Corte dei Conti della Calabria, sentenza numero 374 del 26 ottobre 2020

la difesa ha chiesto di essere autorizzata alla chiamata in garanzia della Compagnia assicuratrice con cui ha stipulato polizza per responsabilità civile patrimoniale di dirigenti dell’Agenzia delle Entrate.

Il Collegio ritiene altresì di non poter accogliere la domanda di chiamata in garanzia di compagnia assicuratrice, avanzata dal Convenuto r-

Al riguardo, è appena il caso di richiamare la consolidata ed univoca giurisprudenza di questa Corte (cfr., ex pluribus: Sez. Lombardia 17.3.2003, n.324; Sez. Lazio 15.1.2003, n.92; sez. Campania, sent. n. 1702/2014; sez. Molise, sent. n. 24/2017) secondo cui la giurisdizione della Corte dei conti non può ritenersi estensibile al rapporto di garanzia esistente tra il convenuto in giudizio e una società di assicurazioni, essendo l’oggetto della prima limitato all’accertamento della responsabilità di soggetti legati all’Amministrazione pubblica da un rapporto di servizio per il risarcimento dei danni a questa arrecati.

Peraltro, anche a prescindere dalla questione di giurisdizione, secondo la giurisprudenza ormai consolidata di questa Corte (si veda da ultimo, I Sez. d’App., sent. n. 114 e n. 181 del 2019), il carattere pubblico dell’iniziativa processuale, che connota il giudizio in questione, mal si concilia con l’ammissibilità della chiamata in causa del terzo, direttamente ad opera del convenuto, ex art. 106 c.p.c.

Si evidenzia, altresì, che il codice di giustizia contabile ha previsto testualmente (art. 83, comma 1) che “nel giudizio per responsabilità amministrativa è preclusa la chiamata in causa per ordine del giudice”, e che, ai sensi dell’art. 85, c.g.c., viene consentito, unicamente, l’intervento volontario, espletabile, però, solo da parte di “chiunque intenda sostenere le ragioni del pubblico ministero” (c.d. intervento ad adiuvandum), allorquando vi abbia “un interesse qualificato”.

TESTO PROVVEDIMENTO

REPUBBLICA ITALIANA

Sentenza n. 374/2020

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

LA CORTE DEI CONTI

SEZIONE GIURISDIZIONALE PER LA REGIONECALABRIA

composta dai seguenti Magistrati:

Rita Loreto Presidente

Natale Longo Consigliere relatore

Carlo Efisio Marrè Brunenghi Referendario

SENTENZA

nel giudizio di responsabilità iscritto al n. 22346 del registro di segreteria, promosso dalla Procura regionale della Corte dei conti con atto di citazione depositato il 5/12/2019 nella Segreteria della Sezione, nei confronti dei signori

1) C_ Donato rappresentato e difeso dall’avv. Adolfo LARUSSA del Foro di Catanzaro, ed elettivamente domiciliato presso lo studio del medesimo in Catanzaro, Via Pugliese, 30 (fax 0961.727816; Pec: adolfo.larussa@cert.legalmail.it);

2) d- Teresa rappresentata e difesa dall’avvocato Giuseppe Bernardo del foro di Catanzaro presso lo studio del quale, sito in via Pugliese n. 30, Catanzaro, lo stesso ha eletto domicilio (PEC: giuseppe.bernardo@avvocaticatanzaro.legalmail.it);

3) m- Santo Antonio Edoardo , rappresentato e difeso dall’avvocato Giuseppe Bernardo del foro di Catanzaro presso lo studio del quale, sito in via Pugliese n. 30, Catanzaro, lo stesso ha eletto domicilio (PEC: giuseppe.bernardo@avvocaticatanzaro.legalmail.it);

4) r- Giuseppe Antonio, rappresentato e difeso dall’avv. Giuseppe Capogreco (CF: CPG GPP 64D26 I872L), presso il cui studio ha eletto domicilio, in Soverato, via Chiefari n. 1 (PEC: giuseppe.capogreco@avvocaticatanzaro. legalmail.it);

5) f- Arcangelo rappresentato e difeso dall’avv. Maria Teresa Palmieri (C.F.: PLMMTR58S41E483K; fax: 0984/ 1932842 – PEC: avv.mariateresapalmieri@pec.giuffre.it), con elezione di domicilio presso lo studio sito in Cosenza, via Fausto e Luigi Gullo n. 48;

6) dg_ Antonino, , rappresentato e difeso dagli avvocati Andrea Manzi(C.F. : MNZNDR64T261804V; pec: andreamanzi@ordineavvocatiroma.org.) e Gregorio Viscomi(C.F.: VSCGGR66A14C352S), fax:0961480356; pec: gregorio.viscomi@avvocaticatanzaro.legalmail.it), presso il cui studio professionale in Catanzaro (CZ), Via L. Pascali n.6, ha eletto domicilio,

per sentirli condannare al risarcimento, in favore dell’Agenzia delle Entrate, del danno pari complessivamente a euro 7.002.830,67 e, in via subordinata, a quella maggiore o minore somma che risulterà di giustizia, oltre alla rivalutazione monetaria dalla data dell’evento lesivo e agli interessi legali dalla data di pubblicazione dell’emananda sentenza di condanna ed alle spese di giustizia.

Uditi, all’udienza del 6 ottobre 2020, il Magistrato relatore, il P.M. dott. Giovanni Di Pietro e i difensori dei convenuti.

F A T T O

Con atto di citazione depositato in data 5/12/2019, debitamente notificato, la Procura regionale conveniva in giudizio i signori ) C_ Donato, d- Teresa, m- Santo Antonio Edoardo, r- Giuseppe Antonio, f- Arcangelo e dg_ Antonino, per sentirli condannare al risarcimento, in favore dell’Agenzia delle Entrate, di un danno erariale pari complessivamente a euro 7.002.830,67 euro e, in via subordinata, a quella maggiore o minore somma che risulterà di giustizia, oltre alla rivalutazione monetaria dalla data dell’evento lesivo e agli interessi legali dalla data di pubblicazione dell’emananda sentenza di condanna ed alle spese di giustizia.

Quanto alla notitia damni, la Procura ha riferito di aver avviato istruttoria a seguito della ricezione di una prima denuncia di danno erariale trasmessa dal Direttore Regionale dell’Agenzia delle Entrate il 21 aprile 2017, concernente 1.840 operazioni irregolari di “convalida” di immatricolazioni di autovetture di provenienza comunitaria all’ingresso nel territorio italiano, effettuate dall’Ufficio Territoriale di Catanzaro dal 6 ottobre 2009 al 24 ottobre 2013 in regime di esonero dall’obbligo di versamento IVA tramite modello “F24-immatricolazioni auto UE” previsto dall’art. 1, comma 9, del D.L. 3 ottobre 2006, n. 262

In particolare, nella denunzia si evidenziava che alcune ditte cessionarie (che rivestono il ruolo di c.d. missing traders), all’atto dell’acquisto delle autovetture da paesi UE, presentavano le richieste di convalida (c.d. “sblocco”) all’Ufficio Territoriale di Catanzaro qualificando i beni come usati o strumentali per sottoporli, senza che ricorressero i presupposti e con evidenti carenze documentali, rispettivamente al regime “dell’IVA del margine” di cui all’art. 36 del D.L. n. 41 del 1995 ovvero (in ipotesi meno frequenti) a quello dei “beni strumentali” all’attività d’impresa ottenendo la detrazione totale di cui all’art. 19 del D.P.R. n. 633 del 1972.

Ad avviso della Procura regionale, detto illecito sarebbe stato perpetrato con riguardo a numerose immatricolazioni relative agli anni dal 2009 al 2014, in favore di alcune ditte ), che in realtà sarebbero operatori economici fittizi (missing trader), ossia soggetti interposti creati, finanziati e supportati dalle aziende a loro volta acquirenti (che avrebbero fornito al missing trader anche la provvista per l’acquisto dei veicoli), secondo lo schema operativo delle c.d. truffe carosello

In sostanza, secondo la Procura regionale, i veicoli immatricolati dalle società interposte, dopo avere indebitamente fruito dell’esonero IVA (grazie alla complice negligenza degli uffici dell’Agenzia delle Entrate), venivano cedute sottocosto agli operatori economici, applicando all’atto di tale cessione interna “il regime iva ordinaria” in modo da far conseguire a questi ultimi la detrazione di un’imposta mai versata allo Stato. In altri termini, ad avviso della Procura regionale, le società, create ad arte, emettevano fatture (per operazioni soggettivamente inesistenti) con IVA esposta (a fronte di un acquisto in regime di IVA esonerata) nei confronti delle società terze (reali acquirenti delle auto) che, per tale via, lucravano fraudolentemente una posizione di vantaggio nel mercato sia per l’acquisto sottocosto sia per l’indebita detrazione IVA.

La Procura ha evidenziato che, successivamente alla prima denunzia, sono state fatte ulteriori segnalazioni e indagini interne dell’Agenzia, che hanno condotto alla ricognizione di un complessivo danno all’erario di euro 7.987.405,76, compendiato nella seguente tabella riportata anche a p. 26 della citazione:

OperatoreI denuncia (pratiche da 1 a 256)I denuncia (pratiche da 257 a 790)I denuncia (pratiche da 870 a 1740)II denuncia (130 pratiche lavorate dal 10.3.2012 al 24.12.2014)III denuncia (410 immatricola zioni dal 25.10.2013 al 27.1.2017)IV denunciaTotale
C_ Donato847.670,871.616.179,531.823.249,61183.886,90566.879,96318.660,405.356.527,27
CARIOTI Annarita111.923,701.365,00280,00113.568,70
d- Teresa7.923,00299.881,0576.745,5515.687,0032.520,00432.756,60
m- Santo Antonio46.662,00674.143,4571.265,50466.315,904.800,001.263.186,85
PLATI’ Graziella47.764,50149.271,7813.041,00210.077,28
PRINCIPE Rosalba26.615,50579.847,061.960,00608.422,56
TOTALE855.593,872.122.410,782.723.410,39311.860,901.613.042,92358.220,407.984.539,26

La Procura regionale ha altresì evidenziato l’assoluta abnormità del dato relativo alle immatricolazioni sbloccate in rapporto all’ambito regionale (nel 2012, 817 su un totale di 963; nel 2013, 1041 su un totale di 1215; dopo i controlli, sono divenute n. 3 nel 2014 e n. 4 nel 2016; solo 21 dal 20/5/2014 al 2018), il fatto che dette immatricolazioni siano state tutte richieste da sole 4 ditte con concentrazione presso l’ufficio di Catanzaro dell’Agenzia delle Entrate, la circostanza che la società Frank cars era già stata denunziata per condotte analoghe, nonché la presenza (emersa in sede di indagine) di vistose e ripetute irregolarità nella trattazione amministrativa dei procedimenti di sblocco (assenza di traduzione del testo straniero dei libretti di circolazione, dichiarazioni sostitutive stereotipate e sovente prive di sottoscrizione e di firma del funzionario che attestasse la constatazione della firma, mancata evidenza dell’avvenuto assolvimento dell’IVA nel Paese di provenienza, la procedura ha riguardato anche auto non usate in violazione dell’art. 38, comma 4, del d.l. n. 331/1993, la presenza di casi in cui la fattura riportava la dicitura di cessione “intracomunitaria” ordinaria, inosservanza degli adempimenti previsti da circolari, mancato esame della situazione complessiva del richiedente per verificare se si trattasse di un potenziale missing trader, mancato riscontro di un precedente proprietario persona fisica).

La Procura ha altresì individuato, come già riportato, le operazioni effettuate da ciascun dipendente.

In punto di diritto, la Procura regionale ha evidenziato che l’operazione di “convalida” (o sblocco) che compete all’Ufficio Territoriale dell’Agenzia delle Entrate si sostanzia nell’acquisizione nell’applicativo Banca Dati Motorizzazione del telaio del veicolo di provenienza comunitaria da immatricolare, previa effettuazione di un insieme di verifiche preventive imposte dall’art. 1, commi 9 e 11, del d.l. n. 262/2006 (obbligo di acquisizione del modello F24 recante numero di telaio e ammontare dell’Iva assolta in occasione della prima cessione interna) e da due provvedimenti attuativi del Direttore dell’Agenzia delle Entrate del 25 ottobre 2007.

Detta disciplina prevede che la procedura possa essere seguita in caso di realizzazione di un acquisto intracomunitario e di effettuazione di una successiva cessione nel territorio dello Stato del veicolo di provenienza comunitaria, e che i soggetti interessati (contribuenti) siano tenuti ad effettuare il versamento dell’imposta mediante “F24 IVA immatricolazione auto UE”, in occasione della prima cessione interna, ai fini dell’immatricolazione del veicolo sul territorio nazionale.

Inoltre, ha proseguito la Procura regionale, allo scopo di contrastare le frodi IVA in ambito intracomunitario, l’art. 1, comma 378, della legge n. 311 del 2004 ha imposto l’obbligo a tutti i soggetti di imposta di comunicare telematicamente al Dipartimento dei Trasporti Terrestri il numero identificativo intracomunitario nonché il numero di telaio degli autoveicoli o rimorchi oggetto di acquisto comunitario

Pertanto, l”immatricolazione viene concessa dal Dipartimento solo se ad ogni telaio comunicato, oggetto di acquisto intracomunitario, corrisponde (con verifica mediante la c.d. Banca Dati Motorizzazione) un congruo versamento con mod. F24 recante il numero di telaio del veicolo.

In proposito, le circolari dell’Agenzia delle entrate n. 64 del 30 novembre 2007, n. 14 del 26 febbraio 2008, n. 52 del 30 luglio 2008 hanno individuato due sole deroghe, relative agli acquisti di autoveicoli o rimorchi usati effettuati nel regime del margine e agli acquisti di autoveicoli o rimorchi non destinati alla rivendita ma ad essere utilizzati quali beni strumentali.

Tuttavia, ha sottolineato la Procura regionale, per dette ipotesi derogatorie le richiamate circolari hanno imposto agli uffici dell’Agenzia, prima di procedere a “convalidare” l’operazione, di riscontrare dettagliatamente la sussistenza dei presupposti, che, per quanto concerne il regime dell’Iva c.d a margine (direttiva n. 95/5/CE del 14 febbraio 1994 recepita nell’ordinamento nazionale con l’art. 36, comma 10, del D.L. n. 41 del 23 febbraio 1995 convertito in legge n. 85 del 22 marzo 1995), possono individuarsi nella sussistenza della prima immatricolazione risalente ad oltre sei mesi e di una percorrenza maggiore di 6.000 Km.

