il principio di autoresponsabilità nella presentazione delle offerte è maggiormente gravato dall’attuale emergenza sanitaria

è previsto che gli operatori economici invitati autodichiarino la sussistenza dei requisiti di moralità, i quali vengono controllati ex post dall’amministrazione, e che si avvii immediatamente l’affidamento ed il relativo rapporto contrattuale

fortissima carica precettiva e deontologica la quale impone ai concorrenti di verificare con scrupolo che non ricorrano cause di esclusione a proprio carico

Qui il testo integrale della sentenza

Pubblicato il 04/01/2021

N. 00003/2021 REG.PROV.COLL.

N. 04145/2020 REG.RIC.

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

Il Tribunale Amministrativo Regionale per il Lazio

(Sezione Seconda)

ha pronunciato la presente

SENTENZA

sul ricorso numero di registro generale 4145 del 2020, proposto da

ricorrente S.r.l., in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentata e difesa dagli avvocati Stanislao Chimenti Caracciolo, Sergio Starace, Giuseppe Lo Pinto, Fabio Cintioli, Carmen Pollifrone, con domicilio digitale come in atti e domicilio eletto in Roma, via Paisiello, 40;

contro

Consip S.p.A., in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentata e difesa dall’Avvocatura Generale dello Stato, domiciliataria ex lege in Roma, via dei Portoghesi, 12;

nei confronti

controinteressata Service Società Cooperativa Sociale, **

per l’annullamento

– delle note prott. n. 16304 e n. 16301, entrambe del 20.04.2020, con le quali la Consip ha disposto l’annullamento dell’aggiudicazione ai sensi e per gli effetti dell’art. 21-nonies della Legge n. 241 del 1990 e s.m.i. ed inefficacia degli accordi quadro sottoscritti a seguito dell’aggiudicazione della gara dalla stessa indetta per la fornitura di “dispositivi di protezione individuale e apparecchiature elettromedicali, dispositivi e servizi connessi, destinati all’emergenza sanitaria” ID 2286, rispettivamente, per i LOTTI nn. 1, 3 e 7 (aggiudicazioni prot. n 12369/2020 (valore € 1.260.000) – 12366/2020 (valore € 17.910.000) – 12882/2020 (valore € 1.497.000) e per il LOTTO n. 2 (aggiudicazione prot. n 10797/2020 – valore € 567.600);

– della nota prot. n. 13114 del 1.04.2020, con la quale la Consip ha comunicato alla ricorrente l’“avvio del procedimento – Regolarità fiscale” contestando una situazione di presunta irregolarità fiscale di ricorrente;

– della nota prot. n. 17061 del 23.04.2020 con la quale la Consip – ai sensi degli artt. 80, comma 12 e 213, comma 13, del d.lgs. 50/2016 (“Codice”) ha segnalato ricorrente all’ANAC per asserite false dichiarazioni e/o presentazione di falsa documentazione nell’ambito della gara sopra emarginata;

– per quanto di ragione e ove occorrer possa: della nota prot. n. 17141 del 24.04.2020 con la quale Consip ha comunicato di aver segnalato ricorrente alla Procura della Repubblica presso il Tribunale di Roma per asserite false dichiarazioni e/o presentazione di falsa documentazione nell’ambito della gara sopra emarginata;

– di ogni altro provvedimento, comunque denominato, collegato o connesso ai precedenti;

nonché per la dichiarazione di efficacia degli accordi quadro stipulati (risarcimento del danno in forma specifica) ovvero, in subordine, per il risarcimento del danno per equivalente monetario.

Visti il ricorso e i relativi allegati;

Visto l’atto di costituzione in giudizio di Consip S.p.A.;

Visti tutti gli atti della causa;

Relatore nell’udienza pubblica del giorno 16 dicembre 2020, tenutasi mediante collegamento da remoto, la dott.ssa Giovanna Vigliotti e uditi per le parti i difensori come specificato nel verbale;

Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.

