28 – Sezione giurisdizionale Regione Trentino Alto Adige (Trento), 12 aprile 2006: Pres. Est. de Marco I. – P.M. Mancinelli – P.R. c. Y (avv. Pontalti)

Competenza e giurisdizione – Corte dei conti – Soggetti sottoposti -Progettista/direttore dei lavori – Sussistenza.

Sussiste la giurisdizione della Corte dei conti nei confronti del progettista/direttore dei lavori in quanto – indipendentemente dalla natura di organo “indiretto” o “straordinario” che il medesimo riveste, nell’assumere l’incarico con investitura di funzioni autoritative nell’interesse dell’Amministrazione preponente – la circostanza che si tratta di un interno all’Amministrazione appaltante fa sì che le prestazioni d’opera professionale rese quale progettista vengano assorbite nel normale rapporto di servizio ed i suoi errori progettuali non sono, perciò, assimilabili a quelli del libero professionista (1).

Corte dei conti – Giudizio di responsabilità – Decreto di citazione in giudizio– Notifica solo al difensore – Nullità – Esclusione.

E’ da escludere la nullità dell’atto di citazione notificato soltanto al legale difensore, atteso che: a) la elezione di domicilio fatta in sede di “invito a dedurre” non é vincolante per il Procuratore contabile; b) la notifica mediante consegna al destinatario/convenuto, prevista dagli articoli 138 e 139 c.p.c., costituisce una mera facoltà e non un obbligo giuridico per il soggetto agente sicché, trattandosi di fattispecie assimilabile ad una obbligazione alternativa, il modo di perseguire l’intento sostanziale è lasciato alla discrezionalità del Requirente (2) .

Corte dei conti – Giudizio di responsabilità – Prescrizione – Decorrenza – Lodo arbitrale – Dal passaggio in giudicato.

Ancorché il lodo, in sé, non è rapportabile ad una sentenza ciò non implica che il termine iniziale della prescrizione possa essere ancorato sic et simpliciter alla data di deposito di esso bensì da quella in cui la Corte di Appello ha rigettato l’impugnazione del lodo arbitrale rendendo, così, definitivo il risarcimento con esso stabilito e, pertanto, certo liquido ed esigibile il pregiudizio patrimoniale arrecato alle pubbliche finanze dell’ente locale (3).

Responsabilità – Colpa – Progettista/direttore dei lavori – Sussistenza – Fattispecie.

Sussiste la responsabilità per colpa grave del progettista/direttore dei lavori per aver provocato un danno economico finanziario ad un Comune, in conseguenza del lodo arbitrale nella controversia insorta con la stessa Impresa in dipendenza ed in relazione ad un contratto di appalto, qualora – come nella specie –l ‘evolversi degli accadimenti e l’andamento dei lavori denotino non solo palese contrasto con le chiare disposizioni di legge, di contratto nonché di capitolato (generale e speciale) ma, altresì, di superficialità e leggerezza circa il suo modus procedendi (4).

Responsabilità – – Colpa – Progettista/direttore dei lavori – Consegna frazionata dei lavori – Sussistenza.

E’ fonte di responsabilità per colpa grave, poiché non é giuridicamente consentita – in quanto non contemplata sia nel contratto di appalto sia nel capitolato speciale, né espressamente né mediante rinvio all’articolo 10, u.c., del R.D. 25 maggio 1895 n. 350 (“Regolamento per la direzione, la contabilità e la collaudazione dei lavori dello Stato”) – la consegna dei lavori fatta dal direttore dei lavori in maniera frazionata, in pendenza della stipulazione del contratto (avvenuta successivamente), e con le riserve di cui all’articolo 337 della legge 20.3.1865 n. 2248, all. F : l’interpretazione letterale e teleologica della norma non lascia dubbi circa il categorico divieto, in materia di consegna parziale pur se, per agevolare l’immediata esecuzione delle opere, questa procedura è eccezionalmente consentita subordinatamente, però, al rispetto di rigorose condizioni oggettive nonché previa formale ed espressa previsione in tal senso nel capitolato speciale di appalto (5).

Corte dei conti – Giudizio di responsabilità – Potere di riduzione dell’addebito – Correttezza e trasparenza preprocessuale – Rilevanza.

La correttezza e la trasparenza del comportamento preprocessuale della parte convenuta in giudizio sono circostanze per l’applicazione del potere riduttivo del Collegio in base agli artt. 83, co.1, R.D. 18.11.1923 n. 2440 e 52, co.2, T.U. 12.7.1934 n. 1214 (6).

____________________

(1) Cass. SS.UU., 12 febbraio/23 marzo 2004, n. 5781; Cass. SS.UU. Civ. , 13 gennaio 2003, n. 340; id. 24 luglio 2000 n. 515; id. 26 marzo 1999 n. 188; Cass. Civ., Sez. I, 27 febbraio 1996 n. 1528; Cass. SS.UU. Civ., 11.4.1994, n. 3358 e 5 aprile 1993, n. 4060; Corte dei Conti, SS.RR., 4 gennaio 1993, n. 817; Sez. Lombardia, 14 gennaio 2003, n. 7; Sez. Giur. Campania, 23 aprile 1998, n. 29; Sez. Giur. Liguria, 31 ottobre 1997, n. 985; Sez. Giur. Reg. Sic., 1 ottobre 1997, n. 256)

Aggiungasi che, comunque, il direttore dei lavori risponde dei danni arrecati alla stazione pubblica appaltante e, pertanto, “(…) è irrilevante, ai fini della giurisdizione della Corte dei conti, che egli rivesta o meno anche la qualifica di progettista” (Corte dei Conti, 2^ Sez. centrale di appello, 7 febbraio 2002, n. 39/A).

(2) Cfr. Corte dei Conti: Sez. Giur. Calabria, 18 gennaio 2000 n. 4; Sez. 2^ centrale di appello, 11 marzo 2003, n. 87/A; Sez. 1^ centrale di appello, 16 dicembre 2002. n. 441/A.

Si legge in sentenza : “Non si ravvisa, dunque, alcuna irregolarità formale e/o procedurale nella notifica dell’atto di citazione fatta presso il domicilio del difensore che, ai fini del regolare contraddittorio di cui all’art. 101 c.p.c., è da ritenere validamente eseguita in quanto perfettamente a norma essendo stato il convenuto, comunque, posto nelle condizioni di costituirsi regolarmente e di apprestare la propria difesa ex art. 164, co.3, c.p.c. (cfr. Corte dei Conti, Sez. Giur. Liguria, 11 febbraio 2003 n. 146; Veneto, 9 aprile 2001 n. 847; Toscana, 12 maggio 2000 n. 833; Liguria, 5 novembre 1999 n. 1007). Diversamente sarebbe stato, in carenza di valida notifica al convenuto dell’atto di citazione (cfr. Corte dei Conti, Sez. Giur. Umbria, 12 luglio 2004, n. 277)

.

(3) Cfr. Corte dei Conti: 3^ Sez. Giur. centrale di appello, 27.4.2005 n. 252; Sez. Giur. Basilicata, 12.11.2004 n. 270; Sez. Giur. Lazio, 26.92002 n. 2576; Sez. Giur. Puglia 26.7.1993 n. 49; Sez. 2^ Giur. 11.7.1988 n. 166; Sez. 1^ giur., 13.11.1975 n. 92 e 5.9.1974 n. 68).

(4) Per l’incarico ricevuto quale progettista nonché direttore dei lavori egli, indipendentemente dal rapporto di qualificato dipendente tecnico comunale, era investito di particolari competenze e responsabilità la cui consapevolezza non può essere messa in dubbio dovendo presumersi il possesso almeno di quella specifica professionalità idonea a fargli assumere le connaturate responsabilità istituzionali; diritti/doveri che, oltre a caratterizzare la sua circostanziata attività, lo esponevano alle necessarie nonché opportune iniziative, formali e sostanziali, verso l’Amministrazione appaltante e/o l’appaltatore.

In questo comportamento, l’ architetto Y avrebbe dovuto manifestare massima diligenza e sicura competenza atteso che è lecito attendersi: a) dal progettista, il ponderato ed accurato esame dei luoghi e degli ambienti, oggetto del progetto, ad evitare che le eventuali deficienze progettuali di origine possano comportare, come necessaria conseguenza, la predisposizione nonché la successiva approvazione delle perizie di variante e suppletive; b) dal direttore dei lavori, non solo accuratezza e diligenza nelle varie fasi concernenti la consegna delle opere e l’ esecuzione dei lavori ma, altresì, capacità di intervenire tempestivamente, nel corso di essi, con l’adozione degli adeguati provvedimenti destinati all’ ottimale risultato finale. Il direttore ha, invero, funzione di garanzia del corretto andamento dei lavori, in conformità alle clausole negoziali stipulate nonché al contenuto della normazione vigente, essendo titolare di un complesso di doveri/poteri vuoi di controllo tecnico, sulla esecuzione delle prestazioni e sulla materia adoperata, vuoi di vigilanza e certificazione amministrativa sulla tenuta ed annotazione della contabilità delle opere. Egli deve, tra l’altro, porsi quale saggio ed equilibrato collegamento tra l’Amministrazione appaltante e l’Impresa aggiudicataria rappresentando alla prima eventuali carenze progettuali, riscontrate difficoltà di esecuzione, impedimenti formali e sostanziali al regolare andamento dei lavori, necessità di opportune varianti, ecc.; deve, altresì, saper intervenire nei confronti dell’appaltatore – mediante appositi ordini di servizio, opportune misure e tutti gli altri strumenti conferitigli dalla legge e dalle disposizioni contrattuali – perché provveda, nei tempi stabiliti, a porre in essere gli adempimenti di competenza osservando le modalità pattuite.