Per quanto concerne in particolare la disciplina dell’Iva a margine, alcune circolari dell’Agenzia delle Entrate hanno imposto, sulla base di disciplina comunitaria e interna (margine (direttiva n. 95/5/CE del 14 febbraio 1994 recepita nell’ordinamento nazionale con l’art. 36, comma 10, del D.L. n. 41 del 23 febbraio 1995 convertito in legge n. 85 del 22 marzo 1995) agli uffici dell’Agenzia, prima di procedere a “convalidare” l’operazione, di riscontrare dettagliatamente la sussistenza dei presupposti della prima immatricolazione risalente ad oltre sei mesi nonché di una percorrenza maggiore di 6.000 Km.

In particolare, sulla base della direttiva 115/CE del 20 dicembre 2001, recepita dallo Stato italiano con il D.L. n. 52 del 20 febbraio 2004 (cfr. circolare n. 45/E del 19 ottobre 2005) e disuccessive disposizioni volte a contrastare l’evasione e l’elusione dell’imposta (cfr. art. 1, comma 9, del D.L. 3 ottobre 2006 n. 262, convertito in legge n. 286 del 24.11.2006 nonché le circolari n. 40/E del 18/7/2003, n. 14/E del 26/2/2008 sulle modalità di controllo; n. 52/E del 30/7/2008 sugli adempimenti necessari; n. 3/E del 472/2009 relativamente a chiarimenti, e le Linee Guida emesse dalla Direzione centrale Accertamento), per procedere all’acquisizione del numero di telaio nell’applicativo informatico B.D.M. “Banca Dati Motorizzazione”, consentendo l’immatricolazione del veicolo senza il versamento dell’IVA, occorre allegare alla richiesta di immatricolazione, in originale o copia conforme:

· le fatture di acquisto in cui deve risultare l’annotazione relativa al regime IVA applicato ed al numero dei chilometri percorsi;

· la carta di circolazione estera corredata da traduzione integrale in lingua italiana certificata conforme al testo straniero;

· eventuale dichiarazione dalla quale risulti che il rivenditore, soggetto d’imposta in Italia, abbia acquistato gli autoveicoli da un privato consumatore, da un operatore economico che non ha potuto esercitare il diritto alla detrazione, da un soggetto passivo in regime di franchigia nel proprio Stato, ovvero da un soggetto passivo comunitario che ha applicato a sua volta il regime del margine.

Pertanto, ha sottolineato la Procura regionale, gli uffici dell’Agenzia che ricevono le richieste di immatricolazione devono effettuare almeno i seguenti riscontri:

✓presenza nella fattura di acquisto dell’indicazione del regime del margine e non di acquisto intracomunitario (Circ. 14/2008);

✓presenza di una istanza di immatricolazione in deroga presentata dalla parte;

✓ presenza di copia di un documento del soggetto istante;

✓che il veicolo possa essere considerato usato ai sensi dell’art. 38, comma 4, del D.L. n. 331/1993) e che sia stato immatricolato almeno sei mesi prima della cessione (circ. n. 14/2008) e abbia percorso almeno 6.000 Km, alla data di cessione;

✓presenza della traduzione integrale della carta di circolazione certificata conforme al testo straniero (rif. Circ. 52/2008);

✓presenza di almeno una persona fisica tra i precedenti possessori nella carta di circolazione ovvero, in caso contrario, della dichiarazione del rivenditore sul soggetto dal quale ha acquistato il veicolo e la relativa documentazione probatoria (rif. Circ. 14/2008).

Inoltre, gli uffici sono tenuti a fornire segnalazioni all’Area controllo nel caso in cui, in relazione alla mancanza della persona fisica sulla carta di circolazione, si fosse in presenza di documentazione carente (attivazione di un controllo fiscale immediatamente dopo la convalida) o di documentazione mancante (attivazione di un controllo fiscale prima della convalida) (rif. Circ. 14/2008).

La circolare 14/E ribadisce pure che il riscontro positivo a seguito della procedura sopra descritta, pur consentendo l’immatricolazione, non esclude gli eventuali successivi accertamenti sulla legittimità dell’applicazione del regime speciale dell’IVA per verificarne la sussistenza dei presupposti, illustrati nella circolare n. 40/E del 2013 anche sulla base degli elementi di incongruenza che dovessero emergere dall’ulteriore esame della documentazione esibita.

La Procura ha quindi analiticamente stigmatizzato la sistematica violazione di dette disposizioni, sottolineando la notorietà delle truffe c.d. carosello nel settore delle vendite di automobili, l’anomala concentrazione di queste pratiche presso l’ufficio di Catanzaro e la semplicità delle verifiche previste dalle menzionate disposizioni.

Sul terreno organizzativo, la Procura regionale ha sottolineato che, alla luce delle disposizioni organizzative dell’Agenzia (art. 5 del regolamento di amministrazione dell’Agenzia delle Entrate e il conseguente atto del Direttore dell’Agenzia del 24 dicembre 2008, n. 191630), la competenza amministrativa in materia spetta (nell’ambito della Direzione provinciale di Catanzaro) all’Ufficio Territoriale intestatario del processo di assistenza ai contribuenti, diretto da un dirigente, e che la concreta effettuazione delle verifiche è stata affidata per delega di firma, nel periodo in questione (provvedimenti di cui ai numeri 2011/DO/114, 2012/D0/292, 2013/DO/65 e 2014/DO/274), agli addetti agli sportelli per la gestione delle istanze, in sostanziale autonomia (circolari n. 64 del 30 novembre 2007, n. 14 del 26 febbraio 2008, n. 52 del 30 luglio 2008, n. 3 del 4 febbraio 2009, comunicazione di servizio n. 6 dell’8 febbraio 2011), potendo utilizzare l’applicativo della B.D.M. e avvalersi della banca dati dell’Anagrafe tributaria.

La Procura regionale ha, altresì, sostenuto che rimaneva comunque fermo l’onere, del direttore (dott. f-) dell’ufficio territoriale, di vigilanza e controllo sull’attività svolta dagli addetti allo sportello, anch’esso rimasto, in tesi, inadempiuto per come ammesso davanti al Team audit (nessuna istruzione è stata data, nessun controllo a campione è stato effettuato, neppure successivamente a segnalazione pervenuta dalla Direzione regionale Veneto).

Analogamente, la Procura regionale ha sostenuto la corresponsabilità anche del Dirigente della Direzione provinciale di Catanzaro dell’Agenzia delle Entrate, in quanto titolare (ex art. 21 del d.lgs. 165/2001 e art. 7, comma 4, del CCNL del personale dirigente area VI) dei poteri di direzione e controllo dell’intero ufficio (art. 15, comma 3, del d. lgs. n. 165/2001), comprensivo dei poteri sostitutivi (artt. 15 e 17 del d. lgs. n. 165/2001) del direttore dell’ufficio territoriale e dei controlli di primo livello di spettanza dell’UT.

Peraltro, la Procura ha evidenziato che il Direttore provinciale Regio, già nel 2011 aveva ricevuto formale denuncia dall’Ufficio controlli della presenza di missing trader e di truffe perpetrate attraverso l’immatricolazione da parte di tali soggetti; inoltre il medesimo Direttore ha inoltrato la denuncia alla Procura della Repubblica.

Per giunta, ha sottolineato la Procura regionale, il Direttore provinciale è rimasto inerte (salvo una richiesta orale di spiegazioni al funzionario competente e la revoca dell’operatività al VIES della Car Frank srl) anche successivamente alla ricezione della segnalazione n. 22450 del 23 maggio 2013 (e anche di quella della Direzione regionale del 29 ottobre 2013) da parte della Direzione Regionale del Veneto, Settore Controlli, Ufficio Antifrode, in cui si segnalava l’anomala presenza, presso l’UT di Catanzaro, di un numero elevato di immatricolazioni di autovetture di provenienza comunitaria con il regime derogatorio del “margine” da parte di operatori economici coinvolti in un articolato impianto fraudolento teso proprio all’aggiramento dell’obbligo di versamento IVA tramite F24

Conseguentemente, la Procura regionale ha ritenuto di dover notificare invito a dedurre ai dipendenti di sportello incaricati di procedere all’immatricolazione, ovvero principalmente il sig. C_ Donato (anche per mancato controllo dei suoi collaboratori in quanto capo team coordinatore front office) e la funzionaria dott.ssa Carioti Annarita (Capo team gestioni e controllo delle dichiarazioni), la dott.ssa Platì Graziella (funzionario del team rimborsi), nonché il sig. Majolo Santo Antonio Edoardo (operante presso la sede di Soverato, anche con le credenziali della dottoressa d- Teresa), la signora Principe Rosalba e la dottoressa d- Teresa.

Circa i criteri di riparto del danno all’erario, in sede di invito a dedurre la Procura regionale ha contestato agli operatori di sportello il 50% del danno direttamente derivante dalle convalide effettuate, al capo team un ulteriore 25% del detrimento patito dall’erario, una quota del 15% del danno al Direttore dell’ufficio territoriale (f- Arcangelo) e infine il 10% del danno al Dirigente della direzione provinciale di Catanzaro (r-).

Inoltre, la Procura ha evidenziato che ai suddetti soggetti è stato notificato atto di messa in mora soltanto in data 21 aprile 2017 (per f- Arcangelo, Carioti Annarita, d- Teresa, m- Santo Antonio Edoardo e Platì Graziella) e in data 19 giugno 2018 (per il dott. Vincenzo Giuseppe Regio, direttore della Direzione provinciale, e alla dottoressa Silvana Felicia De Luca, capo ufficio controlli), nonché ulteriore atto di costituzione in mora del 12/10/2017 (a tutti i suddetti soggetti, relativamente a 123 pratiche concernenti il periodo 10 marzo 2012), cosicché l’Ufficio requirente ha ritenuto di dover scomputare dall’invito a dedurre le operazioni irregolari antecedenti il 21 aprile 2012, che riguardano 427 operazioni relative alla concessione del beneficio del margine per un totale di € 906.973,34 euro (di cui 848.229,51 euro per operazioni effettuate da C_ e 56.503,83 euro per operazioni effettuate da d-) nonché le operazioni afferenti alla concessione del beneficio dei beni strumentali di € 159.357,16 (di cui € 152.667,16 per operazioni effettuate da C_ e € 4.800,00 relativi ad una operazione effettuata dal Majolo).

Tuttavia, con riguardo al danno prescritto, la Procura regionale ha ritenuto di dover notificare invito a dedurre ai vertici della Direzione provinciale (dg_ Antonino dal 30 dicembre 2008 al 31 gennaio 2015; il dott. Stellacci Pasquale dal 1° febbraio 2015 al 29 febbraio 2016; il dott. Giuseppe Orazio Bonanno dal 1° marzo 2016 al 31 ottobre 2017), che avrebbero dovuto attivarsi tempestivamente per dare seguito alle segnalazioni dell’ufficio Audit ed estendere le necessarie verifiche (effettuate solo nel 2017 dal successore dott. Bonanno) e le conseguenti messe in mora.

A seguito di notifica dell’invito a dedurre, tutti i soggetti invitati, ad eccezione del sig. C_, hanno dispiegato attività difensive, analiticamente compendiate dalla Procura regionale nel libello introduttivo.

Tuttavia, La Procura regionale in via generale non ha ritenuto persuasive le argomentazioni rese ex adverso dai soggetti invitati a dedurre, con l’eccezione di alcuni di essi.

In particolare, la Procura regionale ha proceduto all’archiviazione della posizione dei dipendenti Principe Rosalba per prescrizione, nonché Carioti Anna e Platì Graziella considerato che sono state adibite allo svolgimento delle operazioni in questione per un limitato periodo di tempo e senza ricevere alcun apporto formativo (per la dott.ssa Carioti anche con l’espressa indicazione di rivolgersi al C_ per avere indicazioni sul lavoro da svolgere).

La Procura regionale ha altresì proceduto, in accoglimento di eccezione proposta in sede di controdeduzioni all’invito a dedurre, all’archiviazione della posizione della dipendente Principe per intervenuta prescrizione, tenuto conto del periodo di servizio contestato e considerato che il primo atto interruttivo della prescrizione è stato l’invito a dedurre del giorno 8 maggio 2019.

La Procura ha altresì archiviato la posizione del dott. Stellacci, considerato il limitato periodo di permanenza in carica nella veste di direttore regionale (dall’1 febbraio 2015 al 29 febbraio 2016) e tenuto conto dell’assenza, in detto periodo, di segnalazioni o comunque di note (o passaggio di consegne sulla questione) a lui dirette.

Pertanto, la Procura, nel confermare i criteri già esposti di ripartizione del danno erariale contestato (50% ad ogni singolo operatore interessato, ulteriore 25% per il coordinatore del front office, 15% per il direttore regionale, 10% per il direttore provinciale), ha provveduto a citare in giudizio i seguenti soggetti, per la quota di danno indicata:

1) C_ Donato 3.923.725,95 euro;

2) d- Teresa 188.126,38 euro;

3) m- Santo Antonio Edoardo 629.193,42 euro;

4) f- Arcangelo 1.038.350,80 euro;

5)r- 692.333,87 euro;

6) dg_ Antonino 531.100,25 euro (il 50% del danno prescritto a seguito della archiviazione della analoga posizione del dott. Stellacci);

Con memoria in atti al 3/4/2020 si è costituito il sig. r- Giuseppe Antonio, rappresentato e difeso dall’avv. Giuseppe Capogreco, il quale, dopo aver richiamato le funzioni svolte (direttore provinciale dell’Agenzia delle Entrate di Catanzaro, dal giorno 1 febbraio 2011 al 31 marzo 2017, avendo precedentemente ricoperto altri incarichi presso la Direzione regionale), ha evidenziato che le contestazioni attoree riguardano una vicenda iniziata nel 2008 e che, sul terreno disciplinare, analoghe contestazioni erano esitate in un provvedimento di archiviazione del 29/10/2004, adottato dall’amministrazione danneggiata, “per assenza dei necessari elementi probatori sulla circostanza che i fatti contestati siano ascrivibili a Sua colpa o siano a Lei rimproverabili”.

La difesa ha evidenziato che, al tempo dei fatti, la direzione provinciale, coerentemente con gli atti organizzativi dell’Agenzia, aveva due articolazioni interne (Ufficio territoriale e ufficio Accertamento) gestite in autonomia (anche per le funzioni di controllo) da due dirigenti incaricati, e che il servizio relativo alla convalida delle immatricolazioni dei veicoli in parola era organizzato e gestito dal dirigente dell’ufficio territoriale (come testimoniato, in tesi, dalle convocazioni del 10 gennaio 2013 per la videoconferenza sull’applicativo BDM “Banca Dati Motorizzazione”, indirizzata soltanto ai direttori degli uffici territoriali).