FATTO e DIRITTO

1. La società ricorrente ha impugnato il provvedimento indicato in epigrafe, per mezzo del quale Consip ha esercitato il diritto di recesso dall’accordo quadro de quo sottoscritto in data 18 marzo 2020 ed ha annullato l’aggiudicazione disposta in favore dell’istante, a causa del riscontrato difetto dei requisiti di ordine generale prescritti dall’art. 80, comma 4, del d.lgs. n. 50/2016 (di seguito solo “Codice dei Contratti Pubblici” o “Codice”).

2. La ricorrente ha articolato i seguenti motivi diritto:

I. In via preliminare e pregiudiziale: Violazione e falsa applicazione dell’art. 103 d.l. 7.03.2020, n. 18 (c.d. Cura Italia) e dell’art. 37 del d.l. 8 aprile 2020, n. 23. Eccesso di potere. Difetto di istruttoria.

II. Violazione e falsa applicazione dell’artt. 80, commi 4 e 5 lett. f bis), del d.lgs. 50/2016. Eccesso di potere. Difetto di istruttoria e di motivazione. Esistenza quantomeno di un errore scusabile.

III. Violazione e falsa applicazione dell’art. 21-nonies della L. 241/90. Eccesso di potere per illogicità ed irragionevolezza. Difetto di istruttoria e di motivazione.

IV. . Violazione e falsa applicazione del combinato disposto dagli artt. 68 e 103 del d.l. 18/2020

(c.d. Cura Italia). Eccesso di potere. Difetto di istruttoria.

V. Violazione e falsa applicazione del combinato disposto dagli artt. 80, comma 12, e 213, comma 13 del d.lgs. 50/2016.

VI. Violazione e falsa applicazione dell’art. 163, comma 7, del d.lgs. 50/2016.

3. La ricorrente ha, dunque, concluso chiedendo l’annullamento degli atti impugnati, l’accertamento della perdurante efficacia del contratto stipulato ed agendo, in subordine, per il risarcimento del danno per equivalente monetario.

4. Si è costituita Consip, contestando il ricorso e chiedendone la reiezione.

5. La causa è stata trattenuta in decisione all’udienza del 16 dicembre 2020.

6. Il Collegio rileva che le medesime questioni oggetto del presente ricorso sono già state vagliate e decise da questa Sezione con la sentenza n. 5436 del 22 maggio 2020 confermata dal Consiglio di Stato con la sentenza n. 6912 del 10 novembre 2020. In ragione dell’identità in fatto e in diritto delle questioni esaminate e dell’assenza di sopravvenienze rilevanti, non si rinvengono ragioni per discostarsi dal precedente della Sezione, peraltro integralmente confermato dal giudice di appello. Il presente ricorso, pertanto, è infondato per le motivazioni già dedotte nelle citate sentenze cui si fa integrale rinvio e che si sintetizzano nel prosieguo.

7. In via preliminare, si ricorda che l’affidamento di cui si controverte si inserisce nell’ambito dello stato di emergenza dichiarato con delibera 31 gennaio 2020 della Presidenza del Consiglio dei Ministri, la quale ha attribuito al Capo del Dipartimento della Protezione Civile i poteri straordinari necessari per fronteggiare la nota emergenza sanitaria in cui versa il Paese.

8. Per l’effetto, il Capo del Dipartimento della Protezione Civile ha dapprima adottato l’ordinanza n. 630 del 3 febbraio 2020, quindi la successiva ordinanza n. 639 del 25 febbraio 2020, con la quale si è consentito, tanto per la Protezione Civile, quanto per i soggetti attuatori degli interventi urgenti imposti dalle impellenti necessità dell’emergenza, di ricorrere a procedure ad evidenza pubblica in via d’urgenza, anche in deroga a talune disposizioni del Codice dei Contratti Pubblici.