Tutto ciò sembra non puntualmente osservato e/o rispettato, nella fattispecie in esame, da parte dell’arch. Y il quale:

1. come redattore del progetto generale di massima non ha verificato col dovuto scrupolo la sicura fattibilità di esso, in riferimento allo stato dei luoghi, ed ha dovuto farlo aggiornare perché rivelatosi carente nelle strutture fondamentali nonostante ciò fosse prevedibile in base alle prescrizioni della “Commissione beni culturali” della P.A.T. giusta nota prot. 1587/91 SO 23 del 12.6.1991 (“l’eventuale necessità di intervento strutturale sulle fondazioni dovrà essere oggetto di specifica e documentata richiesta di autorizzazione alla Commissione”). L’aver trascurato di approfondire talune indispensabili operazioni preliminari alla consegna dell’opera (ad es., rilievi geognostici in rapporto alla particolare configurazione del sottosuolo della zona) – discostandosi dagli specifici obblighi contemplati dall’art. 5, co.1, del R.D. 25 maggio 1895 n. 350 – rappresenta, dunque, intuibile violazione degli elementari doveri di servizio da cui è scaturita la imprescindibile sospensione dei lavori stante la necessità di provvedere, con urgenza, alle esigenze statiche delle fondamenta e dei solai mediante la approvazione delle occorrenti varianti. Comportamento che configura l’ illecito causativo del danno indiretto subìto dall’ Amministrazione per il risarcimento corrisposto all’ appaltatore a seguito della sospensione, in tal modo, inevitabilmente cagionata (cfr. Corte dei conti, 2^ Sez. Giur. centrale di appello, 09. 01.2004, n. 2; 1^ Sez. Giur. centrale di appello, 15 aprile 2002, n. 114; Sez. Giur. Trentino Alto Adige -Trento, 27.12.2001 n. 389. Arg. anche ex Sez. Giur. Marche, 07.03.2002 n. 258 e Sez. Giur. Sicilia, 20.09. 1993 n. 88);

2. come direttore non solo ha violato la legge procedendo, in pendenza di stipulazione contrattuale, alla incauta consegna frazionata dei lavori (cfr. Corte dei Conti, Sez. Giur. Marche, 19 dicembre 2001 n. 1694; Sez. Giur. Liguria, 30 marzo 1999 n. 361) ma, pochi giorni dopo, ha dovuto farli sospendere causando un ingiustificato blocco operativo (cfr. Corte dei Conti, Sez. Giur. Marche, 2 marzo 2004 n. 338) senza poter nemmeno prevedere i tempi della consegna definitiva, poi, avvenuta con ritardo (cfr. Corte dei Conti, 1^ Sez. giur. centrale di appello, 19 giugno 2002 n. 203/A).

Circostanze, tutte, che – come agevolmente si intuisce dalla motivazione del lodo arbitrale (in verità, non priva di logica giuridica né viziata da irragionevolezza ed iniquità né tale da assecondare il comportamento “pretestuoso” della impresa) – denotano incertezze e/o contraddizioni nell’esercizio dei poteri di direzione, controllo ed impulso e, pertanto, non in grado di scagionarlo da eventuali responsabilità; stato di cose che, purtroppo, ha causato all’Impresa un grave danno economico per la ridotta produttività delle attrezzature installate, del personale tecnico di cantiere e di quello addetto ai servizi generali, oltre ai maggiori oneri per il parziale assorbimento delle spese generali e delle spese fisse nonché al mancato utile sulla produzione che si sarebbe potuta eseguire e che non è stato, invece, possibile realizzare (cfr. Corte dei conti, Sez. Giur. Basilicata, 12.11.2004 n. 270).

Circostanze, inoltre, che depongono per la sussistenza di elementi relativi al nesso di causalità tra il comportamento del medesimo arch. Y e la condanna del Comune di Trento, nei confronti dell’Impresa ZZZ, in accoglimento della riserva n. 1 con la quale l’impresa stessa aveva richiesto “il ristoro dei maggiori oneri sostenuti” ascrivibili sia alla iniziale consegna frazionata dei lavori sia a quella definitiva, con un anno di ritardo, sia alle varianti al progetto strutturale originario.

In conclusione, un composito evento lesivo altamente prevedibile oltre che evitabile (cfr., al riguardo, Corte di cassazione, 2 dicembre 1996, n. 10723) tanto che: a) la Direzione dei lavori, con le controdeduzioni del 4 dicembre 1996 – relative alle riserve espresse al 5° S.A.L. – riconosceva la fondatezza della riserva n. 1 solo in via parziale e, precisamente, per il limitato importo di lire 21.423.000 (pagg. 18 e 19 del lodo arbitrale); b) la Commissione di collaudo nominata il 7.2.1997 “”proponeva all’Amministrazione, in relazione alle riserve iscritte da parte dell’Impresa sui documenti contabili, di riconoscere a quest’ultima “a titolo di accordo bonario ed a tacitazione di tutte le riserve avanzate (..)” l’importo omnicomprensivo di lire 98.005.207″” (pagg. 11 e 12 del lodo arbitrale); c) il Comune di Trento, con nota in data 2 marzo 1998 a firma del responsabile del procedimento, aveva proposto l’importo complessivo di lire 175.000.000=.

(5) Nel procedere alla consegna frazionata del cantiere – in carenza di disposizioni contrattuali ad hoc, in pendenza della stipulazione del contratto e senza l’autorizzazione della P.A. all’inizio immediato dei lavori (art. 9, co.1, del citato Regolamento n. 350/1895) – il direttore arch. Y ha, invece, accollato alla stazione appaltante il prevedibile rischio da ritardo connesso alla successiva consegna dei locali temporaneamente occupati; circostanza, questa, che doveva essergli verosimilmente nota atteso che, già dal 26.8.1993, il Comune di Trento aveva chiesto ai signori Dal Piaz e Bigaran (nota n. 31735 cui erano seguite ulteriori lettere in data 12.1.1994 e 20.5.1994) di restituire i locali dai medesimi occupati, essendo scaduto il relativo contratto.

Vanno condivise, dunque, le osservazioni del Collegio arbitrale che – nel ritenere conclusivamente fondato l’an della richiesta risarcitoria proposta con la prima riserva dall’Impresa ZZZ – ha puntualizzato (pag. 67 del lodo) come l’accettazione, da parte dell’ aggiudicatario, della consegna parziale costituisce solo “una circostanza di fatto non idonea a far venir meno la illegittimità della stessa in assenza dei presupposti legittimanti il frazionamento”, tanto più che l’appaltatore non “avrebbe potuto sottrarsi all’adempimento richiesto dall’ Amministrazione” se non soggiacendo al meccanismo sanzionatorio previsto dall’articolo 10, co. 8, del d.P.R.16 luglio 1962 n. 1063 (“Capitolato generale lavori pubblici”) in tema di recesso per mancata consegna (recesso, peraltro, mai azionato dall’Impresa ZZZ).

Né, in ragione di quanto precede, può condividersi la tesi della difesa – secondo cui il lodo sarebbe viziato per aver assimilato l’ipotesi della consegna frazionata a quella della omessa consegna – poichè ciò non si desume dalla relativa motivazione e, peraltro, le due fattispecie sono assai diverse in sé e per gli effetti giuridici a ciascuna di esse riconducibili.

(6) Sono da aggiungere, ad avviso del Collegio, altre considerazioni: a) nel lodo arbitrale non sembra sia stata adeguatamente valutata l’eccezione circa l’inesistenza di pregiudizio nel ritardo nonché le cause della ritardata approvazione; b) l’Impresa non sempre ha puntualmente ottemperato alle disposizioni impartite dalla direzione dei lavori con ben 13 ordini di servizio; c) non possono essere esclusi, infine, alcuni “vantaggi comunque conseguiti” dall’ Amministrazione (art. 1 della legge n. 20 del 1994, nel testo modificato dalla legge n. 639 del 1996) quali, ad esempio, la più esatta conoscenza geognostica della zona, il rinforzo del complesso Torre Mirana (fondamenta e solai), il “know how” e l’esperienza acquisiti dall’Ufficio Tecnico comunale per la progettazione di opere similari.

Senza dire che, nella liquidazione del danno, al fine di assicurarne il corretto ed integrale risarcimento, il Giudice deve tenere conto dell’effettivo pregiudizio subito dall’Amministrazione, facendo riferimento ai criteri soggettivi (la collocazione dell’ agente nella organizzazione amministrativa e la sua posizione esponenziale), a quelli oggettivi (in particolare, la gravità dell’illecito commesso) ed ai criteri sociali (capacita’ esponenziali dell’ente, risalto avuto dall’illecito, possibili fenomeni di emulazione del comportamento, ecc.) (cfr. Corte dei conti, Sez. Giur. Abruzzi, 11.04.2003, n. 197).