Inoltre, secondo la difesa, il controllo sui rischi veniva effettuato nell’Agenzia secondo le direttive impartite dalla Direzione Centrale Audit e Sicurezza con nota prot. 2009/173361 del 24 novembre 2009 che aveva elaborato, per ogni singolo processo, le S.A.R (schede di autovalutazione dei rischi), rese disponibili mediante applicativo informatico ai responsabili di processo, ovvero, in tesi (guida a regime delle direzioni provinciali, versione del 19 luglio 2010), dal direttore dell’ufficio territoriale (i direttori provinciali potevano solo consultare le schede e suggerire eventuali forme di presidio), mentre i controlli sarebbero spettati sia alle strutture regionali di Audit che alla citata Direzione Centrale Audit.

Solo con la riforma del 2013, giusta nota della Direzione Centrale Audit e Sicurezza n. 26281 del 28/02/2013 (ma, in tesi, attuata nella DP di Catanzaro soltanto dal 27/3/2014, con la disponibilità della nuova S.A.R.), sarebbe stato previsto che destinatari di tutte le nuove S.A.R. fossero i Direttori Provinciali, e dunque il dott. Regio (peraltro, l’ispezione dell’autorità centrale di Audit è iniziata il giorno 8 aprile 2014).

Peraltro, quanto all’ipotetico obbligo di vigilanza gravante sul Direttore provinciale, la difesa ha evidenziato che il Dirigente incaricato dell’ufficio territoriale di Catanzaro era un dipendente esperto e dotato di elevata professionalità, che peraltro poteva avvalersi di funzionari anch’essi qualificati, nel mentre l’attività in questione prevedeva riscontri essenzialmente documentali ed era considerata a basso rischio.

Inoltre, la difesa ha evidenziato che l’Ufficio controlli, che pure ha rilevato irregolarità fiscali a carico delle ditte in questione, ha allertato le Direzioni provinciali competenti, ma non l’ufficio territoriale di Catanzaro né il dott. Regio.

La difesa ha, altresì, evidenziato che la segnalazione n. 22450 del 23 maggio 2013 della Direzione Regionale del Veneto, Settore Controlli e riscossione sarebbe stata inviata direttamente via mail all’ufficio controlli della DP (e per conoscenza all’Ufficio territoriale), ma non anche al Regio.

Quanto poi alla segnalazione effettuata dal Direttore Regionale il 29 ottobre 2013, la difesa ha evidenziato che la DP ha rappresentato alla Direzione Regionale l’operato dell’Ufficio Territoriale che ha provveduto, oltre alla revoca nei confronti della Car Frank S.r.l., anche a segnalare la posizione della Miletta Bruno alla competente D.P. di Crotone, nonché l’operato dell’Ufficio Controlli sia con riguardo a tutta l’attività di verifica e accertamento già svolta nei confronti di Quaranta Francesco sia con riguardo ad attività istruttorie intraprese nei confronti della Car Frank S.r.l..

Inoltre, la difesa ha contestato l’esistenza di un danno certo e definitivo, essendo ben possibile procedere ad accertamento tributario delle imposte in questione.

Con riguardo poi alla quantificazione del danno, la difesa ha evidenziato che le condotte contestate si baserebbero esclusivamente su violazioni di circolari e non già di disposizioni di legge, essendo stata la materia regolamentata più puntualmente soltanto con il decreto-legge del 26 ottobre 2019, n. 124 convertito dalla legge 19 dicembre 2019, n. 157 (il cui articolo 9 ha inserito il comma 9 bis nell’art. 1 del decreto-legge 3 ottobre 2006, n. 262, convertito dalla legge 24 novembre 2006, n. 286).

Inoltre, sempre con riguardo al danno per l’erario, la difesa, oltre a ribadire l’eccezione di prescrizione con riguardo ai “fatti avvenuti in data precedente al 20 giugno 2012”, ha sostenuto che il danno dovrebbe essere computato partendo dalle operazioni successive al mancato controllo contestato.

Inoltre, la difesa ha chiesto di essere autorizzata alla chiamata in garanzia della Compagnia assicuratrice con cui ha stipulato polizza per responsabilità civile patrimoniale di dirigenti dell’Agenzia delle Entrate.

La difesa ha quindi concluso chiedendo, in via preliminare, di autorizzare la chiamata in causa della compagnia assicuratrice, nel merito di respingere la domanda attorea, ovvero, in subordine, di dichiarare la parziale prescrizione degli addebiti contestati.

Con memoria in atti al 7 aprile 2020, si è costituito il dott. Antonino dg_, rappresentato e difeso dagli avvocati Andrea Manzi e Gregorio Viscomi, i quali hanno preliminarmente evidenziato come all’assistito venga imputato il danno (quantificato in euro 531.100,25), quale direttore regionale dell’Agenzia sino al 2 febbraio 2015, provocato da altri funzionari nel periodo anteriore al quinquennio dagli atti di costituzione in mora del 21 aprile 2017 (e perciò anteriore al 21 aprile 2012), in quanto — in ipotesi — non più recuperabile dai funzionari che lo avrebbero concretamente causato per paventata prescrizione.

In proposito, la difesa ha preliminarmente eccepito l’inammissibilità dell’azione per l’insussistenza del danno erariale certo, effettivo e attuale, e in ogni caso per il mancato inveramento della prescrizione dell’azione erariale nei confronti dei responsabili.

In proposito, la difesa ha richiamato i termini pro tempore vigenti in materia di accertamento IVA (DPR n. 633/1972), evidenziando che, trattandosi di ipotesi delittuose, si applicherebbe il raddoppio degli ordinari termini accertativi e sostenendo che la definitività del danno erariale si determinerebbe soltanto a seguito dell’infruttuoso spirare di detti termini.

Pertanto, secondo la difesa, non si sarebbe determinata alcuna prescrizione dell’azione di responsabilità per danni all’erario e, nel contempo, nessun danno erariale certo sussisterebbe neppure all’attualità.

Nel merito, la difesa ha altresì contestato la fondatezza delle omissioni contestate (ovvero la mancata effettuazione di verifiche sulle operazioni sospette nonché la mancata formulazione di denunzia o messa in mora nei confronti dei responsabili diretti), innanzitutto in quanto, con nota del 28/10/2013, oltre a notiziare i destinatari in ordine all’anomalo incremento delle istanze di immatricolazioni in regime Iva del margine presso il citato Ufficio Territoriale di Catanzaro, il convenuto invitò la Direzione Provinciale a predisporre un quadro chiaro ed esaustivo della vicenda, oltre ad una dettagliata relazione riguardante le annualità 2011 (n. 200 istanze), 2012 (n. 702 istanze) e 2013 (897 istanze, sino al 3.10.2013), con l’individuazione dei soggetti autori di potenziali comportamenti fraudolenti. A questa nota seguirono peraltro ulteriori e plurime iniziative agli uffici competenti, anche sul piano disciplinare (si fa riferimento in particolare, ai dottori Pajno, Russo e Florio).

La difesa ha altresì evidenziato che la stessa nota della Direzione centrale audit, pervenuta al dg_ pochi giorni prima del suo trasferimento, demandava alla Direzione Regionale di provvedere alla denuncia alla Procura della Corte dei conti per l’ipotesi di danno erariale, ma — ovviamente — “…una volta quantificato il complessivo danno e determinata l’attualità e la certezza dello stesso…”(attività evidentemente laboriosa, che ha richiesto adeguata tempistica).

Quanto poi al contestato passaggio di consegne (privo di riferimenti alla vicenda) con il successore Stellacci, la difesa ha sostenuto che la contestazione attorea “pecca di incomprensibile formalismo, giacché se si operasse un passaggio di consegne analitico per un Ufficio complesso come la Direzione Regionale dell’Agenzia delle Entrate si dovrebbe redigere un documento dalla portata pressoché enciclopedica, comprendente tutte le trattazioni in corso (accertamento, riscossione, contenzioso, gestione del personale, gestione degli immobili, e così via), non solo quelle che necessitano di particolare attenzione”, nel mentre la continuità dell’Ufficio verrebbe assicurata in concreto mediante riunioni tra il neo-nominato direttore regionale e i dirigenti dei singoli uffici.

Tenuto conto di dette argomentazioni, la difesa ha dunque sostenuto l’assenza di colpa grave in capo al proprio assistito.

Inoltre, la difesa ha sostenuto che l’obbligo di denunzia di danno erariale incombe sulle Direzioni provinciali e non già regionali dell’agenzia delle Entrate, come da nota della Procura Generale presso la Corte dei conti n. PG 9434/2007P del 2.8.2007, con la quale si precisa che l’obbligo di denuncia incombe, tra gli altri, ai Dirigenti di 2^ fascia preposti all’Ufficio in cui si è verificato il danno e ai Dirigenti di 2^ fascia della struttura organizzativa dalla quale l’impiegato responsabile del danno dipende, che siano venuti a conoscenza dell’evento dannoso (principio di recente ribadito nella Nota interpretativa in materia di obbligo di denuncia di danno erariale ai Procuratori Regionali presso le Sezioni Giurisdizionali regionali della Corte dei Conti, prot. 3083 del 28 dicembre 2017).

La difesa ha quindi concluso chiedendo che l’azione di responsabilità amministrativa venga dichiarata inammissibile e infondata, con vittoria di spese, e onorari del giudizio.

Con memoria in atti al 7 aprile 2020, si è costituito il sig. m- Santo Antonio Edoardo, rappresentato e difeso dall’avvocato Giuseppe Bernardo, che ha preliminarmente sostenuto l’improcedibilità dell’azione per inattualità del danno all’erario, privo (in tesi) dei connotati di certezza, attualità e concretezza, tenuto conto della pendenza dei termini ex art. 57 del DPR n. 633/1972 per procedere al recupero dell’IVA non incassata (si richiama, in merito, copiosa giurisprudenza contabile).

Nel merito, la difesa ha sostenuto la carenza dell’elemento soggettivo della colpa grave, in ragione del contesto organizzativo “oltremodo stressogeno” (compiti gravosi, continue superiori pressioni, legittimo affidamento in chi avrebbe dovuto essere, per codificato obbligo, punto di riferimento (assenza di direttive) per l’esatto adempimento della prestazione, deficienze degli organi apicali gestionali e di controllo), valutabile, in via gradata, anche ai fini dell’impiego del potere riduttivo dell’addebito (oltre che di ripartizione dell’addebito).

Inoltre, la difesa ha sostenuto la sovrapponibilità della sua posizione rispetto a quella di altra funzionaria (dott.ssa Carioti), per la quale la Procura regionale ha disposto l’archiviazione.

Inoltre, la difesa ha evidenziato che, in sede disciplinare, il convenuto è stato ritenuto totalmente immune da responsabilità, circostanza che dovrebbe esser valutata (quale fonte indiziaria) in sede di giudizio amministrativo – contabile.

Sul terreno della quantificazione del danno, la difesa ha sostenuto che sarebbe abnorme la quota di danno (50%) imputata al convenuto, trattandosi di dipendente della seconda area funzionale con mansioni (in tesi) meramente operative e prive di margini di discrezionalità.

La difesa ha quindi concluso chiedendo di dichiarare inammissibile e/ improcedibile l’atto di citazione, nonché di rigettare la domanda attorea, ovvero ancora di “azzerare, tramite l’esercizio del potere riduttivo, l’addebito, ovvero ancora, in via gradata, di determinare l’addebito nella misura del 10% in ragione del contributo altrui all’illecito e su detto importo applicare il potere riduttivo, il tutto con ogni conseguenziale statuizione di legge, anche con riguardo alle spese di giudizio.

Con ulteriore memoria in atti al giorno 8 settembre 2020, la difesa del sig. m-, alla luce di pronunzia (sent. n. 262/2020) di questa Corte su fattispecie analoga, ha insistito per la declaratoria di improcedibilità dell’azione per carenza di attualità e certezza del danno, sostenendo che nella specie si applicherebbe il raddoppio dei termini di cui all’art. 57 del DPR n. 633/1972, essendo stata inoltrata denunzia alla competente Procura della Repubblica con prot. 2011/59104 del 30/11/2011 (raddoppio che si applicherebbe comunque, anche a prescindere dalla presentazione della denunzia).

Con memoria in atti al 7 aprile 2020, si è costituita la signora d- Teresa (responsabile dello sportello di Soverato nonché nell’anno 2011 di quelli di Borgia, Chiaravalle C. e Squillace), rappresentata e difesa dall’avvocato Giuseppe Bernardo, che ha preliminarmente sostenuto l’improcedibilità dell’azione per inattualità del danno all’erario, privo (in tesi) dei connotati di certezza, attualità e concretezza, tenuto conto della pendenza dei termini ex art. 57 del DPR n. 633/1972 per procedere al recupero dell’IVA non incassata (si richiama, in proposito, copiosa giurisprudenza contabile).

Nel merito, la difesa ha sostenuto la carenza dell’elemento soggettivo della colpa grave, in ragione del contesto organizzativo “oltremodo stressogeno” (compiti gravosi, continue superiori pressioni, legittimo affidamento in chi avrebbe dovuto essere, per codificato obbligo, punto di riferimento – (assenza di direttive – per l’esatto adempimento della prestazione, deficienze degli organi apicali gestionali e di controllo), valutabile, in via gradata, anche ai fini dell’impiego del potere riduttivo dell’addebito (oltre che di ripartizione dell’addebito).

Peraltro, con riguardo alla dottoressa d- la difesa ha evidenziato che nessuna delle operazioni “formalmente” ascrivibili a detta funzionaria, stante l’indicazione nei vari reports del suo codice fiscale, è stata effettuata materialmente dalla medesima per come, del resto, evidenziato a pag. 47 dell’atto introduttivo del giudizio.

La dott.ssa d- in varie circostanze veniva contattata dal suo diretto superiore gerarchico, il quale le rappresentava per le vie brevi, in quanto unica dipendente in servizio presso la sede di Soverato ad essere abilitata all’applicativo banca dati motorizzazioni, necessario per lo sblocco delle immatricolazioni auto, la ineludibile “necessità” che ella accedesse con le proprie credenziali al sistema informatico, consentendo così all’operatore di successivamente procedere alle operazioni oggetto del presente giudizio (cfr: verbale di audizione audit del 27 maggio 2014; si tratterebbe di pressioni cui la dipendente aveva corrisposto anche per evitare una eventuale chiusura dell’ufficio, come già accaduto per quelli di Borgia e Chiaravalle). La difesa ha altresì evidenziato che la contestazione attorea circa la “violazione delle regole basilari sulla sicurezza informatica presso l’Agenzia delle Entrate” sarebbe stata esclusa in sede disciplinare, in quanto l’inserimento della password avveniva “nel pieno rispetto della riservatezza, in ossequio alle disposizioni in materia contenute nella guida predisposta dalla Direzione Centrale Audit e Sicurezza”.