9. In attuazione di queste facoltà, il Capo del Dipartimento della Protezione civile ha dunque emesso il decreto 2 marzo 2020 n. 666, con la quale è stata designata la Consip spa quale soggetto attuatore dell’approvvigionamento di attrezzature ospedaliere e dispositivi di protezione individuale (DPI), da mettere a disposizione del personale sanitario e della popolazione civile, ponendo in essere attività procedurali che, in ragione della citata estrema urgenza, potevano derogare alle ordinarie previsioni del Codice in quanto oggettivamente incompatibili con la situazione emergenziale in atto. Consip ha così pubblicato la determina a contrarre posta a fondamento dell’affidamento oggetto del presente giudizio, con cui ha articolato una serie di lotti funzionali, tra i quali quelli di cui è controversia (ossia i Lotti 1,2,3.1 e 7).

10. Nella medesima determina, per un verso, si è stabilito di avviare una procedura negoziata d’urgenza, ai sensi dell’articolo 63 comma 2 lett. c) del Codice, per l’aggiudicazione di una serie di accordi quadro riguardanti i predetti lotti e, per altro verso, sono state indicate le previsioni del Codice derogate, confermandosi tuttavia che la partecipazione richiedeva l’imprescindibile possesso dei requisiti di ordine generale di cui all’art. 80 del Codice dei Contratti medesimo (oltre all’iscrizione nel registro delle imprese per le attività inerenti l’oggetto dell’accordo quadro ed all’assenza della causa impediva prevista dall’art. 53 comma 16 del d.lgs. 159/2011).

11. Consip ha così trasmesso le varie lettere di invito agli operatori economici in grado di assicurare la fornitura dei beni oggetto di affidamento, ancora evidenziando che gli operatori dovevano essere muniti dei requisiti soggettivi di ordine morale, il cui possesso doveva essere attestato, ai sensi dell’art. 163, comma 7, del Codice, dagli operatori medesimi mediante autocertificazione ex DPR 445/2000.

12. In sostanza, in linea con la predetta disposizione, il controllo circa l’effettivo possesso dei requisiti di ordine generale veniva posticipato rispetto al provvedimento di aggiudicazione ed effettuato successivamente dall’amministrazione entro un termine congruo (non superiore a 60 gg); ciò al fine di avviare subito il rapporto contrattuale (seppur sub condicione) e di intervenire, nel caso, in autotutela, laddove fosse emersa, in sede di verifica successiva, la mancanza di taluno dei predetti requisiti.

13. Nelle medesime lettere di invito Consip ha poi chiarite le modalità di aggiudicazione e di esecuzione degli accordi quadro; ha reso noto infatti che sarebbe stato concluso un accordo quadro con ciascuno degli operatori non esclusi, in base ad un ordine di graduazione definita secondo il criterio del prezzo più basso ai sensi dell’articolo 95 comma 4 del Codice; quindi si sarebbe provveduto, in sede di esecuzione dei predetti accordi, ad emettere ordini di fornitura seguendo l’ordine di graduazione, fino all’integrale soddisfacimento delle richieste avanzate dalle singole amministrazioni interessate.

14. Sulla base di tale quadro regolatorio, l’odierna ricorrente ha presentato offerta per i Lotti 1,2,3.1 e 7 ed è risultata aggiudicataria degli stessi.

15. Tuttavia, Consip, effettuati i controlli sui requisiti di ordine generale, ha riscontrato l’esistenza di un debito fiscale in capo alla società ricorrente, derivante dall’omesso pagamento di imposte per l’anno 2015 per una somma pari ad Euro 124.477,53, somma per la quale è stata emessa apposita cartella di pagamento (v. attestazione della Direzione Regionale del Veneto dell’Agenzia delle Entrate).

16. Il predetto debito, in particolare, si atteggiava quale violazione tributaria “grave” (ai sensi dell’art. 80 comma 4 e 48 bis commi 1 e 2 DPR 602/1973) e “definitiva”, non essendo stato impugnato né l’avviso di accertamento fiscale, né la relativa cartella esattoriale, notificata al contribuente per il recupero del relativo credito d’imposta.

17. Consip riscontrava, altresì, una rilevante violazione in materia contributiva e previdenziale, desumibile dal DURC della ricorrente, dal quale si evinceva una irregolarità nel versamento di contributi e accessori per “Gestione Committenti di co.co.co e co.co.pro.” per l’importo di Euro 2.718,13.