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

LA CORTE DEI CONTI

SEZIONE GIURISDIZIONALE REGIONALE

PER IL TRENTINO – ALTO ADIGE CON SEDE IN TRENTO

composta dai seguenti Magistrati:

dott. Ignazio de MARCO Presidente / relatore

dott. Damiano RICEVUTO Consigliere

dott. ssa Grazia BACCHI Consigliere

pronuncia la seguente

SENTENZA

nel giudizio di responsabilità, iscritto al n. 3239/R del Registro di Segreteria, promosso dal Procuratore Regionale contro il dott. arch. X Y, nato a Trento il 6.09.1957 – ivi residente in località Romagnano, alla Via Calmi n. 3 – elettivamente domiciliato presso lo studio dell’ Avv. Luca Pontalti, Via Oss Mazzurana 72, 38100 Trento dal quale è rappresentato e difeso nel presente giudizio,

Uditi, nella pubblica udienza del 3 marzo 2006 – con l’assistenza del Segretario sig.ra Patrizia DALSASS – il Presidente/Relatore dott. Ignazio de MARCO; l’avv. Luca PONTALTI, per il convenuto, ed il Pubblico Ministero nella persona del Sostituto Procuratore dott. Carlo MANCINELLI;

Esaminati tutti gli atti ed i documenti di causa;

RITENUTO IN FATTO

Con atto di citazione in data 18 novembre 2005, il Procuratore Regionale presso questa Sezione Giurisdizionale ha convenuto in giudizio il signor X Y, per sentirlo condannare a corrispondere al Comune di Trento la somma di lire 441.599.109 (euro 228.066,91) oltre interessi, rivalutazione monetaria e spese del presente procedimento. Detta somma deriva dalla condanna del Comune di Trento in conseguenza del lodo arbitrale pronunciato il 29 febbraio 2000 nella controversia insorta con l’Impresa “ZZZ S.p.a.”(con sede in Milano alla Via Moscova n. 10) in dipendenza ed in relazione al contratto di appalto – sottoscritto il 21 settembre 1994, repertorio n. 31, registrato in Trento il 3.10.994 al n. 3335 mod. 69 S.I. – avente ad oggetto “lavori di restauro del complesso Torre Mirana, palazzo d’angolo Via Belenzani/Via Manci – 2° lotto” per l’importo complessivo (al netto del ribasso d’asta) di lire 4.4 04.788.255; lavori aggiudicati alla succitata Impresa mediante licitazione privata.

Ad avviso della Procura, detto esborso costituisce danno erariale poiché ad esso non corrisponde alcuna utilità per la P.A., nella esecuzione dell’opera pubblica, trattandosi di un onere economico aggiuntivo.

Riferisce il Requirente che il Comune di Trento ha subìto la condanna al pagamento di somme – maturate a vario titolo – per effetto delle riserve apposte dalla Impresa ZZZ, aggiudicataria dei lavori, nel corso della esecuzione delle opere appaltate; in particolare, in relazione alla riserva n. 1, il Collegio Arbitrale ha condannato il Comune di Trento al pagamento di complessive lire 441.599.109, pari ad euro 228.066,91, (comprendenti il risarcimento dei danni da: a) maggiori spese generali maturate per la minore produzione nel tempo di anomalo rallentamento dei lavori pari a lire 256.048.705; b) lucro cessante per l’omesso impiego in altri appalti della medesima organizzazione produttiva pari a lire 73.446.596; c) ammortamento delle attrezzature e dei mezzi pari a lire 112.103.808), avendo ritenuto fondati, in conformità ai motivi dedotti dall’Impresa ZZZ, sia la illegittimità della consegna dei lavori, avvenuta il 12.9.1994, sia l’ulteriore ritardo maturato per l’introduzione di varianti a causa di carenze progettuali.

Sul presupposto della pendenza dell’azione di annullamento del lodo arbitrale – la cui efficacia esecutiva non era stata sospesa dalla Corte di appello di Trento, che aveva rigettato l’istanza della P.A. con l’ordinanza 20 marzo 2001 n.397/2001 – e considerata la sopravvenienza dell’atto di precetto notificato in data 8 maggio 2001 dall’impresa “ZZZ S.p.a.”, il Consiglio Comunale di Trento, con deliberazione n. 62 del 22.05.2001, ha provveduto al riconoscimento della legittimità del debito fuori bilancio per la complessiva somma di lire 882.019.901, liquidata in esecuzione integrale delle statuizioni di condanna del lodo arbitrale già impugnato per vizi di nullità. Nella data del 26/9/2002, la Corte di Appello di Trento ha pronunziato la sentenza n. 404/02 di rigetto della domanda proposta dal Comune di Trento per l’impugnazione e la dichiarazione di nullità del lodo arbitrale.

Rappresenta ancora il Procuratore Regionale che, espletata l’istruzione documentale anche mediante l’acquisizione probatoria delegata al Nucleo di Polizia Tributaria della Guardia di Finanza, fu prospettata all’Arch. X Y l’ipotesi della responsabilità amministrativa per danno erariale nella misura dei maggiori oneri economici maturati e gravanti sulla P.A. per la consegna frazionata dei lavori e per i vizi strutturali di progettazione, entrambi indicati quali cause concorrenti di ritardo nella esecuzione delle opere; in particolare, la responsabilità del Y veniva individuata nella qualità di:

1) direttore dei lavori che aveva provveduto alla consegna frazionata dei lavori con verbale del 12 settembre 1994, “in pendenza della stipulazione del contratto e con le riserve di cui all’art. 337 della legge 20.3.1865 (art.10 del regolamento n.350 del 1895)” ;

2) progettista dei lavori, poiché le carenze del progetto predisposto nel dicembre 1990 ed aggiornato nel dicembre 1993 dall’ufficio tecnico del Comune, hanno generato la necessità di procedere alla predisposizione ed alla approvazione della perizie di variante e suppletiva nell’ottobre 1996.

Precisa il Requirente che :

a) dalla lettura del lodo arbitrale e dalla disamina della acquisita prova documentale si desume come la consegna frazionata dei lavori non fosse giuridicamente consentita in quanto non espressamente prevista nel capitolato speciale d’appalto: questa circostanza è stata causa diretta del ritardo nella esecuzione dei lavori oltre alla introduzione di varianti progettuali approvate in tempo successivo alla consegna definitiva. Sul punto in questione – fondamentale nella determinazione della fattispecie di danno erariale – il P.R. si attiene alla ampia motivazione del Collegio Arbitrale suffragata dall’analisi delle prove documentali, peraltro, autonomamente valutabili nell’instaurazione del giudizio di responsabilità amministrativa;

b) la sospensione dei lavori in data 3 luglio 1995 (non menzionata, per omissione, nel certificato di collaudo) è prova documentale idonea a dimostrare che la consegna frazionata di essi fu causa di ritardo nella esecuzione delle opere, non imputabile alla ditta appaltatrice. Rileva, comunque, che la non imputabilità del ritardo alla impresa “ZZZ S.p.a.” sussisterebbe anche nella ipotesi (peraltro, negata dal lodo arbitrale) della ammissibilità e legittimità della consegna frazionata la cui sottoscrizione, con o senza riserva, non può giammai significare l’accettazione del rischio per l’inadempimento condizionato dall’altrui comportamento poiché assume più semplicemente il valore della dichiarazione di disponibilità all’immediato all’inizio di esecuzione delle opere. Cita, in proposito, l’articolo 10, co. 8, del r.d. 25 maggio 1895 n. 350 (“Regolamento per la direzione, la contabilità e la collaudazione dei lavori dello Stato”) dalla cui interpretazione letterale quanto teleologica si evidenzia nella consegna frazionata uno strumento per agevolare l’immediata esecuzione delle opere, programmando la esecuzione dei lavori anche in funzione della consegna successiva delle altre parti dell’area di cantiere. Avendo proceduto alla consegna frazionata del cantiere, in pendenza della stipulazione del contratto – senza che risulti agli atti alcuna autorizzazione dell’Amministrazione all’ immediato inizio dei lavori (art. 9 R.D. n. 1895/350 cit.) – l’arch. Y non ha riversato sull’impresa appaltatrice il rischio da ritardo nella esecuzione delle opere ma ha accollato sulla stazione appaltante il rischio da ritardo connesso alla consegna successiva dei locali all’epoca, temporaneamente, occupati;

c) la causa preponderante della soccombenza della P.A. nel lodo arbitrale consiste “oltre che nella ritardata consegna definitiva dei lavori, anche nella introduzione di varianti progettuali inerenti lavori strutturali dipendenti da carenze progettuali, per di più approvate in un momento successivo alla consegna definitiva”. Sul punto in esame le deduzioni e le allegazioni documentali dell’Impresa “ZZZ S.p.a.”, nel giudizio arbitrale, e le memorie difensive proposte in sede di appello – la cui fondatezza è riconosciuta dalle motivazioni del lodo – evidenziano le carenze progettuali quale causa del ritardo nell’esecuzione dei lavori non imputabile alla Impresa la quale, viceversa, si è tempestivamente adoperata per la rielaborazione dei progetti esecutivi di consolidamento delle fondazioni e di realizzazione dei solai (il P.R. menziona la consegna alla stazione appaltante il 15 febbraio 1995 del primo progetto, relativo alle opere di consolidamento delle fondazioni, ed il 29 marzo del secondo progetto esecutivo). Riferisce inoltre il Requirente che, già dal 3 marzo 1995, l’ Impresa ZZZ aveva evidenziato alla stazione appaltante di avere quasi esaurito i lavori eseguibili per effetto della consegna frazionata del cantiere ed invitato il Comune a procedere alla consegna definitiva; ancora, con lettera del 16 giugno 1995, l’Impresa aveva comunicato all’Ente locale di non essere in grado di proseguire l’esecuzione dei lavori per mancanza di opere approvate. Erano, poi, seguite la nota del 22 giugno 1995 e la lettera del 30 giugno 1995 con cui l’impresa informava il Comune che dal 3 luglio p.v. si sarebbe “trovata nella necessità di sospendere le attività di cantiere per carenza di opere realizzabili” come, effettivamente, avvenuto con verbale di sospensione del lavori sottoscritto con riserva) ;

d) soltanto dall’8 agosto 1995 – e, quindi, circa undici mesi dopo la consegna frazionata dei lavori (a fronte di un tempo contrattuale pari a 23 mesi circa) – la stazione appaltante aveva provveduto alla consegna dei locali della sala pubblica di lettura e, poi, il giorno 11 settembre 1995, proceduto alla consegna definitiva del lavori.