Inoltre, la difesa ha evidenziato la sovrapponibilità della sua posizione rispetto a quella di altra funzionaria (dott.ssa Carioti), per la quale la Procura regionale ha disposto l’archiviazione.

Infine, la difesa ha puntualizzato che, in sede disciplinare, la convenuta è stata ritenuta totalmente immune da responsabilità, circostanza che dovrebbe esser valutata (quale fonte indiziaria) in sede di giudizio amministrativo – contabile.

Sul terreno della quantificazione del danno, la difesa ha sostenuto che sarebbe abnorme la quota di danno (50%) imputata alla convenuta, trattandosi di dipendente della seconda area funzionale con mansioni (in tesi) meramente operative e prive di margini di discrezionalità.

La difesa ha quindi concluso chiedendo di dichiarare inammissibile e/ improcedibile l’atto di citazione, nonché di rigettare la domanda attorea, ovvero ancora di “azzerare, tramite l’esercizio del potere riduttivo, l’addebito, ovvero ancora, in via gradata, di determinare l’addebito nella misura del 10% in ragione del contributo altrui all’illecito e su detto importo applicare il potere riduttivo, il tutto con ogni conseguenziale statuizione di legge, anche con riguardo alle spese di giudizio.

Con ulteriore memoria in atti al giorno 8 settembre 2020, la difesa della sig.ra d-, alla luce di pronunzia (sent. n. 262/2020) di questa Corte su fattispecie analoga, ha insistito per la declaratoria di improcedibilità dell’azione per carenza di attualità e certezza del danno, sostenendo che nella specie si applicherebbe il raddoppio dei termini di cui all’art. 57 del DPR n. 633/1972, essendo stata inoltrata denunzia alla competente Procura della Repubblica con prot. 2011/59104 del 30/11/2011 (raddoppio che si applicherebbe comunque, anche a prescindere dalla presentazione della denunzia).

Con memoria in atti al giorno 11 settembre 2020, si è costituito il dott. Arcangelo f- (Direttore dell’Ufficio Territoriale di Catanzaro, a decorrere dalla data del 08/06/2009 e sino al 22 giugno 2014), rappresentato e difeso dall’avv. Maria Teresa Palmieri, eccependo preliminarmente l’intervenuta prescrizione dell’azione risarcitoria con riguardo all’Iva 2008 e 2009.

La difesa ha, altresì, eccepito l’inammissibilità/improcedibilità dell’azione per inattualità del danno erariale (da intendere quale certo, attuale e concreto), in quanto la P.A. potrebbe intervenire per recuperare l’Iva entro il termine di prescrizione decennale.

Nel merito, la difesa, dopo aver compendiato gli elementi costitutivi della responsabilità amministrativa, ha lamentato la carenza di personale dell’ufficio territoriale di Catanzaro e ha rivendicato la vastità dei compiti assegnati e i positivi risultati raggiunti, sia sul terreno organizzativo che funzionale.

In particolare, la difesa ha evidenziato di non aver ricevuto, dalle superiori Direzioni della DP, osservazioni sulla disposta riorganizzazione dell’Ufficio territoriale, di non aver ricevuto segnalazioni o denunzie sugli acquisti intracomunitari (se non nel 2013 e 2014) da chicchessia, e di aver anzi ricevuto rassicurazioni dal sig. C_ (che godeva di stima, tanto da esser attributario dal 15/4/2014, con delega di firma, di tutte le lavorazioni in questione della provincia di Catanzaro, nonché referente regionale per la liquidazione automatizzata delle dichiarazioni), dopo la videoconferenza del 21/1/2013, con conseguente conferma dello stesso nelle funzioni di coordinatore di front office.

Inoltre, la difesa ha evidenziato che il dott. f- ha revocato l’incarico del C_ non appena avuto conoscenza dei fatti e che il processo in parola non risultava in alcuna scheda SAR, con conseguente indisponibilità di uno strumento di controllo immediato sul fenomeno (essendo l’accesso alle statistiche riservato agli organi sovraordinati, non avendo la disponibilità di appropriata banca dati).

Pertanto, la difesa ha sostenuto l’assenza di gravità della colpa, tenuto altresì conto che la stessa amministrazione, nel valutare disciplinarmente la condotta assunta, ha ritenuto di comminare al f- la sanzione disciplinare della sospensione dal servizio con privazione della retribuzione per soli due giorni (in caso di colpa grave, la sanzione della sospensione dal servizio viene inflitta per una durata superiore a 10 giorni).

La difesa ha altresì richiamato l’istituto della responsabilità dirigenziale ex art. 21, comma 1 bis, del d. lgs. n. 150/2009, che non risulta contestata al dirigente.

In buona sostanza, secondo la difesa un direttore territoriale non potrebbe esser chiamato a rispondere, a titolo di colpa grave, in mancanza di segnalazioni ovvero di elementi conoscitivi idonei a far insorgere il dubbio sulla correttezza dei funzionari dell’ufficio.

Quanto poi alla circolare 3/E del 04/02/2009 (che richiamava la n. 52/E del 30/7/2008), secondo la difesa essa si limiterebbe a segnalare gli acquisti intracomunitari a fini strumentali, senza richiedere una dichiarazione di voler considerare il bene come per l’appunto strumentale (cosicché la verifica non sarebbe stata di competenza dello sportello). Quanto poi agli adempimenti necessari per l’immatricolazione delle autovetture di provenienza comunitaria rientranti nel regime del margine (circolare n. 14/E del 26/02/2008), essi erano stati integralmente delegati al C_, comprese le funzioni di controllo (non effettuabili dal dott. f-, gravato di numerosi compiti e da carenze di personale).

Inoltre, la difesa ha sottolineato le funzioni di vigilanza assegnate dalla circolare n. 52/2008 alle direzioni regionali e provinciali, che non hanno assunto alcuna iniziativa (“totale inerzia”) verso l’Ufficio territoriale.

Anzi, la difesa ha sostenuto l’esclusiva responsabilità del Direttore provinciale, alla luce dei compiti ad esso assegnati dalla legge e dagli atti organizzativi dell’Agenzia, che lo riconoscono sovraordinato ai dirigenti di livello inferiore e tenuto a controllare (c.d. controlli di secondo livello) l’operato dei delegati onde presidiare i rischi connessi alle lavorazioni.

Infine, sussisterebbe, secondo la difesa, la responsabilità per culpa in vigilando dei responsabili della Direzione Regionale presso le quali, al contrario degli Uffici Territoriali, erano e sono in uso gli strumenti di monitoraggio del processo operativo in questione (cfr: circolare n. 52 del 30/7/2008), nonché della Direzione centrale deputata a svolgere funzioni di controllo e monitoraggio sulle immatricolazioni effettuate da tutti gli uffici dell’Agenzia, e infine di tutti i funzionari che hanno omesso di recuperare l’IVA evasa.

Da ultimo, la difesa ha richiamato gli istituti della compensatio lucri cum damno e del potere riduttivo del giudice contabile.

La difesa ha quindi concluso chiedendo preliminarmente di dichiarare la prescrizione del danno fino al 2014, nonché l’inammissibilità o improcedibilità della domanda per difetto di interesse ad agire/inattualità del danno erariale, nonché in via principale, il rigetto della domanda attorea, con condanna alla rifusione delle spese di lite.

Con memoria in atti al 25 settembre 2020, si è costituito il sig. C_ Donato (responsabile diretto per la gestione delle pratiche nonché coordinatore di front office), rappresentato e difeso dall’avv. Adolfo LARUSSA, che ha preliminarmente eccepito l’inammissibilità/inesistenza della citazione per mancata notifica del decreto di fissazione udienza ex art. 88 c.g.c., in quanto la copia della citazione notificata sarebbe stata mancante del menzionato decreto (vizio che sarebbe insuscettibile di sanatoria).

Sempre in via preliminare, la difesa ha sostenuto l’inammissibilità dell’atto di citazione per mancato rispetto dei termini ex art. 67 c.g.c. (l’ultima delle notifiche dell’invito a dedurre risalirebbe al 17/5/2019, cosicché il termine scadrebbe il 29/11/2019, nel mentre il deposito della citazione sarebbe avvenuto il 5/12/2019).

La difesa ha, altresì, eccepito la mancanza di attualità del danno contestato, avuto riguardo ai termini previsti dalla legge per procedere all’accertamento dell’IVA evasa (art. 57 del DPR n. 633/1972).

Con riguardo alla responsabilità per le lavorazioni direttamente effettuate, la difesa ha invocato il principio di personalità della responsabilità amministrativa, imputabile soltanto a titolo di colpa grave.

Quanto alla imputata responsabilità a titolo di capo team coordinatore di front office, la difesa ha sostenuto che si tratterebbe di una vera e propria imputazione a titolo di responsabilità oggettiva, in contrasto con il principio di personalità dell’illecito amministrativo-contabile. Infatti, dall’esame delle mansioni asseritamente attribuite al sig. C_, si apprende che non si tratterebbe di un capo team ma di mero coordinatore di front-office e, comunque, non si evincerebbe che lo stesso dovesse sovraintendere alle singole lavorazioni, comprese quelle delle immatricolazioni, di ciascun dipendente alla stregua di un controllore onde verificarne la correttezza, essendo l’incarico di coordinatore limitato al coordinamento dei servizi (come da lettere di incarico).

Quanto ai contestati dolo e colpa grave, la difesa ha sottolineato come le contestazioni attoree non terrebbero conto delle diverse, palesi ed innumerevoli, carenze organizzative (anche formative), comunicative, strutturali e di controllo che hanno caratterizzato la struttura in cui il C_ ha operato, tenuto conto che alcune delle ditte cessionarie (con sede in Catanzaro) erano state indiziate di essere operatori fittizi fin dal 2008 e che nessuna segnalazione era pervenuta all’Ufficio territoriale di Catanzaro, che anzi gli aveva confermato l’incarico in data 18/4/2014.

Inoltre, la difesa ha stigmatizzato l’assenza di specifica formazione in ordine a detti procedimenti, nonché le gravi lacune applicative del software BDM (ancora oggi sussistenti) utilizzato per le immatricolazioni, che non richiedeva, ai fini dello sblocco, particolare documentazione.

La difesa ha quindi concluso chiedendo preliminarmente di dichiarare l’inammissibilità dell’atto di citazione per violazione degli artt. 88 e 67 del c.g.c., nonché, nel merito, di dichiarare infondata l’azione della Procura regionale, e, in subordine, di applicare il potere riduttivo dell’addebito.

Nell’odierna pubblica udienza, il P.M. e le difese dei convenuti hanno riproposto e sviluppato le argomentazioni già rese negli scritti in atti.

DIRITTO

[1] In via preliminare, il Collegio ritiene di non poter accogliere l’eccezione di “inammissibilità/inesistenza della citazione per mancata notifica del decreto di fissazione udienza ex art. 88 CGC”, avanzata dal convenuto C_ Donato.

In proposito, si osserva innanzitutto che la relazione di notifica depositata digitalmente contiene anche il decreto di fissazione udienza ex art. 88 c.g.c., originariamente fissata per il 6/5/2020.

Inoltre, il sig. C_ ha altresì ricevuto regolare notifica (in data 27/4/2020, nelle mani della consorte convivente) del decreto di rinvio della prima udienza alla data odierna ex art. 92 c.g.c..

Peraltro, gli ipotetici vizi della notifica dell’atto di citazione (rectius: della sua notifica non contestuale rispetto al decreto di fissazione della prima udienza) comunque non potrebbero che ritenersi sanati ex art. 86, comma 5 bis, c.g.c. in ragione dell’intervenuta costituzione del convenuto.

[2] Analogamente, il Collegio ritiene infondata l’eccezione d’inammissibilità per ritenuta violazione dei termini previsti (45 + 120 giorni dalla notifica dell’invito a dedurre), per il deposito della citazione, dall’art. 67, comma 5, del c.g.c.

In proposito, infatti, si osserva che, ai sensi dell’art. 67, comma 6, del c.g.c, nel caso in cui l’invito a dedurre sia stato emesso contestualmente nei confronti di una pluralità di soggetti (come avvenuto nella specie), il termine in questione decorre dal momento del perfezionamento della notificazione per l’ultimo invitato.

Orbene, nella specie l’ultima notifica dell’invito a dedurre al co-invitato Stellacci Pasquale si è perfezionata in data 25/5/2019, cosicché il deposito dell’atto di citazione, avvenuto in data 5 dicembre 2019, risulta evidentemente tempestivo (il termine scadeva, tenuto conto della sospensione feriale, in data 7/12/2019).

[3] Il Collegio ritiene altresì di non poter accogliere la domanda di chiamata in garanzia di compagnia assicuratrice, avanzata dal Convenuto r-.

Al riguardo, è appena il caso di richiamare la consolidata ed univoca giurisprudenza di questa Corte (cfr., ex pluribus: Sez. Lombardia 17.3.2003, n.324; Sez. Lazio 15.1.2003, n.92; sez. Campania, sent. n. 1702/2014; sez. Molise, sent. n. 24/2017) secondo cui la giurisdizione della Corte dei conti non può ritenersi estensibile al rapporto di garanzia esistente tra il convenuto in giudizio e una società di assicurazioni, essendo l’oggetto della prima limitato all’accertamento della responsabilità di soggetti legati all’Amministrazione pubblica da un rapporto di servizio per il risarcimento dei danni a questa arrecati.

Peraltro, anche a prescindere dalla questione di giurisdizione, secondo la giurisprudenza ormai consolidata di questa Corte (si veda da ultimo, I Sez. d’App., sent. n. 114 e n. 181 del 2019), il carattere pubblico dell’iniziativa processuale, che connota il giudizio in questione, mal si concilia con l’ammissibilità della chiamata in causa del terzo, direttamente ad opera del convenuto, ex art. 106 c.p.c.

Si evidenzia, altresì, che il codice di giustizia contabile ha previsto testualmente (art. 83, comma 1) che “nel giudizio per responsabilità amministrativa è preclusa la chiamata in causa per ordine del giudice”, e che, ai sensi dell’art. 85, c.g.c., viene consentito, unicamente, l’intervento volontario, espletabile, però, solo da parte di “chiunque intenda sostenere le ragioni del pubblico ministero” (c.d. intervento ad adiuvandum), allorquando vi abbia “un interesse qualificato”.