18. La stazione appaltante ha, pertanto, comunicato alla ricorrente l’emersione della causa escludente de qua e l’avvio del procedimento finalizzato alla contestazione ed alla adozione dei necessari provvedimenti conseguenti.

19. La ricorrente ha inviato le proprie osservazioni, con le quali ha dedotto la propria buona fede, nonché di aver prontamente presentato istanza di rateizzazione non appena venuta conoscenza del debito fiscale. Ha altresì invitato formalmente Consip a sospendere il procedimento di annullamento dell’aggiudicazione e di interruzione del rapporto contrattuale, invocando a tal fine gli artt. 68 e 103 del D.L. n. 18/2020, laddove è prevista una sorta di “moratoria” dei termini di pagamento degli obblighi tributari, nonché la sospensione dei procedimenti amministrativi pendenti ad emergenza in atto.

20. All’esito di tale interlocuzione, Consip ha tuttavia adottato la gravata nota n. 16303/2020 del 20 aprile 2020, con cui:

– ha contestato l’esistenza della causa di esclusione di quell’articolo 80 comma 4 del Codice nonché dell’ulteriore violazione dell’art. 80 comma 5 lett. f bis) del medesimo Codice per la resa falsa dichiarazione;

– ha disposto l’annullamento dell’aggiudicazione;

– ha esercitato il recesso dell’accordo quadro;

– ha preannunciato di voler disporre il pagamento delle sole forniture già eseguite, non potendo rimborsare le spese sostenute dal contraente privato per i prodotti non ancora consegnati, in assenza di alcuna utilità ricevuta dell’amministrazione, in linea con quanto espressamente previsto dall’articolo 163 comma 7 d.lgs. n.50/2016;

– ha comunicato di segnalare l’avvenuto ad ANAC ai sensi dell’art. 80 comma 12 del medesimo d.lgs. 50/2016.

21. Così ricostruito, sia pur sinteticamente, l’iter storico-procedimentale della complessa ed articolata vicenda, deve innanzitutto ribadirsi che l’affidamento de quo soggiace, per espressa previsione degli atti di gara, alla disciplina di cui all’art. 163, comma 7, del Codice dei Contratti, disposizione connotata da indubbio carattere di specialità, laddove regolamenta, in modo del tutto peculiare, gli affidamenti in via d’urgenza di cui è merito.

22. Come già esposto nella narrativa che precede, è previsto che gli operatori economici invitati autodichiarino la sussistenza dei requisiti di moralità, i quali vengono controllati ex post dall’amministrazione, e che si avvii immediatamente l’affidamento ed il relativo rapporto contrattuale. Contestualmente disponendosi che, tuttavia, laddove la PA riscontri in sede di controllo postumo, che la commessa è stata affidata ad un operatore moralmente inaffidabile, essa receda dal contratto “…fatto salvo il pagamento del valore delle opere già eseguite e il rimborso delle spese eventualmente già sostenute per l’esecuzione della parte rimanente, nei limiti delle utilità conseguite, e procedono alle segnalazioni alle competenti autorità”.

23. Dal chiaro tenore letterale della disposizione nonché dalla evidente ratio che la ispira, emerge che:

– le procedure di affidamento in rilievo non derogano rispetto al necessario possesso, da parte degli operatori, dei requisiti di ordine morale (necessità ribadita espressamente dagli atti di gara), altrimenti consentendosi che soggetti non affidabili e finanche, in ipotesi, attinti da gravi cause escludenti, risultino di fatto abilitati a contrattare con l’amministrazione, sfruttando la situazione emergenziale per trarne lucro e godere di una immunità generalizzata;

– il (pur apprezzabile) punto di equilibrio tra interesse pubblico e interesse del contraente privato (che, nelle more dei controlli sui requisiti, già può aver adempiuto parzialmente ed avviato le attività strumentali di approntamento della prestazione) è individuato, laddove intervenga una verifica negativa sui requisiti, nel prefigurato esercizio del potere di recesso da parte dell’amministrazione e nel pagamento in favore del contraente del valore delle opere già eseguite e del rimborso delle spese eventualmente già sostenute per l’esecuzione della parte rimanente, nei limiti delle utilità conseguite, previa doveroso annullamento dell’aggiudicazione.