In base ai surriferiti elementi documentali interpretati in combinazione logica e cronologica con gli argomenti del lodo arbitrale – su cui si è consolidata la soccombenza del Comune nella lite civile con l’impresa ZZZ – la Procura Regionale fonda la prospettazione dell’ipotesi di responsabilità amministrativa nei confronti dell’arch. X Y ritenendolo soggetto alla giurisdizione di questa Corte poiché le prestazioni d’opera professionale sono assorbite nel rapporto di servizio.

I profili di colpa grave sarebbero ravvisabili – come già accennato – nella consegna frazionata, in pendenza di stipulazione contrattuale ed in difetto di ragionevole previsione sui tempi della consegna definitiva, nonché nella progettazione carente nelle parti strutturali fondamentali (fondazioni e solai).

Circa la quantificazione del danno – premesso che iI contratto d’appalto di opera pubblica possiede causa giuridica a struttura complessa (poiché il sinallagma dello scambio attribuisce rilevanza non solo al “dare” ma anche al “facere “dell’appaltatore) e che il tempo d’inizio nonché di ultimazione delle opere costituisce un elemento essenziale nella corrispettività dello scambio – il Requirente sostiene che il rallentamento nella esecuzione dei lavori per cause imputabili alla stazione appaltante rappresenta causa di squilibrio del sinallagma contrattuale stesso in pregiudizio della impresa appaltatrice; questa ha subìto danno all’avviamento aziendale in considerazione sia della sotto-utilizzazione delle risorse impegnate nel cantiere sia della protrazione dell’impiego dei fattori d’organizzazione oltre il termine programmato nella ponderazione del rischio d’impresa. E’, appunto, in base a queste considerazioni che il lodo arbitrale ha condannato il Comune di Trento al pagamento della somma di complessive lire 441.599.109.

Il P.R. rimette, comunque, la determinazione dell’addebito individuale alla saggia e prudente valutazione del Collegio evidenziando che sono rilevanti le circostanze di fatto, allegate nelle controdeduzioni, le quali sono ponderabili sotto il profilo della ripartizione del rischio d’amministrazione.

All’invito a dedurre del 2 settembre 2005 (notificato il successivo giorno 5) nonché all’ atto di citazione (notificato il 23 dicembre 2005) sono pervenute deduzioni, in data 3 ottobre 2005, e la comparsa di costituzione e risposta in data 13 febbraio 2006.

Nel richiamare dottrina e giurisprudenza in materia, l’avv. Pontalti, legale difensore dell’arch. Y:

– preliminarmente eccepisce la nullità dell’atto di citazione in quanto notificato soltanto al legale difensore e non anche (ex artt. 138 e 139 c.p.c.) al convenuto;

– eccepisce la prescrizione dell’azione di responsabilità amministrativa essendo stata comunicata la convocazione per l’audizione personale solo il 2 marzo 2005 e notificato l’invito a dedurre il 5 settembre 2005: in entrambi i casi dopo cinque anni dal 29 febbraio 2000 ossia dalla data di deposito del lodo arbitrale, peraltro, non rapportabile ad una sentenza;

– nel merito, contesta l’obbligo del Comune al pagamento delle somme specificate nel giudizio arbitrale la cui motivazione – presa a base dalla Procura Regionale – sarebbe viziata per non avere considerato la portata dell’art. 10 del d.P.R. 16.7.1962 n. 1063 in tema di recesso per mancata consegna (recesso mai azionato dall’Impresa ZZZ) e per aver assimilato l’ipotesi della consegna frazionata (comunque accettata dall’Impresa stessa) alla omessa consegna;

– evidenzia che il lodo arbitrale non ha dato rilievo al fatto che il 12 settembre 1994 l’Impresa ZZZ ha firmato il verbale di consegna frazionata scrivendo la locuzione “con riserva” sopra le due firme dell’appaltatore ed ha atteso 11 mesi per esplicitare le riserve;

– sottolinea che la Procura Regionale si dilunga a giustificare il ritardo non imputabile all’Impresa ma trascura di approfondire i profili di inesistenza della colpa da parte dell’arch. Y;

– richiama l’attenzione sulla specialità dei lavori oggetto del contratto, trattandosi di un progetto di restauro per il quale la normativa vigente consentiva l’appalto sul fondamento del solo progetto definitivo e lasciava all’appaltatore la definizione del progetto esecutivo tenuto conto di studi e ricerche che hanno coinvolto numerosi professionisti interni ed esterni all’Amministrazione. Il legale si sofferma ampiamente sull’iter fattuale, per concludere che l’arch. Y avrebbe sempre operato con tempestività per consentire all’Impresa ZZZ di proseguire regolarmente i lavori;

– dalla ricostruzione del quadro normativo di riferimento, rivendica la competenza legislativa primaria della Provincia (L.P. 10.9.1993 n. 26 e Regolamento di attuazione approvato con D.P.G.P. 30 settembre 1994 n. 92/10 Leg.), su quella nazionale, e puntualizza che dalla prima discende la legittimità della perizia di variante nei limiti del valore del sesto/quinto di contratto (vale a dire, sostanzialmente, nelle originarie previsioni di spesa);

– si sofferma analiticamente sulle cause del ritardo nella esecuzione dei lavori ed esclude che esso sia dipeso dal comportamento dell’arch. Y;

– pone in risalto che il modesto volume dello spazio non consegnato (appena una parte di un piano rispetto all’ edificio) non poteva incidere in maniera significativa su ritardo dell’Impresa quanto alla consegna del progetto nonché alla esecuzione delle opere;

– precisa che la mancata definitiva consegna (e, dunque la consegna frazionata) fu determinata sia dall’ urgenza di dare inizio dei lavori per evitare il rischio della perdita del finanziamento sia dalla materiale impossibilità di consegnare anche i locali destinati a biblioteca ed a sala di lettura;

– ritiene che il lodo non abbia affrontato taluni rilevanti aspetti giuridici quali, ad esempio: l’esecuzione del contratto secondo buona fede (art. 1375 c.c. ), la possibile riserva mentale da parte dell’Impresa circa la prevedibilità del danno (art.1225 c.c.), il concorso del fatto colposo del creditore (art. 1127 c.c.);

– evidenzia, inoltre, il nuovo metodo di progettazione del restauro seguito nella specie e, successivamente, adoperato anche per altri palazzi storici con tempestiva ultimazione dei lavori e, quindi, con risultati positivi;

– sostiene che l’attività dell’arch. Y avrebbe fatto risparmiare al Comune di Trento ben lire 295.827.322 (pari ad euro 152.782) ossia la differenza (maggiore somma) che il Comune avrebbe sborsato qualora tutta la progettazione e la realizzazione dell’opera fosse stata affidata a professionisti terzi esterni.

Conclude per la nullità della notifica dell’atto di citazione, per la declaratoria di prescrizione, per il rigetto nel merito delle richieste risarcitorie, per la subordinata riduzione del danno eventualmente ritenuto ascrivibile al convenuto; per la rifusione o compensazione delle spese.

In merito alle surriferite controdeduzioni, l’Ufficio inquirente osserva che :

I. nella ipotesi di responsabilità amministrativa c.d. indiretta la decorrenza del termine iniziale di prescrizione deve individuarsi nella data non dell’effettivo pagamento bensì della formazione del titolo giudiziale dotato di valore esecutivo e/o di valore di giudicato (SS.RR., sent. n. 3/2003QM); pertanto, nella specie, il termine iniziale di prescrizione dell’azione di danno erariale decorre dal 26/9/2002 data in cui la Corte di Appello di Trento ha pronunziato la sentenza n. 404/02 di rigetto della impugnazione proposta dal Comune di Trento per ottenere la dichiarazione di nullità del lodo arbitrale;

II. circa l’andamento dei lavori, la prova documentale acquisita è sufficiente ed idonea a dimostrare che la consegna frazionata del cantiere ed i vizi strutturali della progettazione (non gravante sull’impresa aggiudicatrice) costituiscono causa del ritardo nella esecuzione delle opere, non imputabile alla ditta ZZZ. Sotto tale profilo il lodo arbitrale appare esente da vizi di logica giuridica;

III. quanto alla urgenza dell’opera ed all’impossibilità della immediata consegna integrale, il Procuratore Regionale rammenta che il direttore dei lavori ha la funzione di garanzia del corretto andamento di essi in conformità alle clausole negoziali stipulate ed al contenuto della normazione vigente (sulla sospensione dei lavori e sulle perizie di variante, richiama la sentenza n.389/2001 di questa Sezione);

IV. in ordine alla presunta assimilazione della consegna frazionata alla omessa consegna, infine, osserva che la giurisprudenza della Corte di Cassazione menzionata nelle controdeduzioni (specie, Sez. I civ., 19.3.1980 n. 1808) non ha il significato di accollare all’impresa aggiudicataria anche il danno per i ritardi maturati dopo la materiale consegna del cantiere per cause ascrivibili a negligenza della stazione appaltante. Infatti, nella specie, il lodo arbitrale ha riconosciuto all’impresa ZZZ non il danno da ritardo della consegna bensì solo quello per il rallentamento e la sospensione della esecuzione dei lavori dopo la consegna parziale delle opere (Cass., Sez. I, 22.4.1991 n. 4341).

Conclude facendo presente che il contenuto delle controdeduzioni evidenzia, comunque, circostanze suscettibili di valutazione al fine della determinazione dell’addebito individuale e dà atto, peraltro, della correttezza e della trasparenza del comportamento pre-processuale della parte convenuta in giudizio.