[4] Sempre in via preliminare, occorre esaminare congiuntamente le eccezioni di carenza delle condizioni dell’azione, individuate dai convenuti nell’attualità, certezza e concretezza del danno nonché quella correlata di prescrizione del credito erariale.

In proposito, si richiama l’ormai consolidata giurisprudenza contabile (ex aliis: C. conti. Sez. II app. sent. n. 21/2019; n. 436/2018; Sez. giur. Calabria sent. n. 68/2018) secondo cui, in caso di danno erariale da mancata riscossione di entrate tributarie, “l’Amministrazione è titolare di un credito che può essere fonte di danno ma nel momento in cui diventa inesigibile per prescrizione o per decadenza. Difatti, è ricompreso tra i doveri della P.A. e, quindi, dei suoi dipendenti, quello di agire non solo per proteggere il patrimonio pubblico già esistente (evitando di pagare con i denari della collettività spese altrui) ma anche per preservare i propri crediti, evitando che questi cadano in prescrizione. A tale stregua, non è configurabile un pregiudizio all’Erario laddove non via sia stata, per l’Amministrazione, la perdita del diritto di credito, giacché non era il danaro oggetto del credito, bensì il credito in quanto tale ad essere elemento del patrimonio dell’Amministrazione” (C. conti, sez. III app. sent n. 21/2019).

Si osserva, per contro, che la contraria giurisprudenza menzionata dalla Procura regionale (III appello sent. n. 12/2020; II appello n. 353/2019) non pare pertinente alla fattispecie concreta in esame, riguardando entrate di natura diversa (canoni di locazione, oneri di urbanizzazione scorrettamente quantificati dall’amministrazione).

Nella specie, per converso, si tratta di crediti tributari (in particolare in materia di IVA) per i quali la determinazione della base imponibile e dunque dell’obbligazione tributaria si snoda attraverso una procedura formalizzata, nella quale confluiscono specifici atti del contribuente (quali in particolare la dichiarazione di imposta) ma anche (eventualmente ovvero anche necessariamente) atti dell’amministrazione finanziaria (tipicamente, i provvedimenti di accertamento).

Più in particolare, la dottrina ha posto in rilievo l’impossibilità di ricondurre ad uno schema unitario ed omogeneo la cosiddetta fase di “attuazione” del tributo (intendendosi, con l’espressione, porre in rilievo il ruolo fondamentale della norma impositiva, non già la preesistenza di una obbligazione puntualmente predeterminata e quantitativamente certa), che si articola secondo schemi diversi a seconda del tributo di volta in volta esaminato.

Premesso che si tratta di un processo di diversificazione/articolazione di ampia portata nell’ambito del diritto tributario (un tempo dominato dalla pervasività del provvedimento accertativo), per quanto concerne in particolare l’IVA il procedimento di concretizzazione/determinazione dell’obbligazione tributaria può perfezionarsi con un provvedimento accertativo dell’Amministrazione, ovvero previamente mediante atti dichiarativi del contribuente (che, secondo giurisprudenza della suprema Corte, hanno natura di dichiarazione di scienza), ovviamente qualora attraverso essi possa pervenirsi alla puntuale determinazione della base imponibile e quindi dell’obbligazione tributaria medesima.

Orbene, nella specie si tratta, di tutta evidenza, di danno erariale da mancati introiti IVA, per i quali l’attività dichiarativa del contribuente non ha consentito la puntuale ricostruzione dell’obbligazione tributaria, nei cui riguardi l’Amministrazione è tenuta ad avviare procedimenti di formale accertamento di imposta, peraltro soggetti a puntuali disposizioni che regolamentano, per quanto nella specie rileva, la decadenza dal potere-dovere accertativo.

In particolare, con specifico riferimento all’istituto della decadenza dal potere accertativo in materia di IVA, viene in rilievo il disposto dell’art. 57 (“termini per gli accertamenti”) del DPR n. 633/1972, che, nel testo vigente sino al giorno 1/9/2015, prevedeva:

“Gli avvisi relativi alle rettifiche e agli accertamenti previsti nell’art. 54 e nel secondo comma dell’art. 55 devono essere notificati, a pena di decadenza, entro il 31 dicembre del quarto anno successivo a quello in cui è stata presentata la dichiarazione. (…..)

In caso di omessa presentazione della dichiarazione, l’avviso di accertamento dell’imposta a norma del primo comma dell’art. 55 può essere notificato fino al 31 dicembre del quinto anno successivo a quello in cui la dichiarazione avrebbe dovuto essere presentata.

In caso di violazione che comporta obbligo di denuncia ai sensi dell’articolo 331 del codice di procedura penale per uno dei reati previsti dal decreto legislativo 10 marzo 2000, n. 74, i termini di cui ai commi precedenti sono raddoppiati relativamente al periodo di imposta in cui è stata commessa la violazione”….

Detta disciplina è stata modificata dalla legge n. 208/2015, che, all’art. 1, commi 130 e 132, per un verso ha rideterminato i suddetti termini a pena di decadenza del potere accertativo (“entro il 31 dicembre del quinto anno successivo a quello in cui é stata presentata la dichiarazione”, ovvero, in caso di omessa dichiarazione, “entro il 31 dicembre del settimo anno successivo a quello in cui la dichiarazione avrebbe dovuto essere presentata”; non viene più previsto il c.d. raddoppio dei termini in caso di obbligo di denunzia ex art. 331 c.p.p. per reati ex lege n. 74/2000) e, nel contempo, ha previsto una disciplina intertemporale, secondo cui detti nuovi termini “si applicano agli avvisi relativi al periodo d’imposta in corso alla data del 31 dicembre 2016 e ai periodi successivi. Per i periodi d’imposta precedenti, gli avvisi di accertamento devono essere notificati, a pena di decadenza, entro il 31 dicembre del quarto anno successivo a quello in cui è stata presentata la dichiarazione ovvero, nei casi di omessa presentazione della dichiarazione o di dichiarazione nulla, entro il 31 dicembre del quinto anno successivo a quello in cui la dichiarazione avrebbe dovuto essere presentata. Tuttavia, in caso di violazione che comporta obbligo di denuncia ai sensi dell’articolo 331 del codice di procedura penale per alcuno dei reati previsti dal decreto legislativo 10 marzo 2000, n. 74, i termini di cui al periodo precedente sono raddoppiati relativamente al periodo d’imposta in cui è stata commessa la violazione; il raddoppio non opera qualora la denuncia da parte dell’Amministrazione finanziaria, in cui è ricompresa la Guardia di Finanza, sia presentata o trasmessa oltre la scadenza ordinaria dei termini di cui al primo periodo”.

Non emergendo dagli atti acquisiti se e in che misura ricorrano (tra i soggetti che si sono illegittimamente avvantaggiati del regime IVA favorevole, dunque con riguardo alle loro dichiarazioni annuali IVA, da presentarsi l’anno successivo a quello di imposta ex art. 8 del DPR n. 322/1998) fattispecie soggette al termine quadriennale ovvero quinquennale, ritiene il Collegio (tanto più in presenza di società definite come cartiere dalla stessa Procura regionale) di dovere assumere a riferimento quest’ultimo termine.

Quanto alla disciplina del c.d. raddoppio dei termini, le difese dei convenuti hanno sostenuto che essa possa applicarsi in via generale in ipotesi di riscontro di fatti astrattamente rilevanti sul piano penalistico, a prescindere dunque dall’effettiva presentazione di denunzia penale, interpretando estensivamente un orientamento della suprema Corte, affermatosi tuttavia con riguardo alla disciplina previgente e non già con riferimento a quella transitoria in questione.

In proposito, ritiene il Collegio che detta previgente disciplina, indipendentemente da come sia stata interpretata dalla Corte di Cassazione, non possa ritenersi ultrattiva, cioè applicabile anche successivamente all’entrata in vigore della novella normativa (seppure con riguardo a periodi di imposta precedenti), considerata la specifica disciplina intertemporale testualmente dettata dal legislatore, che espressamente condiziona l’ultrattività dell’abrogato raddoppio dei termini alla necessità che la denunzia sia presentata o trasmessa entro la ordinaria scadenza dei termini accertativi (“il raddoppio non opera qualora la denuncia da parte dell’Amministrazione finanziaria, in cui è ricompresa la Guardia di Finanza, sia presentata o trasmessa oltre la scadenza ordinaria dei termini di cui al primo periodo”).

Conseguentemente, in via generale, il tempus certo di scadenza del termine decadenziale può individuarsi al 31 dicembre del quinto anno successivo a quello in cui la dichiarazione avrebbe dovuto essere presentata (cioè l’anno successivo al periodo di imposta).

Dunque, con riguardo alle imposte evase relative al 2014, con dichiarazione da effettuarsi nel 2015, il termine di decadenza del potere accertativo deve individuarsi al 31/12/2020.

Pertanto, con riguardo alla fattispecie concreta sub iudice (in cui sono stati contestati – v. pag. 57 dell’atto di citazione – esclusivamente danni realizzatisi a partire dal 2012; sul danno da provocata prescrizione, si veda infra), l’azione deve ritenersi inammissibile per insussistenza di una condizione dell’azione limitatamente alle minori entrate IVA relative al periodo di imposta 2014, per un importo complessivo di euro 1.047.048,90, ripartiti per operatore secondo la seguente tabella (cfr: pag. 19 atto di citazione)

OperatoreAnno 2014
C_€ 307.072,26
m-€ 225.759,76
PRINCIPE€ 514.216,88
Totale1.047.048,90

Da ultimo, si osserva per completezza che risulta agli atti una denunzia penale ex art. 331 c.p.p., datata 30/11/2011, con riguardo esclusivamente al sig. Francesco Quaranta, titolare della ditta Frank Cars, relativa alle annualità IVA 2009 (euro 76.088,01), 2010 (euro 347.470,03) e 2011 (euro 333.641,67), che non sono oggetto, come già riferito, di contestazione attorea.

Specularmente, deve ritenersi infondata la proposta eccezione di prescrizione relativamente alle mancate entrate degli anni oggetto della contestazione attorea, in applicazione del principio normativo secondo cui contra non valentem agere, praescriptio non currit (cfr. art. 2935 c.c.).

[5] Nel merito, le irregolarità riscontrate nel presente giudizio riguardano l’IVA su acquisti di veicoli intracomunitari a titolo oneroso, in ordine ai quali la disciplina pro tempore vigente prevede che la richiesta di immatricolazione debba essere accompagnata dall’allegazione del modello F24 attestante il pagamento, l’indicazione del numero di telaio del veicolo e dell’ammontare dell’IVA assolta in occasione della prima cessione interna.

Tuttavia, il riferito regime ordinario prevede alcune deroghe, ovvero gli acquisti effettuati col regime del margine e quelli relativi ai veicoli destinati (non alla rivendita ma) ad essere utilizzati come beni strumentali.

Quanto al regime dell’IVA a margine (v. art. 36 del d. l. n. 41/1995, conv. nella legge n. 85/1995) su cessioni intracomunitarie (regime funzionale ad evitare la doppia imposizione IVA) per i veicoli usati (ex art. 38, comma 4, d.l. n. 331/1992, ovvero con più di sei mesi e con più di 6.000 km percorsi), il rivenditore italiano può applicarlo (secondo il metodo globale della base imponibile) ove abbia acquistato il bene da un privato consumatore, ovvero da un operatore economico che non abbia potuto esercitare il diritto alla detrazione, da un soggetto passivo d’imposta comunitario in regime di franchigia nel proprio Stato membro, o ancora da un soggetto passivo che ha applicato, a sua volta, il regime del margine.

Il regime IVA relativo ai beni strumentali, e in particolare all’acquisto e all’importazione di veicoli stradali a motore e ai costi a questi connessi (es. carburanti, manutenzione, componenti e ricambi), è invece regolato dall’art. 19-bis1, comma 1 lett. c) e d) del DPR n. 633/72, ove si prevede la detrazione totale ovvero parziale (al 40%) dell’IVA a seconda che il veicolo sia utilizzato (esclusivamente o meno) nell’esercizio dell’attività d’impresa, arte o professione ovvero formi oggetto dell’attività propria d’impresa.

Peraltro, il ricorso a detti regimi derogatori è stato talora funzionale alla realizzazione di operazioni fraudolente nel c.d. mercato parallelo attraverso l’azione di soggetti denominati missing trader che, acquistando le autovetture da fornitori appartenenti all’Unione Europea in regime di non imponibilità in quanto vendite intracomunitarie, successivamente richiedevano l’immatricolazione servendosi di uno dei regimi derogatori e, infine, rivendevano il veicolo ad altro soggetto nazionale con l’IVA esposta. Questo sistema consente al c.d. missing trader di non versare l’IVA né al momento dell’immatricolazione né al momento della rivendita, nonché di fare usufruire anche al terzo acquirente la detrazione dell’imposta.

Proprio per contenere detto fenomeno, l’articolo 1, comma 9, del decreto legge 3 ottobre 2006, n. 262, convertito, con modificazioni, dalla legge 24 novembre 2006, n. 286, aveva già previsto che “Ai fini dell’immatricolazione o della successiva voltura di autoveicoli, motoveicoli e loro rimorchi, anche nuovi, oggetto di acquisto intracomunitario a titolo oneroso, la relativa richiesta è corredata di copia del modello F24 (…) recante, per ciascun mezzo di trasporto, il numero di telaio e l’ammontare dell’IVA assolta in occasione della prima cessione interna”.

Detta disposizione di legge è stata attuata da due provvedimenti del Direttore dell’Agenzia delle Entrate del 25 ottobre 2007 (pubblicati sulla G.U. 15 novembre 2007, n. 266, con decorrenza dal 3 dicembre 2007), con riguardo agli acquisti intracomunitari, seguiti dalla cessione nel territorio dello Stato del veicolo di provenienza comunitaria; in buona sostanza, già si imponeva ai soggetti interessati di effettuare il versamento dell’imposta mediante “F24 IVA immatricolazione auto UE”, in occasione della prima cessione interna, ai fini dell’immatricolazione del veicolo sul territorio nazionale.

Sempre al fine di contrastare le frodi IVA in ambito comunitario, l’articolo 1, comma 378, della legge n. 311 del 2004 ha posto l’obbligo a tutti i soggetti di imposta di comunicare telematicamente al Dipartimento dei Trasporti Terrestri il numero identificativo intracomunitario nonché il numero di telaio degli autoveicoli o rimorchi oggetto di acquisto comunitario. L’immatricolazione viene concessa dal Dipartimento solo se ad ogni telaio comunicato, oggetto di acquisto intracomunitario, corrisponde (la verifica viene effettuata della c.d. Banca Dati Motorizzazione) un congruo versamento con mod. F24 recante il numero di telaio del veicolo.