24. In sostanza, il recesso de quo è rimedio ontologicamente differente rispetto al recesso ordinario civilistico ovvero a quello previsto dall’articolo 109 del Codice, posto che non inerisce ad un diritto potestativo privato di ripensamento, ma rinviene la sua giustificazione nell’accertamento autoritativo postumo di una causa di esclusione ex art. 80 del Codice. Il che comporta, da una parte, la sussistenza della competenza dell’adito Giudice Amministrativo, atteso che, come detto, si tratta di un recesso fondato logicamente e causalmente su di un previo accertamento dell’illegittimità dell’aggiudicazione in favore dell’operatore (in coerenza con gli stessi principi della nota Adunanza Plenaria n. 14/2014, laddove eccettua dall’intervento ablativo sul rapporto conformato come diritto potestativo privatistico, talune peculiari ipotesi in cui il recesso si fonda in modo vincolato su di un pregresso potere pubblicistico; v. la paradigmatica ipotesi del recesso contrattuale operato all’esito di una interdittiva antimafia), dall’altra parte, la sostanziale vincolatezza dell’atto di autotutela de quo, solo apparentemente “interno” al contratto, ma invece incentrato sul rilevato vizio genetico dell’aggiudicazione, siccome disposta in favore di un soggetto privo dei requisiti di partecipazione.

25. Così impostata la vexata quaestio, tutti i motivi di ricorso sono infondati.

26. Preliminarmente, deve negarsi che possa applicarsi al caso in esame la sospensione disposta dall’articolo 103 del DL n. 18/2020 e 37 DL 23/2020. La norma si riferisce ai procedimenti ordinari in corso alla data di dichiarazione dello stato emergenziale ed ha la finalità di salvaguardare, da una parte, gli interessi delle parti coinvolti dal procedimento (al fine di tutelare l’ordinato e fisiologico svolgimento allo stesso, compromesso delle note difficoltà materiali e logistiche indotte dalla pandemia), dall’altra, di consentire all’amministrazione di concentrare le proprie risorse sulle attività amministrative strumentali a fronteggiare la difficilissima situazione attuale in cui versa il paese.

27. Di contro, il procedimento de quo, sfociato nell’intervento in autotutela posto in essere dall’amministrazione intimata, si colloca proprio nell’ambito dell’attività emergenziale in corso, essendo connotato da palese cifra di specialità rispetto alla disposta sospensione dei procedimenti “ordinari”.

28. Quella disposta dal prefato art. 103 è infatti, per così dire, una “sospensione straordinaria dei procedimenti ordinari”, mentre quella che rileva nel caso di specie è una sospensione speciale di un procedimento straordinario, che esula dalla portata applicativa della surriferita norma di favore.

29. Del resto sarebbe totalmente irragionevole sospendere il procedimento di autotutela e “riprenderlo” alla fine della sospensione, dato che esso è totalmente vincolato e si ritarderebbe irragionevolmente sia la caducazione del vincolo contrattuale, sia la possibilità per l’amministrazione di rivolgersi altrove sul mercato per reperire i dispositivi in questione.

30. Il procedimento esitato nel recesso di cui si verte, non è un procedimento autonomo ed isolato, ma si inserisce, come un subfase eventuale, nella stessa procedura d’urgenza adottata da Consip e nello svolgimento del relativo contratto, nei quali rinviene il proprio titolo legittimante e dai quali mutua gli stessi caratteri di indifferibilità.

31. Neppure può essere seguito l’assunto secondo cui rileverebbe, in senso ostativo rispetto all’emanazione degli atti gravati, la sospensione dei termini per il pagamento delle entrate erariali, come previsto dall’art. 68 del medesimo DL n. 18/2020.

32. È agevole, al riguardo, osservare che, la disciplina di favore riguarda solo i procedimenti tributari pendenti, ma non certo le violazioni tributarie già definitivamente accertate dall’amministrazione fiscale, risolvendosi altrimenti l’indebita estensione in una sorta di immunità rispetto al possesso dei requisiti di ordine morale; evenienza certo non prefigurata dalla citata normativa emergenziale.