Alla odierna udienza l’avv. PONTALTI pone in risalto la peculiarità del presente giudizio che si fonda solo sul lodo arbitrale che non é una sentenza e neppure una transazione bensì risoluzione negoziale cui l’arch. Y non ha partecipato; di conseguenza, ritiene un “salto logico” individuare , da parte della Procura Regionale, la colpa del medesimo quale dipendente comunale. Giustifica la consegna frazionata perché gli altri locali erano occupati e non dipendeva dal Y il loro sgombero e/o la consegna; dovendosi, comunque, provvedere urgentemente ai restauri, il direttore dei lavori non aveva altra scelta se non quella adottata. Aggiunge che i calcoli statici e strutturali dovevano essere fatti dall’Impresa e ciò è avvenuto solo nel luglio 1995, data da cui finalmente i lavori potevano iniziare per non perdere i finanziamenti. Evidenzia, infine, che l’Impresa ha accettato la consegna frazionata, anche se con riserva, e che la stessa Procura Regionale si rende conto della singolarità della vicenda tanto che, nelle proprie conclusioni, sembra voler affermare la esclusione della colpa del convenuto. Ribadisce il risparmio conseguito dal Comune di Trento, per effetto della progettazione fatta dal dipendente Y e non da professionisti esterni, e richiama le conclusioni dell’atto scritto.

Il Sost. Proc. Regionale dott. MANCINELLI replica che l’Ufficio si è avvalso della facoltà normativa e, quindi, risulta regolarmente notificato l’atto di citazione al domiciliatario (ex art. 141 c.p.c.); altrimenti, nella fattispecie, in ogni caso, si sarebbe potuto applicare l’art. 156, co. 3, c.p.c. (“la nullità non può mai essere pronunciata, sel’atto ha raggiunto lo scopo a cui è destinato”). Respinge l’eccezione di prescrizione, essendo l’azione proponibile solo dal momento in cui il danno è certo, attuale, liquido ed esigibile o, quanto meno, dal pagamento (giugno 2001). Nel merito – rilevata la differenza tra calcoli e progetto esecutivo – rappresenta che l’Impresa ha cercato di sopperire ad alcune carenze progettuali e che anche il lodo ha considerato questo aspetto; altrimenti la relativa decisione sarebbe stata diversa. Lo stesso dicasi per la pronuncia di reiezione dell’appello da parte della Corte di Appello. Osserva che il direttore dei lavori avrebbe avuto bisogno di autorizzazioni della stazione appaltante, prima di consegnare in maniera frazionata i lavori; così facendo, invece, si è assunto da solo decisioni rilevatesi, poi, dannose per il Comune.

Conclude facendo presente che accoglie integralmente la tesi del difensore – circa il risparmio di poco più di 152 mila euro, comunque, ottenuto dal Comune – e, di conseguenza, riduce l’addebito a complessivi euro 70 mila (settantamila) (228 -152) rimettendosi, inoltre, alla applicazione del potere riduttivo da parte del Collegio.

D I R I T T O

1. Questa Sezione è chiamata ad accertare la (eventuale) sussistenza della responsabilità del dott. arch. X Y per aver provocato – come sostiene il Procuratore Regionale – l’esborso di lire 441.599.109 (pari ad euro 228.066,91) che il Comune di Trento ha dovuto corrispondere all’Impresa “ZZZ S.p.a.” in conseguenza del lodo arbitrale pronunciato il 29 febbraio 2000 nella controversia insorta con la stessa Impresa in dipendenza ed in relazione al contratto di appalto, stipulato il 21.09.1994, avente ad oggetto “lavori di restauro del complesso Torre Mirana, palazzo d’angolo Via Belenzani/Via Manci – 2° lotto”.

La singolarità della fattispecie risiede nel fatto che progettista/direttore dei lavori è stato un qualificato dipendente comunale e che la Procura Regionale – come da odierna dichiarazione in udienza – ha modificato l’ originaria richiesta di rifusione del suindicato importo di euro 228 mila riducendo l’addebito ad euro 70 mila rimettendosi, inoltre, alla applicazione del potere riduttivo da parte del Collegio.

2. Preliminarmente occorre, in rito, esaminare alcune questioni pregiudiziali eccepite dalla difesa del convenuto.

2.1. Non può essere accolta la tesi difensiva che vorrebbe negare la giurisdizione di questa Corte, nei confronti del Y, in quanto – indipendentemente dalla natura di organo “indiretto” o “straordinario” che il direttore dei lavori (o il collaudatore) riveste, nell’assumere l’incarico con investitura di funzioni autoritative nell’interesse dell’Amministrazione preponente (Cass. SS.UU. Civ. , 13 gennaio 2003, n. 340; id. 24 luglio 2000 n. 515; id. 26 marzo 1999 n. 188; Cass. Civ., Sez. I, 27 febbraio 1996 n. 1528; Cass. SS.UU. Civ., 11.4.1994, n. 3358 e 5 aprile 1993, n. 4060; Corte dei Conti, SS.RR., 4 gennaio 1993, n. 817; Sez. Lombardia, 14 gennaio 2003, n. 7; Sez. Giur. Campania, 23 aprile 1998, n. 29; Sez. Giur. Liguria, 31 ottobre 1997, n. 985; Sez. Giur. Reg. Sic., 1 ottobre 1997, n. 256) – la circostanza che egli era interno all’Amministrazione appaltante fa sì che le prestazioni d’opera professionale rese quale progettista vengano assorbite nel normale rapporto di servizio ed i suoi errori progettuali non siano, perciò, assimilabili a quelli del libero professionista, come tale, non soggetto alla giurisdizione di questa Corte dei conti (cfr., da ultimo, Cass. SS.UU., 12 febbraio/23 marzo 2004, n. 5781).

Aggiungasi che, comunque, il direttore dei lavori risponde dei danni arrecati alla stazione pubblica appaltante e, pertanto, “(…) è irrilevante, ai fini della giurisdizione della Corte dei conti, che egli rivesta o meno anche la qualifica di progettista” (Corte dei Conti, 2^ Sez. centrale di appello, 7 febbraio 2002, n. 39/A).

2.2 Circa la eccepita nullità dell’atto di citazione, in quanto notificato soltanto al legale difensore, non vi è dubbio che la elezione di domicilio fatta in sede di invito a dedurre non é vincolante per il Procuratore contabile (cfr. Corte dei Conti, Sez. Giur. Calabria, 18 gennaio 2000 n. 4; 2^ Sez. centrale di appello, 11 marzo 2003, n. 87/A; 1^ Sez. centrale di appello, 16 dicembre 2002. n. 441/A).

Giova, peraltro, rammentare che la notifica mediante consegna al destinatario/convenuto, prevista dagli articoli 138 e 139 c.p.c., costituisce una mera facoltà e non un obbligo giuridico per il soggetto agente; di conseguenza, trattandosi di fattispecie assimilabile ad una obbligazione alternativa, il modo di perseguire l’intento sostanziale è lasciato alla discrezionalità del Requirente il quale (nella specie) ha preferito utilizzare, così come consentitogli dalla norma procedurale, questo particolare iter. Non si ravvisa, dunque, alcuna irregolarità formale e/o procedurale nella notifica dell’atto di citazione fatta presso il domicilio del difensore che, ai fini del regolare contraddittorio di cui all’art. 101 c.p.c., è da ritenere validamente eseguita in quanto perfettamente a norma essendo stato il convenuto, comunque, posto nelle condizioni di costituirsi regolarmente e di apprestare la propria difesa ex art. 164, co.3, c.p.c. (cfr. Corte dei Conti, Sez. Giur. Liguria, 11 febbraio 2003 n. 146; Veneto, 9 aprile 2001 n. 847; Toscana, 12 maggio 2000 n. 833; Liguria, 5 novembre 1999 n. 1007). Diversamente sarebbe stato, in carenza di valida notifica al convenuto dell’atto di citazione (cfr. Corte dei Conti, Sez. Giur. Umbria, 12 luglio 2004, n. 277).

2.3 Quanto alla prescrizione dell’azione di responsabilità amministrativa – a causa della convocazione per l’audizione personale, comunicata il 2 marzo 2005, e dell’invito a dedurre, notificato il 5 settembre 2005 (in entrambi i casi dopo cinque anni dal 29 febbraio 2000, data di deposito del lodo arbitrale), – è ben vero che il lodo non è, in sé, rapportabile ad una sentenza ma ciò non implica che il termine iniziale della prescrizione possa essere ancorato sic et simpliciter alla predetta data di deposito.

Va rilevato, invece, che, nella ipotesi di responsabilità amministrativa c.d. indiretta, il termine iniziale della prescrizione – come puntualizzato dalle Sezioni Riunite di questa Corte con sentenza 15 gennaio 2003 n. 3/2003/QM – decorre dalla data non dell’effettivo pagamento, per il risarcimento del danno civile, bensì della formazione del titolo giudiziale dotato di valore esecutivo e/o di giudicato; le Sezioni Riunite hanno, infatti, ricondotto l’effettività e l’attualità del danno alla formazione del titolo del pagamento, e non al concreto adempimento dell’obbligazione risarcitoria, affermando che il termine predetto “va fissato nella data in cui il debito della P.A. nei confronti del terzo danneggiato è diventato certo, liquido ed esigibile in conseguenza del passaggio in giudicato della sentenza di condanna della P.A. e della esecutività della transazione tra terzo e P.A.”.