Sempre al medesimo fine, l’Agenzia delle Entrate ha quindi diramato alcuni provvedimenti generali (circolari della Direzione Centrale Accertamento n. 14/E del 26 febbraio 2008 e n. 3/E del 4 febbraio 2009, circolare della Direzione Centrale Normativa e Contenzioso n. 52/E del 30 luglio 2008, comunicazione di servizio della Direzione centrale Accertamento n.6 in data 8 febbraio 2011) nei quali si richiedevano agli Uffici periferici verifiche e controlli al fine di potere concedere legittimamente ai soggetti richiedenti di usufruire dei regimi derogatori per il versamento dell’IVA.

A) per quanto riguarda il regime dell’Iva a margine su veicoli di provenienza comunitaria, gli uffici dell’Agenzia delle entrate avrebbero dunque dovuto procedere ai seguenti riscontri:

✓ presenza nella fattura di acquisto dell’indicazione del regime del margine e non di acquisto intracomunitario (rif. Circ. 14/2008);

✓ presenza di una istanza di immatricolazione in deroga presentata dalla parte;

✓ presenza di copia di un documento del soggetto istante;

✓ che il veicolo potesse essere considerato usato ai sensi dell’art. 38, comma 4, del D.L. n. 331/1993) e che, quindi la data di prima immatricolazione fosse antecedente almeno di sei mesi a quella di cessione (rif. Circ. 14/2008) e il veicolo avesse percorso almeno 6.000 km alla data di cessione;

✓ la presenza della traduzione integrale della carta di circolazione certificata conforme al testo straniero (rif. Circ. 52/2008);

✓ la presenza di almeno una persona fisica tra i precedenti possessori nella carta di circolazione ovvero, in caso contrario, della dichiarazione del rivenditore sul soggetto dal quale ha acquistato il veicolo e la relativa documentazione probatoria (rif. Circ. 14/2008);

✓ inoltre, gli uffici erano tenuti a fornire segnalazioni all’Area controllo nel caso in cui, in relazione alla mancanza della persona fisica sulla carta di circolazione, si fosse in presenza di documentazione carente (attivazione di un controllo fiscale immediatamente dopo la convalida) o di documentazione mancante (attivazione di un controllo fiscale prima della convalida) (rif. Circ. 14/2008). In assenza di documentazione attestante il soggetto dal quale risultava acquistato il veicolo, era previsto che si potesse anche attendere l’esito delle verifiche demandate all’Ufficio Controlli prima di trasmettere la richiesta agli uffici della Motorizzazione (c.d. sblocco).

✓ La circolare 14/E ribadiva pure che il riscontro positivo a seguito della procedura sopra descritta, pur consentendo l’immatricolazione, non escludeva gli eventuali successivi accertamenti sulla legittimità dell’applicazione del regime speciale dell’IVA per verificarne la sussistenza dei presupposti, come illustrati nella circolare n. 40/E del 2013.

B) per quanto concerne il regime IVA dei beni strumentali all’esercizio di attività, gli Uffici territoriali dell’Agenzia dovevano acquisire la fattura o altro documento di acquisto ricevuto dal cedente comunitario, numerata ed integrata ai sensi del decreto ministeriale 19 gennaio 1993, nonché la dichiarazione del richiedente dalla quale si potesse evidenziare l’oggetto della propria attività e la volontà di utilizzare il veicolo per l’esercizio della predetta attività e non per la rivendita.

[6] Come già sommariamente accennato in punto di fatto, l’attività di controllo effettuata ha accertato la sistematica violazione delle disposizioni dettate dall’Agenzia al fine di assicurare il rispetto della vigente disciplina in materia di IVA.

In particolare, già l’originaria indagine conoscitiva della Direzione Centrale Audit e Sicurezza dell’Agenzia delle Entrate (relazione prot. n. 14413 del 14 agosto 2014), esaminando un campione di n. 82 fascicoli, ha riscontrato le seguenti grossolane carenze e gravi irregolarità:

· all’interno dei fascicoli non erano presenti le traduzioni integrali certificate conformi al testo straniero del libretto di circolazione (come previsto dalla circolare n. 52/E del 2008);

· le dichiarazioni sostitutive di atto notorio allegate alla richiesta erano stereotipate e sovente prive di firma e documento del dichiarante e della data e attestazione del funzionario che la firma era apposta in sua presenza;

· non vi era evidenza che l’Iva fosse stata assolta in via definitiva nel paese di provenienza del veicolo e, ad eccezione di un caso, non era stata indicata nel libretto di circolazione la presenza di un precedente proprietario persona fisica;

· in 53 casi le auto non risultavano “usate”, in violazione dell’art. 38, comma 4, del decreto-legge n. 331 del 30 agosto 1993, convertito in legge n. 427 del 29 ottobre 1993, che richiede quali requisiti di base per la riferita qualificazione di auto usata: a) una percorrenza di almeno 6.000 chilometri; b) una data di prima immatricolazione antecedente di almeno 6 mesi come risultante da pubblici registri o documenti equipollenti;

· in 72 casi è risultato che la fattura riportava la dicitura riconducibile a quella di cessione “intracomunitaria” che è fattispecie notoriamente diversa (cessione intracomunitaria ordinaria) da quella del regime di “IVA del margine”

Parimenti, la successiva analisi a tappeto svolta dalla Direzione regionale su n. 1840 fascicoli ha evidenziato la sistematica violazione delle disposizioni contenute nelle circolari n. 14/E del 2008 e n. 3/E del 2009 della Direzione centrale ACC, e della n. 52/E del 2008 della Direzione centrale NC, contenenti le istruzioni relative alle modalità dell’istruttoria, ai documenti da acquisire e alle notizie da verificare.

Non venivano verificati i presupposti per l’applicazione del regime di favore; nella fase istruttoria veniva omesso l’accertamento sulla effettiva natura dell’operazione commerciale e sulla situazione complessiva dell’ente onde verificare se si trattasse di un potenziale missing trader; nei fascicoli non sono stati rinvenuti la traduzione delle fatture e degli stralci dei libretti di circolazione e nei libretti di circolazione lo storico per verificare se la macchina fosse appartenuta a una persona fisica e, nei casi in cui l’ultimo intestatario fosse il cedente operatore commerciale, non erano presenti i documenti sui richiesti controlli fiscali.

Analoghe condotte illecite sono state poi riscontrate a seguito dell’ulteriore attività investigativa svolta dall’Agenzia delle Entrate su sollecitazione della Procura regionale, ove si sono riscontrate n. 130 operazioni irregolari relative a pratiche lavorate nel periodo dal 10 marzo 2012 al 24 ottobre 2013 (nota della Direzione Centrale Audit, Area Nord est, a firma degli audit manager Ciambellotti e Canton n. prot. 0300670 del 21.12.2017) e n. 410 immatricolazioni irregolari relative a pratiche lavorate dal 25/10/2013 al 27/1/2017 (relazione prot. 7711 del 9 maggio 2018 del Team di Audit).

Avuto riguardo a detti riscontri, risulta evidente, ictu oculi, l’inconsistenza delle eccezioni difensive incentrate sui limiti applicativi del programma informatico in uso, quasi che esso avesse impedito/ostacolato gli operatori (ma anche tutti i soggetti convenuti) nell’effettuazione delle operazioni di riscontro imposte dall’Amministrazione, evidentemente espletabili materialmente/documentalmente

La molteplicità e sistematicità delle condotte illecite perpetrate riceve altresì indiretto riscontro nell’abnormità del dato delle immatricolazioni in questione: nel 2012 su 963 immatricolazioni con il regime del margine effettuate dagli uffici territoriali della Calabria ben 817 sono state “sbloccate” a Catanzaro (quasi l’85%); analogamente, nel 2013 sono state 1041 su 1215 (85%), per poi decrescere sensibilmente a seguito dell’avvio dell’indagine della Direzione contrale Audit (appena 3 nel 2015 e 4 nel 2016). Più puntualmente, dal 20/5/2014 al 30/3/2018 le immatricolazioni di veicoli in regime del margine sono state appena 21, peraltro tutte regolari, mentre nel periodo dal 9/10/2008 al 20/5/2014 erano state 2471 (una media di 46 al mese) e peraltro con un flusso di operazioni concentrato essenzialmente su n. 4 ditte richiedenti.

[7] Sul terreno organizzativo, l’art. 5 del regolamento di organizzazione dell’Agenzia prevede che le funzioni operative sono svolte, di norma, dalle Direzioni provinciali, rette da un dirigente (che cura, per quel che nella specie rileva, “le attività di informazione e assistenza ai contribuenti”), nel cui ambito sono tuttavia individuati uno o più uffici territoriali, dedicati “alle attività di informazione e assistenza, alla gestione delle imposte dichiarate e ai controlli formali, nonché ad altre tipologie di controllo individuate con atto del direttore dell’Agenzia”. Il direttore provinciale, oltre ai compiti di programmazione, indirizzo e gestione, “monitora lo svolgimento delle attività svolte dagli uffici dipendenti, adottando i necessari interventi correttivi, e ha la responsabilità dei risultati complessivi della direzione provinciale; formula inoltre al Direttore regionale le proposte di valutazione dei dirigenti della direzione provinciale”(art. 4 regolamento di amministrazione).

Sempre con riguardo al direttore provinciale, la guida alla gestione a regime delle direzioni provinciali (del 19 luglio 2010) prevede che questi possa delegare agli uffici territoriali la responsabilità di numerosi procedimenti, potendo comunque esercitare incisivi poteri gerarchici sul delegato (direttive, istruzioni operative, ordini di servizio, vigilanza), dovendo altresì “individuare gli opportuni meccanismi di controllo in grado di garantirgli il presidio dei rischi connessi ai processi che si svolgono nella direzione provinciale. Il sistema di deleghe, di cui al precedente paragrafo, deve essere, quindi, affiancato da un adeguato sistema di controllo”.

Detto sistema di controllo deve necessariamente prevedere “– le forme, gli strumenti e le modalità di presidio dei rischi connessi ai processi concretamente attuate, compreso il controllo del percorso logico-giuridico che ha condotto all’adozione degli atti (es. criteri adottati ed elementi valutati per sostenere la pretesa tributaria); – gli eventuali soggetti da lui incaricati per la realizzazione dei controlli. Tali soggetti dovranno necessariamente essere diversi da colui che ha realizzato l’attività da esaminare; – le modalità, i criteri e la frequenza delle verifiche che lui stesso effettua per accertarsi che i controlli affidati a terzi siano effettivamente realizzati. Utili strumenti a questi fini possono essere le Schede di autovalutazione del rischio elaborate sulla base dell’analisi svolta dalla Direzione Centrale Audit e Sicurezza con l’obiettivo di facilitare l’organizzazione dei controlli interni. ……Il Direttore provinciale e i responsabili dei processi che diano prova di avere instaurato un efficace sistema di controlli possono vedere attenuata la propria responsabilità per fatti dannosi eventualmente verificatisi.

La responsabilità del controllo del processo è affidata al proprietario dello stesso che, spesso, non coincide con il Direttore provinciale. Molte schede di autovalutazione, infatti, sono destinate a soggetti gerarchicamente sottoposti a quest’ultimo, segnatamente il capo ufficio controlli e i direttori degli uffici territoriali. Tuttavia, resta fermo il principio per cui il Direttore provinciale, quale responsabile del sistema complessivo dei controlli interni, può e deve condividere le forme di presidio che i proprietari dei vari processi intendono porre in essereper gli atti sottoscritti su delega del Direttore provinciale dal responsabile del processo la firma dell’atto comprova l’avvenuta effettuazione dei relativi controlli da parte di quest’ultimo. Su tali atti, il Direttore provinciale, in quanto responsabile dell’architettura dei controlli, effettua un controllo a campione. In tutti gli altri casi è da escludersi la possibilità che il controllo sull’atto oggetto di delega venga affidato al delegato stesso”.

L’Ufficio controlli, articolazione delle direzioni provinciali, “è dedicato a tutte le funzioni di controllo e accertamento, fatta eccezione per quelle affidate agli uffici territoriali e agli uffici provinciali-territorio”.

In particolare, l’ufficio controlli, sulla base degli indirizzi centrali, regionali e del direttore provinciale nonché sulla scorta degli elementi informativi che pervengono dagli altri uffici, “cura tutte le attività di controllo, escluse quelle attribuite agli uffici territoriali”, operando “sulla base delle indicazioni di pianificazione strategica e dei criteri per la formazione del piano di lavoro comunicati dal Direttore provinciale” e “tenendo conto degli esiti della valutazione del rischio di evasione e/o elusione riferita a ciascuna macro-tipologia e alla redazione dei Piani Annuali dei Controlli, delle Verifiche e dei controlli mirati” (estratto dalla suddetta guida).

Quanto agli uffici territoriali, l’atto del Direttore dell’Agenzia del 24 dicembre 2008, n. 191630 prevede che essi “curano l’informazione e l’assistenza dei contribuenti … e le attività di seguito indicate: a) controllo formale delle dichiarazioni e degli atti;…. c) attività di controllo esterno, limitatamente a quella finalizzata al controllo del rispetto degli obblighi strumentali e alla rilevazione e al riscontro di informazioni e dati ….”.

Più in generale, la Guida alla gestione a regime delle direzioni provinciali prevede che il Direttore territoriale:

– organizza e coordina le attività dell’ufficio garantendo l’integrazione delle attività e il raggiungimento degli obiettivi fissati per i processi operativi;

– spetta inoltre al Direttore territoriale perseguire il miglioramento degli standard previsti per l’erogazione dei servizi ai contribuenti (carta dei servizi o ulteriori standard di qualità) in un’ottica di flessibilità e di efficienza nell’allocazione delle risorse;

– nell’ambito delle indicazioni ricevute dal Direttore provinciale, il Direttore territoriale fissa le regole organizzative per lo svolgimento delle attività dell’Ufficio e ne cura la pianificazione;

– pianifica le attività di accertamento di competenza dell’Ufficio territoriale e cura l’aggiornamento continuo del Piano degli Accessi brevi sulla base degli indirizzi centrali e regionali, integrati dagli ulteriori criteri fissati dal Direttore provinciale;

– cura il monitoraggio di tutte le attività anche sulla base delle informazioni e la reportistica messa a disposizione dall’area di staff “Governo e analisi” del Direttore provinciale;

– per quanto riguarda, invece, le attività di assistenza e informazione curate dall’Ufficio territoriale, il Direttore territoriale effettua un costante monitoraggio delle esigenze dell’utenza dell’ufficio e gestisce le risorse e l’organizzazione dei servizi di front office in modo da garantire il rispetto degli standard di qualità fissati per i servizi al cittadino;

– dal punto di vista tecnico-operativo, il Direttore territoriale fornisce gli indirizzi all’ufficio nell’ambito delle indicazioni strategiche fornite dal Direttore provinciale;

– nel caso in cui l’organizzazione dell’Ufficio territoriale sia articolata in team, il Direttore territoriale assegna il carico di lavoro ai team o, in alternativa, provvede ad assegnare le pratiche direttamente agli addetti dell’Ufficio per la trattazione. Nei casi più complessi può riservarsi la trattazione della pratica;

– il Direttore territoriale fissa le regole e le modalità per il monitoraggio delle attività di competenza dell’Ufficio territoriale e cura l’analisi dei relativi dati allo scopo di assicurare il raggiungimento dei risultati assegnati e valutando i possibili interventi organizzativi volti a prevenire criticità o migliorare la qualità delle pianificazioni;

– sulla base delle indicazioni fornite dal Direttore provinciale, il Direttore territoriale si coordina con il Capo Ufficio Controlli e con i Direttori degli altri uffici territoriali per favorire lo scambio delle informazioni;

– il Direttore territoriale riferisce al Direttore provinciale in merito alle questioni relative alle attività dell’Ufficio, all’andamento delle attività e, quando lo ritenga opportuno, propone nuove soluzioni tecnico-gestionali.

