del diniego di riammissione ai meri fini risarcitori, secondo quanto previsto dagli artt. 34 comma 3 e 124, c. p. a.”

In tale ottica, va, in primis, considerato che: “Il concorrente pretermesso, affinché possa conseguire il risarcimento del danno per equivalente da mancata aggiudicazione di una procedura di gara pubblica, in sede processuale deve dimostrare che, in assenza dell’illegittima aggiudicazione, avrebbe conseguito con ogni evidenza o comunque con un elevato grado di probabilità, l’affidamento dell’appalto”.

Nella specie, tale prova discende, in modo automatico, dalla pacifica collocazione, della ricorrente, al secondo posto della graduatoria, formulata dalla Commissione di gara, onde è chiaro che, una volta esclusa l’aggiudicataria, per le ragioni espresse in precedenza, la medesima ricorrente avrebbe, senz’altro, conseguito l’aggiudicazione dell’appalto di servizi di cui si tratta, e stipulato, con l’Amministrazione appaltante, il relativo contratto (cfr. Consiglio di Stato, sez. V, 25/02/2019, n. 1257: “In sede di risarcimento dei danni derivanti dalla mancata aggiudicazione di una gara di appalto, il danno da mancato utile spetta nella misura integrale, nel caso di annullamento dell’aggiudicazione e di certezza dell’aggiudicazione in favore del ricorrente. La mancata dimostrazione puntuale della percentuale di utile effettivo non incide sull’an debeatur se la ricorrente abbia offerto elementi in grado di dimostrare in via presuntiva che l’utile atteso dall’esecuzione dell’appalto si sarebbe attestato sulla nota percentuale forfettaria del 10% dell’offerta presentata in gara, non essendo sufficiente a contestarne l’ammontare una generica confutazione opposta dalla parte avversaria”).

Né, del resto, la ricorrente è tenuta a provare l’elemento costitutivo della responsabilità della P. A., rappresentato, normalmente, dall’elemento soggettivo della colpa: “In materia di appalti pubblici, la condanna dell’Amministrazione al risarcimento del danno non richiede la prova della colpa, avendo l’art. 124 c. p. a. introdotto un’ipotesi di responsabilità oggettiva, in linea con la giurisprudenza europea e, segnatamente, con la sentenza del 30 settembre 2010 (C-314/09) della Terza Sezione della Corte di Giustizia dell’Unione Europea, in cui si è ribadito che la vigente normativa europea che regola le procedure di ricorso in materia di aggiudicazione degli appalti pubblici di lavori, di forniture e di servizi non consente ad una normativa nazionale di subordinare il diritto ad ottenere un risarcimento, a motivo di una violazione della disciplina sugli appalti pubblici da parte di un’Amministrazione aggiudicatrice, al carattere colpevole di tale violazione” (T. A. R. Lazio – Roma, Sez. II, 11/09/2013, n. 8208).

Stabilito, quindi, che il diritto ad ottenere il risarcimento del danno, in capo alla ricorrente, discende, nella specie, in maniera pressoché automatica, dall’accertamento dell’illegittimità dell’aggiudicazione, disposta in favore dell’aggiudicataria, che la ricorrente immediatamente seguiva – com’è incontestato – nella graduatoria della procedura ad evidenza pubblica, di cui si discute, rileva il Collegio come alla ricorrente spetti tale risarcimento, nelle due voci del lucro cessante e del cd. danno curriculare, giusta i principi affermati da Consiglio di Stato, Sez. V, 28/12/2017, n. 6135: “Si configura un danno c.d. da mancata aggiudicazione nei confronti della seconda classificata nel caso in cui la stazione appaltante non escluda l’aggiudicataria per mancanza dei requisiti dichiarati, ma non dimostrati nella fase del controllo precedente alla stipulazione del contratto. Ai fini della quantificazione del predetto danno: all’impresa danneggiata è dovuto l’interesse c.d. positivo che ricomprende sia il mancato profitto che l’impresa avrebbe ricavato dall’esecuzione dell’appalto, sia il danno c.d. curriculare, ovvero il pregiudizio subito a causa del mancato arricchimento del curriculum e dell’immagine professionale per non poter indicare in esso l’avvenuta esecuzione dell’appalto”.