Pertanto, nel caso che occupa, la prescrizione dell’azione di danno erariale decorre dal 26 settembre 2002 data in cui la Corte di Appello di Trento, con sentenza n. 404/02, ha rigettato l’impugnazione del lodo arbitrale proposta dal Comune di Trento per ottenerne la dichiarazione di nullità: da quella data, infatti, il lodo ha conseguito gli effetti di giudicato rendendo, così, definitivo il risarcimento con esso stabilito e, pertanto, certo liquido ed esigibile il pregiudizio patrimoniale arrecato alle pubbliche finanze dell’ente locale (cfr. Corte dei Conti: 3^ Sez. Giur. centrale di appello, 27.4.2005 n. 252; Sez. Giur. Basilicata, 12.11.2004 n. 270; Sez. Giur. Lazio, 26.92002 n. 2576; Sez. Giur. Puglia 26.7.1993 n. 49; Sez. 2^ Giur. 11.7.1988 n. 166; Sez. 1^ giur., 13.11.1975 n. 92 e 5.9.1974 n. 68).

3. Passando al merito, occorre tener presente quanto esposto nella parte in fatto, circa l’andamento della vicenda, avuto riguardo, in particolare, ai momenti fondamentali di essa desumibili dal lodo arbitrale nonché dalla documentazione acquisita, anche, mediante il Nucleo di Polizia Tributaria della Guardia di Finanza.

Le tappe dei lavori di restauro della Torre Mirana – a seguito del progetto di massima approvato dalla Giunta Comunale con delibera n. 1415 del 12 maggio 1994 – sono essenzialmente da ricondurre a: consegna frazionata, sospensione dei lavori, perizia di variante e suppletiva, ritardo nella ultimazione dell’opera di circa sette mesi (per proroghe e sospensioni).

3.1 Quanto alla consegna dei lavori, essa fu effettuata una prima volta in maniera frazionata il 12 settembre 1994, in pendenza della stipulazione del contratto (avvenuta il successivo 21.9.1994) e con le riserve di cui all’articolo 337 della legge 20.3.1865 n. 2248, all. F, dando contestualmente atto a verbale che “sono tuttora occupati i locali a P.T. destinati ad Ufficio Stato Civile e Sala di Pubblica Lettura”; la seconda volta fu effettuata, anch’essa in maniera frazionata, in data 8 settembre 1995, quando soltanto i locali della sala di pubblica lettura erano stati lasciati liberi; quella definitiva avvenne, poi, con verbale dell’11 settembre 1995 (firmato, anch’esso, con riserva dall’Impresa) quando tutti i locali a piano terra furono, finalmente, resi disponibili.

Osserva, al riguardo, la Sezione che questo modus procedendi non era giuridicamente consentito poiché – come anche rilevato dal Collegio arbitrale (v. pag. 66 del lodo) – non contemplato sia nel contratto di appalto sia nel capitolato speciale, né espressamente né mediante rinvio all’articolo 10, u.c., del R.D. 25 maggio 1895 n. 350 (“Regolamento per la direzione, la contabilità e la collaudazione dei lavori dello Stato”), secondo cui “per le opere la cui consegna richiegga molto tempo, quando la natura o l’importanza di esse lo consentono, si potrà stabilire nei capitolati speciali che la consegna possa farsi in più parti, mediante successivi verbali di consegna provvisori, ed in caso di urgenza, l’impresa potrà cominciare i lavori anche parzialmente per i tratti già consegnati (…)”. L’interpretazione letterale e teleologica della norma non lascia dubbi circa il categorico divieto, in materia di consegna parziale pur se, per agevolare l’immediata esecuzione delle opere, questa procedura è eccezionalmente consentita subordinatamente, però, al rispetto di rigorose condizioni oggettive nonché previa formale ed espressa previsione in tal senso nel capitolato speciale di appalto.

Nel procedere alla consegna frazionata del cantiere – in carenza di disposizioni contrattuali ad hoc, in pendenza della stipulazione del contratto e senza l’autorizzazione della P.A. all’inizio immediato dei lavori (art. 9, co.1, del citato Regolamento n. 350/1895) – il direttore arch. Y ha, invece, accollato alla stazione appaltante il prevedibile rischio da ritardo connesso alla successiva consegna dei locali temporaneamente occupati; circostanza, questa, che doveva essergli verosimilmente nota atteso che, già dal 26.8.1993, il Comune di Trento aveva chiesto ai signori Dal Piaz e Bigaran (nota n. 31735 cui erano seguite ulteriori lettere in data 12.1.1994 e 20.5.1994) di restituire i locali dai medesimi occupati, essendo scaduto il relativo contratto.

Vanno condivise, dunque, le osservazioni del Collegio arbitrale che – nel ritenere conclusivamente fondato l’an della richiesta risarcitoria proposta con la prima riserva dall’Impresa ZZZ – ha puntualizzato (pag. 67 del lodo) come l’accettazione, da parte dell’ aggiudicatario, della consegna parziale costituisce solo “una circostanza di fatto non idonea a far venir meno la illegittimità della stessa in assenza dei presupposti legittimanti il frazionamento”, tanto più che l’appaltatore non “avrebbe potuto sottrarsi all’adempimento richiesto dall’ Amministrazione” se non soggiacendo al meccanismo sanzionatorio previsto dall’articolo 10, co. 8, del d.P.R.16 luglio 1962 n. 1063 (“Capitolato generale lavori pubblici”) in tema di recesso per mancata consegna (recesso, peraltro, mai azionato dall’Impresa ZZZ).

Né, in ragione di quanto precede, può condividersi la tesi della difesa – secondo cui il lodo sarebbe viziato per aver assimilato l’ipotesi della consegna frazionata a quella della omessa consegna – poichè ciò non si desume dalla relativa motivazione e, peraltro, le due fattispecie sono assai diverse in sé e per gli effetti giuridici a ciascuna di esse riconducibili.

Sul punto vale aggiungere, per completezza, che il lodo arbitrale ha riconosciuto all’impresa ZZZ non il danno da “ritardo della consegna” bensì quello per il rallentamento e la sospensione della esecuzione dei lavori, dopo la consegna parziale delle opere (al riguardo, v. Cass. Sez. 1^ 22 aprile 1991, n. 4341); pertanto, come rilevato dalla Procura Regionale, non può essere richiamato l’orientamento della Corte di Cassazione espresso con la sentenza della Sez. I^ civ., 19 marzo 1980 n. 1808 (menzionata nelle controdeduzioni) poiché non esso si attaglia al giudizio in esame in quanto “non ha il significato di accollare all’impresa aggiudicataria anche il danno per i ritardi maturati dopo la materiale consegna del cantiere per cause ascrivibili a negligenza della stazione appaltante”.

3.2 Circa la sospensione dei lavori disposta il 3 luglio 1995, deve fondatamente presumersene – tralasciando quelle per avverse condizioni meteorologiche sopravvenute, rispettivamente, per i periodi 16.12.1995 /07.01.1996 e 20.12.1997/01.02.1998 – la stretta necessità atteso che, come riportato nel verbale, “(…) risultavano ancora occupati i locali a piano terra destinati a Ufficio stato civile e sala di pubblica lettura (…) e pertanto non consentono il regolare svolgimento dei lavori”. Soltanto l’8 agosto 1995, ossia dopo circa undici mesi dalla prima consegna frazionata (rispetto al previsto tempo contrattuale di quasi 23 mesi), venivano resi disponibili i locali della sala pubblica di lettura meentre, come già detto, poco dopo venivano liberati anche gli altri a piano terra sicché la consegna definitiva del lavori poteva essere attuata il giorno 11 settembre 1995.

La parziale insussistenza delle condizioni necessarie al regolare svolgimento delle opere avrebbe dovuto, ad avviso di questa Corte, essere preventivamente considerata ed opportunamente risolta dal Direttore dei lavori ad evitare, come poi verificatosi, che intoppi di natura pratica costituissero impedimento e, in ultima analisi, ritardo al compimento del lavoro (v. sub 3.4).

E’ pertinente, perciò, l’osservazione della Procura Regionale che la consegna frazionata costituisce ex se causa di ritardo nella esecuzione delle opere, non imputabile alla ditta appaltatrice. Questa circostanza esimente sussisterebbe per l’Impresa ZZZ “anche nella ipotesi della ammissibilità e della legittimità della consegna parziale (….) la cui sottoscrizione, con o senza riserva, non può giammai significare l’accettazione del rischio per l’inadempimento condizionato all’altrui comportamento, poiché assume più semplicemente il valore della dichiarazione di disponibilità all’immediato all’inizio di esecuzione delle opere” (pag. 9 dell’atto di citazione).

In ragione di ciò, restano superate tutte le puntuali obiezioni della difesa poiché non sarebbe, comunque, esclusa la responsabilità amministrativa del direttore dei lavori derivante dalla menzionata consegna frazionata.

3.3 In tema di variante progettuale inerente ai lavori strutturali, dal fascicolo si deduce che la perizia suppletiva e di variante fu presentata ed approvata nell’ottobre 1996 (da cui il conseguente atto di sottomissione del 21.10.1996 nonché il “concordamento” dei nuovi prezzi e la proroga dei lavori di 120 giorni) tenuto conto di indagini geologiche sintomatiche di gravi carenze progettuali. Per sopperire al rilevato inconveniente, l’Impresa “ZZZ S.p.a.” aveva dovuto procedere alla redazione, in due fasi, del nuovo progetto esecutivo concernente le opere sia di consolidamento delle fondazioni (consegnato al Comune il 15 febbraio 1995 ed approvato il 28 settembre 1995) sia di riprogettazione dei solai (consegnato il 29 marzo 1995 ed approvato il 10 ottobre 1995).