Sempre sul terreno organizzativo, la Guida alla gestione a regime delle Direzioni Provinciali individua le funzioni del capo team, specificando che tale figura provvede all’assegnazione delle pratiche per la lavorazione, alla supervisione degli atti lavorati dai collaboratori e all’analisi dei risultati della propria attività per formulare eventuali proposte di miglioramento organizzativo.

La già richiamata Guida alla gestione a regime delle Direzioni Provinciali individua altresì le funzioni del Coordinatore del front office (figura prevista dall’art. 18, rubricato “incarichi di responsabilità” , nonché dalla tabella B del CCNI dell’Agenzia e istituita nei soli Uffici territoriali di grandi dimensioni), specificando che “negli uffici territoriali nei quali non è prevista l’istituzione di un Coordinatore ma si ravvisi comunque la necessità di una figura di coordinamento, il compito potrà essere assegnato ad uno dei capi team“.

Quanto alle funzioni del coordinatore front-office, la Guida prevede che esso “deve assicurare il rispetto degli standard previsti per l’erogazione dei servizi ai contribuenti (carta dei servizi o ulteriori standard di qualità) organizzando le attività di sportello in funzione dell’afflusso dell’utenza. Deve inoltre curare l’ottimizzazione delle risorse disponibili coordinandosi con i capi dei team a cui appartengono gli addetti assegnati agli sportelli. Il Coordinatore cura in prima persona i provvedimenti e gli atti del proprio carico di lavoro: eroga direttamente i servizi allo sportello e fornisce ai contribuenti, professionisti e intermediari, informazioni e assistenza su questioni riguardanti tutte le tipologie di tributi e di reddito. Al Coordinatore spetta inoltre l’organizzazione del lavoro nel front office. In particolare, d’accordo con il Direttore territoriale, definisce la ripartizione dei servizi tra gli sportelli e decide l’eventuale apertura di ulteriori sportelli quando lo richiedano le condizioni legate al flusso dei contribuenti o, in generale, il carico di lavoro. Attraverso l’analisi dei dati di monitoraggio dei processi operativi del front office,il coordinatore può proporre al Direttore territoriale soluzioni organizzative e azioni correttive in grado di migliorare gli standard qualitativi dei servizi ai contribuenti. Il Coordinatore del front office deve curare lo scambio di informazioni con tutti i team dell’Ufficio territoriale”.

Con specifico riguardo al caso di specie, l’Ufficio territoriale di Catanzaro, ove si sono concentrate le lavorazioni delle pratiche di esonero IVA, è stato istituito, quale articolazione della Direzione provinciale di Catanzaro, con atto del Direttore dell’Agenzia delle Entrate prot. n. 70412 del 21 maggio 2009. A capo dell’ufficio è preposto un direttore, avente qualifica dirigenziale.

L’attività di convalida in questione, che è parte del processo di assistenza ai contribuenti, nel periodo interessato dall’indagine è stata affidata agli addetti agli sportelli, come da provvedimenti di delega (“deleghe di firma per gli atti emessi nell’ambito degli uffici territoriali di Catanzaro e Lamezia Terme”, riferiti alle “attività di verifica acquisti intracomunitari di automobili”) del Direttore provinciale di cui ai numeri 2011/DO/114, 2012/D0/292, 2013/DO/65 e 2014/DO/274).

In sostanza, almeno fino al 18 aprile 2014, il personale addetto agli sportelli aveva la delega e l’abilitazione al trattamento delle istanze, procedendo alla lavorazione delle istanze direttamente allo sportello con controllo della documentazione in tempo reale, oppure in back office.

Per la gestione delle istanze, gli operatori, oltre a dover fare riferimento alle fonti normative e alla già riferita documentazione di prassi adottata dall’Agenzia, potevano avvalersi dell’applicativo della B.D.M., nonché, per le informazioni relative alla posizione tributaria e accertativa, della Banca Dati dell’Anagrafe Tributaria (applicativo SERPICO).

Peraltro, al fine di ottimizzare l’andamento dell’ufficio, fin dal 2008 (atto prot. n. 5481/2008 dell’11/2/2008) il Direttore provinciale dell’Agenzia ha conferito le funzioni di “Coordinatore di front – office” ex art. 18 CCNI presso l’Ufficio territoriale di Catanzaro al convenuto C_ Donato, rinnovato con atto prot. n. 2011/39261 del 29 giugno 2011 (prorogato fino al 31.12.2013 con atto 11. 2013/D0/348), e ulteriormente rinnovato con atto prot. n. 2014/D0/60 del 27/1/2014.

[8] Tanto precisato in ordine alle competenze dei diversi uffici coinvolti nella vicenda sub iudice, occorre riscontrare la sussistenza della colpa nella forma grave prevista dalla vigente disciplina della responsabilità amministrativa.

In proposito, occorre innanzitutto evidenziare, in via generale, che il fenomeno, correlato alla nota prassi delle truffe c.d. carosello, risulta attenzionato da parte dell’Amministrazione già dal 2008, allorquando la Direzione Centrale Accertamento e Direzione Centrale Normativa e Contenzioso, ha impartito puntuali disposizioni al fine di condizionare la concessione del regime derogatorio per il versamento dell’IVA alla presenza di idonea documentazione, nel rispetto delle condizioni e delle formalità predeterminate in sede centrale.

In particolare, si è già evidenziato che le circolari della Direzione Centrale Accertamento n. 14/E del 26 febbraio 2008 e n. 3/E del 4 febbraio 2009, come anche la circolare della Direzione Centrale Normativa e Contenzioso n. 52/E del 30 luglio 2008 e anche la comunicazione di servizio n.6 in data 8 febbraio 2011 della medesima Direzione Centrale Accertamento, richiedevano agli Uffici Territoriali verifiche e controlli al fine di potere concedere legittimamente ai soggetti richiedenti di usufruire dei regimi derogatori per il versamento dell’IVA.

Inoltre, a sostegno della sussistenza della colpa grave, può osservarsi che gli uffici preposti dovevano effettuare una mera attività di riscontro documentale (oltre che di incrocio con la banca dati della motorizzazione civile e con la banca dati Serpico), nella specie non puntualmente attuata.

Ancora, assume specifico rilievo la già richiamata circostanza dell’avvenuta denunzia penale, effettuata proprio dalla Direzione provinciale di Catanzaro (direttore dott. Regio) in data 30/11/2011, per frode IVA a margine nei riguardi di una delle ditte coinvolte nel caso di specie, che ha, del tutto inescusabilmente, continuato a perpetrare detti illeciti fino al 2014.

Inoltre, si è già evidenziata l’assoluta abnormità del dato relativo alle immatricolazioni in questione: nel 2012 su 963 immatricolazioni con il regime del margine effettuate dagli uffici territoriali della Calabria ben 817 sono state “sbloccate” a Catanzaro (quasi l’85%); analogamente, nel 2013 sono state 1041 su 1215 (85%), per poi decrescere sensibilmente a seguito dell’avvio dell’indagine della Direzione contrale Audit (appena 3 nel 2015 e 4 nel 2016).

Pare altresì utile rilevare che dette immatricolazioni sono state tutte richieste da sole 4 ditte, una delle quali già oggetto di denunzia nel 2011 (per un importo di oltre 700.000 euro di evasione IVA).

Tanto precisato in via generale, ritiene il Collegio, alla luce delle considerazioni svolte, che possa riscontrarsi, con riguardo ai già delimitati periodi di imposta, la gravità della colpa in capo innanzitutto agli operatori di sportello delegati dal Direttore provinciale, primo tra tutti il sig. C_.

Questi, infatti, risulta aver personalmente sbloccato un numero rilevantissimo di immatricolazioni in violazione sistematica della disciplina già tratteggiata (anche successivamente a denunzia penale).

Inoltre, il C_ ha rivestito, per l’intero arco di tempo sub iudice e fin dal 2008, l’incarico di responsabilità ex art. 18 CCNI di Coordinatore del front-office (non anche di capo-team, come indistintamente riportato dall’atto di citazione), incarico che gli imponeva, fra l’altro, di “cura(re) in prima persona i provvedimenti e gli atti del proprio carico di lavoro“, nonché “l’organizzazione del lavoro nel front office”, e anche “l’analisi dei dati di monitoraggio dei processi operativi del front office”.

Peraltro, il ruolo centrale del C_ nella vicenda è emerso altresì dagli atti investigativi acquisiti, ove risulta che egli costitutiva un fondamentale punto di riferimento in materia (avrebbe anzi fornito ai colleghi informazioni superficiali), innanzitutto per gli altri operatori di sportello, ma anche per i suoi superiori.

Ad analoga conclusione deve addivenirsi, fermo rimanendo il diverso contributo causale e dunque il diverso danno a ciascuno imputabile, anche con riguardo agli ulteriori operatori di sportello, ovvero m- Santo Antonio Edoardo e d- Teresa.

Per entrambi detti dipendenti, infatti, si riscontra la sussistenza dei già tratteggiati elementi ricostruttivi della colpa grave, in primis la ripetuta e continuativa violazione degli obblighi di servizio relativi alle procedure in questione, che peraltro richiedevano essenzialmente riscontri di carattere formale e documentale, puntualmente enumerati nelle circolari dell’Agenzia (per svolgere i quali non era dunque indispensabile, diversamente da quanto sostenuto dal m-, una particolare qualifica professionale).

Quanto poi alla dott.ssa d-, la vicenda riferita dell’affidamento delle proprie credenziali al collega m-, se per un verso denota una minore intraneità nelle dinamiche del servizio, per altro verso lascia immutate le censure in ordine alla mancata effettuazione dei necessari riscontri formali/documentali e nel contempo evidenzia un sostanziale azzeramento della diligenza richiesta al prestatore di lavoro (prestazione svolta da altri) nonché una grossolana violazione delle minimali cautele necessarie ad assicurare l’ineludibile identità soggettiva tra chi accede a sistemi informativi pubblici riservati e chi concretamente gestisce le lavorazioni, sistemi le cui informazioni non possono che ritenersi condizionate a forme di accesso debitamente autorizzate e tracciate, e quindi poste sotto la diretta responsabilità del pubblico dipendente accreditato

Alla luce del complesso delle argomentazioni riferite, la loro posizione sostanziale e quindi processuale non risulta peraltro assimilabile, diversamente da quanto sostenuto dalle rispettive difese, a quella degli ulteriori dipendenti dello sportello per i quali è invece intervenuto provvedimento di archiviazione, con particolare riguardo per la dottoressa Annarita Carioti (archiviazione in ragione della solo provvisoria assegnazione al servizio, della mancata collaborazione ricevuta, oltre che dell’essere stata destinataria di informazioni errate e di non aver ricevuto attività di formazione).

Quanto al danno eziologicamente riconducibile alla condotta degli addetti allo sportello, la contestazione attorea deve tuttavia essere ridimensionata in ragione di un modesto (di circa 5.000 euro) errore di computo presente in citazione; in particolare, il totale contestato deve ritenersi pari ad euro 6.918.208,76, frutto della sottrazione, dall’importo di euro 7.984.539,26 di cui a pag. 55 dell’atto di citazione, degli importi di euro 906.973,34 e di 159.357,16 euro di cui a pag. 57 della citazione. Inoltre, ad esso, per le ragioni già esposte, andrà sottratto il danno contestato per il 2014 (euro 1.047.048, suddiviso per operatore nella tabella già riportata). Comment by Longo Natale: Era l’originario importo dell’invito a dedurre, da cui poi sono stati stralciati, ai fini della citazione, gli importi Comment by Loreto Rita: Perché si sottrae da euro 798.453,93? Comment by Loreto Rita: A pag. 57 c’è 152.667,16. Dove trovo 261.762,225?

Peraltro, con riguardo al sig. C_, ritiene il Collegio di dover ridimensionare al 20% la quota (indicata dalla Procura nel 25%) del danno a lui imputabile sul complesso degli importi evasi, dovendosi causalmente imputare (dunque prescindendo dal riscontro dell’elemento soggettivo) una quota seppur minimale di esso al contributo eziologico di ulteriori uffici (direzione regionale, uffici di controllo).

Pertanto, il danno ad essi imputabile deve essere determinato nella misura di seguito sintetizzata:

1) C_ Donato euro 3.198.511,29 (vedi infra);

2) m- Santo Antonio euro 403.433,66 (629.193,42 – 225.759,76);

3) d- Teresa euro 188.126,38 (operatore non coinvolto nell’attività del 2014).

In particolare, per il sig. C_, per quanto riguarda il 50% del danno da lui prodotto come sportellista, si deve sottrarre all’importo contestato nell’invito a dedurre (tabella pag. 55 della citazione: euro 5.356.527,27) quelli già stralciati in citazione a pag. 57 in quanto riferiti al 2011 (ovvero euro 848.229,51 ed euro 152.667,16) e si perviene ad un importo di euro 4.355.630,6, il cui 50% è pari ad euro 2.177.815,3. Ad esso va sottratto il 50% (euro 153.536,16) degli importi da lui stesso lavorati nel 2014 e addebitati dalla Procura (ovvero euro 307.072,26), pervenendosi dunque alla determinazione di un importo di euro 2.024.279,14.

A questo importo va sommato il 20% del totale (6.918.208,76 – 1.047.048=5.871.160,76) del danno contestato, detratto quello riferibile al 2014, così pervenendosi ad una quota di danno (20%) pari ad euro 1.174.232,15.

