definizione degli obblighi reciproci che gravano sulle parti e guidano nella fase esecutiva l’appalto di un’opera pubblica

Corte di Cassazione, Sezione I civile, ordinanza numero 3839 del 15 febbraio 2021

Il motivo si presta altresì ad una valutazione di infondatezza per una pluralità di ragioni che, tutte, convergono nel dare contenuto all’atteggiarsi del rapporto tra le parti in materia di appalto dei lavori pubblici. In materia di appalto di opere pubbliche le mancanze della progettazione esecutiva — uno dei livelli, insieme a quella preliminare e definitiva, alla cui completezza ed efficienza si accompagna lo svolgimento di correlate attività ed allegazioni documentali (artt. 16 e 18 legge n. 109 del 1994; artt. 25, 27, 35 e 37 d.P.R n. 554 del 1999) — riferibili alla stazione appaltante rientrano in un percorso che, guidato dall’osservanza dei canoni di diligenza e buona fede, definisce delle parti, stazione appaltante ed impresa appaltatrice, reciproci adempimenti al fine della realizzazione dell’opera pubblica.

L’impresa appaltatrice non può essere esonerata dall’osservanza degli oneri di caaborazione denunciando, nella presupposta staticità della dedotta violazione, l’inadempimento maturato nella precedente fase per non avere la committenza pubblica allegato, agli atti di gara, la documentazione tecnica di corredo al progetto esecutivo.

L’appaltatore è comunque chiamato, infatti, nella successiva fase di realizzazione dell’opera pubblica, a far fronte all’iniziale mancanza del bando di gara per una condotta contrattuale che, dinamica, resta sorretta ne suo svolgimento dall’osservanza delle regole di diligenza e buona fede.

Ai sensi dell’art. 16 della legge cd. Merloni ter n. 109 del 1994 e del Regolamento sui LL.PP. di attuazione di cui al d.P.R. n. 554 del 1999 (artt. 25, 26, 27 e 37), è obbligatoria da parte della committenza pubblica l’acquisizione agli atti progettuali di gara della relazione geologica, specifica ed attuale, previo svolgimento sui luoghi in cui deve realizzarsi l’opera pubblica, delle relative indagini dirette ad orientare la scelta dell’ubicazione e del tracciato dell’opera e la previsione dei metodi di scavo, ai fini della progettazione preliminare, definitiva ed esecutiva.

Là dove la stazione appaltante manchi di allegare detta relazione e stipuli il contratto di appalto con l’impresa quest’ultima non potrà chiedere la risoluzione ex art. 1453 cod. civ. facendo valere l’inadempimento grave della committenza per la condotta tenuta nella precedente fase, quella di gara, perché rientra tra gli obblighi di diligenza dell’appaltatore esercitare il controllo della validità tecnica del progetto fornito dal committente, di cui costituisce parte integrante, ai sensi del d.m. 11 marzo 1988, la relazione.

In sede esecutiva l’appaltatore ha l’obbligo di segnalare al committente le inesattezze delle informazioni risultanti dalla relazione geologica, al fine di promuovere le modifiche progettuali necessarie per la buona riuscita dell’opera e le necessarie varianti in corso d’opera (sul principio: Cass. 18/02/2008 n. 3932; più recentemente: Cass. 26/02/2020 n. 5144).

A definizione della cornice degli obblighi che, reciproci, gravano sulle parti e guidano nella fase esecutiva l’appalto di un’opera pubblica si inseriscono, ancora, gli atti ricognitivi dell’appaltatore sullo stato dei luoghi e sulla fattibilità dell’opera. In tema di appalto pubblico, l’art. 71, comma 3, del d.P.R. 21 dicembre 1999, n. 554, che stabilisce che in nessun caso si procede alla stipulazione del contratto, se il responsabile del procedimento e l’impresa appaltatrice non abbiano concordemente dato atto, con verbale da entrambi sottoscritto, del permanere delle condizioni che consentono l’immediata esecuzione dei lavori, ha carattere imperativo e rappresenta il logico sviluppo del puntuale dovere cognitivo, quanto alla conoscenza delle condizioni locali e di tutte le circostanze che possono influire sulla formulazione dell’offerta e sull’esecuzione dell’opera, che il secondo comma della medesima disposizione pone a carico dell’appaltatore.

L’appaltatore, pertanto, qualora quel verbale abbia sottoscritto per poi stipulare il contratto di appalto, in tal modo registrando dello stato dei luoghi — nel tempo e senza soluzione di continuità, dalla fase di gara alla stipula del contratto — il carattere immutato, non può far valere quale causa di inadempimento la nullità del negozio; tanto non può aversi né per mancata corrispondenza dello stato dei luoghi a quelli verificati in sede di gara né, vieppiù, per un loro priginario difetto, per un contratto che proprio con quella manifestazione di volontà l’appaltatore ha contribuito a perfezionare e ad eseguire (vd. Cass. 18/05/2015 n. 10074; sulla regula iuris, affermata con riguardo allo stretto momento contrattuale e nella vigenza del d.P.R. n. 1062 del 1963: Cass. 18/02/2008 n. 3932).

Ancora, a definizione del corredo di obblighi gravanti in materia di appalto di opere pubbliche sulle parti, committente ed appaltatore, nella fase esecutiva si inserisce, sempre ispirato al canone della collaborazione secondo diligenza e buona fede, l’art. 25, comma 1, lett. d) della legge n. 109 del 1994 là dove stabilisce che le varianti in corso d’opera possono essere ammesse per il manifestarsi di errori o di omissioni del progetto esecutivo che pregiudicano, in tutto o in parte, la realizzazione dell’opera ovvero la sua utilizzazione. Le omissioni del progetto esecutivo pregiudizievoli, in tutto o in parte, la realizzazione o utilizzazione dell’opera pubblica ben possono consistere nella mancata allegazione, in sede di gara, della relazione geologica e la praticabilità di varianti in corso d’opera ex art. 25, comma 1, lett. d) legge n. 109 del 1994 vale ad affermare delle prime l’assorbimento, nel loro rilievo, in applicazione del dovere di collaborazione ispirato ai canoni di diligenza e buona fede che presiede allo svolgimento del rapporto contrattuale.

2.6. In corretta applicazione degli indicati principi, la Corte di appello di Torino ha dapprima sottolineato la condotta dell’appaltatrice nella fase precedente alla stipula del contratto, evidenziando la valutazione ivi svolta dalla parte di piena adeguatezza alla realizzazione delle opere degli elaborati progettuali di gara e quindi la sottoscrizione in sede di verbale di cantierabilità, nel riconosciuto permanere delle condizioni dei luoghi, e, ancora, gli omologhi contenuti del verbale di consegna parziale n. 1, successivo alla stipula (p. 37).

Quanto alla mancanza di collaborazione dell’appaltatrice nella fase esecutiva, la Corte di merito valorizza il rifiuto dalla prima frapposto alla realizzazione dello scavo di trincea, individuato quale mezzo tecnico che, deputato alle indagini sulle fondazioni nel loro rapporto, ai fini della staticità dei nuovi corpi di fabbrica, con il terreno di consistenza ben avrebbe potuto condurre alla variante in corso d’opera, strumento tipico di rimedio agli errori di progettazione (p. 43).

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Andrea Maso