Va, peraltro, precisato che, giusta la giurisprudenza prevalente (cfr. Consiglio di Stato ad. plen., 12/05/2017, n. 2); “Nel caso di mancata aggiudicazione, il danno conseguente al lucro cessante si identifica con l’interesse c.d. positivo, che ricomprende sia il mancato profitto (che l’impresa avrebbe ricavato dall’esecuzione dell’appalto), sia il danno c.d. curricolare (ovvero il pregiudizio subìto dall’impresa a causa del mancato arricchimento del curriculum e dell’immagine professionale per non poter indicare in esso l’avvenuta esecuzione dell’appalto). Spetta, in ogni caso, all’impresa danneggiata offrire, senza poter ricorrere a criteri forfettari, la prova rigorosa dell’utile che in concreto avrebbe conseguito, qualora fosse risultata aggiudicataria dell’appalto, poiché nell’azione di responsabilità per danni il principio dispositivo opera con pienezza e non è temperato dal metodo acquisitivo proprio dell’azione di annullamento (ex art. 64, commi 1 e 3, c.p.a.), e la valutazione equitativa, ai sensi dell’art. 1226 c.c., è ammessa soltanto in presenza di situazione di impossibilità — o di estrema difficoltà — di una precisa prova sull’ammontare del danno”.

Analogamente, per quanto concerne il danno curriculare, s’è statuito che: “Nulla spetta in relazione ai danni derivanti dalla mancata aggiudicazione di una gara di appalto sotto forma del c.d. danno curriculare, ove sia mancata una adeguata prova della sua sussistenza ed entità” (Consiglio di Stato, Sez. IV, 1/04/2015, n. 1708).

Ciò posto, s’osserva che, nella specie, tale prova è stata assolta, dalla ricorrente, mediante il deposito di perizia giurata di parte, redatta da un tecnico, il quale ha quantificato l’utile presunto, rinveniente dall’esecuzione dell’appalto, nella somma complessiva di € 17.745,00 ed il danno curriculare, inteso quale “riduzione di possibilità dì partecipazione dell’impresa a gare future come mancato incremento delle sue referenze misurate in termini di capacità economico – finanziarie”, nella somma complessiva di € 7.933,79, per un totale di danno risarcibile, pari alla somma delle due predette voci, e quindi pari ad € 17.745,00 + 7.933,79 = € 25.678,79.

Tale quantificazione del danno, è stata oggetto di contestazioni da parte della difesa della stazione appaltante, per le quali si rinvia alla narrativa che precede.

Orbene, tenuto conto di tali contestazioni, precipuamente volte alla contestazione della percentuale di utile rinvenibile dall’appalto de quo, e riconosciuto, comunque, in favore della ricorrente, il danno curriculare, stante la condivisibilità, in linea generale, dei calcoli proposti dal tecnico di parte, non fatti segno, a loro volta, di puntuale confutazione dalle controparti, il Collegio ritiene che il danno, complessivamente subito, dalla ricorrente, per effetto della mancata aggiudicazione dell’appalto di servizi in oggetto, come articolato nelle due voci, sopra specificate, sia stato provato, fino alla concorrenza della somma di € 18.000,00 (diciottomila/00).

Tale somma, poi, dovrà essere maggiorata della rivalutazione monetaria, dalla data dell’aggiudicazione definitiva in favore della ricorrente fino alla data della sentenza di primo grado, oltre interessi legali sul capitale, via via rivalutato (cfr. Consiglio di Stato, Sez. V, 28/10/2015, n. 4934).

Le spese, in base al criterio della soccombenza, vanno poste a carico delle parti resistenti, e sono liquidate, come in dispositivo, emergendo giustificati motivi per compensarle, rispetto all’Asmel Consortile S. C. A. R. L. – Centrale Unica di Committenza, del resto neppure costituita in giudizio.

P.Q.M.

Il Tribunale Amministrativo Regionale della Campania – Sezione staccata di Salerno (Sezione Seconda), definitivamente pronunciando sul ricorso, come in epigrafe proposto, l’accoglie, e per l’effetto:

annulla il provvedimento impugnato, sub 1) dell’epigrafe;

stante l’integrale esecuzione dell’appalto, ex art. 124, comma 1, c. p. a. condanna il Comune di Montecorice al pagamento, in favore della società ricorrente, della somma di denaro, dovuta a titolo di risarcimento del danno, per equivalente, subito per effetto della mancata aggiudicazione, in suo favore, dell’appalto specificato in epigrafe, oltre rivalutazione monetaria ed interessi legali, giusta la quantificazione operata ed i criteri, indicati in parte motiva;

condanna il Comune di Montecorice e la società controinteressata, in solido tra loro, al pagamento, in favore della ricorrente, di spese e compensi di lite, che liquida, complessivamente, in € 3.000,00 (tremila/00), oltre accessori come per legge e restituzione del contributo unificato versato;

compensa le spese di lite, quanto alla Asmel Consortile S. C. A. R. L. – Centrale Unica di Committenza.

Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’Autorità amministrativa.

Così deciso, in Salerno, nella camera di consiglio del giorno 25 novembre 2020, con l’intervento dei magistrati:

Nicola Durante, Presidente

Paolo Severini, Consigliere, Estensore

Gaetana Marena, Referendario

L’ESTENSORE IL PRESIDENTE

Paolo Severini Nicola Durante

IL SEGRETARIO

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Andrea Maso