33. Va, inoltre, rilevato che risulta dagli atti integrata la causa escludente prevista dall’art. 80, comma 4, del Codice, posto che sussiste sia la “gravità” (essendo il debito di gran lunga superiore alla soglia prevista all’art. 48 bis commi 1 e 2bis DPR 600/73), sia la “definitività” della violazione tributaria contestata.

34. Quel che rileva per tabulas, anche in ragione di quanto provato documentalmente dalla stessa ricorrente, è che:

– a carico della ricorrente grava un debito concernente un’imposta relativa all’anno 2015, divenuto definitivo, per un importo iscritto a ruolo pari ad euro 124.477,53;

– l’istante è decaduta dal primo piano di rateizzazione concesso dall’Agenzia nel 2017, rispetto al quale si assume il mancato pagamento di 5 rate consecutive, mentre manca ogni riscontro contabile dell’effettivo pagamento delle altre rate del medesimo piano;

– inoltre, la nuova e più recente rateizzazione (che oggettivamente risulta essere rilasciata per il medesimo importo originariamente iscritto a ruolo già all’atto della concessione del primo beneficio di rateizzazione) è stata ottenuta dalla società solo in data 7/10 aprile 2020 e cioè successivamente alla contestazione di Consip e alla domanda di partecipazione alla procedura;

– alcuna “ripresa” della precedente rateizzazione è rinvenibile nel nuovo piano di rientro, il quale certo non può né novare né sanare l’accertamento definitivo e la conclamata decadenza dal primo piano di rientro che deriva direttamente dalla legge ed è, altresì, temporalmente rilevante rispetto al possesso dei requisiti di partecipazione alla procedura d’urgenza in questione.

35. Nel contesto descritto non assume alcuna rilevanza la tesi di parte ricorrente secondo cui la notifica della cartella di pagamento con la quale la pendenza tributaria in discorso è stata portata all’attenzione dell’odierna controparte sarebbe radicalmente inesistente, in ragione dell’invio del messaggio di posta elettronica certificata contenente la medesima cartella da un indirizzo PEC dell’agente della riscossione non ricompreso all’interno dei “pubblici elenchi” normativamente riconosciuti, cui fa riferimento soprattutto l’art. 3-bis della L. n. 53 del 1994.

36. Nella fattispecie, invero, la violazione tributaria imputata alla ricorrente non è sorta con la notifica della cartella di pagamento effettuata nel marzo 2019 di cui si contesta la validità. La violazione tributaria in questione risale, infatti, al 2015 ed era stata novata per effetto dell’accoglimento del piano di rateizzazione. La decadenza dal beneficio concesso con la rateizzazione per omesso pagamento delle rate dovute comporta la riemersione della precedente situazione di irregolarità tributaria e, dunque, della conseguente causa di esclusione dalle procedure di gara.

37. La violazione fiscale che ha dato luogo all’annullamento del provvedimento di aggiudicazione deve, pertanto, rinvenirsi nella pregressa inadempienza all’obbligazione tributaria gravante sulla ricorrente, i cui effetti, alla stregua della disciplina dei contratti pubblici, erano stati eliminati dall’avvenuta rateizzazione e hanno ripreso vigore proprio in conseguenza della decadenza in discorso. Ne discende l’irrilevanza, in questa sede, dell’eventuale vizio dal quale risulterebbe essere affetta la notifica della cartella di pagamento da ultimo trasmessa alla ricorrente. La violazione fiscale de qua, sia nella sua originaria genesi sia nella sua successiva “riemersione”, a seguito della sopravvenuta decadenza dal beneficio della rateizzazione inizialmente riconosciuto, prescinde dalla notificazione di questa cartella, sia per ciò che concerne l’attributo della “gravità” sia in relazione all’attributo della “definitività”.