Nelle more, già dal 9 marzo 1995 l’Impresa segnalava al Comune di Trento di avere quasi esaurito i lavori eseguibili per effetto della consegna frazionata del cantiere e sollecitava la consegna definitiva dell’area; con successive lettere del 16 e del 22 giugno 1995 rappresentava, inoltre, di non poter proseguire i lavori in carenza, appunto, di detta consegna; infine, con la nota del 30 giugno 1995, informava il Comune che si sarebbe trovata nella necessità di sospendere le attività di cantiere dal 3 luglio successivo per carenza di opere realizzabili come, in effetti, dà atto il relativo verbale di sospensione (sottoscritto dall’Impresa stessa con talune riserve) nel constatare che alcuni locali rimanevano ancora occupati e, pertanto, “non consentono il regolare svolgimento dei lavori”.

3.4. Per il ritardo nella conclusione dei lavori, il Collegio arbitrale precisa, anzitutto, che il citato articolo 10, comma 8, del d.P.R. n. 1063/1962 (“l’appaltatore può chiedere di recedere dal contratto”) e l’art. 10 del Regolamento n. 350/1895 (secondo cui, come si è poc’anzi detto, pur a fronte del generale divieto di consegna parziale dei lavori l’Amministrazione sarebbe facultata a farlo, se previsto nel capitolato speciale, “quando la natura o l’importanza” dell’opera lo consentono) escludono l’applicabilità del comma 9 dell’articolo 10 del d.P.R. n. 1063/1962 – circa la consegna eseguita in più parti – poiché, nella fattispecie, non ricorre una ipotesi di mancata consegna bensì di consegna frazionata (neppure, quindi, parziale).

Di conseguenza, il medesimo Collegio afferma che, a fronte alla ritardata consegna definitiva – intervenuta oltre un anno dopo la (prima) consegna frazionata – l’Impresa “ha diritto al risarcimento dei danni subiti in ragione del protrarsi dei lavori oltre i termini contrattuali, quale conseguenza degli inadempimenti ascrivibili all’amministrazione e concretatisi oltre che nella ritardata consegna definitiva dei lavori, anche nella introduzione di varianti progettuali inerenti lavori strutturali dipendenti da carenze progettuali, per di più approvate in un momento successivo alla consegna definitiva”.

Tuttavia, non può essere trascurato da questa Sezione che anche le ricordate carenze progettuali e la sospensione dei lavori, in data 3 luglio 1995, hanno, comunque, influito sul ritardo obiettivamente non imputabile alla Impresa “ZZZ S.p.a.”.

4. Per tutte le considerazioni innanzi svolte ed in conformità ad analoghi precedenti giurisprudenziali in materia (cfr. Corte dei Conti: 2^ Sez. Giur. centrale appello 30.7.2001, n. 259; Sez. Basilicata, 11.10.2001 n. 247; Sez. Sicilia, 11.12.1995 n. 399; Sez. Lombardia, 1.12.1995 n. 1291; Sez. Umbria, 20.12.1994 n. 116; Sez. Puglia, 26.7.1993, n. 49; Sez. Calabria, 12.7.1993, n. 35; Sez. I^, 26.3.1992, n. 84; SS.RR., 3.10.1988 n. 593, in CED, Centro elettronico di documentazione della Cassazione, ecc.), il Collegio ritiene sussistente, sotto il profilo soggettivo, la colpa grave del convenuto in termini di negligenza per difformità dagli obblighi tipici della funzione dal medesimo svolta. L ‘evolversi degli accadimenti e l’andamento dei lavori denotano, infatti, da parte dell’ arch. Y, non solo palese contrasto con le chiare disposizioni di legge, di contratto nonché di capitolato (generale e speciale) ma, altresì, di superficialità e leggerezza circa il suo modus procedendi.

Per l’incarico ricevuto quale progettista nonché direttore dei lavori egli, indipendentemente dal rapporto di qualificato dipendente tecnico comunale, era investito di particolari competenze e responsabilità la cui consapevolezza non può essere messa in dubbio dovendo presumersi il possesso almeno di quella specifica professionalità idonea a fargli assumere le connaturate responsabilità istituzionali; diritti/doveri che, oltre a caratterizzare la sua circostanziata attività, lo esponevano alle necessarie nonché opportune iniziative, formali e sostanziali, verso l’Amministrazione appaltante e/o l’appaltatore.

In questo comportamento, l’ architetto Y avrebbe dovuto manifestare massima diligenza e sicura competenza atteso che è lecito attendersi: a) dal progettista, il ponderato ed accurato esame dei luoghi e degli ambienti, oggetto del progetto, ad evitare che le eventuali deficienze progettuali di origine possano comportare, come necessaria conseguenza, la predisposizione nonché la successiva approvazione delle perizie di variante e suppletive; b) dal direttore dei lavori, non solo accuratezza e diligenza nelle varie fasi concernenti la consegna delle opere e l’ esecuzione dei lavori ma, altresì, capacità di intervenire tempestivamente, nel corso di essi, con l’adozione degli adeguati provvedimenti destinati all’ ottimale risultato finale. Il direttore ha, invero, funzione di garanzia del corretto andamento dei lavori, in conformità alle clausole negoziali stipulate nonché al contenuto della normazione vigente, essendo titolare di un complesso di doveri/poteri vuoi di controllo tecnico, sulla esecuzione delle prestazioni e sulla materia adoperata, vuoi di vigilanza e certificazione amministrativa sulla tenuta ed annotazione della contabilità delle opere. Egli deve, tra l’altro, porsi quale saggio ed equilibrato collegamento tra l’Amministrazione appaltante e l’Impresa aggiudicataria rappresentando alla prima eventuali carenze progettuali, riscontrate difficoltà di esecuzione, impedimenti formali e sostanziali al regolare andamento dei lavori, necessità di opportune varianti, ecc.; deve, altresì, saper intervenire nei confronti dell’appaltatore – mediante appositi ordini di servizio, opportune misure e tutti gli altri strumenti conferitigli dalla legge e dalle disposizioni contrattuali – perché provveda, nei tempi stabiliti, a porre in essere gli adempimenti di competenza osservando le modalità pattuite.

Tutto ciò sembra non puntualmente osservato e/o rispettato, nella fattispecie in esame, da parte dell’arch. Y il quale:

3. come redattore del progetto generale di massima non ha verificato col dovuto scrupolo la sicura fattibilità di esso, in riferimento allo stato dei luoghi, ed ha dovuto farlo aggiornare perché rivelatosi carente nelle strutture fondamentali nonostante ciò fosse prevedibile in base alle prescrizioni della “Commissione beni culturali” della P.A.T. giusta nota prot. 1587/91 SO 23 del 12.6.1991 (“l’eventuale necessità di intervento strutturale sulle fondazioni dovrà essere oggetto di specifica e documentata richiesta di autorizzazione alla Commissione”). L’aver trascurato di approfondire talune indispensabili operazioni preliminari alla consegna dell’opera (ad es., rilievi geognostici in rapporto alla particolare configurazione del sottosuolo della zona) – discostandosi dagli specifici obblighi contemplati dall’art. 5, co.1, del R.D. 25 maggio 1895 n. 350 – rappresenta, dunque, intuibile violazione degli elementari doveri di servizio da cui è scaturita la imprescindibile sospensione dei lavori stante la necessità di provvedere, con urgenza, alle esigenze statiche delle fondamenta e dei solai mediante la approvazione delle occorrenti varianti. Comportamento che configura l’ illecito causativo del danno indiretto subìto dall’ Amministrazione per il risarcimento corrisposto all’ appaltatore a seguito della sospensione, in tal modo, inevitabilmente cagionata (cfr. Corte dei conti, 2^ Sez. Giur. centrale di appello, 09. 01.2004, n. 2; 1^ Sez. Giur. centrale di appello, 15 aprile 2002, n. 114; Sez. Giur. Trentino Alto Adige -Trento, 27.12.2001 n. 389. Arg. anche ex Sez. Giur. Marche, 07.03.2002 n. 258 e Sez. Giur. Sicilia, 20.09. 1993 n. 88);

4. come direttore non solo ha violato la legge procedendo, in pendenza di stipulazione contrattuale, alla incauta consegna frazionata dei lavori (cfr. Corte dei Conti, Sez. Giur. Marche, 19 dicembre 2001 n. 1694; Sez. Giur. Liguria, 30 marzo 1999 n. 361) ma, pochi giorni dopo, ha dovuto farli sospendere causando un ingiustificato blocco operativo (cfr. Corte dei Conti, Sez. Giur. Marche, 2 marzo 2004 n. 338) senza poter nemmeno prevedere i tempi della consegna definitiva, poi, avvenuta con ritardo (cfr. Corte dei Conti, 1^ Sez. giur. centrale di appello, 19 giugno 2002 n. 203/A).

Circostanze, tutte, che – come agevolmente si intuisce dalla motivazione del lodo arbitrale (in verità, non priva di logica giuridica né viziata da irragionevolezza ed iniquità né tale da assecondare il comportamento “pretestuoso” della impresa) – denotano incertezze e/o contraddizioni nell’esercizio dei poteri di direzione, controllo ed impulso e, pertanto, non in grado di scagionarlo da eventuali responsabilità; stato di cose che, purtroppo, ha causato all’Impresa un grave danno economico per la ridotta produttività delle attrezzature installate, del personale tecnico di cantiere e di quello addetto ai servizi generali, oltre ai maggiori oneri per il parziale assorbimento delle spese generali e delle spese fisse nonché al mancato utile sulla produzione che si sarebbe potuta eseguire e che non è stato, invece, possibile realizzare (cfr. Corte dei conti, Sez. Giur. Basilicata, 12.11.2004 n. 270).