Pertanto, il complessivo danno risarcendo da parte del sig. C_ sarà pari ad euro 3.198.511,29 (2.024.279,14 + 1.174.232,15)

[9] Ritiene altresì il Collegio, coerentemente con quanto già statuito nella recente sentenza n. 262/2020, che sia riscontrabile (ferma la non vincolatività dei provvedimenti disciplinari assunti dall’Amministrazione) la gravità della colpa anche con riguardo al direttore dell’ufficio territoriale di Catanzaro f- Arcangelo.

Infatti, come già evidenziato, in base all’atto del Direttore dell’Agenzia del 24 dicembre 2008, n. 191630, gli uffici territoriali “curano l’informazione e l’assistenza dei contribuenti … e le attività di seguito indicate: a) controllo formale delle dichiarazioni e degli atti;…”.

Inoltre, secondo quando disposto dagli atti organizzativi dell’Agenzia (la menzionata Guida) e già precedentemente illustrato, il Direttore dell’Ufficio territoriale assume la complessiva responsabilità tecnica dell’ufficio, comprese le attività di monitoraggio sull’andamento ai fini della rilevazione di criticità.

Pertanto, il controllo ed il monitoraggio sulle attività svolte presso l’Ufficio Territoriale spettavano innanzitutto al Direttore dell’ufficio territoriale medesimo, il quale era ed è tenuto all’assegnazione ed al controllo del processo lavorativo e anche alla rilevazione di eventuali problematiche, valutando eventuali esigenze formative e la necessità di possibili azioni migliorative del processo.

Gli atti istruttori hanno consentito di accertare che il dott. f- non ha mai dato alcuna istruzione operativa relativa alla procedura in esame e non ha mai acquisito un campione delle procedure per una verifica documentale, nel mentre nell’ambito dei processi trattati dal suo ufficio si realizzava, per più anni, una sistematica evasione IVA per milioni di euro (con numeri di immatricolazioni “sbloccate” del tutto anomali).

Nel riferito quadro organizzativo e funzionale assume poi un significato quasi paradossale la circostanza che le condotte contestate siano continuate anche successivamente alla menzionata denunzia di reato del 30/11/2011, sottoscritta dal Direttore provinciale di Catanzaro e da due funzionari dell’ufficio controlli sempre di Catanzaro, della quale il Direttore dell’ufficio territoriale di Catanzaro, responsabile tecnico dei processi lavorativi in questione, lamenta (sic!) la mancata comunicazione. Anche successivamente al ricevimento della segnalazione della Direzione Regionale del Veneto del 2013, il f- si è limitato a chiedere spiegazioni al C_, e, a seguito delle scontate rassicurazioni di questi, non ha assunto le doverose e immediate iniziative di verifica.

Inoltre, la condotta del f-, nel mentre si è contraddistinta per l’assenza di ogni forma di controllo o di verifica sulle attività demandate agli operatori di sportello, si è anche tradotta, come risulta dai verbali relativi alle audizioni (in particolare di quella relativa alla dott.ssa Dominjianni in data 25.07.2018) svolte nel corso della presente procedura, in singolari sollecitazioni sugli operatori per il celere adempimento delle pratiche pur in assenza di atti di indirizzo ovvero, talora, con indicazioni erronee sui requisiti richiesti o con rassicurazioni sull’operatività di taluna società.

Quanto al danno eziologicamente attribuibile al f-, ritiene il Collegio di dovergli imputare, coerentemente con la richiesta attorea, il 15% del danno contestato (detratto l’importo a lui addebitato relativo al 2014), tenuto conto del ruolo dominante comunque assunto dal C_ nell’intera vicenda.

Pertanto, ritiene il Collegio di dover condannare il dott. f- Angelo al risarcimento del danno erariale cagionato, nella misura di euro 881.978,69 (euro 1.037.731,31 – 155.752,62).

[10] Quanto al Direttore Provinciale r-, si è già riferito delle responsabilità che incombono su detta figura dirigenziale, sostanzialmente di natura manageriale.

In particolare, il regolamento di organizzazione dell’Agenzia prevede che il Direttore provinciale, oltre ai compiti di programmazione, indirizzo e gestione, “monitora lo svolgimento delle attività svolte dagli uffici dipendenti, adottando i necessari interventi correttivi, e ha la responsabilità dei risultati complessivi della direzione provinciale; formula inoltre al Direttore regionale le proposte di valutazione dei dirigenti della direzione provinciale”(art. 4 regolamento di amministrazione).

Sempre con riguardo al direttore provinciale, la guida alla gestione a regime delle direzioni provinciali (del 19 luglio 2010) prevede che questi possa delegare agli uffici territoriali la responsabilità di numerosi procedimenti, potendo comunque esercitare incisivi poteri gerarchici sul delegato (direttive, istruzioni operative, ordini di servizio, vigilanza), dovendo altresì “individuare gli opportuni meccanismi di controllo in grado di garantirgli il presidio dei rischi connessi ai processi che si svolgono nella direzione provinciale. Il sistema di deleghe, di cui al precedente paragrafo, deve essere, quindi, affiancato da un adeguato sistema di controllo”.

Detto sistema di controllo deve necessariamente prevedere “– le forme, gli strumenti e le modalità di presidio dei rischi connessi ai processi concretamente attuate, compreso il controllo del percorso logico-giuridico che ha condotto all’adozione degli atti (es. criteri adottati ed elementi valutati per sostenere la pretesa tributaria); – gli eventuali soggetti da lui incaricati per la realizzazione dei controlli. Tali soggetti dovranno necessariamente essere diversi da colui che ha realizzato l’attività da esaminare; – le modalità, i criteri e la frequenza delle verifiche che lui stesso effettua per accertarsi che i controlli affidati a terzi siano effettivamente realizzati. Utili strumenti a questi fini possono essere le Schede di autovalutazione del rischio elaborate sulla base dell’analisi svolta dalla Direzione Centrale Audit e Sicurezza con l’obiettivo di facilitare l’organizzazione dei controlli interni. ……Il Direttore provinciale e i responsabili dei processi che diano prova di avere instaurato un efficace sistema di controlli possono vedere attenuata la propria responsabilità per fatti dannosi eventualmente verificatisi.

La responsabilità del controllo del processo è affidata al proprietario dello stesso che, spesso, non coincide con il Direttore provinciale. Molte schede di autovalutazione, infatti, sono destinate a soggetti gerarchicamente sottoposti a quest’ultimo, segnatamente il capo ufficio controlli e i direttori degli uffici territoriali. Tuttavia resta fermo il principio per cui il Direttore provinciale, quale responsabile del sistema complessivo dei controlli interni, può e deve condividere le forme di presidio che i proprietari dei vari processi intendono porre in essere” ….per gli atti sottoscritti su delega del Direttore provinciale dal responsabile del processo la firma dell’atto comprova l’avvenuta effettuazione dei relativi controlli da parte di quest’ultimo. Su tali atti, il Direttore provinciale, in quanto responsabile dell’architettura dei controlli, effettua un controllo a campione. In tutti gli altri casi è da escludersi la possibilità che il controllo sull’atto oggetto di delega venga affidato al delegato stesso”.

Orbene, ritiene il Collegio che l’esame della specifica vicenda sub iudice evidenzi una condotta gravemente colposa in capo anche al Direttore provinciale.

Infatti, nella vicenda in esame il dott. Regio ha avuto, fin dal 30/11/2011, manifesta e puntuale evidenza della commissione di illeciti (con evasione per centinaia di migliaia di euro) nell’ambito della Direzione provinciale, tanto da indurlo alla sottoscrizione e trasmissione di una denunzia di reato ex art. 331 c.p.p. alla competente Procura della Repubblica, proprio per frode IVA a margine nei riguardi di una delle ditte coinvolte nel caso di specie, che ha tuttavia indisturbatamente continuato (insieme ad altre) a perpetrare detti illeciti fino al 2014.

Ebbene, pur successivamente a detta denunzia di reato, il Direttore Provinciale non ha esercitato i poteri gestionali propri delle sue funzioni, né ha assicurato un sistema di controllo idoneo alla rilevazione di illeciti della tipologia denunziata (i procedimenti in questione sono sostanzialmente rimasti ancora nella disponibilità amministrativa incontrollata del C_, oltre che degli altri sportellisti), perpetuatisi (oltre che con analoghe modalità di condotta) con dimensioni quantitative che non avrebbero dovuto sfuggire (anche a prescindere dagli accadimenti denunziati) ad un’adeguata gestione manageriale dell’Ufficio.

Sostanziale inerzia gestionale che si è peraltro protratta anche dopo che alla Direzione provinciale di Catanzaro (ed alle sue articolazioni operative) era giunta la già richiamata segnalazione n. 22450 del 23 maggio 2013 da parte della Direzione Regionale del Veneto (fatta salva la revoca dell’operatività del Vies alla Car Frank s.r.l.), nonché (fatta salva una riferita richiesta di spiegazioni al C_) successivamente alla riferita segnalazione della Direzione regionale datata 29 ottobre 2013.

Quanto al danno eziologicamente attribuibile al dott. Regio, ritiene il Collegio di dovergli imputare, coerentemente con la richiesta attorea, il 10% del danno complessivo contestato (detratto l’importo relativo al 2014) e dunque di dover condannare detto dirigente al risarcimento del danno erariale cagionato, nella misura di euro 587.115,986 (691.820,876 – 104.704,89)

[11] Per quanto concerne infine il dott. dg_ Antonino, Direttore Regionale dal 30 dicembre 2008 al 31 gennaio 2015, ritiene il Collegio che non siano riscontrabili a suo carico, con riguardo al caso di specie, gli elementi costitutivi della responsabilità amministrativa.

In proposito, occorre infatti richiamare quanto già argomentato con riguardo ai termini accertativi pro tempore vigenti e dunque ai conseguenti risvolti in ordine all’attualità del danno contestato e alla decorrenza della prescrizione del danno erariale. In particolare, il richiamato termine accertativo ordinario quadri/quinquennale per un verso comporta la radicale rideterminazione in minus del danno astrattamente contestabile al convenuto, e nel contempo consente di riconoscere sostanziale ragionevolezza (tanto più tenuto conto dell’esigenza di accertare in maniera quantitativamente puntuale il fenomeno, anche ai fini delle messe in mora) alla condotta assunta dal dirigente, che, una volta ricevuti gli esiti dell’indagine conoscitiva della direzione centrale Audit (nota n. 110213 del 27.8.2014), ha informato dell’accaduto il Capo Ufficio Accertamento della Direzione Regionale della Calabria (dott. Vincenzo Russo), oltre al responsabile Audit della Direzione Regionale e al Capo Ufficio Risorse Umane, evidentemente affinché fosse accertata l’imposta evasa e fossero perseguite le relative responsabilità disciplinari.

[12] Pertanto e conclusivamente, il Collegio, ferma l’improcedibilità della domanda attorea per insussistenza di una condizione dell’azione (carenza di attualità e definitività del danno) con riguardo all’annualità tributaria 2014, accoglie parzialmente la domanda della Procura regionale e per l’effetto condanna i seguenti convenuti al risarcimento del danno erariale nella misura di seguito esposta:

1) C_ Donato, euro 3.198.511,29

2) m- Santo Antonio Edoardo, euro 403.433,66;

3) d- Teresa, euro 188.126,38;

4) f- Arcangelo, euro 881.978,69;

5) r- Giuseppe Antonio, euro 587.628,98.

Le suddette somme dovranno intendersi come incrementate da rivalutazione monetaria, da calcolarsi sulla base degli indici ISTAT con decorrenza dalla data della mancata acquisizione delle entrate e sino alla data di deposito della presente sentenza.

Inoltre, sugli importi rivalutati di condanna sono dovuti gli interessi legali dalla pubblicazione della presente decisione fino all’effettivo soddisfo ai sensi dell’art. 1282, 1° comma, del codice civile (Sezione Giur. Campania, sentt. n. 637 del 2016; n. 635 del 2016; n. 544 del 2016; n. 417 del 2016; n. 362 del 2016).

Il Collegio ritiene per converso di dover respingere la domanda attorea con riguardo al dott. dg_ Antonino.

[8] In ragione del solo parziale accoglimento della domanda attorea, si dispone la compensazione delle spese processuali ai sensi dell’art. 31 c.g.c.

Quanto al dott. dg_ Antonino, si liquida (tenuto conto dei contenuti della relativa richiesta del legale), a carico dell’Amministrazione, l’ammontare degli onorari e dei diritti spettanti alla difesa in euro 5.600,00 (art. 31, comma 2, c.g.c.), oltre spese generali forfettarie per il 15% (da ritenere assorbenti le spese documentate dal legale, parte delle quali peraltro non rimborsabili in quanto relative alla fase pre-processuale), Iva e cpa.

PQM

La Corte dei conti, Sezione giurisdizionale per la Regione Calabria, definitivamente pronunciando,

A) dichiara l’improcedibilità della domanda attorea per insussistenza di una condizione dell’azione (carenza di attualità e definitività del danno) con riguardo all’annualità tributaria 2014;

B) accoglie parzialmente la domanda attorea e, per l’effetto, condanna i seguenti convenuti al risarcimento del danno erariale nella misura di seguito esposta:

1) C_ Donato, euro 3.198.511,29

2) m- Santo Antonio Edoardo, euro 403.433,66;

3) d- Teresa, euro 188.126,38;

4) f- Arcangelo, euro 881.978,69;

5) r- Giuseppe Antonio, euro 587.628,98.

Le suddette somme devono intendersi gravate da rivalutazione monetaria, da calcolarsi sulla base degli indici ISTAT con decorrenza dalla data della mancata acquisizione delle entrate e sino alla data di deposito della presente sentenza.

Inoltre, sugli importi rivalutati di condanna sono dovuti gli interessi legali dalla pubblicazione della presente decisione fino all’effettivo soddisfo.

C) In ragione del solo parziale accoglimento della domanda attorea, si dispone la compensazione delle spese processuali ai sensi dell’art. 31 c.g.c.

D) Respinge la domanda attorea nei confronti del dott. dg_ Antonino, liquidando, a carico dell’Amministrazione, l’ammontare degli onorari e dei diritti spettanti alla difesa in euro 5.600,00, oltre accessori come per legge;

Manda alla Segreteria per i conseguenziali adempimenti.

Così deciso in Catanzaro, nella camera di consiglio del giorno 6 ottobre 2020.

Il Magistrato Relatore Il Presidente

dott. Natale Longo dott.ssa Rita Loreto

f.to digitalmente f.to digitalmente

Depositata in segreteria il 26/10/2020

Il Funzionario

Dott.ssa Stefania Vasapollo

f.to digitalmente

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