38. Inoltre, ininfluenti appaiono le esimenti proposte dalla società istante, in ordine ad un presunto “disguido” ovvero ad una situazione di buona fede. La ricorrente ha, infatti, dedotto che la decadenza dalla prima rateizzazione si sarebbe verificata per un disguido interno all’organizzazione dell’ente. Sul punto, giova rilevare che la causa di esclusione in esame è di carattere oggettivo e si fonda sulla perdita del requisito di onorabilità, siccome legata all’esistenza della riferita violazione tributaria, senza che l’amministrazione possa valutarne discrezionalmente i caratteri ed il profilo soggettivo.

39. Vale poi ricordare il granitico orientamento giurisprudenziale secondo cui il possesso dei requisiti deve sussistere sin dall’atto di partecipazione e per tutta la durata della procedura, non potendo avere alcuna efficacia sanante, né la rateizzazione richiesta solo successivamente, né, in generale, alcuna misura postuma di self cleaning (utili solo in sede di partecipazione a future gare). Si aggiunga che la società istante è un soggetto giuridico strutturato e di dimensioni certo non piccole, tal che ogni pregiudizio dipendente da cause interne alla società ed alla sua organizzazione non può che sostanziare circostanza addebitabile all’ente medesimo.

40. Pur essendo il provvedimento impugnato già sufficientemente motivato sulla base della sopra esposta causa escludente, rileva altresì il Collegio l’infondatezza del motivo di diritto con cui si contesta la violazione del citato articolo 80, comma 4, del Codice dei Contratti, con riferimento alla ravvisata violazione contributiva, come emergente dal DURC.

41. Una eventuale interlocuzione procedimentale tra amministrazione e operatore economico, peraltro esclusa espressamente dalla determina a contrarre, non avrebbe verosimilmente condotto ad esiti differenti, attese le evidenze documentali derivanti dal medesimo DURC esibito dalla società, anch’esso non suscettibile di alcuna sanatoria successiva alla contestazione, che ridondi in termini esimenti rispetto all’attuale perdita del requisito.

42. Tanto doverosamente premesso e richiamato tutto quanto già sopra esposto in ordine al recesso previsto dall’articolo 163, comma 7, e al suo rapporto con l’annullamento dell’aggiudicazione, devono poi essere respinti i motivi di gravame, incentrati su di una dedotta violazione dell’articolo 21 nonies Legge 241/90.

43. Come infatti già sopra osservato, l’annullamento dell’aggiudicazione, che nella fattispecie de qua interviene giocoforza successivamente, ma prioritariamente (dal punto di vista logico-giuridico) rispetto all’esercizio del recesso, si atteggia quale atto sostanzialmente vincolato, mutuando dell’annullamento d’ufficio tipico il solo effetto caducatorio, rispetto ad un rapporto giuridico che, per la stessa ragione emergenziale iniziale, ha avuto per le parti una sua immediata applicazione.

44. Al di là del riferimento dell’atto all’art. 21 nonies e ad un improprio riferimento all’art. 1360 c.c, operato nell’accordo (il quale stricto iure contemplerebbe la regola della cd. “retroattività reale”, nel caso di specie elisa dalla previsione di un recesso ex nunc), non viene in realtà in rilievo un provvedimento di secondo grado in senso proprio, bensì la verifica dei requisiti di moralità, che nella procedura d’urgenza de qua viene semplicemente posticipata rispetto alla stipula dell’accordo quadro.

In sostanza, poiché il recesso opera sul rapporto, non potendo toccare l’atto, è necessario che, oltre all’effetto risolutorio ex nunc, contestualmente intervenga il previo annullamento del provvedimento amministrativo prodromico alla stipula.

45. Non vi è luogo dunque né per la valutazione dell’affidamento (giacchè non vi è un precedente atto ampliativo sub specie di un già avvenuto controllo dei requisiti, il quale abbia potuto ingenerare alcunché nel privato), né per la tipica ponderazione comparativa degli interessi insita, di norma, nell’atto di secondo grado, né, ancora, per il rispetto del termine ragionevole (requisito questo totalmente neutralizzato della tempistica serrata del procedimento, come disegnata dall’articolo 163 comma 7).