Circostanze, inoltre, che depongono per la sussistenza di elementi relativi al nesso di causalità tra il comportamento del medesimo arch. Y e la condanna del Comune di Trento, nei confronti dell’Impresa ZZZ, in accoglimento della riserva n. 1 con la quale l’impresa stessa aveva richiesto “il ristoro dei maggiori oneri sostenuti” ascrivibili sia alla iniziale consegna frazionata dei lavori sia a quella definitiva, con un anno di ritardo, sia alle varianti al progetto strutturale originario.

In conclusione, un composito evento lesivo altamente prevedibile oltre che evitabile (cfr., al riguardo, Corte di cassazione, 2 dicembre 1996, n. 10723) tanto che: a) la Direzione dei lavori, con le controdeduzioni del 4 dicembre 1996 – relative alle riserve espresse al 5° S.A.L. – riconosceva la fondatezza della riserva n. 1 solo in via parziale e, precisamente, per il limitato importo di lire 21.423.000 (pagg. 18 e 19 del lodo arbitrale); b) la Commissione di collaudo nominata il 7.2.1997 “”proponeva all’Amministrazione, in relazione alle riserve iscritte da parte dell’Impresa sui documenti contabili, di riconoscere a quest’ultima “a titolo di accordo bonario ed a tacitazione di tutte le riserve avanzate (..)” l’importo omnicomprensivo di lire 98.005.207″” (pagg. 11 e 12 del lodo arbitrale); c) il Comune di Trento, con nota in data 2 marzo 1998 a firma del responsabile del procedimento, aveva proposto l’importo complessivo di lire 175.000.000=.

5. Resta, ora, da quantificare il danno erariale che si configura quale danno emergente indiretto avente connotazioni di certezza, attualità ed effettività.

5.1. Preliminarmente è da apprezzare l’impostazione del Procuratore Regionale secondo il quale il contratto d’appalto d’opera pubblica possiede causa giuridica a struttura complessa poiché il sinallagma dello scambio attribuisce rilevanza non solo al “dare” ma anche al “facere” dell’appaltatore nel senso che il corrispettivo dipende non solo dalla consegna dell’opera, in conformità alla utilità del risultato progettato, ma anche dalla realizzazione di esso con metodologie e modalità di prestazione corrispondenti alle tecniche dell’arte prestabilite con l’accordo. Il tempo d’inizio e di ultimazione delle opere rappresenta, pertanto, un elemento essenziale – nella corrispettività dello scambio – sicché il rallentamento nell’ esecuzione dei lavori, per cause imputabili alla stazione appaltante, costituisce causa di squilibrio del sinallagma contrattuale, in pregiudizio della impresa appaltatrice, la quale subisce danno all’avviamento aziendale (per la sotto-utilizzazione delle risorse impegnate nel cantiere nonché per la protrazione dell’impiego dei fattori d’organizzazione oltre il termine programmato nella ponderazione del rischio d’impresa).

Per queste ragioni il lodo arbitrale ha condannato il Comune di Trento al pagamento della somma di complessive lire 441.599.109 (euro 228.066,91) (comprensive del risarcimento per: maggiori spese generali, maturate per la minore produzione nel tempo di anomalo rallentamento dei lavori; lucro cessante, per l’omesso impiego in altri appalti della stessa organizzazione produttiva; ammortamento delle attrezzature e dei mezzi, ecc.) che costituisce danno erariale poiché – trattandosi di onere economico aggiuntivo, che si cumula alla spesa contrattuale programmata – al pagamento stesso non corrisponde alcuna utilità conseguita dalla pubblica amministrazione nella esecuzione dell’opera pubblica.

5.2. Giudica tuttavia, in proposito, la Sezione che, per meglio quantificare il danno, meritino sostanziale condivisione le ben argomentate e puntuali osservazioni della difesa – circa la posizione dell’ arch. Y – non potendo essere ignorate: la specialità dei lavori, trattandosi di un restauro per il quale la normativa vigente consentiva l’appalto sul fondamento del solo progetto definitivo e lasciava all’appaltatore la redazione di quello esecutivo da impostare sulla base di particolari studi e ricerche (che, nella specie, hanno coinvolto numerosi professionisti sia interni sia esterni alla Amministrazione); il nuovo metodo di progettazione del restauro, seguito nella specie e adoperato con successo anche per altri palazzi storici, con risultati positivi per la comunità locale; il risparmio derivato al Comune di Trento (valutabile in euro 152 mila) atteso che la progettazione e la realizzazione dell’opera non furono affidate a professionisti esterni; l’ urgenza di dare corso all’opera per evitare il rischio della perdita del finanziamento; la circostanza che il progettista/direttore si sarebbe, comunque, adoperato per consentire all’Impresa di proseguire regolarmente i lavori; la sostanziale legittimità della perizia di variante poiché contenuta nei limiti del valore del sesto/quinto di contratto (vale a dire, nell’ambito delle originarie previsioni di spesa) in aderenza al quadro normativo di riferimento fondato sulla competenza legislativa primaria della Provincia; taluni interessanti approfondimenti giuridici non affrontati dal lodo (ad esempio: le problematiche circa l’applicabilità degli artt. 1375, 1225 e 1127 c.c.); il modesto volume dello spazio non consegnato (locali destinati a biblioteca ed a sala di lettura, cioè appena una parte del piano rispetto all’ edificio).

5.3. Il Requirente, in udienza, ha ritenuto suscettibili di valutazione tutte le suddette circostanze di fatto – compreso il profilo della ripartizione del rischio d’amministrazione – e ha ribadito la correttezza e la trasparenza del comportamento pre-processuale della parte convenuta in giudizio, riducendo l’ammontare del danno a complessivi euro 70 mila (settantamila) (228-152) rimettendosi, inoltre, al potere riduttivo del Collegio.

Potere di cui questa Sezione intende, nella specie, fare ponderata applicazione nonché ampio uso (cfr. 1^ Sez. Giur. centrale di appello, 18 marzo 2003 n.105/A) – in base agli artt. 83, co.1, R.D. 18.11.1923 n. 2440 e 52, co.2, T.U. 12.7.1934 n. 1214 – avuto riguardo a tutte le surriferite circostanze rappresentate dalla difesa e condivise dal Requirente e tenuto, altresì, conto che il convenuto arch. Y non ha tratto personale profitto dalla vicenda e che il suo comportamento è, comunque, da valutare nel contesto della situazione in cui l’evento dannoso si e’ verificato (v. Corte dei Conti, SS.RR., sent. 4.6.1996 n. 32).

Sono da aggiungere, ad avviso di questa Corte, altre considerazioni: a) nel lodo arbitrale non sembra sia stata adeguatamente valutata l’eccezione circa l’inesistenza di pregiudizio nel ritardo nonché le cause della ritardata approvazione; b) l’Impresa non sempre ha puntualmente ottemperato alle disposizioni impartite dalla direzione dei lavori con ben 13 ordini di servizio; c) non possono essere esclusi, infine, alcuni “vantaggi comunque conseguiti” dall’ Amministrazione (art. 1 della legge n. 20 del 1994, nel testo modificato dalla legge n. 639 del 1996) quali, ad esempio, la più esatta conoscenza geognostica della zona, il rinforzo del complesso Torre Mirana (fondamenta e solai), il “know how” e l’esperienza acquisiti dall’Ufficio Tecnico comunale per la progettazione di opere similari.

Senza dire che, nella liquidazione del danno, al fine di assicurarne il corretto ed integrale risarcimento, il Giudice deve tenere conto dell’effettivo pregiudizio subito dall’Amministrazione, facendo riferimento ai criteri soggettivi (la collocazione dell’ agente nella organizzazione amministrativa e la sua posizione esponenziale), a quelli oggettivi (in particolare, la gravità dell’illecito commesso) ed ai criteri sociali (capacita’ esponenziali dell’ente, risalto avuto dall’illecito, possibili fenomeni di emulazione del comportamento, ecc.) (cfr. Corte dei conti, Sez. Giur. Abruzzi, 11.04.2003, n. 197).

Nel complesso si tratta, dunque, di sufficienti e fondati motivi perché – considerati il caso e gli elementi concreti – l’addebito venga determinato in complessivi € 30.000/00 (trentamila/00) oltre alla rivalutazione monetaria, secondo gli indici ISTAT, nonché agli interessi legali dalla data di pubblicazione della sentenza fino al soddisfo (v. Corte dei Conti, SS.RR. 10.4.1992 n. 760/A).

Le spese del giudizio seguono la soccombenza e si liquidano come nel dispositivo.

PER QUESTI MOTIVI

La Corte dei Conti, Sezione Giurisdizionale per il Trentino-Alto Adige, con sede in Trento, definitivamente pronunciando nel giudizio di responsabilità iscritto al n. 3239/R del Registro di Segreteria, respinta ogni altra eccezione, CONDANNA il signor arch. X Y – nato a Trento il giorno 06 settembre 1957, ivi residente in località Romagnano, alla Via Calmi n. 3 – al pagamento in favore del Comune di Trento della somma di euro 30.000,00 (trentamila) oltre agli interessi di legge ed alla rivalutazione monetaria secondo gli indici Istat dalla data di pubblicazione della presente sentenza fino al soddisfo.

Condanna, altresì il medesimo, al pagamento delle spese del giudizio che si determinano in euro 416,69 (diconsi, euro quattrocentosedici/69).

Trento, Camera di Consiglio del giorno 03 marzo 2006.

IL PRESIDENTE / RELATORE

(Ignazio de Marco)

Depositata in Segreteria il 12 aprile 2006

Il Direttore della Segreteria

(dott.ssa Livia Bosetti)

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *

Grazie per esserti iscritto alla newsletter.

Rimarrai sempre aggiornato grazie agli articoli del mio Blog.

Andrea Maso