46. Peraltro, è stata l’esponente medesima a presentare una autodichiarazione non veritiera, attestante l’assenza di cause escludenti; con la conseguenza che, come correttamente rilevato dalla difesa erariale, vige nel caso de quo il principio di “autoresponsabilità”, secondo cui chi immette nel traffico giuridico dichiarazioni negoziali è assoggettato alle conseguenze di esse secondo il loro oggettivo significato e secondo le normali conseguenze che ne derivano; il quale, declinato nella presente fattispecie, è da intendersi nel senso che chi rende dichiarazioni non veritiere all’amministrazione, non può dolersi poi delle conseguenze che derivano dalle stesse, una volta scoperte in sede di controllo successivo.

46. Nel caso di specie, l’onere dell’operatore era ancor di più caratterizzato, in quanto è proprio la specifica procedura d’urgenza utilizzata, che impone alle imprese, impedita la verifica preventiva dell’amministrazione, di autocertificare essi stessi la sussistenza dei requisiti di ordine morale, così connotandosi la prescrizione di una fortissima carica precettiva e deontologica la quale impone ai concorrenti di verificare con scrupolo che non ricorrano cause di esclusione a proprio carico.

47. Quanto poi alla contestazione in ordine alla prefigurata intenzione di Consip, manifestata in chiusura del provvedimento, di voler pagare le sole forniture già eseguite e non anche quelle per le quali la ricorrente ha già sostenuto spese di approvvigionamento, rileva innanzitutto il Collegio che le questioni patrimoniali, di dare/avere tra le parti, esulano dalla giurisdizione del Giudice Amministrativo.

48. In ogni caso, il provvedimento sembra corretto nella parte in cui, in linea con quanto disposto dall’ultima parte del comma 7 dell’articolo 163, preannunzia il pagamento delle forniture già eseguite al prezzo di costo, mentre, viceversa, assume di non voler saldare le spese già sostenute in vista dell’approvvigionamento, posto che alcuna utilità dalle stesse ha potuto ritrarre l’amministrazione.

49. Altrimenti ragionando, in violazione della norma che esprime una regola ispirata alla logica dell’ingiustificato arricchimento, si consentirebbe, in ipotesi, all’operatore (anche quello privo dei requisiti) di, per così dire, “affrettarsi” nell’approvvigionamento di forniture, pur non utilizzabili dall’amministrazione, contando sul rimborso di beni che mai saranno oggetto di prestazione finale; così surrettiziamente convertendosi il quantum disegnato dalla norma (in ottica evidentemente indennitaria) in una sorta di corrispettivo contrattuale “mascherato”.

50. Da ultimo, quanto alla censura riguardante la comunicazione del recesso (e dell’annullamento dell’aggiudicazione) all’ANAC, operata dall’amministrazione ai sensi dell’articolo 80 comma 12 d.lgs. 50/2016, giova ricordare che per giurisprudenza solida della Sezione e dello stesso Consiglio di Stato, trattasi di contestazione inammissibile, giacché riguarda un profilo dell’atto privo di lesività immediata.

51. Alla luce delle sopraesposte considerazioni, tutti i motivi di gravame devono essere ritenuti infondati, con conseguente reiezione del ricorso.

52. Tenuto conto dell’identità delle questioni trattate nel presente giudizio con quelle già decise in altro giudizio definito tra le medesime parti, si ritiene equo compensare le spese di lite.

P.Q.M.

Il Tribunale Amministrativo Regionale per il Lazio (Sezione Seconda), definitivamente pronunciando sul ricorso, come in epigrafe proposto, lo rigetta.

Spese compensate.

Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’autorità amministrativa.

Così deciso in Roma nella camera di consiglio del giorno 16 dicembre 2020, tenutasi mediante collegamento da remoto, con l’intervento dei magistrati:

Francesco Riccio, Presidente

Marina Perrelli, Consigliere

Giovanna Vigliotti, Referendario, Estensore

L’ESTENSORE IL PRESIDENTE

Giovanna Vigliotti Francesco Riccio

IL SEGRETARIO

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Andrea Maso